giovedì 27 luglio 2017

Un mio articolo sulle tensioni tra Germania e Turchia



Un mio articolo sulle tensioni tra la Turchia e la Germania. Nell'articolo la parola "Islam" non è usata nel senso di religione, ma di "teologia politica" (Massimo Borghesi), che è appunto il modo con cui la vive Erdogan.


http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2017/7/27/TURCHIA-CONTRO-GERMANIA-Quel-mix-pericoloso-di-ricatti-soldi-e-jihad/775593/#.WXl6jAvn_OI.facebook

mercoledì 19 luglio 2017

La dottrina cattolica sulla sessualità e la mancanza di evidenza.

La dottrina cattolica sulla sessualità e la mancanza di evidenza.
Ingolstadt. Quando sento parlare di indissolubilità del matrimonio o di rifiuto dei preservativi o della sessualità solo nel matrimonio o di verginità per i sacerdoti cattolici la prima cosa che mi viene in mente è che tutto ciò non è per nulla evidente agli uomini di oggi. 
Quando poi tutto questo viene visto attraverso gli "occhiali" del fenomeno della pedofilia e degli abusi sessuali tutto diventa ancora più non evidente. Può darsi che le due cose non centrino, ma chi lo sostiene ha l'onere della dimostrazione di ciò che afferma. 
Che poi la dottrina cattolica corrisponda alla "natura dell'uomo" è la cosa meno evidente di tutte. 
Per questo don Julián Carrón, il presidente della fraternità di CL, ha messo negli Esercizi di due anni fa il dito nella piaga quando ha affermato che siamo in una situazione umana e storica che è caratterizzata da una totale perdita delle evidenze. 
Secondo me senza un reale "mea culpa" il dialogo su questi temi, se non vuole rimanere una comunicazione intra ecclesiale, cioè autoreferenziale, non porterà alcun frutto. 
Pier Angelo Sequeri dice nel suo saggio sul musicale: vi è un' ostinata " presupposizione biblico-cristiana di una benedizione originaria della materia e dell'eros impegnata al limite della trasgressione". 
Non sto pensando alla pedofilia che non è "trasgressione", ma "perversione". Sto pensando al fatto che quando si incontra una persona è sempre anche in gioco l'eros e che di questo non dobbiamo vergognarci. Anzi direi che è un'esagerata vergogna che si trasforma in "perversione", un vero approccio erotico all'altro si ferma al limite della trasgressione. Solo questo permette di pensare per esempio alla indissolubilità del matrimonio senza che essa diventi una gabbia. Non bisogna commettere adulterio nel nostro cuore, lo dice Gesù, ma non è possibile guardare una donna o un uomo in modo non erotico. 
Su questo punto ha ragione don Giovanni (Mozart) - "basta che abbia la gonnella". Io conosco solo uno sguardo umano che è al di là dell'eros senza diventare insopportabilmente bigotto. Quello di Maria. In lei vi è in gioco una affidabilità, credibilità, innocenza di cui abbiamo più bisogno del pane. Uno dei motivi per cui non sento volentieri "Radio Maria", che tra l'altro in tante cose è fatta molto bene, sono le voci spesso insopportabilmente bigotte. 
Dice ancora Sequeri: "Nella musica di Mozart appare, in forma adeguata per l'uomo della modernità e della scissione (tra profano e sacro;rg), una teologia cristiana del sensibile implicita nella relazione del maschile e del femminile che corrisponde al disegno originario del mondo da parte di Dio". 
Perché è possibile a Mozart ciò che non è possibile al catechismo? Perché in lui predomina la "grazia" e non l'astrazione dottrinaria e filosofica. Come ho imparato da Walker Percy astrazione e perversione sono le due facce della stessa medaglia. Eros non è necessariamente negazione della Croce come salvezza, mentre l'astrazione perversa lo è sempre. 
Ciò che mi salva è che i temi della dottrina cattolica si incarnano per me sempre negli occhi d certe persone: l'indissolubilità del matrimonio la leggo negli occhi di mia moglie, l'eros come attesa del matrimonio in certi giovani - pochissimi, che non sono per nulla bigotti, ma pieni di vita è rivelano nella loro vitalità la possibilità della verginità e dell'eros come attesa. Senza questa possibilità "mariana" e meglio che si viva la sessualità in forza della propria decisione e responsabilità, anche prima del matrimonio. 
Roberto, un piccolo amico di Gesù

martedì 11 luglio 2017

Per un lavoro sull'opera di von Balthasar in Italia nel futuro

L'idea di Pier Angelo Sequeri (Antiprometeo, Milano 1995, Nota 44, pagina 147) di tradurre il lavoro giovanile di Hans Urs von Balthasar, Apocalypse der deutschen Seele, contraddice l'idea stessa del Balthasar anziano, che più volte, tra l'altro in una lettera a me, dice di non voler più aver a che fare con quell'opera di cui non si ricorda molto e che pronunciava giudizi su autori (Ernst Bloch, per esempio) che nel corso degli anni sono diventati altro da ciò che si poteva intravedere all'inizio. Forse per quanto riguarda Bloch pensava ad uno sviluppo da un reale pensiero utopico ad uno che ha ceduto allo stalinismo.

Nonostante questo sarei d'accordo con Sequeri e con il prof. Haas, che ha curato una nuova edizione tedesca dell'opera in questione, quando era ancora viva Cornelia Capol, che per anni è stata collaboratrice di von Balthasar (e che sapeva cosa voleva e che cosa non voleva Balthasar), e cioè sull'importanza della conoscenza di quest'opera - per esempio sarebbe importante vedere come il Balthasar giovanile parlava di Goethe e come ne ha parlato nella Trilogia (Gloria, Teodrammatica, Teologica), opera matura. Per Sequeri sarebbe importante perché per quanto riguarda l'idea del musicale, perché nell'opera giovanile vi sarebbero più spazi per l'attività creativa del soggetto (artista).

Avrei una proposta.

1. In primo luogo una revisione della grande opera della traduzione italiana della Trilogia. Guerriero come editore e Sommavilla, etc come traduttori hanno fatto un lavoro per l'appunto molto importante, ma forse non compiuto. Adrian Walker, un ex allievo della Casa Balthasar (P. J. Servais S.J.)  di Roma mi ha detto che vi sono molto errori e a volte mancano dei pezzi del testo originale.

2. Continuazione della traduzione dell'opera di Adrienne von Speyr. Balthasar non voleva che si separasse la sua opera da quella di Adrienne. Nella comune missione vi è quel fuoco di Cristo di cui ho parlato questa mattina nella mia bacheca sotto il post sul religioso e sull'artista (1) e nel gruppo chiuso dedicato ad Adrienne in Facebook (2). Secondo me sarebbe necessario tradurre anche il grande diario che in tedesco si trova con il titolo "Cielo e terra" sotto il nome di Adrienne (per le tante citazioni dell'autrice e per il tema del diario stesso), ma che è scritto da von Balthasar. Qui si vede in azione la grande libertà dei due svizzeri (giudizi anche critici su Pio XII tanto per fare un esempio).

3. La traduzione dell'opera giovanile, non perché più ampia di prospettive coraggiose, ma per far vedere il percorso intero dell'opera di von Balthasar. La "concentrazione teologica" dell'opera matura non è però una restrizione di interessi, ma il fuoco della missione doppia (Hans Urs/Adrienne) voluta da SPN (Ignazio) e Cristo stesso!

Roberto, un piccolo amico di Gesù

(1)

Roberto Graziotto Questo è per una filosofia dell'essere come dono essenziale. Perché sia l'arte che la religione, con diverse modalità, sono risposta al dono dell'essere come amore. Il fatto che questa dimensione musicale in Balthasar abbia un rilievo quantitativo (pagine scritte) non elevato pur data la grande intuizione giovanile, secondo me è anche una questione d'amore. Se uno vedesse quante volte parlo di mia moglie nelle tante cose (dialoghi con persone) che scrivo in Facebook si stupirebbe del fatto che quantitativamente si tratta di ben poca cosa e pur è il cuore di tutti i miei rapporti umani. Balthasar aveva un "udito assoluto", da qui nasce il suo amore per Mozart. In Mozart grazia e creatività diventano uno - dono assoluto! E che dire dell'amore assoluto di più che per l'appunto è dono? Anche Mozart si capisce solo in forza dell'amore gratis, che non ha poi neppure bisogno di turarsi le orecchie per manifestazioni minori. Tutto può diventare grazia! #HansUrsvonBalthasar #PierAngeloSequeri#FerdinandUlrich

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Roberto Graziotto La critica che ha fatto il padre Schenk OP, che in Balthasar avessimo a che fare con una "gnadentheologische Reduktion" (tutto verrebbe ridotto alla teologia della grazia) è simile a quella di Sequeri che nelle opere scritte da Balthasar prima della grande Estetica teologica ci fosse un'ampiezza più creativa a livello estetico che nell'opera matura. Questa ampiezza verrebbe sacrificata a ciò che risulta "immediatamente funzionale al disegno dell'impianto teologico fondamentale" (87). Secondo me entrambe le critiche non sono vere. Il Balthasar maturo è semplicemente passato attraverso il fuoco di Cristo (o con me o contro di me) ed alcune possibilità sono state bruciate. Proprio per il motivo che dice Sequeri stesso. Balthasar è "puntigliosamente preoccupato di evitare anche solo l'impressione di una fondazione antropologica trascendentale della singolarità" (87) e della bellezza cristiana. È interessante che un artista come Bruno Brunelli abbia la stessa preoccupazione. Dalla bellezza antropologica e trascendentale (cioè dalla soggettività kantiana) non si arriva alla bellezza singolare del Crocifisso. È il cristiano non può che seguire quest'ultimo. Ciò non significa per Bruno che non si possa amare la chitarra classica o la fotografia o Beethoven in modo particolare nella interpretazione di Claudio Abbado e non significa per Balthasar che non si possa amare Mozart per una coincidenza ultima tra grazia e creatività. Cristo però rimane singolare e non è usabile per nessuno progetto di "teologia politica" (nel senso criticato da Massimo Borghesi) o "teologia estetica". Nell'Estetica teologica come vede bene Sequeri vi è : "il primato dell'oggetto trascendente (la rivelazione di Dio); b) la forma esperienziale della sua apprensione (la contemplazione della singolarità di Gesù); c) il rinvio all'unità originaria della coscienza (cui corrisponde la possibilità di una fenomenologia della verità" (86). In gioco è un momento critico, come critica alla tecnica (Heidegger) ed un momento propulsivo come "teoria cristiana della percezione spirituale e sensibile quale condizione della fede. Qui è il punto di contatto con la "conoscenza amorosa" di Luigi Giussani. Anche l'incontro di cui parla GIussani o il Papa non sono mai una questione solo antropologica - incontrata deve essere sempre e solamente la singolarità di Cristo anche nel dialogo tra le religioni. Singolarità che non deve essere neppure sacrificata nel dialogo con l'Islam, come ha fatto vedere Wael Farouq, visto che nel Santo Corano stesso essa è presente. Etc. #MassimoBorghesi #FerdinandUlrich #HansUrsvonBalthasar


(2)

Adrienne von Speyr, Commento al canto dei Cantici, Einsiedeln 1972
(Si può distrubare la Chiesa, ma non distruggerla). 
3,
[5] Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, 
per le gazzelle e per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata
finché essa non lo voglia. 
In dialogo con #AdriennevonSpeyr
Preghiera (io ho scelto questa, che è fondamentalmente quella che Ignazio di Loyola chiede di ripetere sempre all'inizio di una giornata di esercizi; il santo spagnolo ci tiene che la preghiera sia sempre la stessa, però per te che leggi non deve essere questa mia).
Da Te, o Dio, nostro Signore chiedo la grazia,
che tutte le mie intenzioni, azioni ed tutti i miei interessi,
siano ordinati semplicemente al Tuo servizio e per la gloria
della Tua divina maestà e del Tuo divino amore.
Amen!
Parto dal rapporto Cristo e Chiesa. Adrienne dice con chiarezza: "si può disturbare, ma non distruggere". Quando siamo confrontati con evidenti forme di mancanza di amore e uso politico del Vangelo e della Chiesa non dobbiamo dimenticare che Cristo ha già salvato il mondo e che una distruzione della Chiesa è impossibile. Rimane il fatto però che l'invito a non disturbare è molto insistente. Questo verso ripete ciò che l'amato aveva già detto prima. Ci troviamo in un tempo in cui sembra che la Chiesa venga attaccata dall'interno, non dal Santo Padre, ma dai suoi critici che si presentano come nuovi "padri della Chiesa" pur essendo spesso solo dei cattivi o buoni scribacchini. 
C'è un giornalismo pseudo cattolico che usa argomenti tradizionalisti mischiati ad una incapacità quasi totale di comprendere il Vangelo e la sua logica, che sono la legittimazione ultima della Chiesa. Anche per questi avremmo a che fare con una possibile conversione - perché non vi è nulla di più forte di Cristo! Ma convertirsi è passare per il fuoco. La vita non è un sentimento. 
Per quanto riguarda il rapporto uomo e donna vi è anche questa prospettiva di non disturbare. Anche qui la forza di Cristo è più forte delle figlie di Gerusalemme, che il Signore scongiura. Le figlie di Gerusalemme stanno per un "eros" che blocca l'apertura del "soggetto unico" che siamo a quella bellezza sempre più grande che è Cristo stesso! Le figlie di Gerusalemme rappresentano la "natura", ma una natura bloccata! 
Vi è un intimità dell'amore che se si spegne, si spegne tutta la nostra forza creativa. Questo fuoco si trova in "analogia" (non identità) con il fuoco di Cristo!

domenica 9 luglio 2017

Informazioni sulla mia famiglia da parte di madre e di padre

Da parte di mia mamma Fernanda Leali (1938)

La sua mamma si chiamava Zaira Pavesi e suo papà si chiamava Orazio Leali.

Caterina era la mamma di Zaira, aveva nove figli, cinque maschi e quattro femmine. La nonna Zaira non aveva molti contatti con la sua famiglia perché non voleva che sposasse Orazio. Quindi mia mamma non la conosce bene.

La nonna di mia mamma da parte di padre si chiamava Romilda Cantoni. Aveva il carattere allegro di mia mamma.

Questo ramo dei Leali è rintracciabile nella zona di Mantova fino al '600. Giorgia figlia di mio cugino Fausto Leali sembra essere l'ultimo di questo ramo.

Osmide, morta fascista e fedele al re, era figlia del fratello di mio nonno Orazio, che si chiamava Giovanni. L'ho conosciuta da bambino ed era simpatica.

Sorelle e fratello della mamma: Nina (morta nel 2017), Eda (chiamata Antenisca), Giovanni.

Da parte di mio padre Francesco Graziotto, detto Callisto (1935)

Ho molte più informazioni che però sono ancora scritte a mano in un quaderno.

La sua mamma si chiamava Maria Gastaldello (1909-2005) e Vincenzo Graziotto, detto Nani/ Giovanni (1910-1988)

Bisnonno Gaetano Graziotto (morto verso la fine degli anni 50 a Casale Monferrato)

Famiglia contadina sia in veneto che in Istria

Nel periodo istriano sapeva tenere unita la famiglia e dirigerla, che abitava in c. 28 in una casa al porto di Cervera. Andava a fare la spesa con l'asino e il carro, passando salutava gli amici a Cervera.
La scelta di lasciare Cervera al tempo di Tito per paura delle foibe è stata non solo sua ma di tutta la famiglia, con il consiglio del marchese Paolo Polesini, detto Etto (forse Benedetto). Lasciano l'Istria nel gennaio del 1944. Andava regolarmente alla Santa Messa.

La casa al porto di Cervera

Solo la cucina era calda all'inverno. Avevano anche una stalla con mucche, tutti si occupavano di essa. Nella casa c'erano circa 28 persone. I due bisnonni con i loro figli/e e i loro sposi/spose.

Una nuora al giorno aiutava la bisnonna Matilde nei lavori di casa.

A tavola mangiavano prima i bambini e poi gli adulti.

Zio Luigi e zia Natalia vivevano invece da soli a Parenzo

Bisnonna Matilde

Era casalinga e contadina.

Alla fine della vita per cinque o sette anni a Casale Monferrato è stata ceca senza lamentarsi. Come anche mio suocero Béla. Era molto religiosa e cattolica.

Il racconto delle uova per mio papà sempre malaticcio.

giovedì 6 luglio 2017

Don Milani, la scuola ed io

Un filosofo nella scuola - perché non parlo quasi mai di scuola. In dialogo con #DonMilani
Parenzo. Pur essendoci da più di 30 anni non parlo quasi mai della scuola. Le tappe tedesche nella scuola le ho vissute dapprima nella "Grund- und Hauptschule" nella Baviera dal 1993 fino al 2002 come insegnante di religione e poi in un liceo (1) in Sassonia Anhalt dal 2002 fino ad oggi, come insegnante di filosofia, religione, latino e storia. L'unica eccezione è stato il #Diarioscolastico, che ho pubblicato per più di un anno dai Contadini di Peguy.
Dell'esperienza nella Hautpschule mi scrisse allora il cardinal Schönborn che si trattava di un compito tra "i più poveri tra i poveri" del sistema scolastico - si trattava dei ragazzi che dopo i quattro anni comuni nelle elementari non andavano né nel liceo né nella Realschule. Il diploma della Hauptschule si riceveva dopo cinque anni (quindi nove contando le scuole elementari), quello della Realschule dopo sei e quello del liceo, la maturità, dopo nove). 
Da due anni, nel mio lavoro al liceo, ho deciso di insegnare anche qualche ora in un ramo della nostra scuola paragonabile alla Realschule, che si chiama Gemeinschaftschule, perché non volevo insegnare solo alle élite della nostra regione. In questo ramo si trovano pi?u o meno le persone che, mutatis mutandis, si trovò davanti don Milani a Barbiana. 
Ho letto quasi per intero il libro di Emma Paola Bassani e Angelo Lucio Rossi, Don Lorenzo Milani. Con la mente aperta e il cuore accogliente, Reggio Emilia, 2017. In vero la prima parte di più (quella della Bassani) e la seconda di meno (quella di Rossi) sono piuttosto un libro in dialogo con don Milani che un un libro su don Milani. 
Questo non è un problema perché come dice don Milani, citato da Rossi alla pagina217: "Essere fedeli ad un morto è la peggiore infedeltà". Questo lo si vede per esempio nella cadaverica fedeltà a don Giussani (di molti in CL), che cominciava la sua esperienza scolastica di élite nel 1954, nel liceo classico Berchet di Milano, dove era stato anche don Milani, mentre il priore di Barbiana arriva proprio in quel anno nel paesino degli Appennini. 
A me non interessano i guru - nessuno. Il mio grande maestro Ferdinand Ulrich mi disse una volta, quando lo trattai come tale: "abbia il coraggio Roberto di uccidermi". Questo invito assomiglia molto alla frase di don Milani, detta ai suoi ragazzi: "difendetemi dalle mistificazioni". 
Sono nella scuola con la mia "missione filosofica", che è molto seplice: verificare se l'essere è un dono. Questo forse si può esprimere con la frase di Rossi alla pagina 229: "Quanto uno vive il rapporto con Dio e ha coscienza del proprio destino, riconoscendolo, tanto più vive l'affezione dell'essere". 
Ma in vero la mia esperienza è un altra: non sono io che riconosco qualcosa, ma vengo riconosciuto con la mia famiglia, come un segno che Gesù è presente (ovviamente con diversi gradi di coscienza visto che viviamo in una zona con il 2% di cattolici e con il14 % di luterani). Per questo le porte della nostra casa erano sempre aperte ed ultimamente ci vive una ragazza del CLU per qualche tempo ed una ragazza vietnamita con gravi problemi famigliari. 
Il grande esperimento nelle periferie cittadine ed esistenziali di Rossi integrando scuola e quartiere non è il mio, come non è mia la biografia di Bassani, che contiene alcuni punti di contatto: come per esempio la sua decisione di educare nei primi anni i bambini a casa e non al nido, ma che per lo più mi è abbastanza estranea. Io non credo che tutto possa essere ridotto alla biografia dell'altro e neppure alla missione dell'altro: per esempio io ho più bisogno di contemplazione e lo stare a scuola fino alle undici di sera come faceva don Milani, mi ammazzerebbe. Le critiche alla "teoria" mi lasciano sempre del tutto freddo. Perché vi sono compiti più teorici e più filosofici. Il garantire questi è un criterio sicuro perché anche il discorso più vero non si riduca ad ideologia- una buona ideologia, per esempio di integrazione degli immigrati, ma pur sempre un ideologia. Solo la varietà delle missioni umane garantisce che il discorso non diventi ideologico. Una direzione scolastica che pieghi per esempio l'esperienza di migliaia di colleghi nelle proprie categorie, fossero anche quelle giuste, come quella delle "competenze" rischia di fare una nuova ideologia in cui si mettono le speranze, invece che nelle persone concrete. 
Il mio lavoro è stato ed è certamente molto variegato: guido corsi di filosofia da 12 anni in una regione in cui la filosofia non è obbligatoria. Insegno religione ai giovani di 14 o 15 anni portandoli a passeggio o vedendo/leggendo/ascoltando Tolkien e C.S. Lewis. Credo insomma di essere abbastanza rivoluzionario. Non dimentico che i ragazzi hanno un corpo e non possono stare seduti per ore ad ascoltare un altro guru. In filosofia mi sono sempre opposto alla riduzione dell'educazione alle esigenze del mercato, perché semplicemente credo che l'ontologia è infinitamente più reale che il mercato.
Ho speso molte energie per le élite della nostra regione portandoli a Malta (un idea del mio preside) o nelle Dolomiti (un'idea che nasce dall'esperienza delle vacanze di GS) o in Armenia (un idea del ministero della cultura della Sassonia-Anhalt) e non credo con don Milani che si debba servire solo i poveri del sistema scolastico. A ragione la Bassani a dire con forza che vi è una fedeltà a don Milani che ne toglie il cuore pulsante, che a livello scolastico, non voleva abbassare ma alzare il livello culturale. Non vi è nulla di più povero che ideologizzare la "lettera ad una professoressa". Essere fedeli allo spirito di don Milani potrebbe oggi per esempio voler dire di occuparsi anche degli scolari eccellenti, senza bloccarli in un attesa priva di senso dei più deboli culturalmente. Bisogna educarli alla solidarietà non alle azioni senza senso, come sono molti dei "lavori di gruppo" che si fanno oggi nella scuola. 
Non bocciare un ragazzo o il non allontanarlo dalla scuola se spaccia droga non sono sempre un atto d'amore, a volte sono semplicemente un atto di irresponsabilità. 
Che cosa ho però in fine in comune con don Milani tenendo conto della differenza di statura umana e culturale: l'amore per quel avvenimento che è il farsi carne del Logos, che non è integrabile da nessuno contesto famigliare, anzi che lo provoca: o con me o con la famiglia! Ma essendo il Logos universale e concreto non ha bisogno di contrapporsi a nessuno, come ho detto ieri citando una frase di don Milani sul tema: Sono uno che aspetta!
"A combattere il comunismo mi parrebbe di oppormi alla storia, il che è come ribellarsi a Dio, perché è lui che la disegna. Ma con questo non sono comunista, come Geremia non era sincretista e san Gregorio non era paganeggiante. Sono uno che aspetta. Aspetto che faccia Dio, che disegni Dio. Attento a vedere (il disegno di Dio) per essere pronto a buttarmi con lui ad aiutarlo ad incarnarsi in tutte le civiltà, nazioni, tempi, lingue, climi, ordinamenti".
Don Luigi Milani 26.12.1947 in Pecorini, Don Milani - chi era costui? p. 35-36, citato in Emma Paola Bassani, Angelo Lucio Rossi, Don Lorenzo Milani, 174.
Questo a volte fa di me un compagno di difficile: trasparente e duro come un diamante, che deve subito ferirsi e ferire. Ma il vero diamante è Cristo stesso che con un'incredibile pazienza mi ha guidato anche in questi trent'anni di scuola. Cristo stesso come ricordava Balthasar è Egli stesso la filosofia e non aspetta da me nessuna negazione della mia missione filosofica, ma la sua integrazione in quell'unica cosa realmente credibile: l'amore gratis! 
Roberto, un piccolo amico di Gesù


(1) Si tratta di un liceo cristiano nei nuovi Länder, quelli che una volta formavano la Germania comunista. Quest'opera è in primo luogo l'opera del mio preside, che ha ricevuto per questo anche un'onorificenza del presidente della Repubblica tedesca. Essa è stata compiuta con l'aiuto del CJD, un organizzazione fondata da un pastore luterano, Arnold Dannenmann, sotto il motto: nessuno può andare perso, dopo la seconda guerra mondiale.

PS I
Caro Angelo Lucio, caro Giorgio, per dirla in sintesi. Io sono un filosofo imprestato alla scuola per imparare sulla mia pelle che la filosofia può (non deve!) come solo accademica diventare una tentazione alla gnosi! Quindi certi giudizi non mi spaventano, perché non mi toccano. So però che questa tua (di Angelo) frase: "assenza di una didattica attiva tesa a proporre compiti reali e significativi" è all'orecchio di tantissimi colleghi offensiva. Non dei colleghi pigri ed astuti che ti ascolteranno per imparare il linguaggio che vuoi che si usa e non faranno neppure un passo verso di te. Insomma cercheranno di usare il tuo linguaggio per imbrogliarti. Ma offensiva proprio per quei colleghi che sono bravi e che da una vita cercano di insegnare perché si risolvano compiti e reali significativi. Da sempre credono con ragione o torto di creare le condizioni perché i ragazzi possano affrontare con senso la realtà. Come del resto era un "presupposto" l'andare a portare un messaggio del tipo di quello che racconta Nevio Santini in cui c'era scritto: "fallo parlare". Come era un presupposto fare l'analisi linguistica di tutti i "Promessi Sposi". Scomodare don Milani per questo approfondimento di linguaggio scolastico - che poi è il linguaggio delle dirgenza scolastica europea - secondo me non serve a nulla. Sarebbe come scomodare Aristotele per dire che bisogna dire al mattino: Buon giorno! Come dirigente scolastico puoi anche approfondire quel linguaggio ma devi sapere che la maggioranza dei colleghi si sentirà giudicata da te e non accolta come persona singolarmente grande e importante per la scuola. Vostro, Roberto
PS II

La grande idea delle scuole aperte al territorio capaci di integrare tutti gli attori in gioco ed anche i profughi che abbiamo secondo me deve essere sempre più aperta anche come linguaggio non contro qualcuno (assenza di...), ma in favore di tutti (capace di integrare tutto). Così avremo scuole e case aperte, chiese aperte: luoghi in cui Cristo agisce per quello che è. Colui che è risorto! È perché opera!