domenica 6 maggio 2018

La nuova prefazione del Santo Padre all'opera di Benedetto XVI su fede e politica

Con questa prefazione Papa Francesco pone il proprio magistero sulla famiglia in linea con quella dei suoi ultimi predecessori. Ed è giusto così. Non mi aspetto da un Papa che pensi ad una "rottura" tra lui e i suoi predecessori - questo tipo di fantasia rivoluzionaria non ha nulla a che fare con un reale "sentire cum ecclesia". Ciò però non significa che non vi siano dei diversi accenti e un cammino da fare e non solo dai Papi, ma da noi tutti. 1. Basta vedere qualche film ogni tanto per comprendere che vi è davvero una "colonizzazione" contro la famiglia. A livello cinematografico si è quasi sempre confrontati con famiglie che non funzionano e guardando il film in modo acritico, ci si accorge che la propria "simpatia" viene guidata al sostegno emozionale di un nuovo rapporto in cui ovviamente tutto andrà bene, etc. 2. I rapporti omosessuali sono presenti in modo sproporzionato all'evento. Allo stesso tempo però su 1) si deve dire che la famiglia è davvero in crisi e che sotto il concetto di "fedeltà" si nasconde a volte (spesso?) una sofferenza incredibile ed una lasciare solo le donne con maschi super dominanti. E su 2) bisogna dire che non tutti gli omosessuali fanno parte di una lobby, spesso sono costretti a vivere nel segreto la propria identità sessuale.

 La grande questione dell'introduzione del Papa mi sembra quella della "critica dei nuovi diritti" che sono un ripiegamento all'ego liberale ed individualista. Questa critica come ho presentato in un articolo del Sussidiario qualche anno fa è stata fatta anche da sinistra. Christoph Menke dice che il prezzo da pagare per questi nuovi diritti è la capitolazione al cospetto del liberalismo e l'insignificanza della politica come tentativo di pensare il "bene comune" e non solo il bene di certi individui. La "bellezza disarmata" di don Carrón è in fondo un lungo confronto con la domanda: come essere cristiani in un modo in cui non è più evidente che l'amore tra uomo e donna aperto ai figli corrisponde alla volontà ultima del Dio creatore e non sono più evidenti tutte quelle realtà che vorrebbero essere definite in modo nuovo dai "nuovi diritti"? Da Benedetto XVI e da Massimo Borghesi don Carrón eredita il superamento dell'idea che "una teologia politica", fosse anche cattolica, possa risolvere il problema. Lo può solo l'attrazione della testimonianza cristiana come ripete ad ogni suo passo papa Francesco (citando Benedetto XVI). Insomma non il "proselitismo cattolico" (il grande tema del Papa attuale), le campagne cattoliche di piazza non cambieranno proprio un bel nulla alla situazione a cui i "nuovi diritti" danno una risposta e che è quella di un liberalismo assoluto: la volontà del singolo come l'idolo che sostituisce ogni fedeltà a Dio. Il mio contributo minimo a tutto ciò consiste solo nel dire che non vi è reale "testimonianza" senza un radicale "atteggiamento di confessione" della fede e del proprio peccato, non di quello altrui. In questo modo, cioè con un reale "atteggiamento di confessione", che è quello del Figlio appeso sulla Croce che confessa tutto il peccato del mondo, anche il richiamo importante alla libertà della Chiesa e alla "relativa importanza" dello stato diventa alcunché di realmente credibile. 

http://www.lastampa.it/2018/05/06/cultura/il-papa-dipendiamo-da-dio-il-marxismo-sbaglia-a-negarlo-MaWBRhEeWz88tRnusykmGL/pagina.html

Nessun commento:

Posta un commento