mercoledì 12 settembre 2018

Il disastro della pedofilia - gli occhi vuoti: l'impazienza e l'avidità del nuovo

Lipsia. Ho scritto prima nella mia bacheca in Facebook, dopo aver letto di un intervento di Mons. Georg Gänswein sul tema: "la pedofilia per la Chiesa non è solamene l'11 settembre, ma tutto insieme: Hiroshima, Nagasaki e Chernobyl! Che Dio ci perdoni"! 

Cosa è accaduto? Come mai vi è stato un dramma così estremo e così esteso? Non ci (non sono un pedofilo, per grazia di Dio, ma con questo "ci", scelto appositamente, non voglio mettermi a distanza di nessun peccatore, perché come dice Adrienne, anche nel peccato non c'è un mio e tuo) siamo più mossi nella "luce ontologica della verità, ma nella luce fredda e senza pace di un avanzare" (Ferdinand Ulrich) verso un astratto "sempre nuovo". I nostri "occhi sono diventati vuoti" , non abbiamo più visto i bambini che Gesù ci aveva affidato come ciò di più prezioso ai suoi occhi, ma siamo stati ricolmi d"impazienza e avidità del nuovo".  Perché il vecchio, la tradizione ci sembrava frustrante. In questo "spazio vuoto" dell'astrattamente "sempre nuovo" è "impossibile il rimanere come presenza amante di una libertà verso un'altra libertà" (Ferdinand Ulrich, Gabe und Vergebung, 490). L'abuso è un'impazienza che nega l'altro, lo esclude, lo butta via, lo sfrutta, lo divora (cfr. ibidem, 492). "Tutto è diventato un mezzo, è stato strappato dalla sua calma esistenza per se stessa, per essere in balia di uno scopo nella modalità del bisogno o dell'uso per così trarne un profitto egoistico massimo" (ibidem, 490). 

Ci siamo mossi per occupare spazi, spazi pornografici nei quali "non si ha tempo per l'altro, non si lascia all'altro il suo tempo, che fluisce da un uso del tempo personale di una libertà indisponibile" ai bisogni astratti dell'altro. Nell'abuso l'altro non è un "egli indisponibile", ma un tu da sfruttare nello spazio diabolico e pornografico del bisogno astratto dell'altro, di un altro indifeso. Un giovane sacerdote o un giovane insegnate che avesse un rapporto con una sua giovane studentessa, come il figliol prodigo, farebbe anche uso illecito dell'altro (questo sicuramente per quanto riguarda un sacerdote cattolico), ma si muoverebbe ancora nell'ambito di una attrazione erotica reciproca. Nel caso di un bambino si forza il mistero dell'indisponibilità sacra dell'altro/Altro. Abbiamo a che fare qui con una "cultura della morte" dell'altro che odia la vita libera dell'altro ed è assolutamente "reazionaria": reagisce solo ad un bisogno astratto. 

"Lo spazio vuoto si spinge in una fuga in avanti e così in un aver voluto vivere, un volersi buttare alle spalle il futuro. Lo spazio vuoto non dona un rimanere calmo nel presente. È nemico dell'esserci per se stesso". Come quando si vuole cancellare il percorso digitale fatto per non far vedere che si è visto un film pornografico: si vuole buttare alle spalle il futuro delle conseguenze della propria scelta. Tutte le nostre azioni testimoniano l'incapacità di rimanere nell'essere donato gratuitamente da un Padre (che ci ama e ci vuole liberi), nella fiducia che il Padre ci dona davvero non in primo luogo un patrimonio da sperperare, ma davvero il "nostro essere se stessi" libero che cerca e vuole solo l'essere se stesso libero dell'altro. Che si prende il tempo necessario per entrare in un vero dialogo con l'altro, "mentre lo spazio vuoto (dell'abuso), senza presenza, dimentico dell'essere lo divora. Diventa schiavo di un futuro lontano, che non sopraggiungerà mai e schiavo di un passato lontano, che non gli dona pace, che non lo sostiene, che non lo incoraggia nel presente ad un futuro fecondo" (Ulrich, cfr. 492). 

Perché ci è successo questo? Perché abbiamo scambiato la povertà dell'amore gratis che ci apre all'altro per degli "occhi vuoti, impazienti e avidi". Questo vuoto non è l'amore povero di una libertà che conosce in modo creativo, che si sviluppa in modo sempre più ricco nella sua pienezza quanto in modo tanto più profondo percepisce ed accoglie l'altro e gli dona in se stesso spazio per un mostrarsi, un'esprimersi nello sviluppo di se stesso". No, l'altro viene solo usato  e non gli si dona né uno spazio in cui "rimanere" né il tempo di "crescere". "Cultura in latino è "colere": coltivare, abitare; avere cura; curare, mantenere; far festa, rispettare, venerare, conservare nella sacralità". Gli spazi pornografici nella loro produzione tecnica ed industriale sono espressione oggettiva di uno stato d'animo che considera l'altro solo come un oggetto indifferente del proprio bisogno e del proprio uso.  

Una totale incapacità di pensare (denken und danken sono parole prossime: pensare e ringraziare) ontologicamente il dono gratuito dell'essere e forme di sconvolgimento della dimensione affettiva della persona hanno portato a questo disastro apocalittico. Che il Signore ci perdoni e ci doni quella stabilità nel nostro essere se stessi che non ha più bisogno di avvicinare l'altro per scopi a lui estranei. E ci doni anche il coraggio di illuminare in modo non bigotto, piuttosto realmente libero la dimensione sessuale di noi uomini. 

Ci doni speranza! Maranatha! 

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