mercoledì 12 maggio 2021

Un obelisco testimone della storia del cuore del mondo - un romanzo di Paolo Biondi

Lipsia. Nel „prologo“ e nell’“epilogo“ il narratore della storia è l’obelisco stesso, in questo senso è un narratore autodiegetico, cioè convolto con la storia stessa. Il romanzo stesso invece è raccontato da un narratore eterodiegetico, cioè non convolto nella storia, ma che racconta la storia coinvolgente della prima attrattiva cristiana, di personaggi (quelli della seconda fila, per così dire) che solo in parte sono quelli anche citati nel Nuovo Testamento. 



Quando leggiamo per esempio la storia dell’imprigionamento di Paolo e Sila nel capitolo sedicesimo degli Atti degli Apostoli, siamo confrontati con l’attrattiva suscitata nel carceriere da Paolo e Sila che non fuggono, sebbene il terremoto abbia distrutto la prigione. Nel romanzo di Biondi viene raccontata la storia dell'ebreo Daniele che accompagna, incaricato da un senatore, l’obelisco da Alessandria in Egitto fino a Roma. Diventa poi, fedele alla sua professione, lo stalliere degli imperatori Caligola, Claudio e Nerone e suscita un’attrattiva discreta, ma reale.

Daniele viene battezzato da Pietro: il battesimo è quella forza che gli permette di vivere sotto il dominio di imperatori più o meno innamorati di se stessi, più (Caligola, Nerone) o meno (Claudio) violenti.


L’obelisco, che costringe a guardare in alto, diventa il testimone della maturazione di Daniele capace di reagire in modo giusto anche di fronte al narcisismo folle di Nerone, a cui aveva nella sua gioventù insegnato tutto sui cavalli. In una scena Nerone, quando la sua follia era del tutto evidente,  giunge al circo e dice di voler imparare qualcosa di nuovo sui cavalli. Daniele è stordito, ma guardando l'obelisco riesce a reagire in modo tale che la sua vita viene salvata: „Certo, mio principe. Non hai comunque bisogno di ricevere insegnamenti: sarai tu a spiegarmi e dirmi come ti dovrò preparare i tuoi cavalli perché siamo pronti a essere guidati dal loro signore.“ (160) Ecco l'unico linguaggio che capiscono gli imperatori: devono essere sempre lodati.


Nelle mie recensioni di romanzi cerco di non scoprire mai completamente la storia del romanzo stesso, in modo tale da non fa perdere la voglia di leggerlo. Anche questa mia recensione non sostituisce la lettura del romanzo, tanto meno di questo bel romanzo. Vorrei raccontare solo due episodi significativi.


Il primo episodio è quello delle bacio (forse piacerebbe a Recalcati, che sul bacio ha scritto un libro) con Lucia che diventerà la moglie di Daniele. Certamente in questa scena l'uomo è „dominante“, ha un suo primato. La donna è passiva, la scena stessa però e inquadrata  nello scenario bellissimo del mare della Sicilia e dei suoi colori. Cosicché questo bacio diventa l'introduzione efficace ad un amore familiare che sopravviverà  anche all’incendio di Roma.


Il secondo episodio è quello in cui Daniele scopre Pietro crocifisso. In esso si vede che Daniele non è solo capace di agire nel modo giusto con i principi, con gli imperatori folli, ma colui che sa riconoscere la vera autorità di Pietro. Come la riconosce l’obelisco. „L'obelisco intero partecipava al lutto di quella crocifissione e annunciava al mondo che da quel momento in poi sarebbe stato per tutti il testimone di quanto era avvenuto ai suoi piedi. La sua storia millenaria si compiva in quell'attimo e in quella scena. Come se il mistero del tramonto limpido trovasse ragione di essere in quella immagine, della quale l'obelisco di Nerone diventava, ancora una volta muto testimone.“ (172-173). Infine non era più l'obelisco di Caligola, Claudio e Nerone, ma l'obelisco di Pietro.


Nel romanzo viene raccontata anche la venuta di Paolo a Roma, la tensione tra Pietro e Paolo, storicamente accertata, e un po' in sottofondo, viene solo accennata. Comunque è vero che sia Paolo che Pietro, a loro modo, sono testimoni di quell'unico avvenimento che ha affascinato nei secoli così tante persone, già nei primi suoi passi.


Nell'epilogo, in cui viene ripetuto per una seconda volta (la prima era nel prologo) l'affronto luterano all'obelisco stesso, leggiamo la possibilità che questa storia affascinante non sia finita. Sarebbe bello se Biondi ci raccontasse ancora una o più storie del suo „testimone“.


Paolo Biondi, Il Testimone, Bari 2021


martedì 4 maggio 2021

Pandemia e scienza - Appunti per un dialogo con Matthew B. Crawford

Per Ferdinand ed Adrian 

Matthew B.  Crawford è laureato in fisica e filosofia politica. È un senior fellow all'Istituto di Studi Avanzati sulla Cultura (Advanced Studies in Culture) dell'Università della Virginia. Non mi è possibile al momento fare uno studio "scientifico" del suo articolo che porta il titolo: come la scienza è stata corrotta(1), ne tanto meno dei suoi libri. Qui tento solo di scrivere qualche appunto, che dovrà essere necessariamente approfondito. 



Avevo già parlato dell'argomento in dialogo con Paolo Becchi (2), ma la posizione di Matthew B. Crawford è più forte, perché i dati scientifici su cui riflette sono più precisi e non ha alcun interesse a teorie della cospirazione. Quello che viene criticato sta di fronte agli occhi di tutti e che un lettore attento della "Laudato si'" di papa Francesco ben conosce: l'assolutizzazione del paradigma tecnico-scientifico. Non si tratta neppure di criticare la buona volontà di politici che hanno fatto e fanno un lavoro molto duro in questo tempo di pandemia, tanto meno il lavoro ancor più pesante del personale medico, delle persone che lavorano in un supermercato, delle persone coinvolte nella scuola, etc. Non si tratta neppure di mettere in discussione la sensatezza dei vaccini, etc.  Si tratta di riflettere sul tipo di soluzione che molti pensano essere l'unica soluzione possibile per il problema pandemico e di non discriminare chi con questa unica soluzione non è d'accordo.

Da subito non ho condiviso la presentazione della scienza come la nuova ed unica "religione dogmatica", non ho mai pensato che esista "la scienza", ma che esistano scienziati che sono in discussione tra di loro e che se sono fedeli al loro lavoro universitario devono essere aperti alla critica, alle verifiche e falsificazioni di ciò che dicono. Se da una parte è questione di buon senso prendere sul serio il lavoro della comunità scientifica e il lavoro di singoli scienziati che hanno portato al vaccino anti covid in poco tempo, non è d'altro canto possibile non vedere che non esiste la "scienza pura", ma che essa è intrecciata con interessi economici ed ideologici che possono e devono essere messi in discussione. In primo luogo deve e può essere messa in discussione l'assolutizzazione del paradigma tecnico-scientifico. Il colosso ecologico, per fare un esempio, non può essere superato solamente con una tecnica migliore, ma con la riduzione dei consumi, ragionevole e realistica. L'invito a "seguire la scienza" con carattere minaccioso, come se le persone che pongono domande sono a priori nemici dell'umanità, deve e può essere messo in discussione, senza per questo essere sospettati di non essere grati per le scoperte scientifiche. 

Con ragione dice Matthew Crawford: "Sembra esserci un modello, non limitato alla scienza-politica del clima, in cui l'energia di massa galvanizzata dalle celebrità (che parlano sempre con certezza) rafforza la mano degli attivisti per organizzare campagne in cui ogni istituzione di ricerca che non riesce a disciplinare uno scienziato dissidente è vista come un canale di "disinformazione". L'istituzione è posta sotto una sorta di amministrazione di controllo morale, che viene revocata quando i capi dell'istituzione denunciano il ricercatore colpevole e prendono le distanze dalle sue scoperte." Questo controllo morale non è forse frutto di cattiva volontà, ma certamente riduce la libertà di azione e ricerca. Se, per fare un esempio, il viaggio del Santo Padre Francesco in Irak all'inizio di marzo venisse giudicato solo attraverso gli occhiali di questo "controllo morale", allora esso sarebbe stato semplicemente occasione di diffusione della pandemia. Per chi ha seguito il viaggio in tutte le sue dimensioni umane, religiose, di dialogo questa riduzione di cui parliamo è la riduzione della percezione della realtà in tutti i suoi fattori, che non possono essere ridotti a quello della saluta fisica delle persone (che tra l'altro il Papa in questo periodo di pandemia ha preso molto sul serio). Se fosse così non dovrei scrivere questo articolo, ma andare a passeggiare nella natura.  

Matthew Crawford parla di tanti tanti altri aspetti che mi limito qui alla fine del mio breve articolo di citare. In primo luogo la perdita di fiducia che tante persone hanno nei confronti della scienza. Certo ci sono anche tanti che si fidano - grazie a Dio, ma chi non si fida non è un criminale. Quando mia suocera è morta di cancro in una delle città universitarie più prestigiose della Germania, avevo, in modo simbolico, del tutto presente che la scienza medica non può tutto, anche se può tanto. E detto più in generale: anche se possiamo andare su Marte e sono contento di vedere le foto fatte sul pianeta che conoscevo solo per l'ottimo racconto di C.S.Lewis, Perelandra, nei confronti dell'universo, la scienza e la tecnica sono solo e rimaranno per sempre "tentavi ironici". 

Infine abbiamo il problema politico e giuridico: "L'opinione pubblica conta in Occidente molto più che in Cina. Solo se la gente è sufficientemente spaventata, rinuncerà alle libertà fondamentali in nome della sicurezza - questa è la formula di base del Leviatano di Hobbes. Fomentare la paura è stato a lungo un elemento essenziale del modello di business dei mass media,... Mentre il governo cinese ricorre alla coercizione esterna, in Occidente la coercizione deve venire dall'interno; da uno stato mentale nell'individuo. Lo stato è nominalmente nelle mani di persone elette per servire come rappresentanti del popolo, quindi non può essere un oggetto di paura. Qualcos'altro deve essere la fonte della paura, quindi lo stato può svolgere il ruolo di salvarci. Ma svolgere questo ruolo richiede che il potere statale sia diretto da esperti. 

All'inizio del 2020, l'opinione pubblica ha accettato la necessità di una sospensione a breve termine delle libertà fondamentali, supponendo che, una volta passata l'emergenza, si potesse tornare a non essere la Cina. Ma questo è presupporre una robustezza della cultura politica liberale che potrebbe non essere giustificata. (Lo afferma) Lord Sumption, un giurista e membro in pensione della Corte Suprema del Regno Unito. (...) In un'intervista con Freddie Sayers a UnHerd, sottolinea che, per legge, il governo ha ampi poteri per agire in caso di emergenza. "Ci sono molte cose che i governi possono fare, che è generalmente accettato che non dovrebbero fare. E una di queste, fino allo scorso marzo, era rinchiudere le persone sane nelle loro case". (Matthew Crawford).

Sono più per una democrazia rappresentativa, che diretta, ma non per questo ritengo che gli "esperti" abbiano il diritto di determinare il mio modo di vivere, ovviamente se non faccio cose che minano il bene comune. Con Hannah Arendt ho sempre pensato che non gli esperti, ma la mia intuizione filosofia deve guidare il mio cammino esistenziale (come premessa a quell'assenso definitivo al reale che è il mio essere cristiano). Ed infine ritengo che lo "stato di diritto" debba riflettere su quei fondamenti che non stanno a disposizione, neppure della "cultura politica liberale", che spesso mostra il suo volto dogmatico: liberale si, ma solo se pensi nel modo con cui pensano le élite dominanti. Etc. 






(1) https://unherd.com/2021/05/how-science-has-been-corrupted/?=frlh&fbclid=IwAR0R9Ifl_ue28gv_QIx8CDrexVYeYDz4A0Kkrb_LjgN-KowvdAbj7irztmg

(2) https://graziotto.blogspot.com/2020/11/la-pandemia-i-filosofi-e-il-papa-una.html