domenica 15 settembre 2019

For a Church of communion between bishops and laity - reflections of a layman from Germany

Leipzig. The opposition between the Church in Germany and the Pope is today again stylized by the German press and taken up by some people in Italy. It is only a new piece of "political" clash with the Pope, in the German way, which is more, so to speak, of "left". Positions from the seventies are still defended by an elderly caste of journalists and people who lead the "Zentralkomitee der deutschen Katholiken". Cardinal Marc Ouellet, who with great humility is serving the Pope in the direction of the bishops' department, has recently been attacked by the traditionalists, Monsignor Viganò and now by the progressives, Kardinal Marx. In both cases Pope Francis is under attack. 



The package of "clerical" problems that would like to be imposed synodally on the universal Church is well known: priesthood for women (this point has a vocational dimension of which I don't want to speak here; the question of female participation in ecclesial discernment is in my opinion more complex and it is a scandal that the Church does too little in this direction), reduction of celibacy to a decision of free choice, more power for the laity also versus the bishops. 



The reason for the offensive is as follows: one cannot ignore the scandals in which the Church has been involved, one must draw consequences from them, which are mostly "political" and not spiritual. Even less theological. 



For the German "progressives" the phrase of Saint Augustine: "Spes tota nostra quia in Christo est..." (Sermo, 46, 1-2) does not mean anything. The goals they want to achieve are motivated by reasons of "political theology" and by a theory of equality that can never be integrated into Catholic theology, which always lives by a difference: equality in difference, up to the ontological difference between being and entity, between the hierarchical gift of being until its acceptance. 



As far as bishops are concerned, my criterion is never the clash between bishops and laity, but the friendship between them, as I saw it in the story of the friendship between Alberto Methol Ferré and Jorge Mario Bergoglio. I'm not interested in having bishops who "politically" wonder how to integrate the laity into the government of the Church - I, the layman, am already integrated, by virtue of baptism - but who they want to lead: themselves or the people of God? "Haec dicit Dominus Deus: O pastor Israel, qui pascunt se solos! This means that they seek only the things that lead to their advantage, "non quae Jesu Christi" (Augustine, ibidem ). As Christians they will have to give reason to God for their faith, as bishops for their way of administering the authority that has been given them, the bishop of Hippo rightly explains. In the Synod of the Amazon the bishops listened to the problems and joys of that people in this aerea:  it is a good way, begun already in Aparecida.  It is good that the bishops are not dominant, but it is not good that they are afraid, given that many already suffer, in my opinion, from inferiority complexes. 



Obviously the scandals in the Church are a question for all of us and they ask for changes and one cannot but speak openly also of the question of celibacy, if in many German dioceses many priests nevertheless have a relationship with a woman and have children. We must speak "cum grande animo y liberalidad", avoiding any abstract traditionalism, but starting from a well-founded theology of the heart that kneels before the One who is our only hope: the crucified and risen God! And that it has been handed down in a living tradition from generation to generation to us! And only by looking at the Crucified One will it be possible for bishops and lay people to live a real friendship, a real communion, without which everyone thinks only of himself and not of what the Lord asks of him! 

PS

As for the common communion between Lutherans and Catholics (to give a German example) I would like to say briefly this: in a whole my life, only once did I experience a Lutheran girl who was really sad not to be able to receive Jesus, because she was not Catholic. For the most part instead the discussion is supported by reasons that are not "theological": an argument is for example, that "people no longer understand" why it is not possible to make communion together; Jesus also asks what people think he is, but in truth he wants to know what his people think who he is. I don't think of the Eucharist as a prize for perfect, but as a medicine - the only one I know, that of the gratis love that one gives oneself - for us sinners, but I don't think that asking ourselves what people think is the right method; last week people voted in Saxony 28% for the AfD, just to give an example. Of course I cannot eliminate these people as a marginal phenomenon, but neither can I assume their political criteria which are in fact only "collective selfishness".  Then in these years about  communion between Lutherans and Catholics I have seen people, more or less sincere, who have a problem of abstract justice (if I receive it, others can and must receive it too). Finally, it seems to me that giving liturgical form to a unity that we do not even live in our Church, sub and cum Petro, is only hypocrisy. Those who truly desire unity can hope for it in the right way: as a gift from the Lord and rejoice that in baptism (and therefore in the heart of Jesus) we are already united. 



To deepen the theme: 

https://graziotto.blogspot.com/2019/09/educational-agreement-in-dialogue-with.html



Per una Chiesa di comunione tra i vescovi e i laici - riflessioni dalla Germania

Per una Chiesa di comunione tra i vescovi e i laici.
Lipsia. La contrapposizione tra la Chiesa in Germania e il Papa viene oggi nuovamente stilizzata dalla stampa tedesca e ripresa da alcune persone in Italia. È solo un nuovo tassello di scontro "politico" con il Papa, nella modalità tedesca, che è più, per così dire, di "sinistra". Posizioni da anni settanta vengono ancora difese da una casta anziana di giornalisti e di persone che guidano il "Zentralkomitee der deutschen Katholiken". Il cardinal Marc Ouellet, che con grande umiltà sta servendo il Papa nella direzione del dicastero dei vescovi, è stato ultimamente attaccato dai tradizionalisti, monsignor Viganò ed ora dai progressisti, Kardinal Marx. In entrambi i casi sotto mira ci sta Papa Francesco.
Il pacchetto di problemi "clericali" che vorrebbero essere imposti sinodalmente alla Chiesa universale è noto: sacerdozio per le donne (questo punto ha una dimensione vocazionale di cui non voglio parlare qui; la questione della partecipazione femminile al discernimento ecclesiale è secondo me più complessa ed è uno scandalo che la Chiesa faccia troppo poco in questa direzione), riduzione del celibato ad una decisione di libera scelta, più potere ai laici anche versus i vescovi.
Il motivo dell'offensiva è il seguente: non si possono ignorare gli scandali in cui è stata coinvolta la Chiesa, bisogna tirarne conseguenze, che sono per lo più "politiche" e non spirituali. Tanto meno teologiche.
Per i "progressisti" tedeschi la frase di Sant'Agostino: "Spes tota nostra quia in Christo est..." (Sermo, 46, 1-2) non significa nulla. Le mete che vogliono raggiungere sono motivate da motivi di "teologia politica" e da una teoria dell'uguaglianza che mai potrà essere integrata nella teologia cattolica, che vive sempre di una differenza: uguaglianza nella differenza, fino alla differenza ontologica tra l'essere e l'ente, tra il dono gerarchico dell'essere fino alla sua accettazione.
Per quanto riguarda i vescovi il mio criterio non è mai lo scontro tra vescovi e laici, ma l'amicizia tra di loro, come l'ho vista nel racconto dell'amicizia tra Alberto Methol Ferré e Jorge Mario Bergoglio. A me non interessa avere dei vescovi che "politicamente" si chiedano come poter integrare i laici nel governo della Chiesa - Io, laico, lo sono già integrato, in forza del battesimo - ma che si chiedano chi vogliono guidare: se stessi o il gregge? "Haec dicit Dominus Deus: O pastore Israel, qui pascunt se solos! Questo significa che cercano solamente le cose che portano al loro vantaggio, "non quae Jesu Christi" (Agostino, ibidem ). Come cristiani dovranno dare ragione a Dio della loro fede, come vescovi del loro modo di amministrare l'autorità che è stata loro donata, spiega con ragione il vescovo di Ippona. Nel sinodo dell'Amazzonia i vescovi si sono messi all'ascolto dei problemi e delle gioie di quella ragione; è una buona via, iniziata già ad Aparecida. È bene che i vescovi non siano dominanti, ma non è bene che siano spauriti, visto che molti già soffrono, secondo me, di complessi di inferiorità.
Ovviamente gli scandali nella Chiesa sono una domanda per noi tutti e chiedono cambiamenti e non si potrà non parlare in modo aperto anche della questione del celibato, se in tante diocesi tedesche tanti sacerdoti hanno comunque un rapporto con una donna ed hanno figli. Bisognerà parlare "cum grande animo y liberalidad", evitando ogni tradizionalismo astratto, ma a partire da una fondata teologia del cuore che si inginocchia di fronte a Colui che è l'unica nostra speranza: il Dio crocifisso e risorto! E che è stato tramandato in una tradizione vivente da generazione in generazione fino a noi! E solo guardando il Crocifisso sarà possibile che vescovi e laici vivano una reale amicizia, una reale comunione, senza la quale ognuno pensa solo a se stesso e non a quello che il Signore gli chiede!

PS

Per quanto riguarda la comunione comune tra luterani e cattolici (per fare un esempio tedesco) vorrei dire brevemente questo: in un tutta la mia vita, solo una volta ho fatto l'esperienza di una ragazza luterana che era davvero triste di non poter ricevere Gesù, perché non cattolica. Per lo più invece la discussione viene sorretta da motivi che non sono "teologici": un argomento è per esempio, che "la gente non capisce più" perché non sia possibile fare la comunione insieme; anche Gesù chiede cosa la gente pensa che lui sia, ma in vero vuole sapere cosa i suoi pensano chi lui sia. Io non penso all'eucarestia come ad un premio per perfetti, ma come ad una medicina - l'unica che conosca, quella dell'amore gratuito che si dona - per noi peccatori, ma non credo che chiedersi cosa la gente pensi sia il metodo giusto; la gente l'altra settimana ha votato in Sassonia il 28 % l'AfD, tanto per fare un esempio. Certo non posso eliminare queste persone come un fenomeno marginale, ma non posso neppure assumere i loro criteri politici che sono di fatto solo "egoismo collettivo". Poi in questi anni ho visto persone, più o meno sincere, che hanno un problema di giustizia astratta (se la ricevo io, la possono e devono ricevere anche gli altri). Infine a me sembra che dare forma liturgica ad un'unita che noi non viviamo neppure nella nostra Chiesa, sub e cum Petro, sia solo ipocrisia. Chi davvero desidera l'unità la può sperare nel modo giusto: come dono del Signore e gioire che nel battesimo (e quindi nel cuore di Gesù) siamo già uniti.

PS II (21.9.19)

In modo particolare questi versi sono anche il criterio con cui giudico la crisi della Chiesa in Germania:
Efesini 4, [4] Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione;
[5] un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
[6] Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
Ieri più di 200 teologi tedeschi (mi chiedo che cosa faccia così tanta gente di cui non si sente mai parlare nella vita reale) hanno firmato un documento per il percorso sinodale in Germania; io vivo in un estrema posizione missionaria (2 % di cattolici) e sono convolto nella vita della parrocchia, tenendo quando il parroco me lo chiede, anche "servizi della Parola" alla domenica, ma non ho alcuna possibilità di entrare in questo percorso sinodale (cosa che non mi dispiace, perché non ne ho neppure il tempo). Nei mei anni nella diocesi di Monaco di Baviera (1990-2001) ho conosciuto il tipo di persone e di teologi che sono convinti nelle solite richieste "progressive" clericali (in primis il sacerdozio delle donne, che ha anche una dimensione spirituale che io però non ho incontrato in Germania) - la maggioranza di questo stato intermedio di laici e teologi, anche preti, non credevano nel "resurrezione della carne" di Cristo e nostra - se passa questa linea in Germania, passerà una linea sempre più lontana dal Vangelo! La differenza tra Chiesa dei ricchi e Chiesa ricca ma non dei ricchi che un teologo ha presentato qualche tempo fa, per disgiungere il cattolicesimo americano da quello tedesco, non dice nulla della vera situazione della Chiesa in Germania.

Con ciò non voglio negare quello che dice il vescovo di Münster, Dr. Felix Genn (Comunità di san Giovanni fondata da Hans Urs von Balthasar): "Come Conferenza episcopale tedesca, non possiamo commissionare uno studio scientifico sugli abusi sessuali nella nostra chiesa e poi passare all'ordine del giorno. (.....) Le questioni del potere, la partecipazione, la separazione dei poteri, lo stile di vita sacerdotale, la morale sessuale e le donne nei ministeri e negli uffici della Chiesa dovranno essere discusse". È vero, ma è anche vero che dovranno essere sentite tutte le posizioni, sub et cum Petro. Ed in modo particolare il "popolo fedele" per quanto piccolo esso sia. E sarà necessario sottolineare con forza che il cuore di ogni riforma nella Chiesa è e rimane Cristo crocifisso e risorto e vivente ora! Tutto deve essere immerso nell'amore gratuito di Dio.

Per approfondire il tema:

https://graziotto.blogspot.com/2019/09/patto-educativo-in-dialogo-con-papa.html (nel mio blog si trova anche la versione inglese e tedesca di questo articolo)

venerdì 13 settembre 2019

Patto educativo - in dialogo con Papa Francesco

Lipsia. Papa Francesco ha invitato persone di buona volontà a Roma (14.5.20) a formulare un patto educativo globale. 

La preoccupazione ecologica per la nostra casa comune, la natura e l'attenzione per la fratellanza spesso ferita di tutti gli uomini presuppongono un lavoro educativo comune. Questo lavoro ha portato, ad esempio, all'accordo con il Grande Imam Al Tayyeb, soprattutto sul tema della fraternità di tutti gli uomini. 

Ci sono incendi in tutto il mondo (gli incendi in Amazzonia sono un simbolo molto forte di questo fuoco globale (guerre, migrazioni forzate....) e abbiamo bisogno di un lavoro educativo comune per sapere cosa sia veramente importante per noi. 

La stampa tedesca (SZ, FAZ) ha sottolineato ieri che i vescovi tedeschi o addirittura i cattolici tedeschi si trovino in polemica contro  il Papa (mentre è probabile che vecchi intellettuali influenti nei media presentino un'immagine che addirittura non corrisponda a cosa pensi il popolo di Dio in Germania) . 

L'anno prossimo avrò passato 30 anni in Germania (proprio come prima avevo passato 30 anni in Italia) e mi sono integrato nella cultura tedesca: ho letto molto Goethe (solo per fare un esempio), ho lavorato molto. Ho conosciuto alcuni cattolici tedeschi che apprezzo molto (soprattutto mia moglie Konstanze Graziotto, poi Ferdinand Ulrich e ultimamente il mio parroco Andreas Tober, uomini che hanno un vero e profondo "sentire cum ecclesia". Tuttavia, ho anche conosciuto una chiesa molto provinciale e fissata su temi che mancano totalmente di un "sentire cum ecclesia". I temi clericali come il sacerdozio femminile, ecc. hanno già un posto nella chiesa : per esempio nella Chiesa luterana, e non hanno bisogno di essere imitati dalla Chiesa cattolica. Questa decisione porterebbe solo a un rinnovato scisma a livello mondiale, come ha giustamente sottolineato il cardinale Marc Ouellet. 

Chi segue il mio blog sa esattamente che non nascondo per nulla gli scandali del Chiesa Cattolica, ma il riferimento "dogmatico" ad esperti autoproclamati che saprebbero trarre le giuste conclusioni da questi scandali è per me solo un'altra forma di "clericalismo" (come direbbe giustamente Charles Peguy). 

Il "sentire cum ecclesia" presuppone un atteggiamento cattolico e universale e un approfondimento del Logos universale e concreto di Dio, che ho incontrato solo raramente in Germania. Quando lo ho incontrato, allora era molto profondo: il resto sono spesso cristiani che seguono solo la loro pancia e non vedono che Papa Francesco non sta per il culto della personalità, ma per la ragione.  

Una ragione che viene combattuta (dai ricchi cattolici statunitensi, per esempio), ma che viene anche riconosciuta, fino all'affermazione del mio amico agnostico Riccardo Cristiano: o Bergoglio o la barbarie. 


Tradotto con www.DeepL.com/Translator (con mia revisione)

Educational agreement - in dialogue with Pope Francis

Pope Francis invited people of good will in Rome (14.5.20) to formulate a global educational agreement. 

The ecological care for our common home, nature, and the care for the often wounded brotherhood of all people presuppose a common educational work. This work has led, for example, to the agreement with the Great Imam Al Tayyeb, especially on the theme of the fraternity of all people. 

It is burning all over the world (the fires in Amazonia are a very strong symbol of this global fire (wars, forced migrations...) and we need a common educational work to know what is really important to us. 

The German press (SZ, FAZ) stressed yesterday that the German bishops or the German Catholics are even on confrontation course with the Pope (while it is likely that old influential intellectuals in the media will present an image that even does not correspond to what the people of God think in Germany). 

Next year I will have spent 30 years in Germany (just as I had spent 30 years in Italy before) and integrated myself into German culture: read a lot of Goethe (just as an example), worked a lot. I got to know a few German Catholics, whom I really appreciate, above all my wife, Konstanze Graziotto, then Ferdinand Ulrich and lately my pastor Andreas Tober, people who have a "sentire cum ecclesia". But I also got to know a church that is very provincial and de fixated on topics that are totally lacking from a "sentire cum ecclesia". The clerical themes such as women's priesthood, etc. already have a place in the church, such as the Lutheran Church, and do not need to be imitated by the Catholic Church. This decision would only lead to a renewed schism at the world level, as Cardinal Marc Ouellet rightly emphasized. 

Who follows my blog knows exactly that I don't hide the whole scandals of the KK at all, but the "dogmatic" reference to self-proclaimed experts who know how to draw the right conclusions from these scandals is for me only another form of "clericalism" (as Charles Peguy would rightly say). 

The "sentire cum ecclesia" presupposes a Catholic and universal attitude and a deepening in the universal and concrete Logos of God, which I have only rarely encountered in German. If so, then already very deeply: the rest are often Christians who only follow their belly and do not see that Pope Francis does not stand for personality cult, but for reason.  

A reason that is fought against (by rich Catholics from the USA, for example), but that is also recognized, up to the sentence of my agnostic friend Riccardo Cristiano: either Bergoglio or barbarism.

Erziehungsvereinbarung - in Dialog mit Papst Franziskus

Papst Franziskus hat Menschen guten Willens in Rom eingeladen (14.5.20) um eine globale Erziehungsvereinbarung zu formulieren.

Die ökologische Sorge für unser gemeinsames Haus, die Natur, und die Sorge für die oft verletzte Brüderlichkeit aller Menschen setzen ein gemeinsame Erziehungsarbeit voraus. Eine Arbeit, die z. B. zu der Vereinbarung mit dem Großimam Al Tayyeb geführt hat, gerade zum Thema der Brüderlichkeit aller Menschen.

Es brennt überall in der Welt (die Brände in Amazonia sind ein sehr starkes Symbol dieses globalen Brand (Kriege, forcierte Migrationen...) und wir brauchen eine gemeinsame erzieherische Arbeit um zu wissen, was uns wirklich wichtig ist.

Die deutsche Presse (SZ, FAZ) betonte gestern, dass die deutsche Bischöfe oder die deutsche Katholiken sogar auf Konfrontationskurs mit dem Papst seien (obwohl es wahrscheinlich ist, dass alte einflussreiche Intellektuelle in den Medien ein Bild präsentieren, das nicht einmal dem entspricht, was das Volk Gottes in Deutschland denkt).

Im nächsten Jahr werde ich 30 Jahre in D verbracht haben (genau so wie ich davor 30 Jahre in Italien gewesen bin) und habe mich in der deutschen Kultur integriert: viel Goethe gelesen (nur als Beispiel), viel gearbeitet. Ich habe ein paar deutsche Katholiken kennengelernt, die ich sehr schätze (vor allem meine Frau Konstanze Graziotto, dann Ferdinand Ulrich und in letzter Zeit meinen Pfarrer Andreas Tober Menschen die ganz und gar ein "sentire cum ecclesia" haben. Ich habe auch jedoch eine Kirche kennengelernt, die sehr provinziell ist und de fixiert ist auf Themen, die von einem "sentire cum ecclesia" total mangeln. Die klerikale Themen wie Frauenpriestertum , etc. haben schon einen kirchlichen Ort, etwa die lutherische Kirche und brauchen nicht von der katholischen nachgeahmt zu werden. Diese Entscheidung würde auf Weltebene nur zu einem erneuten Schisma führen, wie mit Recht Kardinal Marc Ouellet betont hat.

Wer mein Blog folgt weiß genau, dass ich die ganze Skandale der KK überhaupt nicht verheimliche, aber den "dogmatischen" Verweis auf sich selbst ernannten Experten, die die richtige Konsequenzen aus diesen Skandalen zu ziehen wissen, ist für mich nur eine andere Form von "Klerikalismus" (wie mit Recht Charles Peguy sagen würde).

Das "sentire cum ecclesia" setzt voraus eine katholische und universale Haltung und eine Vertiefung in dem universalen und konkreten Logos Gottes, den ich nur selten in D begegnet bin. Wenn dann, dann schon sehr tief: der Rest sind oft Christen, die nur ihren Bauch folgen und nicht sehen, dass Papst Franziskus nicht für Personenkult, sondern für Vernunft steht.

Eine Vernunft die bekämpft wird (etwa von reichen Katholiken aus den USA), aber die auch anerkannt ist, bis zum Satz meines agnostischen Freund, Riccardo Cristiano : entweder Bergoglio oder die Barbarei.

venerdì 6 settembre 2019

"Vivo, ergo cogito" (Nietzsche) - in dialogo con la dissertazione e con l'Apocalisse di Hans Urs von Balthasar

Lipsia. Scriviamo l'anno 1930, il grande maestro di Lucerna, ha ancora 25 anni e scrive la sua dissertazione, sotto la guida del professor Robert Faesi: "Storia del problema escatologico nella letteratura moderna tedesca": parliamo di Hans Urs von Balthasar (1905-1988). Il terzo capitolo è esplosivo: "L'alternativa: Kierkegaard e Nietzsche" (non l'alterativa tra Kierkegaard e Nietzsche)  che libertà mettere insieme questi due autori (per un accenno che gli aveva fatto Romano Guardini), una libertà più grande di quella di Casanova (letto con gli occhiali di Leonardo Sciascia), che intende con essa la libertà di un rapporto incestuoso. Qui Balthasar invece vede due uomini che hanno compreso, prima di tanti, che camminiamo sul ghiaccio sottile del nichilismo ed hanno tentato di porre argine ad esso, soccombendo nella lotta. 

Pur parlando dell'essere come amore so che io stesso ho un corpo, non solo la mente (una grande idea di Leonardo Sciascia: si ha anche un corpo di un certo secolo), di questo secolo nichilista. Solo una grande grazia potrà porgerci la mano quando il ghiaccio si spezzerà. 

Quali sono i punti con cui Kierkegaard e Nietzsche si difendono, uno come "l'ultimo cristiano" e l'altro come "anticristo", ma che vede ancora nel Cristo in Croce il simbolo più sublime, per camminare su quel ghiaccio sottile, con la coscienza che dopo di essi, chi andrà avanti per quella strada sprofonderà: il ventesimo secolo è stata la storia di quello sprofondare. Ed anche se dopo la seconda guerra mondiale, per l'avvertenza anche di grandi politici (De Gasperi, Adenauer...) abbiamo avuto tanti anni di pace, qui in Europa, non possiamo non vedere quella "guerra mondiale a pezzetti" che ci accerchia e quella inconsistenza umana che è in mezzo a noi! 

In primo luogo la lotta contro la dissoluzione della qualità in quantità: la grande tentazione della scuola di massa. Non potrà mai nascere una "passione pedagogica" come progetto di massa. Non si tratta di difendere un concetto di élite astratta. Papa Francesco ci ha messo in guardia contro questa mentalità elitaria. Ma io ho potuto sopravvivere nel sistema scuola per quasi trent'anni, perché ero io! Un io che con Narnia o altro ha cercato di superare ogni forma di "livellamento". 

La lotta contro una speculazione che non conosce nessun "senso necessario dell'essere" (Ferdinand Ulrich), conosce solo la necessità del livellamento di tutti gli individui in un'assurda idea di uguaglianza che fagocita ogni differenza. 

La lotta contro il sistema chiuso: "il sistema è finito, ma la vita gli è passata accanto" (Balthasar). Vivo, ergo cogito!

La lotta contro un cristianesimo che diventato alcunché di dimostrabile, non è più una "presenza". La lotta che ha compreso forse più di tutti Luigi Giussani (1922-2005) e con cui ha cercato di educare tutto un popolo! Se sia riuscito nell'intento lo vedremo! 

La lotta contra la disperazione di non poter morire, perché in qualche modo si è solo un piccolo tassello della specie uomo! Questa lotta non si gioca solo nel momento della morte, in cui moriamo davvero per risorgere davvero! La si gioca durante tutta la vita nell'unita del vivere, come un vivere e morire allo stesso tempo, come ci ha insegnato Ferdinand Ulrich. La parola di Gesù che se viviamo dell'eucarestia non moriamo anche se moriamo è una grande speranza, ma non per la specie, ma per l'uomo singolo che deve fidarsi, anche nella prospettiva dell'essere portato infine via in un sacco di plastica. 

Entrambi i nostri due autori sono delusi dal cristianesimo. "Cosa nega Cristo? Tutto ciò che oggi si chiama cristiano" (Kierkegaard). La lotta vede solo una luce: quella di Cristo e questo in un certo senso vero anche per Nietzsche che vuole scegliere Dionisio! La noia dottrinale che i cristiani chiamano Cristo mi farebbe fare la stessa scelta! Cristo è gioia risorta sempre più sorprendete, Vita vera, che ci tende una mano sull'esile ghiaccio su cui camminiamo! Un nichilismo che ora ha raggiunto anche dimensioni planetarie nel modo agghiacciante in cui trattiamo la "nostra casa comune" (Papa Francesco). 

Etc. 

Approfondimenti 

(7.9.19) Borghesi alla scuola di Guardini e Bergoglio ci ha fatto comprendere l'importanza della "polarità", dell'opposizione polare che non scade nella "contraddizione", Kierkegaard e Nietzsche, nell'interpretazione del Balthasar venticinquenne della dissertazione, pensano in modo "estremo", catastrofale". Cercano la "magia dell'estremo", la "tensione critica" (anche Bergoglio parla spesso di "tensione"). Ma in vero tra la posizione polare e quella catastrofica non vi è contraddizione ultima, perché la filosofia polare delle opposizioni non è diplomazia del consenso. Forse la differenza sta nel senso che Bergoglio ha del "popolo fedele", mentre Kierkegaard lotta in primo luogo per il "singolo", come fa anche Nietzsche. È un interpretazione errata quella della linea che è stata tracciata da Nietzsche ad Hitler (anche se forse Nietzsche non è del tutto innocente); lo sforzo gigantesco e geniale di Balthasar, è di far vedere come la fratellanza spirituale si trova appunto con Kierkegaard: Kierkegaard e Nietzsche sono l'alternativa. A cosa? Il messaggio filosofico è in primo luogo un messaggio per il singolo! Anche nel "popolo fedele" poi sono i singoli che fanno sul serio con il proprio "senso religioso" o appunto non lo fanno. Per la massa, Balthasar cita queste cose alla fine degli anni venti, la dissertazione è pubblicata nel 30, la cultura  è destinata al declino e la massa non è il "popolo fedele" e quella per esempio, che oggi moltiplica l'oidio nei media ed è quella manipolata allora dai movimenti fascisti e nazisti. 

In un certo senso la cultura cattolica è quella del "et...et", mentre l'"aut...aut" religioso e puritano da cui entrambi, il danese e il tedesco, originano, sembra essere in contraddizione con essa, ma non è così. Questa è una lettura del tutto non ecumenica e del tutto superficiale; le due posizione sono feconde solo in una polarità reciproca. Il pericolo delle marionette che entrambi hanno sentito molto forte è attuale anche oggi. La difficoltà nella educazione di un popolo consiste nel fatto che se non si educa la persona singola (una persona che si coinvolge in prima persona), il tutto contribuisce solamente ad un aumento della superficialità odiosa e odiante delle marionette (la rete è un grande spettacolo di questo). È davvero una "catastrofe", forse necessaria, che un singolo davvero vivo, anche in una comunità cristiana, è solo uno che rompe e che al massimo viene sopportato. In questo senso l'inclusione è sempre una bugia: è già cosa grande che uno possa esistere in modo parallelo a quella massa che è sempre stata manipolata!  

"Kierkegaard non si interessa al futuro" dice Balthasar: "tutta la sua passione è dedicata a preparare il singolo al cammino", mentre Nietzsche segue anche la curva su cui si stava muovendo tutta una società, tutta la cultura europea si muoveva ed ora (2019) si sta muovendo verso la catastrofe e la catastrofe ha un nome "l'arrivo finale del nichilismo", "un tempo di guerre mostruose, cadute, esplosioni" (cfr. Storia del problema escatologico, 33). E tutto accade nella prima metà del ventesimo secolo proprio così come profetizzò Nietzsche - poi abbiamo avuto una pausa, almeno in Europa. Ora nel mondo si muovono spettri pericolosi. Trump non è la cultura dell'estremo, ma della prevaricazione arbitraria in difesa della propria ricchezza. Putin e il suo interprete culturale, Alexander Dugin, non sono da intendere sulla linea di questa alternativa (Kierkegaard e Nietzsche) ma sono solo espressione del potere che ha una sola urgenza: quella di mantenersi al potere (in questo Assad è forse il simbolo più disperato e disperante). 

(Pomeriggio, dello stesso giorno, dopo aver letto una parte del capitolo a Naumburg in un Café vicino al duomo). Ovviamente anche Kierkegaard e Nietzsche sono un'alternativa, ma il Balthasar della dissertazione insiste molto che "entrambi sono uniti in considerazione e giudizio" (34) ed anche quando cerca di delineare le differenze fa vedere sempre di nuovo cosa li unisca. Differente è l'interpretazione di Socrate, che per Nietzsche è la fine della immediatezza greca che condurrà al cristianesimo e così alla menzogna; per Kierkegaard invece è il mistero che fa vedere come l'immediatezza stessa è in sé una bugia. Non c'è una "esistenza vera" che viva di sola immediatezza. Poi di nuovo similitudini: nella concezione agonale, tensionale (per usare il linguaggio di  Bergoglio) della vita. La vita come rischio. Una frase di Novalis riassume un atteggiamento di entrami i nostri autori: "la nobiltà dell'io consiste nel libero alzarsi sopra se stessi" (35). La "volontà di potenza" non è una volontà di potere, ma appunto di elevamento sopra se stessi. 

Differente è l'interpretazione del cristianesimo: come grande distanza dall'immediatezza (Nietzsche); come lo sviluppo più profondo dell'esistenza. In entrambi, se capisco bene, vi è però un bisogno di ballo e riso (di musica)! Il diavolo è al contrario serio! Entrambi sanno cosa sia l'angoscia, la paura del nulla (vi è qui una linea che deve essere tracciata fino ad Heidegger). Entrambi vogliono dare, a partire dalla propria intimità, un vero significato alla storia. Kierkegaard lo trova nel paradosso del cristianesimo: l'eterno diventa storia. Questa soluzione a Nietzsche non convince: l'immediatezza e gli ostacoli alla gioia sono troppo grandi. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma forse la critica più forte, quella in cui Kierkegaard diventa un alternativa a Nietzsche è la critica della malinconia: un'isteria dello spirito, un'incapacità di prendere decisioni, ed infine l'incapacità di vedere nel Dio morto un annuncio di speranza. 

Entrambi pensano l'escatologia in modo individuale e non hanno un senso per una comunità salvifica. Sono entrambi soli ed entrambi hanno bisogno di maschere e sinonimi. Ma una maschera non può mai coprire la malattia della morte che ci portiamo dentro...e spesso tentenna, manca di coraggio di fare ora ciò che si è già capito, di decidere cosa si è già compreso. 

(Più tardi, nello stesso giorno). Sette anni dopo la dissertazione, nel 1937, Hitler è già salito al potere da quattro anni, nella sua "Apocalisse dell'anima tedesca", Balthasar, ormai 32enne, riprende il tema, nel capitolo, alla fine del primo volume della trilogia, che è stata pubblicata anche come "Prometeo"), che porta il titolo "Kierkegaard e Nietzsche. Un duello di idee". Come due eroi dell'Iliade i nostri si combattano mentre gli eserciti sono sfiancati, meglio si combattano, pur non essendosi conosciuti, come l' "ultimo cristiano" e l' "anticristo". Ma anche ora questi due uomini vengono visti da Balthasar come "fratelli di spada", come "gemelli del destino", come "testimoni degli ultimi giorni" (Apocalisse, 696-697), che sanno due cose: il livellamento dell'uomo a membro di una massa manipolabile e la sottigliezza del ghiaccio del nichilismo. Ne abbiamo già parlato sopra. E sanno anche che dottrine, sistemi, scuola, discepoli non sono una soluzione, se è davvero in gioco la persona. Una battaglia apocalittica come quella di masse di uomini che vengono uccisi e forzati a migrare, come abbiamo visto negli ultimi anni in Siria, non si decide con una fedeltà ad una dottrina ed ad un sistema. Bisogna sperare contro la speranza, che il Dio morto, risorga! Ora! 

In tanti temi fanno lo stesso percorso. Prendono sul serio la filosofia (il danese Hegel e il tedesco Schopenhauer), ma poi si distanziano da essa schernendo coloro che hanno in vero offerto un veleno,  non una soluzione. Qualcosa di simile vale per la musica (Mozart, Wagner). Hanno un senso molto forte dell'ironia e non vogliono essere scambiati per poeti. Se c'è qualcosa di vero esso deve essere nascosto nell'esistenza (dottrina e sistemi non servano a nulla). Come Goethe fanno della loro vita un mito (forse nel mio scritto Libri ed altri ricordi, in questo punto dipendo molto da loro) ed usano delle maschere. La mia vita nella scuola senza una maschera non sarebbe stata per nulla possibile. Sono attori e Nietzsche lo dice esplicitamente: "il problema dell'attore è quello che mi ha reso irrequieto più a lungo". Un attore ha più identità e forse non sa nemmeno più quale sia la sua originale. 

Per quanto riguarda la filosofia, quella di Ferdinand Ulrich sull'essere come amore, mi ha colpito perché non era una teoria. Nei pomeriggi interi passati a parlare con Ulrich era in gioco tutto l'uomo, suo e mio! 

(8.9.19) Molte delle citazioni della dissertazione del 1930 vengono riprese ed approfondite nell' "Apocalisse dell'anima tedesca" del 1937; si tratta dell'ultimo capitolo del primo volume della trilogia. Kierkegaard e Nietzsche lottano insieme in tanti temi di cui abbiamo perlato in questo post, anche la lotta contro il socialismo li vede insieme, come lotta contro la riduzione della qualità in quantità. Quando poi Balthasar parla delle differenze, come aveva fatto nella dissertazione, parla di un'inimicizia come quella che possono avere solamente anime che vivono in una parentela intima. Dovremo capire se è vera la mia sensazione che Balthasar abbia una simpatia nascosta più per Nietzsche che per Kierkegaard, cosa che farebbe comprendere come mai nel 1942, sotto lo pseudonimo di Hans Werner, pubblicherà tre antologie su Nietzsche e non su Kierkegaard - i cristiani dovranno aver almeno sentito di queste critiche di Nietzsche, se non assumersene la responsabilità. Il Papa dal Madagascar ci fa riflettere su questo tema: 


"Ma il Signore non vuole avventurieri solitari. Ci affida una missione, sì, ma non ci manda da soli in prima linea.
Come ha detto bene Vavy Elyssa, è impossibile essere un discepolo missionario da solo: abbiamo bisogno degli altri per vivere e condividere l’amore e la fiducia che il Signore ci dà. L’incontro personale con Gesù è insostituibile, non in maniera solitaria ma in comunità. Sicuramente, ognuno di noi può fare grandi cose, sì; ma insieme possiamo sognare e impegnarci per cose inimmaginabili! Vavy l’ha detto chiaramente. Siamo invitati a scoprire il volto di Gesù nei volti degli altri: celebrando la fede in modo familiare, creando legami di fraternità, partecipando alla vita di un gruppo o di un movimento e incoraggiandoci a tracciare un percorso comune vissuto in solidarietà. Così possiamo imparare a scoprire e discernere le strade che il Signore vi invita a percorrere, gli orizzonti che Lui prepara per voi. Mai isolarsi o voler fare da soli! È una delle peggiori tentazioni che possiamo avere.

In comunità, cioè insieme, possiamo imparare a riconoscere i piccoli miracoli quotidiani, come pure le testimonianze di com’è bello seguire e amare Gesù. E questo spesso in maniera indiretta, come nel caso dei tuoi genitori, Vavy, che, pur appartenendo a due tribù diverse, ognuna con le sue usanze e i suoi costumi, grazie al loro reciproco amore hanno potuto superare tutte le prove e le differenze, e indicarvi una bella via su cui camminare. Una via che viene confermata ogni volta che vi donano i frutti della terra perché siano offerti all’altare. Quanto c’è bisogno di queste testimonianze! O come tua zia e le catechiste e i sacerdoti che le hanno accompagnate e sostenute nel processo della fede. Tutto ha contribuito a generare e incoraggiare il vostro “sì”. Tutti siamo importanti, tutti, tutti siamo necessari e nessuno può dire: “non ho bisogno di te”. Nessuno può dire: “Io non ho bisogno di te”, oppure “non fai parte di questo progetto d’amore che il Padre ha sognato creandoci” (http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/september/documents/papa-francesco_20190907_vegliagiovani-madagascar.html?fbclid=IwAR2NrXyXZ8GZ6luT5bSuu5iLl6xSoY_bdgRowXwOh2rO8Z-9cHlWnFYcTKo. )

I nostri due autori non sono due "avventurieri", ma due uomini con in parte una missione comune. La correzione del Santo Padre, sulla necessità della vita di comunione, è molto importante, ma allo stesso tempo, credo che anche singoli del calibro di Kierkegaard e Nietzsche, che hanno una missione di disturbo (da non confondere con l'atteggiamento di "malati" in rete che spargono odio, non come "missione", ma come frutto di una manipolazione di massa), per chiamarla così, possano aiutare una comunità a non diventare solamente un club piccolo borghese. Solo prendendo sul serio la soggettività dei singoli è possibile vivere la comunione per quello che è: una casa in cui è possibile vivere, perché non si è omologati, ma un vero luogo di solidarietà.

(22.9.19)


L'unica cosa che mi interessa è l'esistenza

Lipsia. Riprendiamo il dialogo che Balthasar mette in scena tra Kierkegaard e Nietzsche nel suo "Apocalisse dell'anima tedesca".

Come abbiamo visto vi sono tante similitudini, ma sono anche "nemici", non solo "avversari", ma proprio nemici: " Già nella radice sono l'un l'altro nemici - nemici come lo possono essere solamente parenti. Solo perché sono prossimi l'un l'altro, si scontrano." Questa definizione di "nemico" deve farci riflettere. Riflettere sull'affinità che abbiamo con lui.

Lo scontro tra i due non è su teorie, si scontrano perché si trovano "corpo a corpo". Lo scontro ha senso quando riguarda l'esistenza, ci si scontra con una posizione perché non ci permette di vivere. Qualsiasi posizione "riflessa" che non ci permette di vivere, va fatta cadere. I farisei nel NT sono i maestri di questa "riflessione", per Nietzsche lo è Socrate: con lui finisce l'immediatezza del vivere. Poi nel cristianesimo questa immediatezza viene del tutto distrutta. Tante forme di appartenenza cristiana sono solo "riflessione".

Dobbiamo difendere a spada tratta il valore della sensualità e nostri lo fanno a loro modo (anche con la musica) - Balthasar sottolinea che "paradossalmente il compito dei grandi uomini religiosi del secolo: Hamann (che Balthasar riprenderà negli "Stili laicali" di Gloria), Baader (di cui Balthasar cita spesso il cogitor, ergo sum), Leontjew sarà quello di difendere i sensi contro gli attacchi dello spirito". Ed in vero è il "corpo" che io sento come la barriera e difesa più grande contro la "riflessione".

Kierkegaard e Nietzsche si scontrano su Socrate. "Per entrambi è l'uomo più importante della storia." Nietzsche dice chiaramente che egli è il "distruttore del mito" e su questo Kierkegaard sarebbe stato d'accordo. Dove è la differenza?

Anche se io come Balthasar sono più impressionato da Nietzsche devo dire che su questo punto Kierkegaard ha ragione: l'immediatezza non è mai immediata, in essa stessa vi è una dialettica e una contrapposizione che Socrate contribuisce a mettere in luce; è Gesù lo farà del tutto con sul suo "la carne non serve a niente", ma la "carne" di cui parla Gesù non è il suo "corpo" che è mistero di vita.

Perché fra due ore vado alla Santa Messa e non in un bordello? Perché anche nel bordello non c'è quella immediatezza che Nietzsche vuole difendere a spada tratta; e non ci sarebbe neppure innamorandomi di una ventenne (il sogno di Goethe).

Se l'ipotesi della verginità corporale di Cristo non è vera, allora siamo davvero fottuti dall'immediatezza stessa che non è immediata - il che non vuol dire che tutti devono vivere come "vergini", ma che in quella verginità di Cristo c'è la fonte ultima della vita.


Il mito più di ogni speculazione, riflessione storica (inquadramento storico degli eventi) rivela ancora quella immediatezza che nella nostra esistenza è determinante: noi siamo pieni di rabbia come Achille, innamorati come Paride. Il cristianesimo dialogando in primo luogo con la filosofia ha perso quel partner che lo avrebbe aiutato ad esprimersi più immediatamente: Tolkien e C.S. Lewis lo hanno capito.

(9.12.19)

Una mia meditazione su Maria, nel giorno dell'Immacolata concezione, in dialogo con Luigi Giussani
Questo testo di Luigi Giussani su Maria (1982) è di importanza decisiva per comprendere cosa sia l'appartenenza cristiana, anche contro ogni forma di apocalittica. (https://it.clonline.org/tracce/pagina-uno/chi-è-la-madonna.amp)
"Ciò che in noi non deve venire mai meno è l’adesione della nostra fede: quando le emozioni non ci sono più, quando non hai più la carica iniziale, quando gli amici non ci sono, ciò che deve rimanere è la nostra fedeltà all’adesione data a Cristo." (Giussani).
Ieri passando una giornata dai Benedettini a Wechselburg (a 70 chilometri da casa) non avevo un posto dove stare nel tempo tra le funzioni; la signora a cui avevo scritto mi aveva accolto in Chiesa con gentilezza, mi ha invitato ad "servizio della Parola" luterano sull'Avvento e a bere il caffè nella "casa dell'incontro" dopo questo servizio (in cui tra l'altro ho conosciuto due persone simpatiche), ma dopo l' Ora media, non sapevo bene dove andare; ho pensato di tornare a casa, ma sono rimasto, perché avevo visto che quell'atto di fede nel partecipare nella basilica minore alla Santa Messa, all'Ora media e ai Vespri era importante e non ho ceduto. È solo un simbolo, ma è spesso così che perdiamo l'entusiasmo per un idea che abbiamo avuto o per un compito che abbiamo "sentito".
In questo testo Giussani ci invita ad una fedeltà al di la dei sentimenti. Quando ero a pranzo (ho poi trovato un ristorante dove mangiare) Renato Farina mi ha inviato "per conoscenza" un testo-intervista con Antonio Socci pieno di falsità contro il Papa. Un'intervista dall'apparente tono "mite", come quello che ultimamente usa anche Salvini; nel caso di Socci anche un "io faccio il tifo contro di me per il Papa", etc. Prima dei Vespri lo stesso Farina mi ha inviato questo testo di Giussani. Ho pensato: come anche Ferdinand Ulrich (che ha letto sette volte "Quell'orribile forza" di C.S. Lewis), anche Luigi Giussani ha fatto le sue indicazioni "apocalittiche" (Vladimir Soloviev, Robert Benson...), ma tutte queste indicazioni, come la traduzione nella sua editrice dell' "Abolition of the man" di C.S. Lewis di Balthasar, sono datate, sono state fatte da uomini che nel XX secolo hanno subito una storia di male quasi assoluto (stalinismo, nazismo) e che hanno pensato che all'orizzonte spuntasse un male ancora più raffinato. Può darsi, vedremo - Gesù ci dice di non prepararci al male e alle sue accuse; lo Spirito Santo ci indicherà la posizione da prendere. Applicare l'immagine dell'uomo apparentemente di pace (che tra l'altro vogliono essere tutti gli uomini al potere di oggi: da Trump, a Putin a Xi Jinping, anche Erdogan si presenta come uomo di pace o Assad come necessario alla pace...) al Papa è semplicemente grottesco.
Per quanto mi riguarda la filosofia del dono dell'essere come amore di Ferdinand Ulrich, le indicazioni sull'appartenenza cristiana di Luigi Giussani e il Balthasar in tutta la sua Trilogia (estetica, drammatica e logica) sono ben più importanti delle loro indicazioni apocalittiche. E poi non si deve dimenticare che nella vera "Apocalisse" che è "Parola di Dio", si parla di una battaglia con il male, non nel futuro o non solo nel futuro prossimo o lontano, ma in una "realtà di mezzo" sempre attuale, come anche con ragione dice Socci (l'unica cosa vera che ha scritto), ma non bisogna dimenticare che nell'Apocalisse la bestia del male è stata già sconfitta! Non dobbiamo temere nulla, solo essere attenti a non essere troppo "schizofrenici" e "labili" come spiega Giussani in questo testo.
E dobbiamo sopportare una "solitudine" che prima di tutto ha sopportato Maria: lei da sola, con quindici anni, ha detto il suo si, prima di ogni società cristianista. Sola cum solo! Questa può essere a volte più forte delle nostre capacità come quando perdiamo una persona che amiamo o quando essa soffre!





domenica 1 settembre 2019

Wir nehmen alles Denken gefangen in den Gehorsam auf Christus hin - Ein Brief zur Philosophie Ferdinand Ulrichs

Leipzig. Lieber Ferdinand (mein Sohn), 
es war eine große Freude mit Dir den Anfang des "Homo Abyssus. Das Wagnis der Seinsfrage", Einsiedeln 1961 (Einsiedeln, Freiburg, 1998) zu lesen und zu kommentieren. Du trägst den Name Ferdinand, wegen unserer Begegnung mit Ferdinand Ulrich; als Du neulich ihn angerufen hast, hat Dir dieses Buch geschenkt, dem ich vor einigen Jahren viel Zeit, am Frühmorgen in den Ferien gewidmet habe, und das ich so verinnerlicht habe, das fast alles, was ich philosophisch denke und sage, irgendwie mit diesem Buch zu tun hat. 

In dem Vorwort von Ostern 1961 befinden sich 2 oder 3 Punkte, die ich festhalten möchte und dann noch einigen Schritten des ersten Kapitels.

1. Das Wagnis der Seinsfrage ist keine Nostalgie für ein verlorene gegangene Sein oder für ein Noch-nicht-Sein des Seins. In beiden Fällen würde sich um eine "Veressentialisierung des Seins" handeln (in Richtung einer verlorenen Vergangenheit oder eine noch nicht gefundenen Zukunft), die dem Geheimnis des Seins nicht gerecht wäre. Das Sein ist keine "Essenz", keine "res" (Sache), keine "Hyposthase" (Person). Das Geheimnis des Seins besteht in seiner "Überwesenhaftigkeit". Die Essenz einer Sache ist seine Idealisierung, aber das Sein ist keine Idealisierung der Wirklichkeit. Unter dem Reich der Dingen, der "res" gibt es nicht ein Ding, das das Sein wäre. Das Sein ist auch keine Substanz oder Person. Es ist jenseits und diesseits von all dem, eben "überwesenhaft".  

2. Das Denken, das versucht dem Sein auf die Spur zu kommen, will jegliche mondäne Gefangenschaft vermeiden und deswegen bewegt sich, in der "selbigen Verwendung von Gehorsam und Freiheit" freiwillig in der Gefangenschaft Christi, der den konkreten und universale Logos als Liebe ist. Dieser Logos ist der einige Grund der Überwesenhaftigkeit des Seins. "Ohne den Logos konnte nichts werden. In ihm war das Leben, und Leben ist Licht für die Menschen" (Johannes 1,4). Dieser Logos kann nicht "begriffen" werden, er kann nur "gesehen" und "gehört" werden, wir können ihn erkennen als die Herrlichkeit von alldem, was ist, von allem Seiende! Die Philosophie bewegt sich in dieser freien Gefangenschaft, weil nur im Logs hat sie bestand! Deswegen sagt Ulrich im Vorwort, dass er Verständnis hat für allen diesen Philosophen, die allergisch auf eine Vermischung von Theologie und Philosophie reagieren. Es gibt einen tiefen Band zwischen Philosophie und Theologie, aber keine Vermischung! 

3. Was ist das Sein? Ein Akt der Schenkung des Seienden in der Vielfalt der Substanzen (Steine, Pflanzen, Tieren, Menschen) als Liebe. Wenn ich Dir eine Rose schenke, die Substanze sind: ich, die Rose und Du. Das Schenken ist "nichts", aber nicht das Nichts des Nihilismus, sondern das Nichts der Gratis Liebe! Ohne dieses Nichts die Wirklichkeit wäre nur mondän,  sie hätte nicht mehr in sich dieses Geheimnis der Überwesenhaftigkeit, alles Stunde in der Gefangenschaft des Todes! Mit Thomas von Aquin, sagt Ulrich: "dem Sein kann nichts hinzugefügt werden, was ihm selbst äusserlich wäre, cum ab eo nihil sit extraneum, nisi non-ens"; nulla è estraneo all'essere, a parte il non essere! "Kein Schritt kann getan werden , der ausserhalb des Seins läge" - wir sind seit immer und in all dem was geschieht im Geheimnis des Seins als Gabe bzw. Liebe! Hier ahnen wir eine "similitudo" (Ähnlichkeit) zwischen dem Geheimnis des Seins als Liebe und dem Geheimnis des Logos als Liebe! Keine philosophische Reflexion würde uns zu dieser Ähnlichkeit führen, nur die Gnade, die uns den Logos geschenkt hat, lässt uns auch verstehen, dass das Geben des Seins und das Geben des Logos leben von der selben Gratuität! Sie sind Ausdrucksformen der Gratis Liebe, als Schöpfung und Erlösung. 

4. Als Philosophen wollen wir den Selbststand der Philosophie verteidigen, wir wollen keine Pseudotheologie betreiben. Wir suchen in der Wirklichkeit die Spuren eines letzten Geheimnis, wir gehen der Verwandtschaft zwischen Denken und Danken nach: es fehlt uns nicht eine "res", das einmal gewesen ist und auch nicht eine, die uns einmal in der fernen Zukunft geschenkt wird, wir suchen jetzt die Gründe einer letzten stauenden Dankbarkeit, dass etwas ist statt lieber nichts! Die Versuchungen des Traditionalismus und des Progressismus sind uns beiden fremd! Das Sein als Liebe wird uns jetzt geschenkt! 

5. Als Christen wollen wir den folgen, ohne den alles in der Gefangenschaft des Todes stünde. Wie sind verliebt und lieben Seine Schönheit, die bis in die Tiefe des Todes hinabgestiegen ist und verkünden seine Auferstehung uns seine Wiederkunft, gelegen und ungelegen, weil wir der Finsternis nicht verbreiten wollen: "das Licht macht die Finsternis hell, und die Finsternis hat das Licht nicht verschluckt" (Johannes 1,5) - sie hat das Licht nicht anerkennen wollen, aber sie hat sie nicht verschluckt! Das Sein ist erste und letzte Positivität, die nicht zerstört werden kann, wie der Logos nicht zerstört werden kann!  Glaubhaft ist nur die Liebe! 

Gott wird uns auf diesen Weg weiter gehen lassen und noch besser verstehen, so wie es ihm gefällt! 

Dein, Papi  

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Antworten auf Reaktionen

Lieber (...),
 ganz wichtig Deine Assoziation von Ulrich mit diesem Bild von Rembrandt und Lk 15, 11-32.  In der Tat in seiner biblischen Ontologie, "Gabe und Vergebung" (2006) Ulrich kommentiert philosophisch gerade diese Passage des Evangeliums. "Homo abyssus" (1961) ist eine sehr ambitionierte Lektüre, aber im Grunde geht es um dasselbe Geheimnis. Ich denke nicht, dass diese Umarmung eine Gefangennahme ist, aber mit Ulrich denke ich, dass diese Umarmung nicht vorwegzunehmen ist. Wenn Sie einmal ganz stattfinden wird, werden wir eine unendliche Freude empfinden und gar keine Vergleich mehr machen. Als der verlorene Sohn sich entscheidet zurück zu gehen, macht er noch ein bisschen "Vergleichen" (nimm mich bitte "wie" ein Tagelöhner...) - in einer gewissen Hinsicht, solange wir unterwegs zum Vater sind, können wir nichts anders tun als die Umarmung als eine Gefangennahme zu sehen, aber gerade weil wir unterwegs sind. Bei jener Umarmung werden wir spüren, dass keine andere Umarmung auch nur ein bisschen mit der des Vaters zu verglichen ist; auch der gelungenste Orgasmus bewirkt nicht die Vergessenheit, die die Umarmung des Vaters hervorbringen wird. Gruß, r

(4.10.19)

Perché Dio Padre può raggiungere il cuore di una persona come San Francesco? 

Perché è davvero Padre, dona l'essere senza condizioni. È presente nell'oscurità dell'attimo vissuto dal figlio. Perché a questo suo figlio ha donato da sempre l'essere-se-stesso, l'acqua, il fuoco, madre terra, tutto! La libertà!