lunedì 30 aprile 2018

Che cosa pensa il vescovo russo Tichon, padre confessore di Putin.



Lipsia. Nella FAZ del 28.4.18 si può leggere una lunga intervista con il vescovo russo Tichon, confessore di Putin. Mi è sembrato di leggere Steve Bannon, nella versione russa.

L'intervista riguardava il rapporto del vescovo con questioni artistiche e politiche. Il facit giusto della redazione della pagina culturale della FAZ è: non è "liberale". Il vescovo non è "liberale", ma è molto intelligente e pian piano che leggevo avevo più simpatia per lui che per la giornalista della FAZ (a parte quanto ha negato, dicendo di aspettare i risultati della commissione internazionale, che Assad usi gas chimici contro la sua popolazione).

Non è "liberale" ma conosce molto bene la storia europea e safare confronti molto dotti tra Ivan il Terribile e altri sovrani europei come Enrico VIII, etc.

Il problema con la versione occidentale della libertà è che essa nega ogni forma di ragionevolezza alla tradizione e così provoca queste reazioni come Tichon o Bannon, che dapprima sembrano essere ragionevoli e forti.

La vera alternativa tra il liberalismo e il tradizionalismo è la via "cattolica" (universale) di Papa Francesco, con cui il vescovo TIchon è in rapporto diplomatico ed ecclesiale. Il Papa sa davvero parlare con tutti!

Tichon ha ragione quando dice che ciò che di più bello vi era in Costantinopoli (Bisanzio) era Cristo, che i russi hanno appunto incontrato in quella tradizione e in quella città. Cristo è davvero "la figura più importante , sorprendete e bella nella vita di ogni uomo" (Tichon) - ma questa figura sa integrare libertà e tradizione e non ha nessuna "dipendenza" dai potenti di questo mondo.

Dopo gli esercizi di Comunione e Liberazione - una piccola nota in dialogo con Don Carrón e la von Speyr

Lipsia. Negli Esercizi don Julián poteva accogliermi (venirmi a prendere) nel punto in cui sono spiritualmente. Le tante citazioni di von Balthasar le ho vissuto - anche se oggettivamente certo non è vero - come un dialogo personale con me. Per me i due carismi, quello di Balthasar e quello di don Giussani, non sono scindibili. Dialogare con Balthasar significa prendere sul serio che l'impegno di Dio con il mondo è il "primerear" di cui parla il Papa e che è quindi il nostro impegno per il mondo non può oscurare (ridurre ideologicamente - tema del Sabato pomeriggio) l'impegno di Dio per il mondo. 
La familiarità con Cristo è la modalità dell'impegno di Dio con me, la sua garanzia che io sono amato. 

Don Julián - quest'anno non ho preso appunti perché il mio Mac Book era in riparazione e così ho potuto guardarlo a lungo in volto - mi comunica tanta forza. In alcune cose mi sembra troppo poco empatico, per esempio nella risposta che ha dato domenica alla donna che non può avere figli - lui parte come un treno con la sua risposta, a me verrebbe voglia di abbracciarla. Ma è solo questione di temperamento (anche dell'anima spagnola che è forse meno emotiva di quella italiana). C'è però una cosa che non voglio perdere nel corso dell'anno: don Julián mi da una grande certezza in tutto ciò che è per me vitale: il mio rapporto con Cristo (vi è un luogo nella storia in cui una persona con la sua autorità umana e sacerdotale mi garantisce che Cristo non è una proiezione mia, una mia fantasia) e con la Chiesa e in primo luogo con il Santo Padre. 

Ieri ho scritto nella mia bacheca in Facebook: "Esercizi della fraternità vissuti in silenzio. Anche nei social. Vivere la preferenza di Cristo per noi è l'unico motivo per cui c'è la fraternità. Chi vuole altro è libero di provarlo. Se non si è bambini non ci si accorge di Cristo che agisce anche oggi". La reazione sono stati tanti (per il mio piccolo raggio di influenza) consensi ed una reazione isterica ed aggressiva di una persona che mi accusava di dire "cazzate" (la parola l'ha usata lei; l'unica parolaccia che uso in rete è "imbecillità" e derivati) in continuazione e che ora di smetterla con il silenzio, etc. 

Non voglio perdere di vista il volto di don Julián e neppure certi abbracci che ho ricevuto durante questi giorni. Non voglio perdere la sua "certezza", che è un rinvio "oggettivo" a Cristo. 

Nella mia missione personale ci sono alcune dimensioni che hanno a che fare con ciò che Adrienne chiama "Überforderung" (una richiesta eccessiva): alcune persone nel movimento mi confidano la loro solitudine e disperazione. Io accolgo nel mio cuore queste "solitudini" e so che tutto ha ha che fare con il Padre che ci attira nella e con la sua misericordia. Eppure la stessa Maria - mediatrice di tutte le grazie tra il Cielo e la terra - ha vissuto stanchezza, svuotamento (vedi il grande libro di Adrienne su Maria e in "Cielo e terra" il numero 2152) mentre il "bambino" nasceva in lei, insomma mentre nasceva in lei la familiarità con Gesù. Se la si fosse incontrata in questi momenti in cui era svuotata e stanca, in cui le veniva richiesto troppo, non si sarebbe riconosciuta "la dispensatrice di tutte le grazie".

Il cristianesimo è annuncio di "certezza" (Don Julián), ma anche di una "richiesta eccessiva"(Adrienne) che è però la via su cui non possiamo non andare (se ci viene richiesto). Perché entrambe le cose, la "certezza" e la "richiesta eccessiva" sono grazia. 

venerdì 13 aprile 2018

Über die Begegnung im Dunkel zwischen Frau und Mann - im Gespräch mit Ursula K. Le Guin

Wetterzeube. Die Begegnung zwischen der ersten Priesterin und dem Magier in dem zweiten Band der Sage von "Earthsee" ist eine geheimnisvolle Auseinandersetzung über die Begegnung zwischen dem Mann und der Frau. 

Zweifelsohne ist auch in diesen zwei jungen Menschen ist auch die erotische Kraft im Spiel (besonders in ihr da sie nur mit Frauen und Eunuchen zu tun hatte; für sie ist diese ihre erste Begegnung mit einem Mann), aber m.E. nicht nur das. Die Begegnung findet total im Dunkel statt. Und in dem Gebiet der Frau. Der Mann befindet sich in einer Lage extremer Schwäche und seine magische Kräfte funktionieren kaum, auch wenn er einige Illusionen bewirken kann. 

Ich habe diesen Band noch nicht zu Ende gelesen; die folgenden Überlegungen sind nur work in progress

Es gibt eine Sache, die der Magier kann und die die Priesterin ihm unterlegen ist. Er kann ihr den Namen geben, ihr, die als erste Priesterin eigentlich keinen Name haben dürfte. Sonst ist er ihr total unterlegen: sie bringt in dem unterirdischen Teil des Tempels Wasser und Essen. 

Ich konnte nicht nicht denken an einem Gebet des Heiligen Ignatius, vielleicht das tiefste Gebet, das ich kenne. 

Nimm Dir, Herr, und übernimm
meine ganze Freiheit,
mein Gedächtnis, meinen Verstand
und meinen ganzen Willen,
mein ganzes Haben und Besitzen.
Du hast es mir gegeben,
zu Dir, Herr, wende ich es zurück;
das Gesamte ist Dein;
verfüge nach Deinem ganzen Willen,
gib mir Deine Liebe und Gnade,
das ist mir genug.
Amen.

Ignatius von Loyola, Übersetzung von Hans Urs von Balthasar


Indem sich der Magier in der totalen Macht der ersten Priesterin bewegt, befindet er sich - allerdings im Rahmen des ewigen Femininum und nicht der christlichen Lehre - in einer Situation in der Freiheit , Gedächtnis und Verstand keine Rolle mehr spielen. Die Priesterin sagt es auch zu ihm: du weißt viel aber wirklich ist nur der Dunkel, in dem wir uns unter diesem Tempel befinden. 

Festzuhalten ist, dass es keine echte Begegnung mit dem Andern gibt, wenn man nicht auf die eigene Freiheit, Gedächtnis, Verstand, Besitz und Willen verzichtet. Und wenn man nicht bereit ist, sich in Dunkel zu bewegen. Das einzige was man nicht verlieren darf ist die Liebe. 

Ich bin sehr gespannt, wie Le Guin diesen zweiten Band entfaltet. 

giovedì 12 aprile 2018

Su un "supplemento di certezza estraneo alla nostra esperienza" ( Dov'è Dio? , 107) e sula mancanza di una guida spirituale cristiana - in dialogo con don Juliàn Carrón e sant'Ignazio

Lipsia. In queste ore di grande confusione mondiale per la crisi siriana vedo che tanti cercano una "certezza" - ma la cercano in un'interpretazione contro un'altra, insomma non cercano quella "certezza" che può dare solo il nostro cuore con le sue esigenze più vere e non la cercano in Cristo, che conosce il nostro cuore ed ha un'amore più grande del nostro cuore, ma la cercano nei vari farisei, sommi sacerdoti (che nel nostro tempo dei social media sono diventati legioni), nei vari Pilato o Erode. Così nascono articoli in cui si parla degli Alawiti che sarebbero la confessione più tollerante dell'Islam per giustificare un dittatore come Assad. Non è tanto però l'idea stessa che mi scandalizza, sebbene sia strano voler giustificare una famiglia che ha sulla coscienza migliaia di persone, ma questa strana tendenza di trovare nell'assenso in quest'uomo una "certezza" che è davvero estranea all'esperienza cristiana. Ma non è che se si cambia il dittatore o il politico importante la cosa migliori. Chi cerca in queste ore tremende la sua certezza in Putin o Trump o Macron o...usa un metodo che è estraneo all'esperienza cristiana, che ha sempre parlato di una lealtà prima facie all'autorità, ma che non ha mai cercato la sua ultima certezza in essa. 

Questa sudditanza psicologica nei confronti dei vari Erodi e Pilato è grave ed ovviamente non può essere sostituita dalla "sudditanza psicologica" nei confronti del proprio gruppo o del propio guru come ha spiegato bene Silvia Becciu nel Sussidiario: 

http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2018/4/12/GIOVANI-e-FEDE-Piccoli-atei-crescono-A-volte-credere-diventa-piu-facile-e-piu-bello-/815939/

Non abbiamo bisogno del discorso unico di un guru cristiano perché questo sarebbe solo una proiezione della nostra esigenza di certezza in un "sommo sacerdote". L'obbedienza ignaziana e cristiana in genere non ha nulla a che fare con ciò. La vera guida spirituale - di questo abbiamo bisogno più dell'aria da respirare - non è quella che da conferme versus ricerca, asserzioni versus atteggiamento critico, astrazioni versus concretezza, compiacenza versus la vera distanza dell'amore gratuito, tranquillità versus inquietudine. 
La vera guida spirituale ignaziana non vuole intruppare nessuno, vuole solo indicare la strada verso Colui che è somma libertà e che solo può dare una risposta alla nostra ricerca libera. La vera guida spirituale è interessata solamene ad un'unica cosa: all'autentica corrispondenza alle esigenze del cuore al cospetto di un Tu! Non la guida spirituale, ma Dio conosce il nostro cuore ed ha un amore più grande del nostro cuore. 

Vedo tanti giovani nella nostra regione che vivono del venerdì sera in cui possono lasciarsi andare con droga ed alcool. Sono maledettamente soli e un sottile muro divide una generazione dall'altra; ciò che si cerca con urgenza sono adulti dal "cuore materno", ma che si lasciano educare alla "distanza che sa prendere sul serio" (Silvia Becciu) l'altro da sé. Insomma ciò che manca urgentemente è una "guida cristiana". 

lunedì 9 aprile 2018

Svolta nel mio modo di agire in rete

Svolta

Ho deciso di essere più severo con posizioni possibiliste sul Papa. Per esempio formule del tipo: "che piaccia o meno il Papa dobbiamo accettarlo", non rientrano nel vocabolario che abbia intenzione di accettare. Il Papa non è un piatto di spaghetti che possa piacere o meno. Vi sono ovviamente alcuni papi che posso sentire più vicini come affinità spirituale o teologica, ma l'assenso a Pietro deve essere pieno e di grande attenzione del cuore.

O per fare un altro esempio. Posizioni che non siano chiare sulla questione della pedofilia non rientrano nel ambito di posizioni che abbia intenzione di legittimare, anche se dette da persone del Movimento (anzi ancora meno se dette da loro).

Chi segue certa stampa cattolica paranoica, catto cristianista e demenzialmente apocalittica non rientra nello spazio di attenzione che voglio e posso dare ai post che vengono scritti in rete.

Anche i "bergogliani" che sono contro tutti gli altri papi non fanno parte del mio interesse di pensiero e spiritualità. Etc.

Non ho tempo da perdere e tutto ciò che non ha un certo valore verra da me bloccato o ignorato.

Poi "correzioni" pseudo fraterne che mi vogliono insegnare a non essere purista, etc. non avranno alcuna mia attenzione.

Ovviamente essendo tempestato di comunicazioni e possibile che non veda e per questo non risponda a certi post che mi vengono mandati, ma certamente non risponderò a post che mi fanno solo perdere tempo.

Questo tipo di precauzioni nascono dal desiderio che la mia e la gioia degli altri sia piena.

Buona giornata!

domenica 8 aprile 2018

La solitudine del mago Ged - in dialogo con Ursula K. Le Guin

Lipsia. Nella sua grande saga di Terramara, l'autrice californiana appena scomparsa, Ursula K. Le Guin, si confronta con il medesimo problema su cui ha riflettuto per tutta una vita J.R.R. Tolkien: come è possibile limitare il potere? Quanto segue non è una recensione della saga che ho appena cominciato a leggere (207 pagine delle 1487 dell'edizione italiana della Mondadori), di cui però potrei già illuminare tantissimi dettagli di grande levatura letteraria e umana, ma solo un aspetto che riguarda un motivo decisivo del mio cammino interiore.

Come il mago Ged, che è il personaggio principale della saga di Terramare, ho spesso sentito nella mia vita, anche quando mi sono coinvolto davvero in una storia concreta che ritengo essere salvifica per me, una certa solitudine. Ne ho parlato recentemente in una lettera aperta a don Julián Carrón. 


Nella sua caccia di un ombra maligna e senza forma Ged arriva in un paese in cui vive un suo sincero amico. Riconosce la bonarietà delle persone di questa città: "Con tutta probabilità percepivano d'istinto ciò che lui sapeva con certezza: che era un essere a parte, un diverso, senza nulla da spartire con loro" (193). Ged per orgoglio ha liberato dal regno dei morti un'ombra che lo ha aggredito. Un ombra senza forma. Per me le cose non stanno nella gravità di Ged, ma è certo che il mio cammino di vita non è stato lineare come quello di tante persone che fanno parte di una comunità cristiana. Per questo tipo di persone chi porta una certa solitudine è come "una raffica di vento gelido in una stanza calda, come un uccello nero che la tempesta trascina da terre straniere.  Prima se ne fosse andato, portandosi via il suo funesto destino, meglio sarebbe stato per quella brava gente" (193). 

Il destino funesto è quello di chi sa e sa anche che non è non colpevole che c'é una mancanza di forma che distrugge o vuole per lo meno distruggere tutte le forme, anche quelle buone. Così mentre tutti vedono il bene di una storia particolare, lui ne vede la presenza del male. Ged, simbolo dell'uomo solitario, "guardava tutte queste cose (il tepore di una comunità, per esempio; RG) dall'esterno, in disparte, solo, e il cuore gli pesava, anche se non avrebbe mai ammesso, neppure con se stesso, di essere triste" (194). 

Vi è solo una medicina per questa solitudine: un vero maestro ed un vero amico. Ged li ha entrambi. Il suo vero maestro è Ogion, mago solitario, non integrato in una scuola, ma davvero solitario e che gli da il consiglio giusto. Non può fuggire, ma deve combattere quell'ombra che lo segue e capovolgere la sua missione: non essere seguito, ma dare caccia all'ombra senza forma. Ogion sa però che Ged è più grande di lui. Questo lo sanno solo i veri maestri e cioè che un discepolo può essere più grande di lui. Probabilmente è ciò che sta accadendo ora con don Carrón, più grande di don Giussani, anche se il suo vero maestro è stato don Giussani. 

Ged ha anche un vero amico, Vetch, che ha un senso molto forte dell'equilibrio del mondo e che lo vuole accompagnare nella lotta contro l'ombra. Ged rifiuta perché non vuole mettere in pericolo l'amico, ma questo insiste e coglie nel segno: "L'orgoglio è stato sempre padrone della tua mente". È chiaro che ad una missione grande è sempre appaiato un certo orgoglio come tentazione. Quel potere che deve essere limitato. L'amico non mette in dubbio che proprio Ged abbia una sua missione. Ma sa che gli amici, come i "maghi non si incontrano per caso". E sa che "qualora la tua missione dovesse fallire non ci sarebbe bisogno di qualcuno che metta in guardia la gente", ma se tu dovessi riuscire non "ci dovrebbe essere un testimone che ne parli" (cfr. 198)?

Per quanto riguarda la mia persona vedo una "reciprocità" e non tanto un accompagnamento della mia persona. Insomma vedo degli amici, pochi, che sono coinvolti  in questa grande lotta contro l'ombra informe che è più grande di loro. E vedo che ci potrebbero essere maestri saggi che li accompagnano. 

La sorellina di Vetch, Yarrov, meno potente del fratello, mi sembra, ma ho appena incontrato la sua figura, essere una persona importante, che vede con le lacrime agli occhi la solitudine di Ged.  

Forse fa parte dell'orgoglio di Ged il non vedere che c'è un oltre, anche della sua missione: una presenza tutta femminile di reale compagnia agli uomini. 

Vedremo!