giovedì 31 maggio 2018

Sulla regolazione delle nascite come momento della teologia dei sessi di Adrienne (con una nota su Ursula K. Le Guin)


Nel numero 2168 di "Cielo e Terra" Adrienne prende posizione sul tema in modo molto preciso. Stiamo scrivendo l'anno 1952. In una nota Balthasar ci rende attenti alla data dicendo che allora non si parlava del tema dell'esplosione demografica del mondo, ma sottolinea che il punto di vista di Adrienne era "categorico"...
Questo è il punto "categorico" sottolineato da Adrienne: "Rimane semplicemente vero che il matrimonio cattolico come sacramento esige il dono incontrollato e reciproco degli sposi, se vuole essere immagine dell'amore di Cristo e della Chiesa, che è del tutto gratuito. Se i giovani sposi hanno rapporti solamente secondo il metodo della regolazione delle nascite, mutilano il significato proprio del sacramento e si allontanano dalla vita della Chiesa (1)" (Adrienne, 1952).
Questo suppone ovviamente che la vita della Chiesa sia vergine e ricolma di amore gratuito. Nel suo cuore ultimo questo è certamente vero, perché il cuore della Chiesa è Maria che è amore gratuito e vergine e materno. Scrivendo l'anno 2018 non possiamo però dimenticare l'esistenza storica che ci è data da vivere e che presenta anche l'aspetto "meretrix" della chiesa. La casta meretrix viene rivelata nella nostra esistenza storica veramente anche come "meretrice". Questo non può non avere influenza sulla teologia dei sessi. 
La prostituzione e la pornografia fanno parte della nostra epoca trasparente. Questo invero rende ancora più importante l'insistenza di Adrienne sull'
importanza dei figli. Il sesso ha certamente anche questo "scopo" e nel caos della nostra società trasparente, liquida e decadente i figli ci ricordano già solo con la loro presenza la dimensione del "per sempre" dell'amore gratuito. 
La nostra epoca decadente deve riflettere in modo particolare su questa frase: "Ogni egoismo a due ha la tendenza di diventare molto presto l'egoismo della persona singola".
Allo stesso tempo mi sembra molto importante avere anche degli approcci al tema di un filosofia e teologia dei sessi che non siano solo quello teologico. Non posso negare a priori che per esempio forme aperte di fedeltà forse permettono una fedeltà più serena che forme chiuse, anche se non mi sembra che possano essere giustificate teologicamente. Rimane il fatto che la nostra esistenza storica ci grida domande che non possiamo non tacere: la fecondità solamente in Cristo, cioè vergine, è necessariamente legata all'idea di sacerdozio? Non sono spesso forme monogamiche chiuse luoghi in cui per esempio una donna viene sfruttata dalla dominanza dell'uomo per tutta una vita, etc. In questo io non sono "categorico" come Adrienne, tanto meno lo sono nella difesa del divieto dei rapporti prematrimoniali, anche se chiedo con sincerità di non dire queste cose per legittimare un mio possibile peccato. Lo dico per non chiudere la porta a tanti giovani che non vivono come consiglia la Chiesa, ma che allo stesso tempo sono responsabili, fedeli e desiderosi di amore gratuito. 
Ursula K. Le Guin nella sua "Saga di Terramare" offre uno schizzo letterario grandioso per una teologia e una filosofia dei sessi. In primo luogo parlando dell'importanza primaria di "custodire la casa" e della sottolineatura di un altro scopo del sesso (non sottolineo qui questa dimensione ma mi sembra decisiva proprio in forza della nostra esistenza storica): quello del conoscersi degli amanti. Un sesso che non è diverso dal parlare insieme, ma un suo approfondimento singolare. Allo stesso tempo con la figura della figlia drago Tehanu Ursula sottolinea anche l'altra dimensione - al di là del custodire la casa - e cioè quella di "non voler avere più a che fare con la terra".
Mentre Adrienne sottolinea teologicamente con ragione che il matrimonio cattolico è immagine dell'amore gratuito tra Cristo e la Chiesa, Ursula ci offre un presupposto perché il discorso teologico non diventi solo una "forzatura sacerdotale". Credo che ci si possa concentrare su questo elemento del "custodire la casa" come una dimensione a cui richiamare tutti gli uomini di buona volontà. Senza questa dimensione "antropologica", quella teologica corre il rischio di diventare solamente, come detto una "forzatura sacerdotale" che non può che spaventare gli uomini. 
(1) È interessante notare che se una giovane famiglia prende sul serio questo intento della Chiesa, verrà accusata dagli adulti di agire in modo responsabile, mentre invece agisce in modo santo.
PS Seguendo l'argomentazione di Adrienne e cioè che la regolazione delle nascite impedisce la gratuità dell'amore non vedo per nulla quale sia la differenza tra una regolazione tecnica (pillola, preservativo...) ed una naturale (che si basa però anche su una techne: misurare la febbre, etc.). Entrambe se esclusive impediscono la gratuita di un dono radicale di sé. Infine anche l'argomentazione che non si deve perdere di vista nessuno degli scopi del sesso bisogna dire che a secondo del momento storico e personale ci può essere una accentuazione dello scopo di generazione di un figlio o di generazione di un discorso spirituale e corporeo. E quindi si dovrà tener conto di ritrovare un equilibrio, in una direzione o in un'altra.

martedì 29 maggio 2018

Sulla semplicità del cristiano

"Cristo sia cibo all'anima
la fede ognor ci abbeveri,
lieti gustiam la sobria
ebrezza dello Spirito" (Lodi del mercoledì, piccolo breviario di CL).

Yerevan. Negli ultimi giorni due intenzioni di preghiera, quella di Adrienne di lasciarsi invadere dal Suo (del Padre) mondo di preghiera in modo che tutto parli di Lui (lei faceva il paragone con il male) e quella di Don Carrón, "nostro compagno di cammino", di farci donare dalla Madonna la semplicità dello sguardo, guardando ogni persona, mi hanno colpito profondamente.

Ieri una ragazza che è qui con me in Armenia era un po' triste perché aveva visto tanti cani malati - avessi io questo sguardo di compassione sui cani e sugli altri, sugli altri compagni di cammino, su tutti.

Dal mio grande maestro, Von Balthasar, ho imparato anche l'arte dell'ironia, così a volte forse esagero. Una volta de Lubac fece una proposta di conciliazione tra Rahner e Balthasar sulla questione del "cristianesimo anonimo" e il padre Balthasar la accolse subito. Sapeva obbedire, in modo particolare se glielo chiedeva un'amico.

Quando ieri una persona mi ha fatto notare (nel gruppo dei "Contadini di Peguy") che avevo esagerato con la mia ironia contro un sacerdote ho chiesto immediatamente scusa. Anche se questo sacerdote dovrebbe a sua volta chiedere scusa a tanti.

Ho chiesto scusa perché il mio cuore spesso dipende dalla carne intesa nel senso di Rom 8, 9 ("Voi, però, non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito...): il mio cuore non è sempre casto ed umile, così cerco di prendere sul serio una "correzione fraterna", quando lo è davvero.
Noli tutti dobbiamo ritrovare la semplicità che ci fa cercare anche ciò che abbiamo trovato, in modo da farci trovare di nuovo da Colui che è Amore gratis.

Che i nostri maestri non siano "quei politici arroganti, sprezzanti la nostra storia" (fratello Bianchi), ma le persone che ci invitano ad un dialogo con tutti, come ha fatto don Carrón nel suo saluto ai partecipanti del pellegrinaggio in Italia:

"Tra di voi ci sono tanti che hanno già incontrato il Volto che cercavano, ma non si sono fermati, infatti continuano a cercarLo per vivere una familiarità sempre più profonda con Gesù. È questo che ci fa guardare chiunque incontriamo come compagno di strada. Diceva don Giussani: «La grandezza della fede cristiana, senza nessun paragone con qualsiasi altra posizione, è questa: Cristo ha risposto alla domanda umana. Perciò hanno un destino comune chi accetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede, si annega dentro la domanda, si dispera nella domanda, soffre nella domanda». Perciò il pellegrinaggio è una grande occasione di testimonianza per quanti arrivano".

Roberto, un piccolo amico di Gesù

PS Qualche tempo fa avevo dato dell'imbecille ad un vescovo, chiedo scusa anche di questo, del mio eccesso di ironia mordente.

sabato 19 maggio 2018

Lettera aperta ad Alberto Franceschini - sul caso Moro ed altro

Lipsia. Carissimo signor Franceschini, 
grazie per l'intervista che ha concesso a Tracce (maggio 2018) che mi ha commosso profondamente; ho dodici anni meno di lei, ma il caso Moro è stato, per un certo senso, l'inizio del mio percorso esistenziale e filosofico. 

Avevo 18 anni ed andavo al liceo scientifico Ettore Majorana nella periferia di Torino. Mio insegnante di filosofia era allora Francesco Coppellotti, il traduttore di Ernst Bloch, che vedeva nella sua nascita a Ludwigshafen (invece che a Mannheim) un segno della sua appartenenza operaia, come per me lo sono stati gli anni che ho vissuto a Mirafiori Sud. 

La mia mamma (suzzarese) per sua scelta, non per diretta necessità, decise di lavorare negli anni 80 anni alla Fiat a Torino e guardava con simpatia quella "marcia dei quarantamila" di cui Lei parla nell'intervista con Paolo Perego. Nell'Ottanta venne ucciso nel bar vicino al nostro liceo, Matteo C. Dal 1978 fino al 1980 faccio un percorso tutto mio che forse ha solo un punto di chiarezza: il mio amore per il mio insegnante di filosofia e l'inizio di un scambio di lettere con Hans Urs von Balthasar. Nel liceo difendo, quasi da solo, la posizione di Leonardo Sciascia che riconosceva come vere le lettere di Moro e la necessità di trattare. Nel 1980 attacco alla scuola un grande volantone chiedendomi pubblicamente se sia compito della polizia ammazzare giovani in un bar (come nel caso di Matteo) o difendere la vita dei cittadini. Matteo è stata l'unica persona della scena terroristica con cui avevo parlato direttamente, non ho mai fatto un incontro come il suo a Pecorile, ma con l'incontro con la filosofia dell'Utopia mi distaccai dalla vita della Chiesa (dal 1980 al 1987). Avvertivo l'esigenza di un'ontologia del non essere ancora e sebbene attraverso von Balthasar venni a conoscere il Movimento di Comunione e Liberazione non mi convinse perché troppo legato al "già" e troppo poco al "non ancora". Nel carcere Lei esperimenta la Chiesa come maestra di umanità, come studente fuori dal carcere per me CL era troppo politicizzata o se vuole troppo andreottiana. Di fatto al cospetto del caso Moro mi trovavo ad avere come "compagno" di lotta Sciascia e non gente cattolica. La mia gente insomma mi aveva lasciato da solo di fronte a questo momento di crisi. Questo accadeva in un tempo in cui il parroco di Mirafiori Sud, don Paolo Gariglio, lasciava Mirafiori per andare a Nichelino; insomma la persona che aveva avuto più influenza su quel bambino e giovane che ero non era più presente nel momento della crisi e le lettere di Balthasar segneranno un percorso che non è finito neppure ora, ma che in quel momento erano nello stato di un "seme", piuttosto che di una "presenza". Potrei continuare per ore, ma ora giungo a ciò che mi ha commosso della sua vita. 

Lei ha una grandissima capacità di "confessare" sia la sua fede religiosa, sebbene umana e non divina e di confessare i propri errori. Questo atteggiamento di confessione è ciò che più mi ma colpito nella teologia di Balthasar: sulla Croce Gesù, che non a caso parla di sé più come "Figlio dell'uomo" che come "Figlio di Dio", anche se rinvia - a differenza di quanto pensasse Bloch - al Padre non come Padrone, ma come fonte di Amore gratuito, confessa tutto il peccato del mondo, anche quello successo a via Fani. Come si vede anche dal grave caso delle dimissioni di tutti i vescovi cileni, abbiamo nella Chiesa il bisogno di questa radicale confessione del peccato: senza di essa non vi sarà la risurrezione, cioè l'assoluzione del peccato. 

Nei mie anni tedeschi c'è stata una svolta piuttosto conservatrice, dovuta all'incontro con il filosofo tedesco Robert Spaemann, che tra l'altro ha scritto una critica alla filosofia utopica, ma il vero incontro che mi ha portato a non pensare ultimamente per nulla nelle categorie di conservatore e progressista è stato l'incontro con un filosofo che è diventato anche uno dei miei amici più cari: Ferdinand Ulrich. Con lui ho imparato a vedere la realtà come "dono", l'essere come dono di amore gratuito, come un "già" semplice e completo, ma anche come "una non sussistenza", perché questo dono non è "nulla" (lo rivela anche il linguaggio quando rispondiamo ad un grazie: "non fa nulla"). Solo questo nulla dell'amore gratuito può rispondere a quel nulla di cui parla Lei nella sua intervista: il deserto da attraversare e dove non si sa dove aggrapparsi. Solo l'amore è credibile. 

Dopo 28 anni di Germania e 16 nella sua parte est, quella che è stata la DDR, comincio ad avere sempre meno il bisogno di forme di "proselitismo dell'assoluto", ciò di cui ho bisogno sono persone autentiche come Lei. 

Con grande stima, Suo Roberto Graziotto 

martedì 8 maggio 2018

Sul cardinal Martini e i movimenti (in modo particolare Comunione e Liberazione)

Lipsia. Ho letto questa mattina in una bacheca in Facebook: 

"Non sarò mai abbastanza grato a Martini per aver tenuto i movimenti fuori dalla diocesi nella mia giovinezza".

Questa frase polemica mi ferisce e non mette il pastore di Milano in una buona luce: se fosse vera sarebbe semplicemente la dimostrazione che non è stato un buon pastore. Ciò conferma anche come mai il mio maestro Balthasar non avesse un giudizio del tutto positivo - a differenza di me che vede nel cardinal Martini una delle figure più luminose della storia della Chiesa in Italia nell'ultimo secolo, precursore del gesuita che ora guida la Chiesa a livello mondiale: Papa Francesco - sul suo confratello gesuita (lo so che Balthasar è uscito dall'Ordine, ma so anche che ha cercato fino alla fine della sua vita di ricucire il rapporto con esso). 

Mi ferisce (la frase che ho letto in FB) perché questa storia dei movimenti e in modo preferenziale quello di CL ha generato la mia vita. Nella modalità dell'amicizia tra Balthasar e Giussani. Altre persone in CL con le loro storie e con i loro maestri (Don Tantardini...) sono luce per la Chiesa e per il mondo.

Allo stesso tempo la trovo un occasione per approfondire un "atteggiamento di confessione" senza il quale non vi è appartenenza reale a Cristo. 

Di fatto è vero che spesso CL in Milano ha polarizzato la vita della Chiesa con giudizi che non avevano nulla di misericordioso. È vero che la Cl di Milano ha avuto ed ha un peso che non è giusto che abbia, anche semplicemente perché una "priorità" nella Chiesa deve avere sempre l'atteggiamento di "servizio" (in questo caso di tutto il movimento). Dimostrazione di ciò che sto dicendo è che se per caso una delle persone della vecchia guardia di CL di Milano leggesse queste righe non le verrebbe in mente e nel cuore di "confessarsi" ma semplicemente mi dichiarerebbe per pazzo (se non la fa è solo perché io non sono nessuno). Ci sono alcune eccezioni (tra la vecchia guardia), ma non mi cercano mai, anche quelle che mi vogliono bene. Sono imbarazzante! 

A livello politico la vecchia guardia della Cl di Milano (per fare qualche nome: Cesana, Mons. Negri...) (1) è schierata o simpatizza con la Lega e spesso non ama lo spagnolo don Carrón, che non è sentimentale (anche qui ci sono eccezioni).  Io ho un motivo di gioia grande e l'ho letto questa mattina nel Vangelo: il Principe di questo mondo è già stato giudicato, come era stato già giudicato in un lager nazista o in un gulag comunista, ma l'esistenza storica è e rimane sotto il segno della Croce che pone sempre l'alterativa tra una vera confessione del peccato del mondo (e proprio) o un demagogico civettare con esso. Che Dio ci aiuti!

Ho scritto nella mia bacheca questa mattina, sempre sulla questione politica italiana:  Se le cose stanno così ed è provabile che stiano così (politica ridotta al ballottaggio tra un nuovo centro destra, la Lega e un nuovo centro sinistra, 5 Stelle) allora l'Italia, come dice Bannon, è l'avamposto, il paese modello per il populismo in Europa. Questo mi fa paura perché nessuno dei veri problemi del paese (gente che guadagna sempre di meno, disoccupazione giovanile, etc). verrà risolto da questo populismo anti europeo. La storia non si ripete tale e uguale. Il ventennio fascista (dieci anni prima della catastrofe in Germania) non è paragonabile tout court con ciò che accade ora, ma mi chiedo come mai l'Italia sia sempre così all'avamposto in posizione che hanno sconvolto e sconvolgeranno l'Europa? Forse un certo sentimentalismo staccato dalla ragione?"

In un breve aforisma sui migranti e il Crocifisso avevo aggiunto: 

Nella retorica di certa parte del mondo cattolico si tratta di un'alternativa. Si sarebbe sostituita la vera meditazione sul Crocifisso con il tema sociale dei migranti. Chi pensa così non ha capito nulla del cristianesimo, no meglio non ha capito nulla di Cristo. Sarà un ottimo "cristianista", ma non è cristiano!

Purtroppo CL è piena di "cristianisti" e stupisce che in un movimento in cui si parla in continuazione di ragione e fede vi sia un giudizio così debole (quello che corre nella rete e tra le comunità e non quello di don Carrón e chi lo segue che è sempre preciso) sull'esistenza storica.

Ringrazio tutti gli amici che non si vergognano di me. 

(1) Poi vi sono persone della vecchia guarda milanese che hanno un giudizio buono e preciso, ma che siano realmente interessati ad un reale atteggiamento di confessione ho molti dubbi. 




domenica 6 maggio 2018

La nuova prefazione del Santo Padre all'opera di Benedetto XVI su fede e politica

Con questa prefazione Papa Francesco pone il proprio magistero sulla famiglia in linea con quella dei suoi ultimi predecessori. Ed è giusto così. Non mi aspetto da un Papa che pensi ad una "rottura" tra lui e i suoi predecessori - questo tipo di fantasia rivoluzionaria non ha nulla a che fare con un reale "sentire cum ecclesia". Ciò però non significa che non vi siano dei diversi accenti e un cammino da fare e non solo dai Papi, ma da noi tutti. 1. Basta vedere qualche film ogni tanto per comprendere che vi è davvero una "colonizzazione" contro la famiglia. A livello cinematografico si è quasi sempre confrontati con famiglie che non funzionano e guardando il film in modo acritico, ci si accorge che la propria "simpatia" viene guidata al sostegno emozionale di un nuovo rapporto in cui ovviamente tutto andrà bene, etc. 2. I rapporti omosessuali sono presenti in modo sproporzionato all'evento. Allo stesso tempo però su 1) si deve dire che la famiglia è davvero in crisi e che sotto il concetto di "fedeltà" si nasconde a volte (spesso?) una sofferenza incredibile ed una lasciare solo le donne con maschi super dominanti. E su 2) bisogna dire che non tutti gli omosessuali fanno parte di una lobby, spesso sono costretti a vivere nel segreto la propria identità sessuale.

 La grande questione dell'introduzione del Papa mi sembra quella della "critica dei nuovi diritti" che sono un ripiegamento all'ego liberale ed individualista. Questa critica come ho presentato in un articolo del Sussidiario qualche anno fa è stata fatta anche da sinistra. Christoph Menke dice che il prezzo da pagare per questi nuovi diritti è la capitolazione al cospetto del liberalismo e l'insignificanza della politica come tentativo di pensare il "bene comune" e non solo il bene di certi individui. La "bellezza disarmata" di don Carrón è in fondo un lungo confronto con la domanda: come essere cristiani in un modo in cui non è più evidente che l'amore tra uomo e donna aperto ai figli corrisponde alla volontà ultima del Dio creatore e non sono più evidenti tutte quelle realtà che vorrebbero essere definite in modo nuovo dai "nuovi diritti"? Da Benedetto XVI e da Massimo Borghesi don Carrón eredita il superamento dell'idea che "una teologia politica", fosse anche cattolica, possa risolvere il problema. Lo può solo l'attrazione della testimonianza cristiana come ripete ad ogni suo passo papa Francesco (citando Benedetto XVI). Insomma non il "proselitismo cattolico" (il grande tema del Papa attuale), le campagne cattoliche di piazza non cambieranno proprio un bel nulla alla situazione a cui i "nuovi diritti" danno una risposta e che è quella di un liberalismo assoluto: la volontà del singolo come l'idolo che sostituisce ogni fedeltà a Dio. Il mio contributo minimo a tutto ciò consiste solo nel dire che non vi è reale "testimonianza" senza un radicale "atteggiamento di confessione" della fede e del proprio peccato, non di quello altrui. In questo modo, cioè con un reale "atteggiamento di confessione", che è quello del Figlio appeso sulla Croce che confessa tutto il peccato del mondo, anche il richiamo importante alla libertà della Chiesa e alla "relativa importanza" dello stato diventa alcunché di realmente credibile. 

http://www.lastampa.it/2018/05/06/cultura/il-papa-dipendiamo-da-dio-il-marxismo-sbaglia-a-negarlo-MaWBRhEeWz88tRnusykmGL/pagina.html