Lipsia. Negli Esercizi don Julián poteva accogliermi (venirmi a prendere) nel punto in cui sono spiritualmente. Le tante citazioni di von Balthasar le ho vissuto - anche se oggettivamente certo non è vero - come un dialogo personale con me. Per me i due carismi, quello di Balthasar e quello di don Giussani, non sono scindibili. Dialogare con Balthasar significa prendere sul serio che l'impegno di Dio con il mondo è il "primerear" di cui parla il Papa e che è quindi il nostro impegno per il mondo non può oscurare (ridurre ideologicamente - tema del Sabato pomeriggio) l'impegno di Dio per il mondo.
La familiarità con Cristo è la modalità dell'impegno di Dio con me, la sua garanzia che io sono amato.
Don Julián - quest'anno non ho preso appunti perché il mio Mac Book era in riparazione e così ho potuto guardarlo a lungo in volto - mi comunica tanta forza. In alcune cose mi sembra troppo poco empatico, per esempio nella risposta che ha dato domenica alla donna che non può avere figli - lui parte come un treno con la sua risposta, a me verrebbe voglia di abbracciarla. Ma è solo questione di temperamento (anche dell'anima spagnola che è forse meno emotiva di quella italiana). C'è però una cosa che non voglio perdere nel corso dell'anno: don Julián mi da una grande certezza in tutto ciò che è per me vitale: il mio rapporto con Cristo (vi è un luogo nella storia in cui una persona con la sua autorità umana e sacerdotale mi garantisce che Cristo non è una proiezione mia, una mia fantasia) e con la Chiesa e in primo luogo con il Santo Padre.
Ieri ho scritto nella mia bacheca in Facebook: "Esercizi della fraternità vissuti in silenzio. Anche nei social. Vivere la preferenza di Cristo per noi è l'unico motivo per cui c'è la fraternità. Chi vuole altro è libero di provarlo. Se non si è bambini non ci si accorge di Cristo che agisce anche oggi". La reazione sono stati tanti (per il mio piccolo raggio di influenza) consensi ed una reazione isterica ed aggressiva di una persona che mi accusava di dire "cazzate" (la parola l'ha usata lei; l'unica parolaccia che uso in rete è "imbecillità" e derivati) in continuazione e che ora di smetterla con il silenzio, etc.
Non voglio perdere di vista il volto di don Julián e neppure certi abbracci che ho ricevuto durante questi giorni. Non voglio perdere la sua "certezza", che è un rinvio "oggettivo" a Cristo.
Nella mia missione personale ci sono alcune dimensioni che hanno a che fare con ciò che Adrienne chiama "Überforderung" (una richiesta eccessiva): alcune persone nel movimento mi confidano la loro solitudine e disperazione. Io accolgo nel mio cuore queste "solitudini" e so che tutto ha ha che fare con il Padre che ci attira nella e con la sua misericordia. Eppure la stessa Maria - mediatrice di tutte le grazie tra il Cielo e la terra - ha vissuto stanchezza, svuotamento (vedi il grande libro di Adrienne su Maria e in "Cielo e terra" il numero 2152) mentre il "bambino" nasceva in lei, insomma mentre nasceva in lei la familiarità con Gesù. Se la si fosse incontrata in questi momenti in cui era svuotata e stanca, in cui le veniva richiesto troppo, non si sarebbe riconosciuta "la dispensatrice di tutte le grazie".
Il cristianesimo è annuncio di "certezza" (Don Julián), ma anche di una "richiesta eccessiva"(Adrienne) che è però la via su cui non possiamo non andare (se ci viene richiesto). Perché entrambe le cose, la "certezza" e la "richiesta eccessiva" sono grazia.
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