domenica 28 gennaio 2024

Amicizia e natalità. Considerazione teologiche su un romanzo di Paolo Biondi

Amicizia e natalità. Considerazione teologiche su un romanzo di Paolo Biondi

Paolo Biondi (1955), Zenobia, Anastasia, Costanza, Elena. Storie di templi e di regine, Edizioni di Pagina, Bari 2023


Il racconto di Paolo Biondi è un contributo narrativo notevole per una teologia femminile sui temi dell’amicizia e della natalità. Le quattro donne, regine, ci vengono presentate come quattro modalità di una teologia femminile fatta carne: Zenobia è quella teologicamente più debole, ma quella umanamente ed eroticamente più attraente, un’eros, aperto alla maternità, alla natalità (l’avvenimento antropologico più grande secondo Hannah Arendt e il meno pensato da filosofi e teologi), che le permette di attrarre con dolcezza e fermezza l’imperatore Aureliano, senza cadere, pur essendo una regina dell’est, di Palmira (Siria), nel ruolo infine mortale della sua antenata, Cleopatra - „era incredibile come Zenobia fosse riuscita a non offrire neppure il minimo spunto alla Roma pettegola per intessere romanzi o anche solo un mormorio di frasche alla primavera frivola e sbarazzina del chiacchiericcio“ (58). Amica dell’eretico Paolo di Samosata, esprime anche se semplicemente, un pensiero giusto: siamo amati da e tenuti nelle braccia forti di Dio! La natività per lei è accoglienza del figlio di Aureliano e, se pur solo incoativamente, del giovanissimo sacerdote Balbo, che la tiene in contatto, anche se in modo minimo, con il Pietro del suo tempo: Felice. Anastasia, la sorellastra di Costantino il Grande, cerca di coniugare con successo il centro del vecchio potere palatino ed augusteo con il vero ed unico „augusto“, Cristo; in dialogo con l’ormai anziano sacerdote Balbo, che la tiene in un contatto solido con il nuovo Pietro: Silvestro, farà costruire una cappella natalizia sul Palatino. Costanza, figlia di Constantino, con il suo carattere irruente, troverà nella presenza della zia Anastasia, la madre che non ha mai avuto e con la mediazione della zia, sarà in contatto con quel Balbo che ormai conosciamo e che suscita in lei un’amicizia intima con la martire Agnese - „me ne ha raccontato le vicende Balbo e lo ha fatto con una forza tale da far diventare due ragazze vissute a decenni di distanza due amiche intime“ (113)… Ed in fondo la sua vita, sebbene sposata per ben due volte, sarà davvero un „martirio“ e la sua attività più intensa si concentrerà sulla costruzione del proprio mausoleo nella via Nomentana, vicino al sepolcro di Agnese. Quando si troverà nel Ponto, come regina, farà amicizia con il vescovo Eutichiano, facendo saltare ogni forma di  protocollo: quello che a lei interessa è un amico vero e proprio che la colleghi con il cielo e non forme di collettività solo formali, di qualsivoglia carattere esse siano. Elena, madre di Constantino, è la madre per eccellenza, che come Monica con Agostino, si concentra dapprima tutta sul figlio, perso e ritrovato e poi diventa la madre di quel mondo delle reliquie così importante per la spiritualità cattolica, a cui non basta solo vedere come a quella ortodossa, o solo ascoltare la Parola come a quella protestante, ma deve toccare, come aveva spiegato una volta Papa Francesco. 

Il maschio con cui le ultime tre donne hanno a che fare, Constantino il Grande e il Vincitore, è meno convincente nella sua fede, perché essa ha un carattere esplicitamente e prevalentemente politico; come Augusto si sente il principe della pace ed anche se Ottaviano ha portato la guerra civile fuori di Roma e lui invece la combatte a Roma (cfr.137), comune ad entrambi è che questa pace nasce da una violenza iniziale ed ha un carattere fortemente politico e militare, temperato, per quanto riguarda Constantino, solo un po’ dalle lacrime per la morte della mamma. Con Papa Silvestro la tensione è evidente e Biondi la sa esprimere con pennellate da maestro del racconto cristiano. 

Questa storie di donne e regine non è priva di morte, ma nel loro tempo la morte non ne esce vincitrice: „rimase per sempre un’era indissolubilmente legata al Natale, o meglio ai natali“(123). Un’era di rinascita“ (123), perché il martirio, quello stesso che hanno subito ecumenicamente tanti cristiani ed anche mussulmani del nostro tempo, per quanto tragico, come per esempio in Nigeria, rimane alla fine nascita al cielo e forza per la Chiesa peregrinante. Il martirio è e rimane il vero risorgimento cristiano come alternativa ultima, come sapeva Antonio Rosmini, ad ogni forma rivoluzionaria, che alla fine sostituisce solo un potere con un altro. Ciò, però, secondo me non significa che non vi sia „soluzione di continuità“ tra la terra e il cielo come accenna Biondi narrando la morte del sacerdote Balbo (cfr. 119) - una morte serena come quella dell’anziano sacerdote non è necessariamente una caratteristica cristiana, e poco assomiglia a quella di Gesù sulla Croce!  Il risorgimento cristiano, per esprimerci con il linguaggio ontologico del grande filosofo tedesco Ferdinand Ulrich (1931-2020), si esprime nel „medesimo uso di essere e „nulla““, quel nulla che aveva sperimentato Elena, privata del suo amore nunziale e del figlio: „Le avevano detto, o meglio intimato di sparire e lei era scomparsa nel nulla di una vita anonima seppellita nel dolore  della sottrazione di un figlio“ (135); stiamo parlando del nulla dell’amore gratuito (gratis et frustra), non di quello del nichilismo, che è per l’appunto solo niente, come contraddizione all’essere; dal nulla dell’amore si può risorge, addirittura come „augusta“, come accadde ad Elena. Il tema più profondo del romanzo non è l’amicizia quando „si faceva vittoriosa“ (139), ma quella intima di Zenobia ed Anastasia, le quali sanno vivere anche nella solitudine, di Costanza  con Agnese ed infine di Elena, che si mette a scavare la terra del Calvario e della grotta della nascita, con le proprie mani, per trovare tracce di quell’unico Βασίλειος, che ha davvero creato „un impero per tutti“, perché espressione singolare ed unica di quella che il Vangelo chiama: ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ (il regno di Dio)! E che si esprime nello svuotamento di se stesso: „Fil 2,6ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ εἶναι ἴσα θεῷ,7ἀλλὰ ἑαυτὸν ἐκένωσεν μορφὴν δούλου λαβών, ἐν ὁμοιώματι ἀνθρώπων γενόμενος…“ (egli, pur essendo nella condizione di Dio (ἐν μορφῇ θεοῦ), non ritenne un privilegio (ἁρπαγμὸν, rapina) l’essere come Dio, ma svuotò (ἐκένωσεν) se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini… “) - ma in vero ci vogliono proprio delle donne- regine con la loro teologia femminile esistenziale per far vedere che senza „svuotamento“ (exinanitio), di cui parla Paolo, ogni potere non è altro che la tentazione di pensare se stessi e non Dio come colui che può donare amicizia e natalità per secoli! 

PS Mi permetto di dare un consiglio editoriale: sarebbe bello se per il Natale 2025, Natale del giubileo, le „Edizioni di pagina“ presentassero questa opera di Paolo Biondi con un commento fotografico del fotografo cristiano e romano per eccellenza: Bruno Brunelli. 


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