venerdì 12 marzo 2021

Don Giacomo TANTARDINI, amico e fratello nella fede e nel sacerdozio - Lush GJERGJI

Pubblico una testimonianza del 2016 su don Giacomo Tantardini di Don Lush GJERGJI, Vicario Generale e biografo di Madre Teresa. 

Per poter tornare al periodo “caldo” degli anni 68 in poi, c’è una figura umana, una persona carismatica, un cristiano convinto, un testimone fedele, audace di Cristo e della Chiesa cattolica, un sacerdote, amico e fratello, Don Giacomo Tantardini.


Jorge Mario Bergoglio e Giacomo Tantardini. Diritti della foto: 30 Giorni 

Prima di ricordarlo con questo scritto, vorrei descrivere il mio incontro con il movimento “Comunione e Liberazione”, che per me fu quasi occasionale, sulle strade di Roma, dove alcuni giovani volantinavano alcuni fogli e proposte. In giro c’erano tanti gruppi, movimenti, iniziative, in buona parte socialista e comunista, che ti seguivano passo dopo passo, cercando di ottenere almeno qualche segno del consenso e della condivione dell’opinione proposta. Roma sembrava, almeno per me, una città piena di comunisti, ateisti, molto combattivi, che propagavano quasi un “cielo nuovo e una terra nuova”, il “paradiso” perduto, con certe proposte e iniziative che escludevano ogni religione, particolarmente quella cristiana.

Io ero già ordinato sacerdote nel agosto del 1973. Il mio vescovo mi permise altri due anni di studio, per poter finire gli studi di Psicologia sociale nell’Università di Roma “La Sapienza”. Lo scopo principale era di avere una esperienza diretta con la realtà di Roma, particolarmente con la gioventù, poi anche per avere una buona preparazione professionale prima di tornare nella mia diocesi, allora parte integrante della Jugoslavia socialista.

Nella mia vita avevo una discreta conoscenza del comunismo e ateismo “statale”, che abbiamo subito pesantemente come Chiesa cattolica, presente in ogni ambito della vita e del lavoro, praticamente una cultura “salata” di ideologia atea, sopratutto anicristiana.

Un “progetto” simile trovai anche a Roma, particolarmente nell’Univesità “La Sapienza”, che vieniva presentato ed offerto come “unica prospettiva e salvezza”.

Alcuni giovani mi fermano davanti alla Piazza della Republica, mi chiesero molto gentilmente di partecipare ad un incontro di conoscenzam reciproca e preghiera. Io, a dire la verità, da prete, quindi “professionista” di Dio e della Chiesa, non ero per niente interessato per questa proposta, ma per gentilezza presi in mano il foglio, cercando di sbrigarmi al più presto possibile di questo

incontro imbarazzante. Pensai: che sono questi cristiani che si presentano così coraggiosi per le strade di Roma, vicino all’Università?

La sera tardi, prima di dormire, presi in mano quel Volantino, che per me fu una Proposta della Vita e per la Vita. Il volto tranquille e sorridente delle persone che mi hanno fermato per strada, lasciandomi in mano questo foglio, il richiamo molto serio: Per te, prete, è più importante lo studio che Cristo, la Chiesa cattolica?

Fu un fulmine al cielo sereno, un colpo duro e amaro, ch mi costrinse a pensare, meditare, pregare, scegliere..

Cercando di liberarmi da questi pensieri, dissi dentro di me così: io sono qui per studiare e finire il meglio possibile gli studi, per tornare nella mia diocesi...

Un pò imbarazzato dicisi di partecipare all’incontro che si proponeva in quel volantino. Ero sorpreso. Giovani di “Comunione e Liberazione”, fondati da Don Luigi Giussani (1922-2005) erano diversi dagli altri in tanti settori: entusiasti per la vita cristiana, molto impegnati nella quotidianità, nell’Università, nel lavoro, nella famiglia, nella società.

La figura chiave del movimento Comunione e Liberazione a Roma era Don Giacomo Tantardini, sacerdote buono, impegnato nel servizio della vita sacerdotale, che sapeva ascoltare tutti, essere sempre disponibile per la conversazione, le confessioni, che irradiava la gioia della vita cristiana. Sin dal nostro primo incontro ci siamo capiti “a volo”, senza molte parole e spiegazioni. Io insistevo per un impegno cristiano tramite la formazione e la creazione della cultura cristiana e della civiltà dell’amore, nello stile di Madre Teresa. Don Giacomo Tantardini era convino che la migliore risposta alle sfide quotidiane della scuola, dell’università, dell’ambito di lavoro, delle contradizioni della società moderna, era la vita e la testimonianza cristiana. Mi diceva spesso così: “Nei diversi secoli si è creata la cultura cristiana, che rimane un “capitale” della storia e del passato, importante e indicativa. Ma noi oggi viviamo quasi in un mondo “pagano”, anche due milla anni dopo la morte e risurrezione di Cristo. Conosciamo abbastanza bene la sua vita, il suo insegnamento, il messaggio cristiano, come una filosofia, un modo di vedere e giudicare se stessi ed il mondo. Però è fondamentale questo: Se Cristo non è vivo oggi, come possiamo noi vivere il suo messaggio, trasmette alle future generazioni questa vita nuova, incorporata in Gesù, vissuta nell’ambito della Chiesa cattolica... Senza Cristo, la sua presenza sacramentale nella Chiesa, nella comunità cristiana, nei sacramenti, tutto resta una bella “utopia”. Comunione e

Liberazione rende Cristo risorto vivo e operante tramite l’amore, la cura, il rapporto interpresonale, famigliare, nel lavoro, nella vita, nella società... “.

Don Giacomo Tantardini era un uomo “inamorato” in Cristo, nella Chiesa, nell’Uomo, sopratutto nei giovani. Egli credeva fortemente nell’inteligenza della fede cristiana e nella generosità del cuore umano. Fu costantemente ispirato da Cristo, dal rapporto intimo con Lui, arrichito con la sua presenza sacramentale, diventava il capolavoro dello Spirito Santo nei nostri giorni.

La sua fede in Dio, era di consequenza, anche la piena fiducia nell’uomo. Amava e coltivava le preghiera personale e comunitaria. Non si stancava mai di ascoltare, sentire, cercare di capire, o forse ancora meglio, di accompagnare diverse persone, tanti giovani studenti verso il vero Incontro con Cristo.

Diceva spesso così: “Chi davvero ha incontrato Cristo, non Lo può più lasciare, abbandonare, dimenticare, perchè Egli è l’Amore del Padre nello Spirito Santo, la manifestazione del “volto di Dio”, Dio Amore, incarnato, morto e risorto per noi e per la nostra salvezza...”

Dall’esperienza, conoscenza e collaborazione fraterna, sacerdotale con Don Giacomo Tantardini a Roma negli anni 1973-1975, nel movimento di “Comunione e Liberazione” ho avuto tanto. Prima di tutto, ho imparato ad amare e servire Gesù totalemnte e fedelmente. Ho conosciuto una “Roma diversa”, cristiana, con lui e tramite lui, con tanti giovani del Movimento da diverse parti dell’Italia. Ho imparato l’obbedienza verso il Vicario di Cristo, il Papa, l’amore incondizionato verso la Chiesa, “Madre e Maestra”. La passione di credere e vivere la fede e la vocazione all’interno della comunità cristiana.

Perciò Don Giacomo Tantardini per me era ed è ancora, per sempre, un tesoro umano e cristiano, un Amico e Fratello nella fede e nel sacerdozio, una certezza nel cammino verso l’eternità. Il nostro rapporto e la nostra collaborazione continua, è più forte del tempo e dello spazio, anche della morte, perchè tramite la fede e la preghiera, noi ci riconsciamo e siamo insieme, uniti nel Signore risorto, nella Chiesa cattolica, nell’attesa della beata speranza!

Pristina, 19 maggio 2016


lunedì 8 marzo 2021

Die Kirche ist ein Leben - Erik H. Theilemann

Mit großer Freude veröffentliche in meinem Blog einen Aufsatz über die Kirche von meinem Schüler, Erik H. Theilemann (mit seinem Einverständnis) :  "...in vielen Kritiken der christlichen Glaubensgemeinschaften klingt ein Aspekt heraus. Es sei zu viel Dogma, zu viel Fundamentalismus zu finden. Giussanis Zitat zeigt, dass in einer eiligen Verurteilung der Kirche ohne adequates Zusammenleben derselbe Dogmatismus mitschwingt. Dieser verurteilt nach geringer „Seinsergründung“ dasselbe Sein kategorisch. Giussanis tiefer Blick weist auf, dass a) Beschuldigungen der Ketzerei/dogmatischer Ausschluss aus der Gemeinde und b) kategorische Verneinung des lebendigen Wesens der Kirche aus derselben bösen Wurzel erwachsen (Erik). Es handelt sich um eine letzte Klausur im Fach Religion.   





Inhaltsverzeichnis:


1. Auseinandersetzung mit der Kirche – wieso?

2. „Lebendige“ Kirche und vorschnelles Urteil

3. Kritik der Zeit – Versuch der Widerlegung 

4. Das unterschiedliche „Sein“ der Kirche + Folgen


1.) In einer Welt, wo nach 2000 Jahren sich Millionen von Menschen aus allen Winkeln und Himmelsrichtungen zu einem gemeinsamen Glaubensgrundsatz bekennen, ist derjenige höchst intolerant und weltfremd, der sich nicht mit der bewegenden Kraft der Kirche auseinandersetzt. Es lohnt sich unbedingt historisch und theologisch, doch sollte eine transzendentale Solidarität mit Milliarden von Mitmenschen der ausschlaggebende Grund sein. 

2.) Laut den Gedanken von Luigi Giussani ist die Kirche als sich regende, atmende und tätige Lebenseinheit nur durch das Zusammenleben, d.h. Mitregen, -atmen und -tun zu verstehen. Anknüpfend an diese These ist der Kirchennegierer also vorschnell. Wer die Kirche aus Erfahrungsbrocken verleugnet, trifft damit nicht sie selbst, sondern seine eigene Person, da er den „Lebenscharakter“ der Kirche nicht anerkennt. 

Betrachtet man aber darin ein im steten Wandel begriffenes Wesen, so erfordert es – wie Giussani sagt – eine „schwer abzuschätzende Zeitspanne“, um es zu wagen, ein finales Urteil zu fällen. 

Denn endgültige Kategorisierungen führen schnell zur Tyrannei. Man betrachte den jungen Raskolnikow, dessen Einteilung der „Wucherin“ nach kürzester Zeit zum Morde führt. Finale Urteile eilen finalen Handlungen voraus.

3.) Deshalb ist Giussanis These, die Kirche sei lebendig, ein so wichtiger Schritt. Natürlich lässt sich bei greisen Amtspersonen und Priestern, bei fallenden Kirchenmitgliedszahlen darüber diskutieren, ob die Kirche zwar „lebendig“ jedoch „im Sterben liege“. Doch Alter und Anzahl haben dem Wesen nichts an: solange Menschen „in der Kirche“ leben, lebt die Kirche durch sie; ähnlich wie: „Wo zwei oder drei versammelt sind, da bin ich mitten unter euch.“

Ein Leben, in dem Christus selbst weilt (vor dem sich nur weit Abgekommene der Bewunderung zu verschließen vermögen), kann nicht ohne Zögern abgeurteilt werden. Einem lebendigen Sein gebührt Achtung, gleich ob 200 oder 1,5 Milliarden sich diesem Sein widmen. 

4.) Ein weiterer Folgegedanke: Leben ist vielleicht im Sein, doch nicht im „So-Sein“ vollkommen. Die Kirche ist vom Anfang bis zum Ende das reflektierte Licht der Liebe Gottes. Da der Schöpfer vollkommen war und ist, ist das Geschöpfte in dem Wesen seiner Existenz vollkommen. Doch wie diese Existenz sich verhält, ist/sollte ein Streben nach Vervollkommnung sein. 

In metaphorischen Worten: die Kirche ist vom Licht (Sein), doch ist sie es aus sich selbst nicht (So-Sein). 

Das bedeutet: auch wenn uns unsere Eltern lieben und das Sein geschenkt haben, sind wir selbst zu Schaden, Lüge und Übel im Stande. In der Kirchengeschichte gibt es zahlreiche dunkle Momente; jedoch sind sie nicht Zeuge einer vermeintlichen Boshaftigkeit Gottes. Sie sind Ausdruck des Lebens, des unvollkommenen und schreckensreichen Lebens. Die Kirche soll Gottes Liebe widerspiegeln, doch ist dies eine unglaublich schwere Last. Daher ist der Papst – die Person, die an der Spitze der Liebesverkörperung steht – der tiefste, der „Diener aller Diener“.

In der Kirche leben heißt zweierlei: a) durch sie leiden, da sie nicht vollkommen ist und b) an ihr leiden, da sie immense Aufgaben stellt. Doch in diesem Leid liegt ein Reichtum an Liebe und Weisheit wie sonst nirgends. Es gibt – so auch Giussani – viel „zu entdecken und auszuloten“. Und wer im wahren Verständnis der Kirche lebt, lebt im Lichte des Herrn. 

Ein letzter Punkt: in vielen Kritiken der christlichen Glaubensgemeinschaften klingt ein Aspekt heraus. Es sei zu viel Dogma, zu viel Fundamentalismus zu finden. Giussanis Zitat zeigt, dass in einer eiligen Verurteilung der Kirche ohne adequates Zusammenleben derselbe Dogmatismus mitschwingt. Dieser verurteilt nach geringer „Seinsergründung“ dasselbe Sein kategorisch. Giussanis tiefer Blick weist auf, dass a) Beschuldigungen der Ketzerei/dogmatischer Ausschluss aus der Gemeinde und b) kategorische Verneinung des lebendigen Wesens der Kirche aus derselben bösen Wurzel erwachsen. 

Daher gilt gleichermaßen für Christen und Nichtchristen, sich sehr davor zu hüten, ein geschöpftes Wesen im Kern seiner Existenz zu negieren. Verlust an Wissen und Entdeckungsmöglichkeit sind womöglich die geringsten der folgenden Übel.