mercoledì 29 agosto 2018

Si può "misurare" il lavoro nella scuola? In dialogo con Ferdinand Ulrich

Lipsia. Un elemento importante del successo di Sergio Marchionne è stato che ha cominciato a "misurare" il lavoro fatto in Fiat (quando la Fiat perdeva cinque milioni al giorno).  Se questo "misurare" è fatto bene non è un "controllo", ma davvero un aiuto per superare forme di gestione egoistica del proprio potere ed altre forme di arbitrario uso della propria posizione. 

Può essere fatta una misurazione simile per il mondo della scuola? Vivo da ventotto anni in Germania e la mia vita lavorativa si è svolta quasi tutta in questo paese in cui nella scuola (25 anni di scuola tedesca) ci sono diversi sistemi di "misurazione" del lavoro scolastico. Dai primi anni (per me due) di seminario didattico prima di potere insegnare in proprio, fino a forme di reciproca ospitazione tra colleghi o con colleghi di un'altra scuola.  Come insegnante di religione in Baviera si veniva per esempio visitati una volta ogni due anni fino al cinquantesimo anno di età. Anche dove insegno ora da sedici anni gli insegnanti devono fare corsi di perfezionamento obbligatori, dove vengono offerti nuovi metodi di didattica, etc. 

Sarei un bugiardo a dire che ciò mi abbia fatto esperimentare una scuola più efficiente e più umana. Spesso ho subito o ho osservato dai giovani colleghi che le persone che le "misuravano" avevano solo criteri astratti di giudizio e nessuna immedesimazione in ciò che noi filosofi chiamiamo "l'essere se stessi". Questo essere se stessi non è un'autonomia immensurabile   perché nasce dal dono dell'essere concreto del nostra esistenza. Si è realmente liberi non in una autonomia senza comunione con gli altri, ma si è liberi, si è se stessi, sempre nel contesto di un dono comunitario dell'essere. Quando si è liberi nel senso della gestione di uno spazio neutrale che ho (potere, competenza) non c'è niente da misurare perché in quello spazio vi è solo il niente narcisistico. Quando si vive nella comunione con gli altri, anche se il motivo ultimo è amore gratis, si possono ovviamente misurare alcune prestazioni. Chi ha il compito di misurare però dovrebbe avere il senso ultimo della gratuità dei doni personali di chi egli ha da esaminare, se non la fa esercita solo un compito arbitrario. In questo caso credo solo che nella reciprocità della misura si possa davvero arrivare ad una certa giustizia del rapporto. Il sistema tedesco, in cui invece chi misura diventa un po' il padrone del giovane collega, secondo me è adatto solamente a causare una concorrenza spietata in cui per arrivare al posto di chi misura è necessaria in primo luogo una grande "volontà di potenza", astratta e tecnica. 

Per quanto mi riguarda non parlo quasi mai di questi temi, perché mi annoiano mortalmente. La vera misura la imparo dalla filosofia dell'essere come dono. Quando vivo o quando non vivo le giornate nella scuola con le sfide didattiche e di insegnamento in forza di un essere già donato davvero che genera una nuova donazione o quando ho paura, perché di fatto non credo che mi sia stato donato davvero un percorso da fare per amore? 

Il giovane che nella storia di Luca 15 lascia il tetto paterno per essere davvero libero di fatto cade nella tentazione di gestire solo uno spazio vuoto (ne avevo parlato in un altro post). In questo spazio vuoto la gente non è interessata a lui, ma solamente a ciò che ha. Questo è un pericolo che corrono i colleghi giovani, che appunto hanno (!) ancora la loro gioventù, ma non sono (!) giovani. Si rimane giovani anche da vecchi quando si è coscienti che non vi è vera libertà nella sola "brama" (di sesso, di potere...). Nella brama ciò che è desiderato è un "esso", non una "persona" e quando quel "esso" è finito (i soldi, la giovinezza...) non c'é più nessuno che ti doni davvero gratis qualcosa. Solo se tu ti avvicini nello spirito della gratuità ai tuoi allievi hai la possibilità che loro si avvicinino a te gratuitamente. 

"Da nessuna parte il dono dell'essere è diventato colui che lo riceve se non nel grazie" (Ferdinand Ulrich). Il dono dell'essere non è più un "qualcosa" che si ha, ma davvero diventa, nella modalità dell'essere, identico e medesimo con colui che riceve il dono. Nel grazie (per questo lavoro, per questa ora di lezione riuscita o meno) abbiamo interiorizzato così il dono dell'essere che siamo diventati noi stessi dono, "perché (così) glorifichiamo il donatore è per questo (viviamo di) un si puro all'essere donato del dono, cioè alla volontà del donatore" (Ulrich, Dono e perdono, ibidem 487). Quando noi come insegnanti diciamo davvero si a quel allievo che ci è donato (il che non vuol dire dargli sempre ragione), quando diciamo davvero si ad un ora di lezione che ci è stata donata, pur con tutta la nostra competenza? "In forza della sua volontà il dono mi appartiene davvero, il dono è diventato "io stesso" (Ulrich). Io stesso come un essere se stesso donato e non come un astratto io = io narcisista. "Posso vivere libero in forza della donazione dell'essere. Quanto più vivo il dono come qualcosa che ho prodotto io ed io non sono me stesso in forza di Colui che mi ha donato l'essere, tanto più manco di reale libertà" (Ulrich). In queste poche parole c'è già abbastanza "misura" per tutta una vita. Agostino nella sua grande capacita retorica riassumeva: Ama et fac quod vis! 

Lo so che alcune persone troveranno questa pagina del tutto astratta, per me è del tutto concreta, perché nessuno come noi stessi è davvero in grado di misurarsi. Colui che ha come compito il misurare o valutare dovrebbe solo mettersi al servizio di questa auto misura. Dovrebbe essere in un certo senso una "guida spirituale" e non un controllore di capacità tecniche. 

lunedì 27 agosto 2018

Sulle mie critiche a Matteo Salvini

Lipsia. Stando qualche giorno in Italia ho potuto constatare che con grande probabilità è vero che 80 % dei cattolici vota Salvini (altri pensano che questa cifra è esagerata). In un incontro su Leopardi al Meeting di Rimini ho sentito addirittura che il ministro degli interni è stato invitato per un "dialogo" all'interno della manifestazione "Leopardi 200". Per quanto riguarda le mie critiche mi sono state rivolte le seguenti critiche. Insomma critiche delle mie critiche è il tema a cui rispondo con critiche delle critiche delle critiche. ;-)

1. In primo luogo come italiano residente all'estero non avrei nulla da dire sul tema. Vorrei ricordare che nella Redazione dei "Contadini di Peguy" sono in continuo contatto con italiani residenti in Italia, che vivono in diverse regioni del nord e del centro ed io non scrivo mai nulla senza buttarmi nel dialogo con persone amiche o che conosco, anche spesso con avversari. Detto questo vorrei dire che il paragone con le cose tedesche mi permette anche una comprensione di quelle italiane. Non faccio esempi storici, ma l'intreccio delle realtà tedesche ed italiane mi sembrano essere più che "dimostrato". 

2. Una altra critica suona: se non sei d'accordo devi tacere. Questa mi sembra una posizione dittatoriale o mafiosa o non so bene come definirla. La capacità critica e di critica espressione è il nodo vitale di una società democratica. 

3. Accusare Salvini di "populismo" sarebbe senza senso, mentre bisognerebbe riflettere sugli errori fatti per decenni da politici che hanno portato al potere persone come Salvini. Ora questi errori certamente ci sono stati, anche se bisogna tenere conto che per esempio l'Italia è uno dei pochi paesi europei importanti che non abbia subito alcun attacco terrorista e ciò significa che non si può fare nelle critiche di tutta l'erba un fascio. 

4. Finalmente Salvini prende "decisioni", che io non considererei. Devo dire che il tutto mi ha fatto pensare ad una riposta che Benedetto XVI aveva dato ad un giornalista che gli chiedeva se non si potesse risolvere il problema liturgico con un "Machtwort" (con un comando). Benedetto XVI rispose che non si può, per il semplice fatto che comandi generano ribellione a priori. Che Salvini faccia il duro con l'Europa ha una sola conseguenza: che gli altri lo affonderanno, appena possono. 

5. Per quanto riguarda invece lo scenario che egli vinca, rimando all'articolato intervento della Redazione dei Contadini di qualche giorno fa, che porta il titolo: "una gigantesca sconfitta per il nostro paese! E qualcuno lo sapeva". Lo riporto anche qua: Sulla vicenda della nave Diciotti, come noto, sta intervenendo la magistratura. L’ipotesi è sequestro di persona, ed è chiaro che non è un’ipotesi priva di fondamento. Sembra di trovarci ad un tornante simile a quello cui si trovò il Re nel 1922 dopo la Marcia su Roma (illegale): seguire la legge e permettere che i fatti abbiano le loro conseguenze penali (allora la firma dello stato d’assedio, oggi l’incriminazione dei responsabili politici di tale scelte) oppure fermare lo stato di diritto di fronte al crescente consenso montante nel paese? Allora si scelse la seconda strada, aprendo il passo all’avvento del Regime, oggi si rischia di nuovo di derubricare le azioni di questi giorni a “normali”, legittimando - di fatto - un nuovo ordine di valori, una nuova istanza politica superiore alle leggi. Il tutto non per fermare il cosiddetto commercio di esseri umani, ma per allineare l’Italia ai paesi di Visegrad, portarla fuori dall’asse storico dell’Europa, e far collassare l’Unione. È giusto dire che questo accadrà, che tanti esulteranno per questo, che forse nell’euforia si arriverà perfino alla guerra. Ma è eticamente doveroso dire che questa sarà una gigantesca sconfitta per la nostra nazione, umiliata politicamente, militarmente ed economicamente. Dilagherà la povertà, cesserà la certezza del diritto, nessuno avrà futuro. Soprattutto quelli che oggi, con la bava alla bocca, incitano tutto questo. Con lo tsunami che ne seguirà sarà travolta anche la Chiesa come la conosciamo oggi: sul modello del giudeocristianesimo del I secolo i cristiani zeloti, o cristianisti, scompariranno con Gerusalemme e inizierà per tutti un’epoca nuova. Io vorrei che un domani, quando si faranno sacrifici per ricostruire il paese e la cristianità, quando si studierà questo periodo, io vorrei che si dicesse che qualcuno lo aveva detto, che qualcuno se ne era accorto, che una possibilità di fermarsi c’era. Potete correre verso la notte, cari amici, ma non potete far finta che nessuno vi abbia detto che siamo già al crepuscolo. Chi non è d’accordo proceda pure per la sua strada, ma chi condivide questo grido si converta e cominci a costruire, là dove vive, una casa per dopodomani. Quando la notte finirà, quando la guerrà sarà passata e gli uomini cominceranno di nuovo a desiderare la pace.
La Redazione dei Contadini di Peguy

6. Non vi sarebbe nulla di pericoloso in ciò che fa Salvini. In vero il suo agire con decisioni che la Magistratura incrimina è cosa del tutto problematica per un ministro degli interni. Per quanto  riguarda le sue decisioni di chiudere i porti esse sono spiegabile solo come il montare la tigre del populismo. È un peccato che persone che lavorano e sono in gamba nel loro lavoro si fidino di una persona del genere. Sergio Marchionne diceva che il lavoro va "misurato". Bene, io ho cominciato a "misurare" il lavoro di Salvini e non mi convince per nulla. Vi invito a misurare il suo principio primo: la sicurezza. Cosa fa concretamente per questa meta Salvini? 

7. Non considererei la povertà e la disoccupazione in Italia. Questo non è per nulla vero, di fato ho spesso parlato del fatto che attraverso la sua retorica contro i migranti Salvini ha innescato una guerra tra i poveri e i più poveri. 

8. Infine che non posso considerare tutto un popolo come imbecille. Questo non l'ho mai fatto e nella vita anche offline dialogo con tutto. Come categorie ho offerto la differenziazione linguistica tra folla e popolo. 

PS Arricchirò questo post piano che riceverò ulteriori critiche. 

domenica 26 agosto 2018

A Rimini per incontrare la "storia particolare" a cui Cristo mi ha affidato

Francoforte. Ho una pausa all’aereoporto di Francoforte, aspettando la connessione per Lipsia, è vorrei fissare per scritto alcuni pensieri, forse meglio ricordi, sui miei due giorni al Meeting di Rimini, che portava il titolo, non del tutto comprensibile (1): „Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice“ (cfr. qui il programma ricchissimo, https://www.meetingrimini.org/default.asp?id=904&edizione=7126&item=1&value=-1) . 

Sono stato contento di aver passato le prime ore del mio arrivo con una giovane donna, ingegnere, figlia di un carissimo amico, che dopo aver mangiato con me una piadina con il kebab, che gli italiani pronunciano in modo diverso da noi in Germania, mi ha fatto la guida alla mostra sulla mobilità che forse più di tutte le altre spiega il nostro tempo. Mi è stato possibile, dopo averla ascoltata a lungo, fare anche un paragone filosofico, perché anche l’essere come dono è movimento. Non esistono doni statici. Insieme abbiamo visitato ancora due mostre, tra cui quella bellissima sulla Siria e più precisamente sul sito archeologico di una coppia statunitense. 

Con due amici di Milano, che lavorano in una scuola di periferia a Milano, ho passato la maggior parte del tempo; si sono presi cura di me in tutti i sensi, con un attenzione che testimonia un cuore aperto e cordiale. Loro mi hanno fatto conoscere anche il redattore di un giornale di Bergamo, con cui abbiamo riflettuto a lungo, sul come pensare un giornale online che ampli l’esperienza dei „Contadini di Peguy“ in Facebook. 

Con il gruppo tedesco ho visitato la mostra dedicata a Papa Bergoglio, guidata in modo del tutto convincente da uno dei curatori, un avvocato di Buenos Aires, Horacio Morel: „Gesti e Parole. Jorge Mario Bergoglio, una presenza originale“. La mostra ci introduce nello spessore della vita e della missione del Papa che già in Argentina aveva affrontato diverse dure prove, come la solitudine, lo scontro politico durissimo tra Peron e i suoi avversari, e formato quella Chiesa sinodale e popolare che in Aparecida ha iniziato un percorso che ci accompagnerà per secoli (sul Santo Padre, il lunedì in cui non ero ancora arrivato, vi era stato un grande incontro con Massimo Borghesi, Rocco Buttiglione, Guzmán Carriquiry, Austen Ivereigh e Alejandro Bonet: Cinque anni di pontificato. Alla scoperta del pensiero di Bergoglio). In queste ore in cui il Santo Padre viene nuovamente ingiustamente attaccato è necessario ricordare, che quanto più egli assume la forma di Cristo, tanto più i suoi avversari assumono quella del diavolo.

Tra i giornalisti ho incontrato per la prima volta Lucio Brunelli che, in un incontro all’ultimo giorno del Meeting, insieme ad altri colleghi ha presentato in modo semplice e profondo il dramma delle fake news, come mezze verità e la missione del giornalismo come servizio di pace, un giornalismo che non sta chiuso in redazione, ma esce e scopre, per esempio in Africa, come gli uomini sorelle e fratelli, a partire dalla loro religione, Islam o Cristianesimo, sanno vivere insieme ed affrontare i loro comuni drammi. 

Un lungo dialogo con il responsabile della sala stampa al Meeting, mi ha fatto riflettere sull’esigenza di armonia e concordia anche tra posizioni diverse. Ho rincontrato anche un giornalista per cui all’inizio degli anni novanta avevo tradotto una sua intervista al cardinal Meisner. Notevole il breve dialogo con Adriano Dell’Asta che mi ha reso attento al testamento spirituale dello scomparso Padre Scalfi: „non vi è nulla che appaghi la felicità di sentirsi amati da Cristo…amate la Russia nonostante tutto“. 

Tanti „piccoli“ dialoghi hanno arricchito la mia presenza in Rimini: con una famiglia amica sugli ultimi avvenimenti in famiglia, anche tristi, ma non senza speranza e poi tra i „Contadini“ sulla serietà della situazione che vive il Paese e che è diventato un post dal titolo: „una gigantesca sconfitta per il nostro paese! E qualcuno lo sapeva“. 


Don Federico Picchetto era li con alcuni dei suoi giovani ed ha parlato di una esperienza molto interessante fatta dalla sua scuola sulla alternanza tra studio e lavoro. Ogni occasione di riforma della scuola, ha spiegato, può essere presa come un’obiezione alla gestione del proprio potere di insegnante o come una chance per crescere in una realtà in movimento. 

Mentre lasciavo la fiera ho visto un gruppo di ragazzi del servizio ai parcheggi che mi ha fatto vedere quanta disponibilità alla gratuità è presente nei nostri giovani. 
Sono venuto a Rimini per incontrare quella „storia particolare“ cui sono stato affidato e così per incontrare Cristo, ma anche ora rivolando a casa, vado nella stessa „storia particolare“ (con mia moglie), come a questa storia particolare appartengono tante persone che per diversi motivi non sono potuti o non hanno voluto venire a Rimini. 

PS Non ho parlato di tutto il bello accaduto nella settimana riminese, il mio articolo inquadra solo una mia piccola prospettiva, per esempio si sarebbe dovuto parlare, per una visione più completa, dell’incontro letterario con la ragazza disabile argentina, Veronica Cantero Burroni sulla felicità (voglio vedere al più presto il video come mi ha consigliato l’amico Alver Metalli che volava con lei a casa, passando per Roma, mentre io arrivavo al Meeting) e sulla testimonianza, che avevo seguito da casa di Bonisoli, ex terrorista delle BR: un confronto audace con il suo passato per vivere ora la conciliazione. E molto altro ancora, come per esempio l’avvicinamento alla figura di Romano Guardini (per esempio l’intervento di Monica Zappa Scholz) e last but not last la presentazione della figura di Giobbe con Don Julián Carrón… Nei "Contadini di Peguy" abbiamo messo in risalto con una foto anche l'eccezionale incontro tra le religioni dell'Islam e del Cristianesimo, ecco il titolo del nostro post: Dialogare per salvare il mondo 🌍Wael Farouq con il segretario della Lega mussulmana mondiale.  

PS (come work in progress)  2 Una foto: 
https://www.facebook.com/groups/737008213033806/permalink/1896471453754137/

(1) Non del tutto comprensibile perché presuppone un presupposto metafisico che non è evidente. È vero che Dio in fondo guida la storia, ma non è chiaro come ciò spieghi che per esempio Stalin o Hitler siano in un certo periodo "le forze che muovono la storia". Oppure oggi Putin e Trump. Il titolo detto così contiene un cortocircuito di "teologia della grazia" senza storia. Quando Veronica dice invece, alla fine della sua conferenza sull'essere felice, il titolo da me qui criticato, è davvero convincente. Questo perché lei non ha saltato la sua storia e la frase arriva a noi dal profondo del suo cammino di dolore e felicità. Vittadini alla fine riprende il pensiero di Veronica e del Papa sull'occhio di vetro del desiderio e spiega bene la questione. 


domenica 19 agosto 2018

Il populismo non insegue un'idea di comunità, ma è composto di individui isolati - in dialogo con Ferdinand Ulrich

Lipsia. Questo articolo è scritto nella convinzione che la filosofia è la massima azione dell’uomo! Quindi massimo servizio! La filosofia come la „serva“ di tutte le scienze e tutte le arti! In questo senso è un articolo per filosofi. Non nel senso, però, che sia un articolo accademico. È scritto per chi pensa che il percorrere un sentiero di pensieri possa cambiare il suo cuore ed in un certo senso anche la storia. Non è scritto per uomini del potere, non è scritto neppure nella credenza che queste „forze superiori della società“ (Servais) che si esprimono nel potere dominante, possano essere sconfitte. Come dice padre Jacques Servais in un articolo su Hans Urs von Balthasar und Paul Claudel in fondo al loro cospetto si può solo „resistere“. È un articolo, nato in dialogo con le persone della redazione dei „Contadini di Peguy“, sul populismo e sull’io isolato della nostra società liquida e trasparente ed è a loro dedicato!  
Il populismo è una forma di "libertinismo" che ho chiamato spesso "egoismo collettivo". In "Libertà e popolo" , un gruppo in Facebook, Angelo Lucio Rossi, ha condiviso la seguente frase: "Perché questa pagina? Per scendere dal balcone e non stare a guardare le rovine del populismo. Il populismo non insegue un'idea di comunità, ma è composto di individui isolati che si connettono a un leader o tra loro attraverso la rete. Il populismo non insegue nemmeno un'idea di democrazia. All'erta e buona giornata!" 

Questa frase intuisce una verità filosofica che Ferdinand Ulrich ha espresso in modo geniale nel suo libro "Dono e perdono". Quale è l'alternativa al dono gratuito dell'essere? La scomparsa della realtà con le sue forme (comunità, stato...) per una dimensione solo astratta, quella simboleggiata dal denaro. Solo il denaro sembra promettere un futuro pieno di colori e gioie! Vero è che questo mezzo astratto produrrà invece solamente un futuro astratto, senza alcuna base legale e umano-naturale. 

"Ciò che è realmente reale, essenzialmente reale in ultima istanza non è comprabile, ma gratis: partecipa dell'essere creato come amore, partecipa al dono dell'essere che è gratuito" (Ferdinand Ulrich, ibidem 474). I diversi "io isolati" di cui parla la frase di „Libertà e popolo“ non hanno invece più alcuna "struttura", non comprendono che il dono gratuito dell'essere ha in sé una "necessità", si esprime in forme necessarie (Io-tu-noi; comunità, stato). Il loro "io = io" è l'unica identità astratta che hanno che è manipolabile dal "grande Io" che ora, nella società liquida, libero dalle forme intermedie, offre un'immediatezza di valore che è solo una "perversione" della vera immediatezza che nasce dall'amore gratuito. 

Questa è la genialità di Ulrich: farci capire che il male è sempre e solo una "perversione" del bene. Per cui all'inizio non ti accorgi della trappola. Non ti accorgi, perché vi è un analogia tra il bene e il male. Ritorno poi sul tema.


Quando il „figliol prodigo“ se ne va dal Padre (Lc 15), se ne va in luogo lontano (la parola greca usate da Lc 15 per questi spazio pseudo libero è χώρα.), in un luogo pseudo libero (dalle leggi...), ma in vero si getta così in "un luogo "delle pure possibilità", che non hanno radice nella necessità intima e libera del sé" (Ulrich), che è un dono gratuito del Padre. Questa necessità intima e libera del sé consiste in primo luogo nella comprensione dell’io all’interno di rapporti comunionali (io-tu-noi). L’essere se stesso sa che „dipende“ da un dono gratuito fatto non solo a lui, ma ad una comunità di individui che si appartengono intimamente in forza del comune dono dell’essere gratuito. Ed infine sa che vi è Chi (!) dona gratuitamente l’essere e che lo rende persona! 

Gli "io isolati" invece si gettano in "possibilità dimentiche dell'essere, ridotte a cose, che suggeriscono l'illusione di una autorganizzazione illimitata e producono l'apparenza di una pseudo creatività"(Ulrich), quella che 
Massimiliano Tedeschi ha spietato in riferimento alla gestione del „dopo crollo del ponte a Genova“: esposizione  dello Stato e dei cittadini a conseguenze rovinose da parte di politici che cercano un consenso immediato degli „io isolati“ che li votano e non hanno un senso ultimo dello stato di diritto. 

Questo spazio vuoto (ricordo che la parola greca usate da Lc 15 per questi spazio pseudo libero è χώρα) è la prima perversione del vero: anche l'essere è povero e vuoto, ma lo è in un reale "donare" che rivela la gloria e la bellezza di Chi dona. Quando il figliol prodigo se ne va lascia chi dona l'essere gratuitamente, il Padre, a casa e se ne va in questo spazio vuoto (che mi ricorda la rete) solo con il „patrimonio“: tradisce un „egli" (un chi) per un "esso". Così si trasforma in un "io isolato": "rimane un io = io appiccicato a se stesso, che ha (!) le possibilità dello spazio vuoto e che le usa come mezzo per lo scopo della fuga dalla vicinanza che ritiene oppressiva del podere paterno, ma nella realizzazione delle possibilità non cresce nella sua capacita di essere un uomo libero e fecondo" (Ulrich). Lascia il padre che lo ama, per un padrone che lo usa. Cosi diventa sempre più isolato ed incapace di reale comunità. 

Diventa un servo "della astrazione senza qualità del denaro" ed è incapace di un reale incontro con l'altro - pensate ai tanti pseudo dialoghi della rete in cui ci si grida adesso qualche contento anche del tutto astratto. In questa astrazione l’io isolato "non ha bisogno di ascoltare nessun altro che lo incontra in forza della sua singolarità; non esiste come "risposta" e non agisce come "risposta", ma in forza del suo essere un io isolato, un punto cieco ed incondizionato" (Ulrich). 

Ancora una volta una perversione dell'amore gratis, che è a sua volta „senza condizioni“. L'Apocalisse di Giovanni fa vedere sempre come il male è "perversione imitante" del bene, per esempio presentandosi come „trinità".

Infine la  χώρα promette in forza che l’uomo isolato e dimentico dell’essere sia capace della soluzione di tutti i problemi, un futuro vero al di la del "sempre uguale" della casa paterna. Il risultato sarà una catastrofe, ma questo è motivo di speranza perché nella catastrofe il figliol prodigo trova di nuovo la via al Padre. Forse il percorso nella catastrofe potrebbe essere evitato con un "sogno" (Martin Luther King), per esempio quello proposto da don Federico Picchetto in redazione: gli stati uniti d'Europa, etc. Lo spero proprio, ma non so. Pensate ai veri maestri, quelli che avrebbero la possibilità di salvarci dalla catastrofe: chi li ascolta? Ulrich, forse il più grande filosofo cattolico del ventesimo secolo, chi lo conosce? La cosa nel suo caso è ancora più grave perché Ulrich non è solo un maestro, ma un testimone. 

Fino a questo punto l’articolo si concentra sugli altri, ha insomma il carattere di „note politiche“.  Interessante, però, è Ulrich quando aiuta a vivere me! Quel „figliol prodigo“ sono io quel „io che in forza del suo mancate „essere se stesso“ è incapace di cambiare in se stesso e quindi di un reale mutamento; è incapace di vivere il suo essere come dono. Per questo motivo sostituisce la personale metamorfosi della libertà con una trasformazione concreta e tecnica dei suoi presupposti materiali (esterni ed interni) e rivela così, contro la sua propria intenzione: disporre di se stesso, che è solo capace di possibilità concrete fuori di se stesso“ (Ferdinand Ulrich). 

Questo „io isolato“, questo „io = io“ sono io! „Nel far sue le possibilità l’io non obbedisce a nessuno e non risponde a nessuno, così come non ha accolto se stesso come dono“, ma accetta e vive le sue proprie possibilità nella modalità del possederle, averle! Non le vive „come possibilità riguardanti se stesso“, cioè non le accoglie come possibilità generate dall’essere come dono, come possibilità riguardanti l’essere, ma solo per l’appunto solo nella modalità dell’avere tecnico, esteriore (capacità di presentarsi agli altri) o interiore (psicologia come tecnica). 

Dobbiamo chiedere più di qualsiasi altra cosa di agire in forza dell’amore povero e gratuito, in modo che sia realmente possibile un cambiamento del nostro sé. Non un incontro con il sé (Bloch), ma un suo reale mutamento è la meta del nostro percorso filosofico in dialogo con Ferdinand Ulrich.

Decisiva è la parola „Selbstsein“ (essere se stesso). Se il dono dell’essere gratuito non liberasse il nostro „Selbstsein“ non saremo creature libere, ma solo marionette in mano di chi ci dona (meglio ci impone) l’essere. Il figlio che se ne va in Lc pensa che la „ousia“ (sostanza) del Padre lo costringa al sempre uguale, ad uno spazio, il podere paterno, in cui non vi è vera libertà e novità. Si fa dare il „patrimonio“ con il quale va in un paese lontano e „vuoto“ (χώρα). Cosa sostituisce il Chi di chi dona, con un „esso“, che gli permette una libertà apparente che dipende da quel „esso“ che non potrà che diminuire. L’appropriamento del sé qui accade nella modalità di quella neutralità del „esso“ che invece lo renderà davvero povero, forse meglio misero. „Chi“ lui incontrerà nel χώρα non lo incontrerà per il suo „sé“, ma per quell’ „esso“ che ha (per esempio la sua giovinezza che passa, per esempio il suo denaro che finisce..) e lui non incontrerà le persone come doni dell’essere gratuito, ma come un „avere“ da divorare. 


La genialità di Ferdinand Ulrich è di far capire che vi è una „analogia“ diabolica tra il dono gratuito di sé, perché si è ricevuto tutto gratuitamente, che rende il sé povero della povertà che è l’amore stesso e la povertà del figlio che ha divorato il patrimonio del Padre. Dal di fuori si potrebbe pensare che si incontra la stessa persona - il figlio dai maiali o Charles de Jesus nel deserto. La differenza è quel motto interiore che è il cambiamento del cuore, che si può ottenere solamente in quella conversione ultima contenuta nella parole „dono“ e „perdono“. Se questo permetterà anche un mutamento della storia lo si vedrà, ma sarebbe già sufficiente se nella storia si seminasse la disponibilità che un cuore gratuito ha, nelle strutture io-tu-noi, di convertirsi a quel Amore gratis senza il quale egli non sarebbe! 

PS Avevo ultimamente scritto un dialogo importante con Ferdinand Ulrich e tradotto sette pagine del suo "Dono e perdono": 

http://graziotto.blogspot.com/2018/07/lamore-gratuito-non-e-mai-un-amore.html

sabato 11 agosto 2018

Non più una presenza, ma una traduzione culturale dell'evento - in dialogo con Julián Carrón

Lipsia. Oggi è il 113.esimo compleanno di Hans Urs von Balthasar. Forse l'uomo più dotto del suo secolo (Henri de Lubac), forse il più fine e profondo teologo dai giorni di Tommaso d'Aquino nel dodicesimo secolo, autore di un'imponente trilogia in cui rifluisce un gigantesco sapere letterario, filosofico e teologico, eppure ciò che lo fa grande è il suo essere come un bambino che non "traduce" l'evento di Cristo in cultura, ma lo "confessa" così che diventa "rivelazione" (apocalisse) del cuore di molti. Solo l'amore è credibile! Leggendo l'inizio degli Esercizi di Julián Carrón, tenuti a Rimini quest'anno, in cui tra l'altro il sacerdote spagnolo cita spesso Balthasar, scopro una grande fratellanza di intenti: "Lo spostamento dell'entusiasmo per una Presenza ad una tradizione culturale ha avuto come conseguenza che non abbiamo conosciuto Cristo. E che noi non conosciamo Cristo , lo si vede dal fatto che non ci è famigliare"(Rimini, 2018, 5). Il presidente della fraternità di Comunione e Liberazione incalza e domanda: "Come capire se abbiamo conosciuto di più Cristo? Attraverso quali segni lo possiamo documentare?" 

I segni in cui lo posso documentare sono così intimi che non ne posso parlare apertamente e pubblicamente. Ho visto in atto quest'estate la sua "preferenza gratuita". Forse per discrezione e forse per paura mi sono messo un po' accanto, coinvolto, ma non troppo. Ho cercato di non impedire la sua azione di preferenza. Ho cercato di non essere ostacolo ad essa. In quel momento era quello che potevo fare. Ho visto l'amore gratuito in azione, che non lascia l'amaro in bocca, né odio, neppure se viene "crocifisso". 
Se paragono ciò che ho visto con ciò che fanno tanti altri cristiani mia accorgo che Gesù sta agendo perché si differenzia dal modo di agire di quasi tutti gli altri cristiani che conosco. Spesso sono entusiasti della loro traduzione culturale dell'evento (di un simposio che organizzano, di un azione caritativa...), ma non sono presi in quel servizio ultimo che Gesù ci richiede e che è una preferenza del tutto gratuita. Sono schiavi dei loro "schemi" i cui ingabbiano tutto ciò che incontrano. Ho conosciuto dei "cattolici", dei "luterani", degli "ortodossi. Forse l'intenzione è buona, ma molti cercano di tradurre le persone concrete che incontrano e le loro azioni in ciò che capiscono loro. Quest'estate sono andato,  quando ero in Croazia, ogni giorno alla Santa Messa e alle Lodi che si tengono nella cattedrale. Questo ha generato lo stupore di alcuni che si domandavano come mai andassi in una Santa Messa di cui non capisco le parole. La stessa domanda è stata fatta a mia moglie per la Santa Messa do menicale. Si sarebbero stupiti ancor di più se avessero saputo che ho cercato di seguire le Lodi in croato. La traduzione in un "schema interpretativo" di questa nostra azione non ne coglieva per nulla o solo parzialmente il senso. Non il sentirsi a casa nella Santa Messa era il motivo ultimo, ma la confessione di Gesù nostro Signore (mia moglie) e la conoscenza che non è importante che una preghiera la capisco io, ma che la senta Lui (io). È solo un esempio. 
Il criterio che da don Julián è decisivo: che cosa prende il sopravvento nella nostra vita? Di che parliamo?  Dove cerchiamo la nostra pienezza? Spesso si tratta solo dei nostri sforzi e ciò che facciamo non ci soddisfa davvero, anche se ripetiamo a tutti che è "stupendo". Anche se riceviamo benedizioni vescovili per ciò che facciamo. Spesso non ci accorgiamo neppure di ciò che accade per così dire come conseguenza dei nostri sforzi - non ci accorgiamo per nulla delle persone che hanno sofferto per un nostro sforzo. Forse alla "periferia" di un simposio che abbiamo organizzato - con il papa abbiamo imparato ad essere attenti a ciò che accade alla "periferia" di un evento! Cercherò di ricordarmene quando fra qualche giorno andrò a Rimini per il Meeting. 
Mi accorgo che Cristo non è famigliare, perché se lo fosse non avremmo così paura che la nostra costruzione venga illuminata e si riveli per quello che è: solo un nostro sforzo. Ci sono persone che schianterebbero a livello emozionale se capissero anche solo un po' che tutto ciò che fanno lo fanno per sé, non per Cristo. 

Quale è la soluzione? Scoprire che tutti possiamo chiedere un' ultima povertà del cuore che ci faccia davvero chiedere Cristo! Una delle ultime cose che ha scritto Balthasar era una riflessione (diventato un piccolo libretto) su "se non diventerete come bambini..." - la regalai al grande filosofo di Heidelberg, Hans Georg Gadamer; quando si trovò nelle mani questo libretto, mi guardò con uno sguardo che non ho saputo decifrare: si è lasciato interrogare o lo ha passato alla sua segretaria per occuparsi fino alla morte della sua "traduzione culturale"? Piuttosto che a lui la domanda la rivolgo a me, no la rivolgo a Lui, come preghiera: Signore, aiutami! Credo, aiuta la mia incredulità! Questa preghiera (cfr. Mc 9) si trova anche in una delle lettere che mi scrisse Balthasar. E vale anche ora, perché sono ancora (anche) quel giovane di allora, forse questa è la mia povertà di cuore! 

Come perdere l'egoismo ed essere aperti all'amore gratuito? - In dialogo con Adrienne von Speyr

Lipsia. Come perdere l'egoismo ed essere aperti all'amore gratuito? In un "gruppo chiuso" in Facebook, dedicato alla dottoressa, mistica e teologa svizzera, Adrienne von Speyr (1902-1967) nella modalità di brevi meditazioni su un verso del Vangelo di san Giovanni, cerco di rispondere, in forma di preghiera e non di discussione, a questo tipo di domande (mi riferisco nei commenti a: Adrienne von Speyr, I discorsi polemici, edizione tedesca Einsiedeln, 1949. Si tratta del commento per la meditazione dei capitoli 6-12 del Vangelo di San Giovanni. Credo che esista anche una edizione italiana per i tipi della Jaca Book). 

Questa (Come perdere l'egoismo ed essere aperti all'amore gratuito?) la presento qui nel mio blog, perché il tema di oggi coglie uno degli aspetti più forti del pensiero di Adrienne ed è risposta molto profonda alle paure che riempiono la nostra quotidianità in una società liquida e trasparente come la nostra.

Nel gruppo in Facebook per segnalare che non si tratta di un contributo di discussione, ma di preghiera contemplativa, propongo di incominciare con una preghiera, che riporto qui: 

Preghiera (io ho scelto questa, che è fondamentalmente quella che Ignazio di Loyola chiede di ripetere sempre all'inizio di una giornata di esercizi; il santo spagnolo ci tiene che la preghiera sia sempre la stessa, però per te che leggi non deve essere questa mia).

Da Te, o Dio, nostro Signore chiedo la grazia,
che tutte le mie intenzioni, azioni ed tutti i miei interessi,
siano ordinati semplicemente al Tuo servizio e per la gloria
della Tua divina maestà e del Tuo divino amore.
Amen!

Poi riporto il verso del Vangelo di San Giovanni di cui si parla, in questo caso: 

6,
[20] Ma egli disse loro: "Sono io, non temete". 

Mio commento: nei primi capitoli del suo famoso romanzo "Il processo" Franz Kafka descrive in modo geniale l'arresto di K. che può continuare il suo lavoro, ma che deve presentarsi ad un interrogatorio che viene eseguito alla domenica in un quartiere direi periferico della città. Il suo comportamento con la signorina Bürstner che vive nello stesso appartamento da lui affittato e l'atteggiamento della donna nel "tribunale" (non ha un nome) fanno intravedere simbolicamente una "società liquida" con cambiamenti repentini di legami emozionali e con una passività nei confronti dell'espressione di essi. Il tutto è presentato da Kafka in modo geniale come assurdo arresto senza essere in prigione. 
Tutti i personaggi sono come in arresto nel loro egoismo. Una certa umanità si vede nella reazione della signora Grubach, la donna che affitta l'alloggio, ma non tale che possa permettere di superare l'angoscia di trovarsi in una situazione del tutto irragionevole. Situazione che K. cerca di superare sentendosi superiore ad essa e con lunghi monologhi, per esempio come nel caso del primo interrogatorio. Monologhi che però non cambiano nulla alla atmosfera chiusa dell'arresto. 
Forse è la caratteristica principale della società liquida e trasparente: sembra che se ne possa uscire con un repentino cambio di scena, ma in vero non cambia proprio un bel niente. 
Il verso di Giovanni ci raggiunge proprio in questo "Sitz im Leben", in questo contesto esistenziale: "Sono io, non temete". 
Per chi conosce il linguaggio teologico è immediatamente evidente che quel "sono io" ha un peso gigantesco: "Sono il Figlio di Dio, il vostro Signore" (Adrienne). Qui Adrienne sottolinea un aspetto che potrebbe essere solo superato qualora il cristianesimo si rivelasse come falso: Cristo "è la via unica" che conduce alla "verità eterna del Padre". Basta questa breve parola del Signore per comprendere che "che in Lui è contenuta tutta la verità, tutto ciò che vale la pena di sapere" (Adrienne). Adrienne non intende ciò, però, in modo "tradizionalistico" - e di fatto i tradizionalisti o la odiano o sono irritati - ma certamente nella piena coscienza di tutta la tradizione cattolica. Il Logos universale e concreto che è Cristo è la verità definitiva del Padre. 
Questo Logos concreto ed universale è la personificazione massima dell'Amore gratis. E ci dice di "non aver paura" - l'invito più frequente nel Nuovo Testamento! 
Paura di cosa? "Non devono avere paura né dell'essere lasciati da soli, né della solitudine più profonda della comunione con Lui, non dei suoi miracoli (di questo tema avevo parlato nell'ultima meditazione che si può trovare nel gruppo) e non di ciò che non è abituale e che lo caratterizza" (Adrienne). 
Perché non dobbiamo avere paura? "Se il Padre vuole che lui si assuma la responsabilità per gli uomini allora questi devono sapere che Egli la assume davvero, come uno che è all'altezza di questo compito". Anche ciò che ci fa paura nella quotidianità: una nuova situazione nel lavoro, la frase dura di un collega, etc. non ha ragione di esistere, non perché noi siamo all'altezza di ciò, ma perché Egli lo è! "Non abbiate paura"! Non abbiamo neppure dover paura di essere "in suo potere". Anzi Egli ci offre uno scambio: questo che ora pian piano presentiamo è la risposta alla domanda di questo post: Come perdere l'egoismo ed essere aperti all'amore gratuito? Lo possiamo solo se scambiano le nostre paure quotidiane con la partecipazione alla sua paura infinita.
"Egli si assume la responsabilità per questa pretesa, che non potrà che sollevare, per quanto essa ci spaventi, perché tende eccessivamente l'uomo, lo toglie a stesso e lo consegna al Signore. Egli si assume la responsabilità per questa scissione in loro e che ruba loro ogni sensazione di sicurezza propria; conosce questo essere strappati dalla vita a cui siamo abituati e di essere gettati in una vita che non conosciamo e che diventa sempre più grande" (Adrienne). Questo accade nella modalità dell'amore gratuito e non dell'assurdità come nel caso dell'arresto di K. nel "Processo" di Kafka. 
"Il Signore conosce tutto questo perché tutto ciò che è umano si realizza in Lui , ma ancora di più perché le pretese di suo Padre nei suoi confronti sono sempre eccedenti il normale. Dice: non abbiate paura, perché conosce Egli steso la paura (Angst). Non devono avere paura perché aiuterà loro a portare la paura umana. E non devono avere paura anche se egli solleverà la pretesa che partecipino alla sua paura divina. Egli diminuirà la loro paura umana, ma sveglierà in loro la sua paura divina e la farà crescere" (Adrienne). Questo è lo scambio che ci propone! E questo secondo me è l'unico modo per superare l'arresto assurdo che  viviamo nella nostra società liquida e trasparente. Dobbiamo cedere e fidarci di lui ed imparare a fare passi con Lui nella logica di questo scambio.  Assumendosi la responsabilità per la nostra paura umana pianterà in noi "l'amore per ciò che è sempre più grande" e in questo modo ci darà "la possibilità di partecipare alla sua paura senza limiti ed assoluta".
Questa partecipazione alla Sua paura eccederà le nostre forze, ma non in modo tale da schiantarci nell'assurdo. Essa è una grande chance: "in questo scambio, che Egli ci propone, ci offre qualcosa di migliore: in esso possiamo perdere il nostro egoismo ed accedere al suo amore" (Adrienne). 
Ovviamente abbiamo paura di questo scambio; anche noi cristiani abbiamo paura di "essere sciolti da noi stessi nella sua pretesa infinitamente bruciante e nel sul dolore". Egli alleggerirà le nostre piccole meschine paure per donarci "nell'amore di portare qualcosa della sua croce infinita"! 
È razionale tutto questo? Si, perché l'alternativa è l'assurdo arresto descritto da Kafka! 

mercoledì 8 agosto 2018

Quale è il compito della comunità cristiana? In dialogo con Julián Carrón

Lipsia. "Il compito della comunità cristiana: favorire un'esperienza del cristianesimo con pienezza di vita per ogni uomo" (Julián Carrón, Bellezza disarmata, 283). Questo è vero sia online che offline. Qualche giorno fa un amico che nella sua bacheca ha condiviso un post per riflettere sulla crescita di violenza con colore razzista in Italia è stato attaccato in modo ignobile. Sono intervenuto per difenderlo nella quasi totale incomprensione anche di persone mature del nostro Movimento di CL. 

Perché sono intervenuto? Certamente anche perché ritengo la sua riflessione politica pertinente, ma in primo luogo "per favorire un'esperienza del cristianesimo". Una comunità che non sostanza gli altri (nel contesto da cui è presa la citazione in primo luogo gli sposi in una società liquida) non è una comunità cristiana. 

"È dal rapporto con Cristo nella sua Chiesa che nasce una capacità di abbracciare l'altro nella sua diversità, di gratuità senza limiti, di perdono sempre rinnovato" (Don Carrón, 284). Nella maggior parte dei dibattiti in rete non vi è la minima traccia di un "perdono sempre rinnovato", ma semplicemente dell'arroganza del "voler aver ragione". 

È facile ora accusare una persona come me di non attenersi a quanto detto qui. Fratello Bianchi scrive nel suo twitter della notta scorsa: 

"Non lasciare che oscuri ingombranti pensieri ottenebrino la tua mente, non lasciare che il rumore dei giudizi altrui ti impediscano di ascoltare la tua coscienza, non lasciare che la cattiveria dilagante spenga la fiducia e l’amore verso chi incontri".

Certi no che esprimo in modo radicale hanno a che fare con questo "non lasciare che": bisogna smettere di frequentare pseudo dialoghi che "ti impediscono di ascoltare la tua propria coscienza". Chi si è educato con maestri che non corrispondono al cuore del carisma cui uno appartiene per grazia e della Chiesa, che non nascono dal cuore immacolato e crocifisso di Dio, non hanno nulla da dirmi, non perché io non sia disposto al perdono, ma semplicemente perché in essi non vi è alcuna richiesta di perdono.

Questo passaggio non deve essere letto in modo autoreferenziale: ieri leggendo Kafka (Il processo) e non un padre della Chiesa, nella sua descrizione di un arresto nel quotidiano, in cui si è arrestati pur potendo andare a lavorare (primo capitolo) ed in cui si è confrontati con la stupidità irraggiungibile di chi ti arresta, il mio cuore si predisponeva ad aprirsi a "quell'Unico che può rispondere alla sete di felicità che l'altro suscita in noi: Cristo" (Bellezza disarmata, 285).

Per quanto riguarda la quotidianità. Bisogna concentrarsi sui compiti essenziali - per esempio la scuola che oggi comincia anche con i ragazzi, nel far compagnia a sposi in crisi (per il tema del matrimonio rimando ad un post che ho scritto qualche giorno fa) , nel fare un corso di ballo con la propria moglie, perché Cristo passa anche attraverso un corso di ballo:

"Senza esperienza di Cristo come pienezza dell'umano, l'ideale cristiano del matrimonio (ed di ogni ideale cristiano; rg) si riduce a qualcosa di impossibile: l'indissolubilità del matrimonio e l'eternità dell'amore appaiono come chimere irraggiungibili. Ed esse sono al tal punto un frutto gratuito dell'esperienza di Cristo che appaiono agli stessi sposi come un sorpresa, come la testimonianza che 'a Dio nulla è impossibile" (286).

Facciamoci sorprendere da Cristo, con un sì chiaro a lui e con no per tutto ciò che è impedimento alla crescita del ramoscello fragile dell'amore gratuito.

martedì 7 agosto 2018

"La verginità è anche la dimensione a cui tutti sono chiamati" - in dialogo con Julián Carrón

Lipsia. È una frase molto forte quella contenuta nella "Bellezza disarmata" nel capitolo "matrimonio e verginità. Un possesso con un distacco dentro": "La verginità è anche la dimensione a cui tutti sono chiamati"(283).  Il grande padre gesuita Wilhelm Klein, morto a 107 anni, diceva ormai tanti anni addietro, che tutti moriamo obbedienti, poveri e vergini. Forse con questa accentuazione: non solo siamo chiamati a, ma non possiamo fare altro che. Il momento della morte coincide con questa totale accettazione dei consigli evangelici. Oggettivamente perché non possiamo portarci dietro ciò che possediamo, non moriamo liberamente (a parte nel caso del suicidio che però una volta dato atto al gesto prosegue per una necessità e non per una libertà) ed anche nel caso che morissimo mentre stiamo facendo l'amore, non l'orgasmo ma la cessazione di ogni orgasmo è implicata nella morte. Soggettivamente siamo chiamati a dare un assenso a tutto ciò. Ora però don Julián parla della vita e non della morte. Cerchiamo di capire meglio le sue affermazioni.

1. Vi è un'unica legittimazione della verginità o del celibato per il "regno dei cieli" ed è che essa sia davvero per il regno dei cieli e non per compensare un'incapacità affettiva. "La forma della loro vita gioca nel mondo per Cristo, lotta nel mondo per Cristo. La forma stessa della loro vita! (...) È una vita che come forma grida: "Gesù e tutto"" (Giussani). Si dovrebbe approfondire il motivo per cui appaia qui in questa frase la parola "forma", ma è un lavoro che lasciamo ai teologi. In questo post mi limito ad alcune osservazioni critiche pratiche. Mi disse una volta un amico che ha cercato di vivere questa "forma": per me si è trattato quasi sempre di una giustificazione per non impegnarmi con un vero amore gratuito, ma per legittimare con la storia dell'amore universale gratuito la mia incapacità di amare almeno una persona (cito a memoria). Questo fenomeno viene chiamato da Adrienne von Speyr "installazione". Ci si installa nella forma contraddicendo ciò che la forma stessa vuole: "il rapporto assolutamente gratuito con l'altro (e con le cose) che Cristo ha introdotto nella storia". Stiamo parlando di uno scandalo che grida ingiustizia al cielo! Nella rete si può vedere come uno stuolo di gente che vive la forma della verginità da testimonianza a tutto tranne che a Cristo che è per l'appunto l'amore gratuito per eccellenza. Questo post vuole essere anche una preghiera ai superiori di queste persone che controllino e limitino questa presenza assolutamente infeconda di vergini o pseudo vergini in rete (preti e non; per i preti è una appello ai vescovi) che aizzano la già incandescente atmosfera che spesso vige nella rete. 

2. È assolutamente vero ciò che dice don Carrón: "la vocazione della verginità è strettamente collegata alla vocazione del matrimonio". Nella nostra società trasparente (Byng Chul Han) in modo particolare è importante che gli sposi vengano aiutati a vivere il loro matrimonio nel senso dell'amore gratuito, possedendo una donna come se non la possedessero. Ci sono spostati che per il loro amore per la propria donna o per il loro uomo vivono in modo eroico da anni come "vergini", per esempio nel caso in cui la donna o l'uomo non siano più capaci ad esprimersi eroticamente. Ma anche nel caso che uno viva con gioia la propria sessualità rimane il fatto che eros è procrastinare l'atto. Senza questo tentativo di procrastinare l'atto si tratta di pornografia e non di eros. Anche durante l'atto stesso la sua bellezza consiste nell'aprirsi davvero all'altro e alle sue esigenze e nella trasformazione delle proprie esigenze attraverso l'amore gratuito stesso. Anche un orgasmo che non ceda alla logica dell'amore gratuito invece che essere immagine di un "cedimento" alla gioia, diventa semplicemente volgarità. Anche se io ho dei fortissimi dubbi che il celibato per i sacerdoti secolari sia una questione di necessità teologica, sono però assolutamente conscio che vi è un senso necessario dell'essere come amore che non può non passare attraverso quel "distacco" di cui parla don Carròn. Infine sono assolutamente certo che vi è davvero una verginità "per il regno dei cieli". L'ho vista nel volto di alcuni amici, in primo luogo della mia amica Cornelia (da viva e da morta).    

lunedì 6 agosto 2018

Il primo giorno di scuola - una meditazione all'inizio dell'anno scolastico

Droyssig. Anche con il nuovo preside ho avuto l'incarico di tenere la meditazione di inizio hanno, visto che sono il coordinatore del profilo cristiano della scuola. Ho cercato di dare un impulso che fosse importante in primo luogo per me. 

In primo luogo ho ricordato che per la Chiesa cattolica oggi è la festa della Trasfigurazione del Signore e per la storia Ia data di ricorrenza dello sgancio della bomba atomica a Hiroshima. Ho citato Fratello Bianchi che oggi in un Twitter ha presentato così questa doppia memoria: 

"Oggi 6 agosto festa della trasfigurazione di Gesù, promessa della trasfigurazione della nostra umanità e delle nostre povere vite. Ma il 6 agosto è anche memoria della prima bomba atomica su Hiroshima, sfioramento della nostra umanità e morte senza fine...".

Ho continuato dicendo che la meditazione era in primo luogo una motivazione per me, perché per un italiano è difficile cominciare la scuola il sei di agosto, mentre tutti i compaesani sono in spiaggia.

Ho parlato della morte di Sergio Marchionne che aveva preservato tre giorni per l'operazione mentre ha dovuto restituire tutto al Padre. In modo che l'esempio non fosse emozionalmente troppo forte ho accennato alla scena del film Notting Ill in cui la famosa attrice dice (1) al ragazzo di cui è innamorata, nella sua libreria, che è lei sarà pur una famosa attrice, ma ora di fronte a lui è solo una ragazza innamorata. Così mutatis mutandis di fronte alla morte Sergio Marchionne non è il capo della Fiat, ma un uomo morente. La sua morte mi ha fatto interessare anche alla sua vita: ho sottolineato la sua serietà nell'impegno di sanare una ditta mordente, la gratuità della scelta di costruire la Panda in Italia, la sua capacità di unire i poli della globalità e della località, di realtà ed idealità. Nella scuola abbiamo una meta più importante che costruire 6 milioni di auto, vogliamo educare bambini e ragazzi, tenendo conto sia dei problemi della scuola in una tensione di questi con i problemi del mondo. Potremmo affrontare questi problemi solamente se saremo capaci di affrontare la domanda: chi sono io? Cosa voglio fare della mia vita? 

Quale è lo specifico cristiano in questo lavoro? Il cristianesimo non ha che fare con la comunicazione di pensieri intelligent, ma è un'esperienza che dobbiamo verificare nella scuola stessa. Non possiamo vivere nella scuola solo aspettando le prossime ferie, anche se ovviamente i nostri interessi non possono limitarsi solamente alla scuola (per l'importante polarità di cui parlavo prima). 

Certo il cristianesimo ha a che fare anche con dei valori, ma i valori senza una presenza sono solo parole astratte. Ho racconta di mio nonno che aveva detto a mio padre quale erano i suo valori che voleva che il figlio imparasse (famiglia, lavoro, solidarietà, onesta ed altruismo). Quando mio padre mi ha raccontato questa storia ho risentito la "presenza" di mio nonno. Senza questa presenza i valori da soli sono solo alcunché di astratto. 

Un anno scolastico non è solo un'esperienza di successi. In primo luogo il fatto che molti genitori si comportino come dei sindacalisti dei loro figli (A. Polito, J.Carrón) piuttosto che come genitore che siano anche "sfida" per i propri figli  fa nascere situazioni molto difficile nella scuola. Anche i puntuali insuccessi possono essere vissuti avendo presente il Dio crocifisso. 

Una grande sfida sarà anche quella che il proprio cuore esca dalle sue continue problematizzazioni per incontrare la felicità nella realtà che ci è data di vivere. Abbiamo finito cantando una canzone popolare tedesco che è un invito al cuore di uscire da se stesso e cercare la gioia (Geh aus mein Herz, Paul Gerhard, August Harder ): 

https://de.wikipedia.org/wiki/Geh_aus,_mein_Herz,_und_suche_Freud#Text

https://www.youtube.com/watch?v=MVM-XHwzj7g

https://www.youtube.com/watch?v=rwqrDCmqx2g

(1) Questa è la versione corretta di una parte del mio testo di ieri, scritto dopo dodici ore di lavoro. Ringrazio di cuore Rossella Viaconzi per il tempo che si prende gratuitamente per le cose che scrivo:

che lei sarà pur una famosa attrice, ma ora di fronte a lui è solo una ragazza innamorata. Così mutatis mutandis di fronte alla morte Sergio Marchionne non è il capo della Fiat, ma un uomo morente. La sua morte mi ha fatto interessare anche alla sua vita: ho sottolineato la sua serietà nell'impegno di sanare una ditta morente, la gratuità della scelta di costruire la Panda in Italia, la sua capacità di unire i poli della globalità e della località, di realtà ed idealità. Nella scuola abbiamo una meta più importante che costruire 6 milioni di auto: vogliamo educare bambini e ragazzi, tenendo conto dei problemi della scuola in una tensione di questi con i problemi del mondo. Potremmo affrontare questi problemi solamente se saremo capaci di affrontare la domanda: chi sono io? Cosa voglio fare della mia vita? Quale è lo specifico cristiano in questo lavoro? Il cristianesimo non ha che fare con la comunicazione di pensieri intelligenti, ma è un'esperienza che dobbiamo verificare nella scuola stessa. Non possiamo vivere nella scuola solo aspettando le prossime ferie, anche se ovviamente i nostri interessi non possono limitarsi solamente alla scuola (per l'importante polarità di cui parlavo prima).


La mia traccia in tedesco: 



Der Tag: 

- Verklärung des Herrn, KK (Verklärung des Menschen)
- Hiroshima, Geschichte      (Zerstörung des Menschen)

Die Besinnung: Motivation für mich, In Italien sind alle am Strand

Sergio Marchionne: Tod, Ernsthaftigkeit seines Engagements, Lokalität und Universalität, Realität und Idealität, Schule und Welt - Wer bin ich? 

Das Christentum: keine kluge Gedanke, sondern eine Erfahrung die zu verifizieren ist. Nicht leben in der Erwartung der anderen Ferien, auch wenn die Schule nicht unsere ganze Interessen absolvieren muss. 

Mein Opa, die Werte (Familie, Arbeit, Solidarität, Ehrlichkeit und Menschlichkeit) und seine Präsenz - ohne die Präsenz sind auch Werte nur Worten.

Eltern als Gewerkschafter ihrer Kinder und Konsequenzen für die Schule. Punktuelles Scheitern, aber letztes Vertrauen, da wenn das Herz hinausgeht (aus seinen unendlichen Problematisierungen Freude finden kann: 


Geh aus mein Herz, Paul Gerhard, August Harder