(Uso il "noi" sebbene io porti la responsabilità ultima di quanto detto in questo articolo, non per amore del pluralis maiestatis, ma perché esso è nato in dialogo con l'amico di Torino, Nicola Felice Pomponio)
Sono ormai almeno due i filosofi Italiani che criticano la Chiesa e il Papa per il loro atteggiamento nella pandemia, che stiamo ancora vivendo in tutta la sua forza infettiva: Giorgio Agamben (la risonanza delle critiche di Agamben è giunta fino in Germania) e Paolo Becchi su cui stiamo riflettendo. Il titolo ci aveva resi attenti ad un problema reale: l’incubo di Foucault, la costruzione di una emergenza sanitaria, Roma 2020. Abbiamo sempre ritenuto persone pericolose quelle che dicono di sé di non avere preconcetti, perché ciò significa che non hanno neppure il senso del problema. Analogamente chi pensa, in questa crisi pandemica, di non aver alcun problema con una possibile „costruzione“ o „manipolazione“ di un’emergenza sanitaria ci spaventa. Ovviamente ogni potere deve essere „controllato“ (questo anche in fase normali della vita), perché sulle nostre paure ipocondriache di essere contagiati e sul nostro „conformismo terapeutico dilagante“ (Becchi) si possono costruire anche gestioni di potere, che non hanno più alcun senso della realtà e che vengono a mancare di quella dignità democratica propria ad uno „stato di diritto“. La realtà è sempre piena di tentazioni. Tenerne conto è cosa saggia.
Voler criticare il Papa e la Chiesa per una supposta tentazione gnostica invero mi sembra molto esagerato e per quanto riguarda il Santo Padre anche del tutto falsa. Per nulla saggio. Seguendo le Sante Messe del Papa all’inizio della pandemia mi è sembrata la sua fede più concreta che mai: „Ascolta, O Dio, la voce del tuo popolo: noi riponiamo ogni nostra fiducia nella venuta del Salvatore, che vive e regna nei secoli dei secoli“ (una delle orazioni del tempo di Avvento della liturgia ambrosiana). La concretezza della fede del Papa non si misura sui bagni di folla, ma nella fede del Signore che viene! E neppure citando esempi importanti che non vanno dimenticati: come il contatto di Gesù e san Francesco con i lebbrosi. In vero il Papa non si è mai chiuso in Vaticano e non ha cessato minimamente il suo ministero di pastore della Chiesa universale con i suoi particolari accenti: pensiamo, per esempio, all’ l’impressionante „Via crucis“ con il tema del carcere, tenuta tra l’altro con personale carcerario e con detenuti. O per fare un altro esempio: alla benedizione urbi et orbi tenuta in una piazza San Pietro vuota materialmente di credenti, ma per nulla spiritualmente. Ora per quanto sia importante la „carne“, essa senza lo spirito non conta nulla - non lo diciamo noi, ma l’evangelista Giovanni.
Poi la critica del silenzio della chiesa e dell’infedeltà al corpo di Cristo nei confronti dei sacerdoti e credenti morti, per essere presenti nella pandemia, è del tutto impertinente e stolta.
Infine sarebbe bello se i filosofi facessero il loro mestiere e fossero più cauti con affermazioni da spiaggia estiva, per esempio con quella che il virus sarebbe già „clinicamente morto“ o quasi; è di ieri la notizia che in Germania ci sono stati 410 morti in 24 ore, causati dal virus (direttamente o indirettamente).
Un dialogo interdisciplinare tra teologia e filosofia è certamente sensato, ma prima di accusare un Papa di „gnosticismo“ (oggi è diventato uno sport internazionale dire stoltezze su questo Papa) bisognerebbe avere quell’umiltà propria ad ogni buona filosofia, che ha fatto le sue prime mosse con il saggio: „so di non sapere“. Ovviamente anche i teologi hanno tentazioni di immischiarsi indebitamente in questioni filosofiche, ma questo non è il tema della nostra recensione.
PS I
Don Federico Picchetto, missionario della carità, ha commentato questo mio post nella mia bacheca in Facebook: Mi sovviene 1Cor 10 quando san Paolo rimprovera i cristiani di Corinto di muoversi soltanto secondo il criterio della "scientia" e non della "caritas". Il Papa ci ricorda con i suoi atteggiamenti che il compito della Chiesa è non dimenticare la ragione che in questo momento ci impone di proteggerci gli uni gli altri e non di buttarci nel tempo per sbandierare una Verità che non ha alcun bisogno di essere promossa o violentemente riaffermata, ma solo seguita e profetizzata nella Carità Come vorrei una Chiesa che sa dire da sola: “Ci fermiamo noi, fate chiudere noi in cambio di qualche un altro”. Ci manca il coraggio di Massimiliano Kolbe che si offrì, in luogo d’altri, al carnefice del tempo. Purtroppo il coraggio del Papa è seguito spesso dalla pavidità di chi non si è ancora liberato del XX secolo.
Ecco la mia risposta: , quello che scrivi è profondamene teologico; che un filosofo faccia fatica a capire questa logica inversa di Kolbe non mi stupisce, sebbene anche un filosofo dovrebbe saper che solo l'amore è credibile. Metto il tuo intervento, appena ho tempo, anche nel mio post stesso. Grazie.
PS II La scienza e la filosofia
Uno dei punti più forti dello scritto di Becchi è la riflessione sul rapporto tra scienza e filosofia; ovviamente un filosofo è scettico nei confronti di ogni tipo di dominio della scienza, tanto più che la scienza non esiste - essa è un'astrazione che può essere usata come dominio. Esistono invece scienziati che discutono la verità di un certo fenomeno o la sua verosimilitudine. Certe ipotesi di lavoro sono più vere di altre, ma non vuol dire che non si possano fare obiezioni. Verificare e falsificare le ipotesi è lavoro scientifico. Oltre a ciò, sono importanti anche le pagine che Becchi ha scritto sul lavoro a scuola e nell'università. Etc.
PS III Angela Merkel, la politica e le emergenze
Passando il tempo dalla lettura del libro di Becchi e aggravandosi la situazione della pandemia in questa seconda ondata invernale mi viene il dubbio se non ho preso troppo sul serio un libro scritto nell'estate e che attrae per il titolo, visto che noi filosofi siamo un po' sempre "originali" nel nostro modo di pensare. Ovviamente in questa crisi pandemica vi è tanto "conformismo terapeutico", una sovra accentuazione del valore della salute, e tante cose che non sono logiche, ma allo stesso tempo , basta uno sguardo veloce alle stazioni di medicina intensiva, per comprendere che con il covid non si scherza, anche se molte persone si possono curare a casa. La grande domanda del libro è quella posta dal sottotitolo: la costruzione di un'emergenza sanitaria. Non credo che vi sia una "costruzione", anche se ovviamente in un'emergenza vi è sempre il pericolo dell'abuso del potere. Comunque questo pericolo non lo vedo nella cancelliera tedesca, Angela Merkel che da sempre coniuga logica, moralità e soluzione di emergenze: dalla prima, quando dovette "superare" il suo "maestro" (Helmut Kohl) che si era intrappolato in una questione di finanziamenti del partito, poi quella finanziaria (2009), quella dei profughi (2015), quella in Ucraina ed ora quella pandemica (2020). L'esistenza di emergenze e il loro superamento non è di per sé dimostrazione che esse siano "costruite".
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