domenica 30 settembre 2018

Si può amare così? Un incontro con/su Paul Claudel

Lipsia. Nella lista dei libri del sacerdote italiano Luigi Giussani, fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione, sebbene non volesse fondare nulla, si trovano, se mi ricordo bene, due libri che portano il titolo: si può amare così? Si può amare veramente così? (1) La domanda viene posta a livello dell'amore vergine ed anche se, come ha spiegato bene Papa Benedetto XVI, nella sua enciclica "Deus caritas est",non si può distinguere del tutto tra la sfera erotica e quella dell'agape, la risposta a livello erotico, alla domanda posta, è molto semplice: no, non si può! (2)

Sto leggendo in questi giorni con un piccolo gruppo di giovani studenti universitarie  con mia moglie, il dramma "la scarpina di raso" di Paul Claudel. In esso si trova la risposta: no, non si può, in tutta chiarezza. Lo si può ad un livello diciamo più alla "Papageno/Papagena", ma a livello di "Tamino/Pamina", per prendere un esempio dal "Flauto magico", non è possibile. Nel momento in cui l'amore erotico intende ciò che deve intendere se vuole essere "puro", puro amore gratis, non può che "esigere troppo dal corpo" - la carne non serve a niente, dice il Logos incarnato! 

Se si è donata a don Camillo, si può donare anche a me - dice don Rodrigo tradendo la purezza dell'amore gratis! Doña Mirabilis si può donare appunto a quella figura del tutto contraria all'amore gratuito che è don Camillo, dopo la morte del marito don Pelayo, ma non può farlo con don Rodrigo, in cui "compito" e "eros" sono un tutt'uno. Un tutt'uno che congiunge terra e cielo, terra ed universo.

Il grande teatro dell'amore della "Scarpina di Raso", pur con alcuni elementi "tradizionalisti" (polemica con l'islam), è ricolmo di quel grande tema della compassione e della misericordia, che in questi cinque anni Papa Francesco, un gesuita!, sta presentando nel grande palcoscenico del mondo: il fratello gesuita nella prima scena del dramma, insomma all'inizio della "scarpina di raso" si offre come traduttore in cielo del cammino del fratello Rodrigo, l'angelo custode va con doña Mirabilis con cui sente una parentela interiore, quando lei decide di scappare da don Balthasar, a cui il vecchio marito don Pelayo l'ha affidata, lo stesso don Pelayo non è un fanatico difensore del suo matrimonio, semplicemente non può negare l'oggettiva promessa accaduta. Poi la luna che guarda gli amanti dall'alto del cielo! 

Tutto grida una sola parola nella "scarpina di raso": misericordia! O per usare le parole di una grande scrittrice americana: Senza la compassione l‘amore non è temprato, non è completo e non può durare. Ursula K. Le Guin

(1)
I titoli esatti sono: "Si può vivere così?" e "Si può (veramente?) vivere così?"


(2) Il mio post non ha come tema l’amore vergine. A questo livello la domanda di don Giussani può deve essere risposata in modo affermativo. Negare la verginità come valore nella Chiesa è eresia. Ma bisogna dire chiaramente che verginità è “sola gratia”. Poi direi che questa massa di gente che è diventata “Memores” mi spaventa. Forse vi è stata anche un po’ di irresponsabilità nel accettare così tanti.

2.10.18 (giorno degli angeli custodi): Eravamo in sei ed abbiamo più letto e riso (credo nel cuore anche pianto) che "pensato". Una studentessa di "Germanistik" e storia, uno studente di "Germanistik" e storia, una dottoressa di giurisprudenza che fra poco sarà giudice, una studentessa di psicologia, mia moglie ed io. Se Paul Claudel avesse voluto scrivere un saggio sull'amore erotico lo avrebbe fatto, ma ha scritto un dramma, che secondo me non può essere ridotto, se non si vuole correre il rischio di rendere la "scarpina di raso" un testo di noiosissima pesantezza. Noi abbiamo letto l'"opus mirandum" scritto a Parigi (dal maggio del 1919) e a Tokio (fino al dicembre del 1924) nella sua interezza, con tutte le indicazioni per il regista, nella traduzione tedesca di Herbert Meier del 2003. I dialoghi del cinese con don Rodrigo nel primo giorno (ma anche quelli con il giapponese nel quarto giorno), o anche quelli tra i pescatori sul mare all'inizio del quarto giorno non sono "meno importanti" del dialogo dei santi tra di loro con le preghiere di doña Musica all'inizio del terzo giorno o dei dialoghi tra l'angelo custode e doña Proëza, tra quest'ultima e don Rodrigo alla fine del terzo giorno. E poi le tanti figure della compassione come la luna alla fine del secondo giorno, etc. Tutti questi dialoghi sono un'orchestra cattolica, universale!

Certo nella tradizione di Romano Guardini e Hans Urs von Balthasar, che aveva tradotto in modo magistrale e collaborato alla presentazione teatrale della "scarpina di raso" negli anni quaranta a Zurigo, è legittimo riflettere anche in modo teologico e filosofico con i grandi della letteratura mondiale, ma bisogna stare attenti a non perdere la molteplicità delle voci che solo un pezzo teatrale o un romanzo e non la filosofia stessa sono capaci di esprimere. Alla fine tutto deve confessarsi in Cristo! Nello specifico dell'opus mirandum bisogna stare attenti a non farne un testo per "cristianisti" (uso il termine nel senso di R. Brague: i cristianisti amano il cristianesimo, i cristiani Cristo). Alla fine dell'opus mirandum vi è un chiaro rinvio alla santità e non semplicemente alla battaglia di Lepanto o alla battaglia che vuole compiere doña Settespade, la figlia di doña Proëza e don Camillo, kata sarka, ma in vero la figlia di doña Proëza e don Rodrigo, secondo lo "spirito"(un tema questo che abbiamo anche nelle "affinità elettive" di Goethe), per liberare i prigionieri nella cittadella Mogador in Africa. Similmente a Charles de Jesu, don Rodrigo, che è già stato il vice re dell'America, vuole diventare il portiere nel convento di Teresa d'Avila. E questo "descensus" è la figura ultima della "scarpina di raso". Doña Proëza e don Rodrigo hanno caricato troppo di significato l'amore erotico e facendo sul serio in questo non possono che rinunciarvi (1). Che la lettera scritta da doña Proëza a don Rodrigo, dopo la morte del primo marito don Pelayo, non arrivi, se non dopo dieci anni, nelle mani del destinatario è un simbolo di vitale importanza per comprendere la "scarpina di raso" . Vi sono anche figure che "riescono" di questo amore erotico, quello tra doña Musica e il re di Napoli, forse tra doña Settespade e Giovanni d'Austria, ma non è in gioco il pathos che è in gioco tra doña Proëza e don Rodrigo. Nel primo amore, quello di doña Musica, sta in primo piano il bambino e nel secondo, quello di doña Settespade la missione di liberazione.


La gigantesca scena del quarto giorno, tutta sul mare, è tra le critiche più radicali del "cristiansimo" che abbia mai letto. Tutto il potere del re di Spagna, figura eccezionale di cristianista, traballa sul mare e non è per nulla chiaro che sia lui a prendersi gioco di don Rodrigo nella questione se quest'ultimo debba essere o meno il futuro re di Inghilterra, chiaro è invece che l'invincibile Armanda ha perso.

Il carisma di ignazio da il tono all'inizio dell'opus mirandum ed è un carisma di misericordia, come lo vediamo agire oggi nel palcoscenico del mondo, nella figura del Papa gesuita ignaziano e francescano allo stesso tempo: un carisma che "traduce" nel cielo tutto ciò che viene scritto nella terra, "anche il peccato".

(1) Come dice con ragione Ursula K. Le Guin, il sesso (che è il momento carnale dell'amore erotico) è il fenomeno più sottovalutato e più sopravvalutato della storia. Più sottovalutato perché l'attrazione di quei cinquanta chili di carne di cui parla il Cinese nell'opus mirandum non può essere negata, anche se essi dopo qualche decennio sono irriconoscibili e non offriranno alcun spunto di attrazione. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare ciò che il Logos incarnato dice: "la carne non serve a niente", tanto meno ad esprime l'unica cosa necessaria, l'amore gratis, che alla fine viene rivelata solamente nel "descensus" di cui parlavo prima, qui sulla terra. E forse dopo i tanti scandali di pedofilia che vengono rivelati ora, farebbe bene la Chiesa ad ascoltare di più anche i figli di questo mondo (per esempio anche nella modalità che sacerdoti e religiosi che hanno compiuto questi atti di pedofilia esprimano davanti ad un giudice civile il perché lo hanno fatto) e predicare di meno, far parlare di più e senza censure i laici e non solo quelli di stampo cristianista. Etc.

venerdì 28 settembre 2018

Darf das Christentum missionarisch handeln?

Droyssig. Darf das Christentum missionarisch handeln? Die Frage ist berechtigt, in besonderer Weise nach dem vielen Skandalen, in denen die Kirchen verwickelt worden sind, vor allem meiner eigenen: die römisch-katholischen Kirche. 

Die Antwort ist aber in erster Linie die Antwort, die Christus selber gibt: 

16 Aber die elf Jünger gingen nach Galiläa auf den Berg, wohin Jesus sie beschieden (hinbestellt) hatte. 
17 Und als sie ihn sahen, fielen sie vor ihm nieder; einige aber zweifelten. 
18 Und Jesus trat herzu, redete mit ihnen und sprach: Mir ist gegeben alle Gewalt im Himmel und auf Erden. 
19 Darum gehet hin und lehret alle Völker: Taufet sie auf den Namen des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes 
20 und lehret sie halten alles, was ich euch befohlen habe. Und siehe, ich bin bei euch alle Tage bis an der Welt Ende.

Papst Franziskus hat jedoch in seinen 5 Jahren Pontifikat sehr viel Wert an die Unterscheidung zwischen Proselytismus und Mission gegeben. Der erste ist ein 
zwanghaftes Personen Gewinnenwollen für die eigene Kirche. Mission ist eine Frage der Attraktion (Anziehungskraft): man will den Vorschlag "Jesus Christus" verbreiten, da man in ihm die Gratis Liebe erkannt hat. In einer gewissen Hinsicht kann ich als Christ auch nichts anders, als zu verkünden, was meine Liebe angezogen hat. 

In den 17 Jahren meiner Tätigkeit als Lehrer in Droyssig, im Lande der Reformation, habe ich Schritt für Schritt einen endgültigen Abschied von jeglicher Form von Proselytismus unternommen, wobei ich betonen will, dass von Anfang an ich auf die Freiheit des Anderen  immer sehr großen Respekt gewidmet habe. Ich werde nie jedoch auf den missionarischen Auftrag Jesu verzichten, soweit ich Christ bin, weil in dem Moment, dass ich es täte, ich kein Christ mehr wäre. 

Als Philosoph habe ich immer sehr viel Wert gegeben meine Position auch als Christ zu begründen und ich glaube nicht, dass man den echten Inhalt der Gratis Liebe Christi ohne Vernunft verstehen kann. Ich spüre die Attraktion Christi, weil er mich dort begleiten kann, wo anderen verschwinden: am Kreuz und in den Abstieg in der Hölle. Das ist nicht ein "Gefühl". Aber es ist durchaus ein Herzenssache. Für die Bibel ist der Herz, der Ort der Vernunft und der Emotionen. 

In meinen 17 Jahren im Land der Reformation habe ich sehr viel Wert an Ökumene gegeben und viele ökumenische Beziehungen gepflegt. Ich habe ab und zu Beziehungen mit Leuten unterbrochen, die den Unterschied zwischen Proselytismus und Mission nicht kennen, also mit Fundamentalisten. 

Und was meine Person anbelangt, kann ich nicht ausschliessen, dass ich in meiner pädagogischen Tätigkeit auch viele Fehler gemacht habe (auch wegen meines Temperaments) und jedoch glaube ich sagen zu dürfen, dass mir die Freiheit des Anderen immer sehr wichtig war (sonst wäre zum Beispiel eine Aktion wie das Juventusfest nie entstehen können). Aber abgesehen von der institutionelle Seite, glaube ich auch im persönlichen Gespräch stets die Freiheit des Anderen respektiert zu haben, auch wenn ich mit Papst Franziskus besser gelernt habe, "apologetische" Diskussion zu vermeiden, damit meine ich Diskussionen, in denen nur die eigen Position verteidigt, statt verkündet zu werden. 

giovedì 27 settembre 2018

Luigi Giussani è morto, kata sarka, nel lontano 2005

Lipsia. Una delle difficoltà che ho nel dialogo con alcune persone del Movimento di Comunione e Liberazione è quando citano don Luigi Giussani come un guru. Si citano alcune frasi di lui, dette con la sua voce rauca, come se ciò fosse la dimostrazione che quella frase o quelle frasi non siano superabili. 

Una volta un amico mi mandò una registrazione con la voce viva di Hans Urs von Balthasar; entusiasta, telefonai a Ferdinand Ulrich, uno degli amici più intimi del maestro di Basilea, chiedendogli se volesse ascoltare la registrazione. La reazione mi stupì: no, grazie. La sua voce in cielo è ora diversa. 

Giussani non avrebbe voluto che lo si trattasse come un guru; ha voluto insegnarci un metodo per affrontare personalmente la nostra sequela personale a Cristo. Il nostro momento storico lo affrontiamo noi, come lui affrontò il suo. Certo vi sono alcuni criteri fondamentali che durano nel tempo, quelli che don Julián Carrón ci aiuta a comprendere con Esercizi ed allocuzioni varie. 

L'esigenza di dire quanto scrivo nasce dopo un intervento che abbiamo pubblicato dai "Contadini di Peguy". Obiezione: Giussani non avrebbe preso sul serio cosa c'è scritto nella stampa borghese. A parte che non è vero, almeno non lo è in assoluto. Quando leggeva Pasolini, nella stampa borghese, saltava sulla sedia per l'entusiasmo, etc. A parte che don Julián Carrón si esprime anche nella stampa borghese, anche per dire cose che sente come vitali per il Movimento di Comunione e Liberazione. Ma ciò che versante conta è la "cosa stessa": in questo caso un'analisi gigantesca e precisa di come il mondo tradizionalista, anche quello che si identifica con la Messa tridentina, sia allo sbando nel giudizio sul significato di questo pontificato così "francescano", così "evangelico. 

Anche il grande Robert Spaemann da cui ho imparato ad amare anche la Santa Messa nella tradizione tridentina e che vedeva in essa un criterio di autenticità e fecondità nella Chiesa, ha dato giudizi sul Santo Padre che sono del tutto sbagliati.  Che vengono da una gnosi e non dall'amore gratis! 

Vi sono frasi "tradizionaliste" in don Giussani, ma non sono quelle sue forti, quelle che vengono dal cuore del carisma stesso. Questo non è motivo di scandalo, perché anche lui era figlio del suo tempo. Noi "Contadini di Peguy", nel  nostro piccolo forum in Facebook, abbiamo lanciato una sfida: a differenza dal 68 l'attacco al cuore della Chiesa non viene dalla sinistra, ma da destra. O se si vogliono evitare queste categorie politiche superate: viene dai tradizionalisti. 

Certo si può criticare il Santo Padre, nelle dovute maniere e nel dovuto rispetto: come figli della Chiesa, meno come padri - di questi padri ne vedo pochi all'orizzonte. 

Vivo da 17 anni nella diaspora della ex DDR con 2% di cattolici. Oggi mi ha detto un allievo che ha cercato il dialogo con me, perché si trova in una grande depressione, che gira la voce che io sia stato molto missionario in questi anni. Insomma che si debba diffidare di me. Chiaro che lo sono stato e lo sono, perché non esiste un cristianesimo non missionario, negli anni ho imparato però ad evitare ogni forma di proselitismo e la libertà dell'altro l'ho sempre rispettata. Parlando con lui, però, mi sono accorto di quando sia diventato libero nel giudizio.  Il ragazzo non è battezzato, ma ha un giudizio "assoluto" su tutto, per cui ho dovuto ad aiutarlo a fargli capire che nel momento spirituale in cui si trova deve imparare a vivere in modo meno assoluto le sue scelte, sia nella scuola che nella vita affettiva. Ripetergli che l'amore è per sempre non sarebbe servito a nulla, per cui lui, che tra l'altro, come dicevo, non è battezzato, non ha per nulla la capacità di amare per sempre, etc. Sono stato un  cattivo maestro che non gli ha insegnato la vera dottrina cattolica? Spero di no, spero di essere stato un uomo che ha fatto un passo con lui che un giorno forse lo porterà alla verità, accettando i limiti del nostro precario esistere. Con questo mi sentivo fedele al carisma di don Giussani e non un traditore, sebbene abbia forse non detto le cose che avrebbe detto allora don Giussani. 

Se Cristo, che è l'unica verità assoluta, davvero opera, allora opererà ed arriverà al suo cuore (di questo ragazzo), senza alcuna forzatura proselita da parte mia. 

Roberto, un piccolo amico di Gesù 

domenica 23 settembre 2018

Il rischio educativo. Dallo stupore alla verifica. Conferenza in Yerevan, 20.9.18

Nella facoltà di filosofia dell'università di Yerevan ho tenuto una conferenza sul tema del post, che può essere seguita anche in un video in YouTube in armeno e tedesco: 

https://www.youtube.com/watch?v=X31Do7bhrU4&t=5s

Qui presento una "traduzione" italiana dell'handout tedesco. 

1. "Perché c'é qualcosa invece che niente?" (Heidegger, Balthasar). Questa astratta domanda filosofica è per noi insegnanti molto importante. Il primo passo nell'incontro con la realtà (studenti, colleghi, insegnanti, la materia che insegniamo...) dovrebbe essere lo stupore. Questa domanda non è da essere intesa nel senso della curiosità. Nella parola tedesca "curiosità": "Neugier", si nasconda l'avidità (Gier) del nuovo (neu). La domanda deve essere intesa nel senso dello stupore che vi sia qualcosa, qualcuno invece che nulla. Noi tendiamo a considerare studenti o genitori difficili come un problema. In modo particolare genitori, che sono piuttosto "sindacalisti" dei loro figli, sono davvero a volte difficili. Ma pur essendoci studenti e genitori difficili essi sono in primo luogo una "presenza", che può invitarci allo stupore. Dimenticando questo sguardo dello stupore vediamo in primo luogo problemi, studenti problematici e genitori problematici. Questo ci impedisce di godere degli studenti che non sono problematici e di vedere che anche uno studenti problematico, non è solo tale. Tutte le persone che incontriamo sono un miracolo che merita il nostro stupore, una presenza unica che può arricchirci. 

2. Lo stupore al cospetto della realtà può permetterci di non dimenticare che noi non la "creiamo", non la "produciamo". Possiamo con la nostra testimonianza come insegnanti (così come insegniamo, come comunichiamo, come viviamo...) "formare", "generare" studenti. Generare, non creare! Sono già stati creati! 

3. Come insegnanti faremo una proposta in forza di un'autorità che nasce dalla nostra esperienza di vita, dal nostro sapere. A volte questa proposta avrà la modalità di un'offerta, a volte di un comando, che i nostri studenti dovranno rispettare ed accogliere con obbedienza. Ma non dobbiamo dimenticare che autorità non è autoritarismo. Autorità origina dalla parola latina augere: crescere, ingrossare. Autorità c'è stata donata per rafforzare i nostri studenti, per rendere più grande il loro sapere, non per trattarli come schiavi. Nella parola tedesca obbedienza: Gehorsam è contenuta la parola "hören", ascoltare. Forse in essa si può vedere un'assonanza con la parola Zugehörigkeit, apparenza, ma essa non ha nulla a che fare con la pretesa di rendere schiavo qualcuno della mia offerta educativa Questa dimensione dell'ascolto è reciproca. Anche l'insegnante deve sapere ascoltare, in primo luogo anche i propri studenti. Ciò però non significa che debba smettere di fare una proposta educativa. Smettere di fare una proposta educativa non rafforza i nostri studenti, ma li lascia soli nella desolazione e nella confusione generale. La democrazia stessa e l'educazione democratica vivono e si basano su elementi che non sono oggetto di una discussione democratica. Senza obbedienza nei confronti di un insegnante, come autorità riconosciuta, non si da educazione. E non si offre una via di uscita dall'emergenza educativa. Per descrivere questa crisi J.M. Bergoglio parla di un "uomo gnostico" che ha accesso a tante informazioni, senza saperle unire nell'unità del nostro essere uomo. Un uomo gnostico che non sa rispondere alla domanda: quale senso unitario ha la nostra vita? Bergoglio accenna ad alcuni punti della crisi del nostro tempo. In primo luogo il deismo: non abbiamo una proposta filosofica unitaria (aperta e non sistematicamente chiusa, ma unitaria), piuttosto un supermercato di offerte pseudo religiose e di comprensione della vita. In secondo luogo il relativismo: una forma nascosta di "totalitarismo della propria verità", che è in vero  solo consegna o tradimento di sé nelle mani dei potenti, che vogliono identità trasversali e soft senza alcuna apparenza religiosa e culturale e senza alcun "urto della storia" (cfr. Tracce, editoriale settembre 2018). Un terzo momento della crisi Bergoglio lo vede nella dipendenza dalla purezza, nel senso della creazione di "spazi" in cui tutto è in ordine, invece che investire tempo per la generazione di processi in cui il "rischio educativo" viene tentato come una via che porta alla maturità e alla felicità. Infine il nichilismo: tutto viene generalizzato, globalizzato senza aver attenzione "per i concreti impegni sociopolitici, per la reale partecipazione alla cultura e ai valori locali" (Bergoglio, citato in Gesti e Parole. Jorge Mario Bergoglio, una presenza originale, Itaca, 2018, 33-34). 

4. La nostra "società trasparente" (Byung Chul Han) diffonde la non stabilità dei rapporti, che durano poco e sono confusi. Non vi è un vero eros nel rapporto con l'altro, non vi è un lavoro di reale "negazione" della proprio confusione. Questo sia detto pur nel rispetto di tutte il bene che è in moto nella rivoluzione digitale. Siamo innondati da buone informazione, ma anche da informazione inutili e da fake news. Di fronte alla sfida gigantesca rappresentata dalla nostra "società liquida" ( (Zygmunt Baumann) siamo tentati di diventare "reazionari", di cadere nel sogno dei bei tempi passati, ma la vita si gioca ora, la sfida del rischio educativo (Luigi Giussani, Julián Carrón) deve essere accettata ora, facendo una proposta educativa con autorità, ma anche lasciando verificare i nostri studenti e le nostre studentesse ciò che proponiamo loro e ciò che richiediamo loro. 

5. Come verificare la proposta educativa nella nostra società trasparente e liquida? Non possiamo far altro che rinviare ad un criterio antico, che la Bibbia chiama cuore. Cuore, però, non è sentimento. Il cuore nella Bibbia, nella tradizione ebraica, cristiana ed umanistica è il luogo in cui risiedono intelligenza ed emozioni. Dobbiamo aver fiducia nell'emozioni e nell'intelligenza dei nostri bambini, dei nostri ragazzi e dobbiamo aiutarli a verificare se ciò che proponiamo loro arricchisca o meno la loro vita. Se li aiuta a trovare un senso per la loro vita. Ferdinand Ulrich parla di "notwendiger Seinsinn", un senso necessario dell'essere. Nella parola tedesca "notwendig" sono contenute le parole "Not" (bisogno) e "wenden" (superare). Aiutiamo con la nostra proposta educativa a superare quel bisogno che si innesta nella nostra vita e la rende così difficile a volte? Il criterio di verifica di tutto ciò è il cuore, che è a sua volta il dono p iù grande che ci è stato fatto. Non nel senso di un dono privato, ma di un dono fatto per tutta la comunità degli uomini. Anche i doni personali, i carismi personali vengono fatti per la comunità. Parlando nella facoltà di filosofia lascio aperta qui la questione se siano doni della natura o di Dio. NB. La verifica della proposta educativa consiste in un'esamina molteplice della sua verità. Così come la proposta anche la verifica non è solo un discorso. Ci sono diversi metodi per fare una proposta educativa, per esempio quelle che in tedesco chiamiamo "kooperative Lernformen" (forme di insegnamento cooperativo), forme in cui gli studenti non stanno solo ad ascoltare ma contribuiscono in modo attivo all'insegnamento. Per fare un esempio: Bergoglio aveva fatto scrivere ai suoi allievi dei racconti che sono stati poi pubblicati in un libro con un'introduzione di Jorge Luis Borges. A livello della didattica è importante fare esperimenti ed usare nuovi media. 

6. Per riassumere direi che dobbiamo introdurre i nostri studenti ad una realtà molteplice. Devono imparare a "giudicare" la realtà nella complessità di tutti i suoi fattori, per quanto ciò sia possibile all'uomo. Per far ciò sono necessari una molteplicità di metodi (questo aspetto è molto importante per un'educazione democratica). Se voglio verificare se le donne hanno gli stessi diritti degli uomini dovrò usare un metodo giuridico e filosofico e non fare un esperimento di chimica. Se voglio sapere come è sorta la vita dovrò usare un metodo biologico, se voglio sapere come mai vi è qualcosa invece che niente un metodo filosofico e religioso. Questa moltiplica di metodi è adeguata alla molteplicità del reale. Solo le ideologie vogliono "semplificare" questa molteplicità. Questa semplificazione è riduzione della realtà in una pseudo unità. Un autentica unità si da solamente se esiste un Logos universale e concreto che sappia davvero integrare tutto in un'unità vivente. È l'ipotesi di lavoro cristiana della verità come "persona" e non primariamente come "dottrina". 

7. Tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero sentire il richiamo di "una moralità della conoscenza" (Luigi Giussani). Un' ultima disponibilità a superare i necessari, ma non sufficienti "pregiudizi", che tutti abbiamo, in direzione di un reale "giudizio" (che non è mai condanna definitiva dell'altro), senza volere ingannare e rendere schiavi gli altri. 

mercoledì 19 settembre 2018

Gesù non è stato sempre e solo in silenzio (brevi riflessione sulla vita in rete).

Gesù non è stato sempre e solo in silenzio (brevi riflessione sulla vita in rete).

Yerevan. Anche in rete bisogna stare attenti a non vivere in una sorta di "presunzione di onnipotenza" (Bergoglio). Per questo da quando sono in rete, quasi dall'inizio, ho una compagnia di amici (I Contadini di Peguy) con cui sono in dialogo. Sono io che parlo e scrivo le mie cose ma cerco sempre di tenere conto di quello che imparo dal dialogo con loro. Poi vi sono persone che non ve ne fanno parte (dei Contadini), ma da cui ho imparato molto come amici e come "maestri", anche se non credono in Dio. Quindi per me è "di vitale importanza riconoscere che l'altro è importante ed ha qualcosa da dirmi" (Bergoglio).
Già dai primi tempi del mio essere in rete ci sono state e ci sono persone che si presentano come delle specie di padri e madri spirituali non richiesti. Credono sempre di poterti insegnare tutto, anche se non fanno il minimo sforzo di comprendere davvero ciò che dici. Ovviamente ti chiamano per nome e ti danno del tu come se fossero tuoi intimi (a parte che io do del lei anche a persone che mi don intime, per esempio al mio grandissimo amico Ferdinand Ulrich).

Un esempio: quando dico con chiarezza alcune cose, per esempio su Steve Bannon come "nemico" o quando polemizzo con i "cristianisti" arriva immediatamente la pseudo guida spirituale che ti dice che non puoi dire cose del genere, che non si può escludere nessuno, che Gesù amava tutti e poi stava in silenzio! Cosa che non è vera! Gesù è stato anche molto polemico ("razza di vipere") ed ha fatto rimproveri (cfr. Esercizi di don Carrón, Rimini 2018, 57). Certo il silenzio è cosa molto grande per Gesù e per il suo rapporto con il Padre come ci ricorda anche il Santo Padre: "nei momenti di oscurità e di grande tribolazione, quando i grovigli e i nodi non possono sciogliersi, né le cose chiarirsi, allora lì bisogna fare silenzio" (cfr. uno dei miei "profil cover" degli ultimi tempi).

Il vero silenzio comunque è la riconoscenza, come quella di un bambino, dell'autorità dell'Altro/altro, in primis del Padre!

Roberto, un piccolo amico di Gesù

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