Lipsia. Nella sua grande saga di Terramara, l'autrice californiana appena scomparsa, Ursula K. Le Guin, si confronta con il medesimo problema su cui ha riflettuto per tutta una vita J.R.R. Tolkien: come è possibile limitare il potere? Quanto segue non è una recensione della saga che ho appena cominciato a leggere (207 pagine delle 1487 dell'edizione italiana della Mondadori), di cui però potrei già illuminare tantissimi dettagli di grande levatura letteraria e umana, ma solo un aspetto che riguarda un motivo decisivo del mio cammino interiore.
Come il mago Ged, che è il personaggio principale della saga di Terramare, ho spesso sentito nella mia vita, anche quando mi sono coinvolto davvero in una storia concreta che ritengo essere salvifica per me, una certa solitudine. Ne ho parlato recentemente in una lettera aperta a don Julián Carrón.
Nella sua caccia di un ombra maligna e senza forma Ged arriva in un paese in cui vive un suo sincero amico. Riconosce la bonarietà delle persone di questa città: "Con tutta probabilità percepivano d'istinto ciò che lui sapeva con certezza: che era un essere a parte, un diverso, senza nulla da spartire con loro" (193). Ged per orgoglio ha liberato dal regno dei morti un'ombra che lo ha aggredito. Un ombra senza forma. Per me le cose non stanno nella gravità di Ged, ma è certo che il mio cammino di vita non è stato lineare come quello di tante persone che fanno parte di una comunità cristiana. Per questo tipo di persone chi porta una certa solitudine è come "una raffica di vento gelido in una stanza calda, come un uccello nero che la tempesta trascina da terre straniere. Prima se ne fosse andato, portandosi via il suo funesto destino, meglio sarebbe stato per quella brava gente" (193).
Il destino funesto è quello di chi sa e sa anche che non è non colpevole che c'é una mancanza di forma che distrugge o vuole per lo meno distruggere tutte le forme, anche quelle buone. Così mentre tutti vedono il bene di una storia particolare, lui ne vede la presenza del male. Ged, simbolo dell'uomo solitario, "guardava tutte queste cose (il tepore di una comunità, per esempio; RG) dall'esterno, in disparte, solo, e il cuore gli pesava, anche se non avrebbe mai ammesso, neppure con se stesso, di essere triste" (194).
Vi è solo una medicina per questa solitudine: un vero maestro ed un vero amico. Ged li ha entrambi. Il suo vero maestro è Ogion, mago solitario, non integrato in una scuola, ma davvero solitario e che gli da il consiglio giusto. Non può fuggire, ma deve combattere quell'ombra che lo segue e capovolgere la sua missione: non essere seguito, ma dare caccia all'ombra senza forma. Ogion sa però che Ged è più grande di lui. Questo lo sanno solo i veri maestri e cioè che un discepolo può essere più grande di lui. Probabilmente è ciò che sta accadendo ora con don Carrón, più grande di don Giussani, anche se il suo vero maestro è stato don Giussani.
Ged ha anche un vero amico, Vetch, che ha un senso molto forte dell'equilibrio del mondo e che lo vuole accompagnare nella lotta contro l'ombra. Ged rifiuta perché non vuole mettere in pericolo l'amico, ma questo insiste e coglie nel segno: "L'orgoglio è stato sempre padrone della tua mente". È chiaro che ad una missione grande è sempre appaiato un certo orgoglio come tentazione. Quel potere che deve essere limitato. L'amico non mette in dubbio che proprio Ged abbia una sua missione. Ma sa che gli amici, come i "maghi non si incontrano per caso". E sa che "qualora la tua missione dovesse fallire non ci sarebbe bisogno di qualcuno che metta in guardia la gente", ma se tu dovessi riuscire non "ci dovrebbe essere un testimone che ne parli" (cfr. 198)?
Per quanto riguarda la mia persona vedo una "reciprocità" e non tanto un accompagnamento della mia persona. Insomma vedo degli amici, pochi, che sono coinvolti in questa grande lotta contro l'ombra informe che è più grande di loro. E vedo che ci potrebbero essere maestri saggi che li accompagnano.
La sorellina di Vetch, Yarrov, meno potente del fratello, mi sembra, ma ho appena incontrato la sua figura, essere una persona importante, che vede con le lacrime agli occhi la solitudine di Ged.
Forse fa parte dell'orgoglio di Ged il non vedere che c'è un oltre, anche della sua missione: una presenza tutta femminile di reale compagnia agli uomini.
Vedremo!
Nessun commento:
Posta un commento