domenica 19 agosto 2018

Il populismo non insegue un'idea di comunità, ma è composto di individui isolati - in dialogo con Ferdinand Ulrich

Lipsia. Questo articolo è scritto nella convinzione che la filosofia è la massima azione dell’uomo! Quindi massimo servizio! La filosofia come la „serva“ di tutte le scienze e tutte le arti! In questo senso è un articolo per filosofi. Non nel senso, però, che sia un articolo accademico. È scritto per chi pensa che il percorrere un sentiero di pensieri possa cambiare il suo cuore ed in un certo senso anche la storia. Non è scritto per uomini del potere, non è scritto neppure nella credenza che queste „forze superiori della società“ (Servais) che si esprimono nel potere dominante, possano essere sconfitte. Come dice padre Jacques Servais in un articolo su Hans Urs von Balthasar und Paul Claudel in fondo al loro cospetto si può solo „resistere“. È un articolo, nato in dialogo con le persone della redazione dei „Contadini di Peguy“, sul populismo e sull’io isolato della nostra società liquida e trasparente ed è a loro dedicato!  
Il populismo è una forma di "libertinismo" che ho chiamato spesso "egoismo collettivo". In "Libertà e popolo" , un gruppo in Facebook, Angelo Lucio Rossi, ha condiviso la seguente frase: "Perché questa pagina? Per scendere dal balcone e non stare a guardare le rovine del populismo. Il populismo non insegue un'idea di comunità, ma è composto di individui isolati che si connettono a un leader o tra loro attraverso la rete. Il populismo non insegue nemmeno un'idea di democrazia. All'erta e buona giornata!" 

Questa frase intuisce una verità filosofica che Ferdinand Ulrich ha espresso in modo geniale nel suo libro "Dono e perdono". Quale è l'alternativa al dono gratuito dell'essere? La scomparsa della realtà con le sue forme (comunità, stato...) per una dimensione solo astratta, quella simboleggiata dal denaro. Solo il denaro sembra promettere un futuro pieno di colori e gioie! Vero è che questo mezzo astratto produrrà invece solamente un futuro astratto, senza alcuna base legale e umano-naturale. 

"Ciò che è realmente reale, essenzialmente reale in ultima istanza non è comprabile, ma gratis: partecipa dell'essere creato come amore, partecipa al dono dell'essere che è gratuito" (Ferdinand Ulrich, ibidem 474). I diversi "io isolati" di cui parla la frase di „Libertà e popolo“ non hanno invece più alcuna "struttura", non comprendono che il dono gratuito dell'essere ha in sé una "necessità", si esprime in forme necessarie (Io-tu-noi; comunità, stato). Il loro "io = io" è l'unica identità astratta che hanno che è manipolabile dal "grande Io" che ora, nella società liquida, libero dalle forme intermedie, offre un'immediatezza di valore che è solo una "perversione" della vera immediatezza che nasce dall'amore gratuito. 

Questa è la genialità di Ulrich: farci capire che il male è sempre e solo una "perversione" del bene. Per cui all'inizio non ti accorgi della trappola. Non ti accorgi, perché vi è un analogia tra il bene e il male. Ritorno poi sul tema.


Quando il „figliol prodigo“ se ne va dal Padre (Lc 15), se ne va in luogo lontano (la parola greca usate da Lc 15 per questi spazio pseudo libero è χώρα.), in un luogo pseudo libero (dalle leggi...), ma in vero si getta così in "un luogo "delle pure possibilità", che non hanno radice nella necessità intima e libera del sé" (Ulrich), che è un dono gratuito del Padre. Questa necessità intima e libera del sé consiste in primo luogo nella comprensione dell’io all’interno di rapporti comunionali (io-tu-noi). L’essere se stesso sa che „dipende“ da un dono gratuito fatto non solo a lui, ma ad una comunità di individui che si appartengono intimamente in forza del comune dono dell’essere gratuito. Ed infine sa che vi è Chi (!) dona gratuitamente l’essere e che lo rende persona! 

Gli "io isolati" invece si gettano in "possibilità dimentiche dell'essere, ridotte a cose, che suggeriscono l'illusione di una autorganizzazione illimitata e producono l'apparenza di una pseudo creatività"(Ulrich), quella che 
Massimiliano Tedeschi ha spietato in riferimento alla gestione del „dopo crollo del ponte a Genova“: esposizione  dello Stato e dei cittadini a conseguenze rovinose da parte di politici che cercano un consenso immediato degli „io isolati“ che li votano e non hanno un senso ultimo dello stato di diritto. 

Questo spazio vuoto (ricordo che la parola greca usate da Lc 15 per questi spazio pseudo libero è χώρα) è la prima perversione del vero: anche l'essere è povero e vuoto, ma lo è in un reale "donare" che rivela la gloria e la bellezza di Chi dona. Quando il figliol prodigo se ne va lascia chi dona l'essere gratuitamente, il Padre, a casa e se ne va in questo spazio vuoto (che mi ricorda la rete) solo con il „patrimonio“: tradisce un „egli" (un chi) per un "esso". Così si trasforma in un "io isolato": "rimane un io = io appiccicato a se stesso, che ha (!) le possibilità dello spazio vuoto e che le usa come mezzo per lo scopo della fuga dalla vicinanza che ritiene oppressiva del podere paterno, ma nella realizzazione delle possibilità non cresce nella sua capacita di essere un uomo libero e fecondo" (Ulrich). Lascia il padre che lo ama, per un padrone che lo usa. Cosi diventa sempre più isolato ed incapace di reale comunità. 

Diventa un servo "della astrazione senza qualità del denaro" ed è incapace di un reale incontro con l'altro - pensate ai tanti pseudo dialoghi della rete in cui ci si grida adesso qualche contento anche del tutto astratto. In questa astrazione l’io isolato "non ha bisogno di ascoltare nessun altro che lo incontra in forza della sua singolarità; non esiste come "risposta" e non agisce come "risposta", ma in forza del suo essere un io isolato, un punto cieco ed incondizionato" (Ulrich). 

Ancora una volta una perversione dell'amore gratis, che è a sua volta „senza condizioni“. L'Apocalisse di Giovanni fa vedere sempre come il male è "perversione imitante" del bene, per esempio presentandosi come „trinità".

Infine la  χώρα promette in forza che l’uomo isolato e dimentico dell’essere sia capace della soluzione di tutti i problemi, un futuro vero al di la del "sempre uguale" della casa paterna. Il risultato sarà una catastrofe, ma questo è motivo di speranza perché nella catastrofe il figliol prodigo trova di nuovo la via al Padre. Forse il percorso nella catastrofe potrebbe essere evitato con un "sogno" (Martin Luther King), per esempio quello proposto da don Federico Picchetto in redazione: gli stati uniti d'Europa, etc. Lo spero proprio, ma non so. Pensate ai veri maestri, quelli che avrebbero la possibilità di salvarci dalla catastrofe: chi li ascolta? Ulrich, forse il più grande filosofo cattolico del ventesimo secolo, chi lo conosce? La cosa nel suo caso è ancora più grave perché Ulrich non è solo un maestro, ma un testimone. 

Fino a questo punto l’articolo si concentra sugli altri, ha insomma il carattere di „note politiche“.  Interessante, però, è Ulrich quando aiuta a vivere me! Quel „figliol prodigo“ sono io quel „io che in forza del suo mancate „essere se stesso“ è incapace di cambiare in se stesso e quindi di un reale mutamento; è incapace di vivere il suo essere come dono. Per questo motivo sostituisce la personale metamorfosi della libertà con una trasformazione concreta e tecnica dei suoi presupposti materiali (esterni ed interni) e rivela così, contro la sua propria intenzione: disporre di se stesso, che è solo capace di possibilità concrete fuori di se stesso“ (Ferdinand Ulrich). 

Questo „io isolato“, questo „io = io“ sono io! „Nel far sue le possibilità l’io non obbedisce a nessuno e non risponde a nessuno, così come non ha accolto se stesso come dono“, ma accetta e vive le sue proprie possibilità nella modalità del possederle, averle! Non le vive „come possibilità riguardanti se stesso“, cioè non le accoglie come possibilità generate dall’essere come dono, come possibilità riguardanti l’essere, ma solo per l’appunto solo nella modalità dell’avere tecnico, esteriore (capacità di presentarsi agli altri) o interiore (psicologia come tecnica). 

Dobbiamo chiedere più di qualsiasi altra cosa di agire in forza dell’amore povero e gratuito, in modo che sia realmente possibile un cambiamento del nostro sé. Non un incontro con il sé (Bloch), ma un suo reale mutamento è la meta del nostro percorso filosofico in dialogo con Ferdinand Ulrich.

Decisiva è la parola „Selbstsein“ (essere se stesso). Se il dono dell’essere gratuito non liberasse il nostro „Selbstsein“ non saremo creature libere, ma solo marionette in mano di chi ci dona (meglio ci impone) l’essere. Il figlio che se ne va in Lc pensa che la „ousia“ (sostanza) del Padre lo costringa al sempre uguale, ad uno spazio, il podere paterno, in cui non vi è vera libertà e novità. Si fa dare il „patrimonio“ con il quale va in un paese lontano e „vuoto“ (χώρα). Cosa sostituisce il Chi di chi dona, con un „esso“, che gli permette una libertà apparente che dipende da quel „esso“ che non potrà che diminuire. L’appropriamento del sé qui accade nella modalità di quella neutralità del „esso“ che invece lo renderà davvero povero, forse meglio misero. „Chi“ lui incontrerà nel χώρα non lo incontrerà per il suo „sé“, ma per quell’ „esso“ che ha (per esempio la sua giovinezza che passa, per esempio il suo denaro che finisce..) e lui non incontrerà le persone come doni dell’essere gratuito, ma come un „avere“ da divorare. 


La genialità di Ferdinand Ulrich è di far capire che vi è una „analogia“ diabolica tra il dono gratuito di sé, perché si è ricevuto tutto gratuitamente, che rende il sé povero della povertà che è l’amore stesso e la povertà del figlio che ha divorato il patrimonio del Padre. Dal di fuori si potrebbe pensare che si incontra la stessa persona - il figlio dai maiali o Charles de Jesus nel deserto. La differenza è quel motto interiore che è il cambiamento del cuore, che si può ottenere solamente in quella conversione ultima contenuta nella parole „dono“ e „perdono“. Se questo permetterà anche un mutamento della storia lo si vedrà, ma sarebbe già sufficiente se nella storia si seminasse la disponibilità che un cuore gratuito ha, nelle strutture io-tu-noi, di convertirsi a quel Amore gratis senza il quale egli non sarebbe! 

PS Avevo ultimamente scritto un dialogo importante con Ferdinand Ulrich e tradotto sette pagine del suo "Dono e perdono": 

http://graziotto.blogspot.com/2018/07/lamore-gratuito-non-e-mai-un-amore.html

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