Pur parlando dell'essere come amore so che io stesso ho un corpo, non solo la mente (una grande idea di Leonardo Sciascia: si ha anche un corpo di un certo secolo), di questo secolo nichilista. Solo una grande grazia potrà porgerci la mano quando il ghiaccio si spezzerà.
Quali sono i punti con cui Kierkegaard e Nietzsche si difendono, uno come "l'ultimo cristiano" e l'altro come "anticristo", ma che vede ancora nel Cristo in Croce il simbolo più sublime, per camminare su quel ghiaccio sottile, con la coscienza che dopo di essi, chi andrà avanti per quella strada sprofonderà: il ventesimo secolo è stata la storia di quello sprofondare. Ed anche se dopo la seconda guerra mondiale, per l'avvertenza anche di grandi politici (De Gasperi, Adenauer...) abbiamo avuto tanti anni di pace, qui in Europa, non possiamo non vedere quella "guerra mondiale a pezzetti" che ci accerchia e quella inconsistenza umana che è in mezzo a noi!
In primo luogo la lotta contro la dissoluzione della qualità in quantità: la grande tentazione della scuola di massa. Non potrà mai nascere una "passione pedagogica" come progetto di massa. Non si tratta di difendere un concetto di élite astratta. Papa Francesco ci ha messo in guardia contro questa mentalità elitaria. Ma io ho potuto sopravvivere nel sistema scuola per quasi trent'anni, perché ero io! Un io che con Narnia o altro ha cercato di superare ogni forma di "livellamento".
La lotta contro una speculazione che non conosce nessun "senso necessario dell'essere" (Ferdinand Ulrich), conosce solo la necessità del livellamento di tutti gli individui in un'assurda idea di uguaglianza che fagocita ogni differenza.
La lotta contro il sistema chiuso: "il sistema è finito, ma la vita gli è passata accanto" (Balthasar). Vivo, ergo cogito!
La lotta contro un cristianesimo che diventato alcunché di dimostrabile, non è più una "presenza". La lotta che ha compreso forse più di tutti Luigi Giussani (1922-2005) e con cui ha cercato di educare tutto un popolo! Se sia riuscito nell'intento lo vedremo!
La lotta contra la disperazione di non poter morire, perché in qualche modo si è solo un piccolo tassello della specie uomo! Questa lotta non si gioca solo nel momento della morte, in cui moriamo davvero per risorgere davvero! La si gioca durante tutta la vita nell'unita del vivere, come un vivere e morire allo stesso tempo, come ci ha insegnato Ferdinand Ulrich. La parola di Gesù che se viviamo dell'eucarestia non moriamo anche se moriamo è una grande speranza, ma non per la specie, ma per l'uomo singolo che deve fidarsi, anche nella prospettiva dell'essere portato infine via in un sacco di plastica.
Entrambi i nostri due autori sono delusi dal cristianesimo. "Cosa nega Cristo? Tutto ciò che oggi si chiama cristiano" (Kierkegaard). La lotta vede solo una luce: quella di Cristo e questo in un certo senso vero anche per Nietzsche che vuole scegliere Dionisio! La noia dottrinale che i cristiani chiamano Cristo mi farebbe fare la stessa scelta! Cristo è gioia risorta sempre più sorprendete, Vita vera, che ci tende una mano sull'esile ghiaccio su cui camminiamo! Un nichilismo che ora ha raggiunto anche dimensioni planetarie nel modo agghiacciante in cui trattiamo la "nostra casa comune" (Papa Francesco).
Etc.
Approfondimenti
(7.9.19) Borghesi alla scuola di Guardini e Bergoglio ci ha fatto comprendere l'importanza della "polarità", dell'opposizione polare che non scade nella "contraddizione", Kierkegaard e Nietzsche, nell'interpretazione del Balthasar venticinquenne della dissertazione, pensano in modo "estremo", catastrofale". Cercano la "magia dell'estremo", la "tensione critica" (anche Bergoglio parla spesso di "tensione"). Ma in vero tra la posizione polare e quella catastrofica non vi è contraddizione ultima, perché la filosofia polare delle opposizioni non è diplomazia del consenso. Forse la differenza sta nel senso che Bergoglio ha del "popolo fedele", mentre Kierkegaard lotta in primo luogo per il "singolo", come fa anche Nietzsche. È un interpretazione errata quella della linea che è stata tracciata da Nietzsche ad Hitler (anche se forse Nietzsche non è del tutto innocente); lo sforzo gigantesco e geniale di Balthasar, è di far vedere come la fratellanza spirituale si trova appunto con Kierkegaard: Kierkegaard e Nietzsche sono l'alternativa. A cosa? Il messaggio filosofico è in primo luogo un messaggio per il singolo! Anche nel "popolo fedele" poi sono i singoli che fanno sul serio con il proprio "senso religioso" o appunto non lo fanno. Per la massa, Balthasar cita queste cose alla fine degli anni venti, la dissertazione è pubblicata nel 30, la cultura è destinata al declino e la massa non è il "popolo fedele" e quella per esempio, che oggi moltiplica l'oidio nei media ed è quella manipolata allora dai movimenti fascisti e nazisti.
In un certo senso la cultura cattolica è quella del "et...et", mentre l'"aut...aut" religioso e puritano da cui entrambi, il danese e il tedesco, originano, sembra essere in contraddizione con essa, ma non è così. Questa è una lettura del tutto non ecumenica e del tutto superficiale; le due posizione sono feconde solo in una polarità reciproca. Il pericolo delle marionette che entrambi hanno sentito molto forte è attuale anche oggi. La difficoltà nella educazione di un popolo consiste nel fatto che se non si educa la persona singola (una persona che si coinvolge in prima persona), il tutto contribuisce solamente ad un aumento della superficialità odiosa e odiante delle marionette (la rete è un grande spettacolo di questo). È davvero una "catastrofe", forse necessaria, che un singolo davvero vivo, anche in una comunità cristiana, è solo uno che rompe e che al massimo viene sopportato. In questo senso l'inclusione è sempre una bugia: è già cosa grande che uno possa esistere in modo parallelo a quella massa che è sempre stata manipolata!
"Kierkegaard non si interessa al futuro" dice Balthasar: "tutta la sua passione è dedicata a preparare il singolo al cammino", mentre Nietzsche segue anche la curva su cui si stava muovendo tutta una società, tutta la cultura europea si muoveva ed ora (2019) si sta muovendo verso la catastrofe e la catastrofe ha un nome "l'arrivo finale del nichilismo", "un tempo di guerre mostruose, cadute, esplosioni" (cfr. Storia del problema escatologico, 33). E tutto accade nella prima metà del ventesimo secolo proprio così come profetizzò Nietzsche - poi abbiamo avuto una pausa, almeno in Europa. Ora nel mondo si muovono spettri pericolosi. Trump non è la cultura dell'estremo, ma della prevaricazione arbitraria in difesa della propria ricchezza. Putin e il suo interprete culturale, Alexander Dugin, non sono da intendere sulla linea di questa alternativa (Kierkegaard e Nietzsche) ma sono solo espressione del potere che ha una sola urgenza: quella di mantenersi al potere (in questo Assad è forse il simbolo più disperato e disperante).
(Pomeriggio, dello stesso giorno, dopo aver letto una parte del capitolo a Naumburg in un Café vicino al duomo). Ovviamente anche Kierkegaard e Nietzsche sono un'alternativa, ma il Balthasar della dissertazione insiste molto che "entrambi sono uniti in considerazione e giudizio" (34) ed anche quando cerca di delineare le differenze fa vedere sempre di nuovo cosa li unisca. Differente è l'interpretazione di Socrate, che per Nietzsche è la fine della immediatezza greca che condurrà al cristianesimo e così alla menzogna; per Kierkegaard invece è il mistero che fa vedere come l'immediatezza stessa è in sé una bugia. Non c'è una "esistenza vera" che viva di sola immediatezza. Poi di nuovo similitudini: nella concezione agonale, tensionale (per usare il linguaggio di Bergoglio) della vita. La vita come rischio. Una frase di Novalis riassume un atteggiamento di entrami i nostri autori: "la nobiltà dell'io consiste nel libero alzarsi sopra se stessi" (35). La "volontà di potenza" non è una volontà di potere, ma appunto di elevamento sopra se stessi.
Differente è l'interpretazione del cristianesimo: come grande distanza dall'immediatezza (Nietzsche); come lo sviluppo più profondo dell'esistenza. In entrambi, se capisco bene, vi è però un bisogno di ballo e riso (di musica)! Il diavolo è al contrario serio! Entrambi sanno cosa sia l'angoscia, la paura del nulla (vi è qui una linea che deve essere tracciata fino ad Heidegger). Entrambi vogliono dare, a partire dalla propria intimità, un vero significato alla storia. Kierkegaard lo trova nel paradosso del cristianesimo: l'eterno diventa storia. Questa soluzione a Nietzsche non convince: l'immediatezza e gli ostacoli alla gioia sono troppo grandi. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma forse la critica più forte, quella in cui Kierkegaard diventa un alternativa a Nietzsche è la critica della malinconia: un'isteria dello spirito, un'incapacità di prendere decisioni, ed infine l'incapacità di vedere nel Dio morto un annuncio di speranza.
Entrambi pensano l'escatologia in modo individuale e non hanno un senso per una comunità salvifica. Sono entrambi soli ed entrambi hanno bisogno di maschere e sinonimi. Ma una maschera non può mai coprire la malattia della morte che ci portiamo dentro...e spesso tentenna, manca di coraggio di fare ora ciò che si è già capito, di decidere cosa si è già compreso.
(Più tardi, nello stesso giorno). Sette anni dopo la dissertazione, nel 1937, Hitler è già salito al potere da quattro anni, nella sua "Apocalisse dell'anima tedesca", Balthasar, ormai 32enne, riprende il tema, nel capitolo, alla fine del primo volume della trilogia, che è stata pubblicata anche come "Prometeo"), che porta il titolo "Kierkegaard e Nietzsche. Un duello di idee". Come due eroi dell'Iliade i nostri si combattano mentre gli eserciti sono sfiancati, meglio si combattano, pur non essendosi conosciuti, come l' "ultimo cristiano" e l' "anticristo". Ma anche ora questi due uomini vengono visti da Balthasar come "fratelli di spada", come "gemelli del destino", come "testimoni degli ultimi giorni" (Apocalisse, 696-697), che sanno due cose: il livellamento dell'uomo a membro di una massa manipolabile e la sottigliezza del ghiaccio del nichilismo. Ne abbiamo già parlato sopra. E sanno anche che dottrine, sistemi, scuola, discepoli non sono una soluzione, se è davvero in gioco la persona. Una battaglia apocalittica come quella di masse di uomini che vengono uccisi e forzati a migrare, come abbiamo visto negli ultimi anni in Siria, non si decide con una fedeltà ad una dottrina ed ad un sistema. Bisogna sperare contro la speranza, che il Dio morto, risorga! Ora!
In tanti temi fanno lo stesso percorso. Prendono sul serio la filosofia (il danese Hegel e il tedesco Schopenhauer), ma poi si distanziano da essa schernendo coloro che hanno in vero offerto un veleno, non una soluzione. Qualcosa di simile vale per la musica (Mozart, Wagner). Hanno un senso molto forte dell'ironia e non vogliono essere scambiati per poeti. Se c'è qualcosa di vero esso deve essere nascosto nell'esistenza (dottrina e sistemi non servano a nulla). Come Goethe fanno della loro vita un mito (forse nel mio scritto Libri ed altri ricordi, in questo punto dipendo molto da loro) ed usano delle maschere. La mia vita nella scuola senza una maschera non sarebbe stata per nulla possibile. Sono attori e Nietzsche lo dice esplicitamente: "il problema dell'attore è quello che mi ha reso irrequieto più a lungo". Un attore ha più identità e forse non sa nemmeno più quale sia la sua originale.
Per quanto riguarda la filosofia, quella di Ferdinand Ulrich sull'essere come amore, mi ha colpito perché non era una teoria. Nei pomeriggi interi passati a parlare con Ulrich era in gioco tutto l'uomo, suo e mio!
(8.9.19) Molte delle citazioni della dissertazione del 1930 vengono riprese ed approfondite nell' "Apocalisse dell'anima tedesca" del 1937; si tratta dell'ultimo capitolo del primo volume della trilogia. Kierkegaard e Nietzsche lottano insieme in tanti temi di cui abbiamo perlato in questo post, anche la lotta contro il socialismo li vede insieme, come lotta contro la riduzione della qualità in quantità. Quando poi Balthasar parla delle differenze, come aveva fatto nella dissertazione, parla di un'inimicizia come quella che possono avere solamente anime che vivono in una parentela intima. Dovremo capire se è vera la mia sensazione che Balthasar abbia una simpatia nascosta più per Nietzsche che per Kierkegaard, cosa che farebbe comprendere come mai nel 1942, sotto lo pseudonimo di Hans Werner, pubblicherà tre antologie su Nietzsche e non su Kierkegaard - i cristiani dovranno aver almeno sentito di queste critiche di Nietzsche, se non assumersene la responsabilità. Il Papa dal Madagascar ci fa riflettere su questo tema:
"Ma il Signore non vuole avventurieri solitari. Ci affida una missione, sì, ma non ci manda da soli in prima linea.
Come ha detto bene Vavy Elyssa, è impossibile essere un discepolo missionario da solo: abbiamo bisogno degli altri per vivere e condividere l’amore e la fiducia che il Signore ci dà. L’incontro personale con Gesù è insostituibile, non in maniera solitaria ma in comunità. Sicuramente, ognuno di noi può fare grandi cose, sì; ma insieme possiamo sognare e impegnarci per cose inimmaginabili! Vavy l’ha detto chiaramente. Siamo invitati a scoprire il volto di Gesù nei volti degli altri: celebrando la fede in modo familiare, creando legami di fraternità, partecipando alla vita di un gruppo o di un movimento e incoraggiandoci a tracciare un percorso comune vissuto in solidarietà. Così possiamo imparare a scoprire e discernere le strade che il Signore vi invita a percorrere, gli orizzonti che Lui prepara per voi. Mai isolarsi o voler fare da soli! È una delle peggiori tentazioni che possiamo avere.
In comunità, cioè insieme, possiamo imparare a riconoscere i piccoli miracoli quotidiani, come pure le testimonianze di com’è bello seguire e amare Gesù. E questo spesso in maniera indiretta, come nel caso dei tuoi genitori, Vavy, che, pur appartenendo a due tribù diverse, ognuna con le sue usanze e i suoi costumi, grazie al loro reciproco amore hanno potuto superare tutte le prove e le differenze, e indicarvi una bella via su cui camminare. Una via che viene confermata ogni volta che vi donano i frutti della terra perché siano offerti all’altare. Quanto c’è bisogno di queste testimonianze! O come tua zia e le catechiste e i sacerdoti che le hanno accompagnate e sostenute nel processo della fede. Tutto ha contribuito a generare e incoraggiare il vostro “sì”. Tutti siamo importanti, tutti, tutti siamo necessari e nessuno può dire: “non ho bisogno di te”. Nessuno può dire: “Io non ho bisogno di te”, oppure “non fai parte di questo progetto d’amore che il Padre ha sognato creandoci” (http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/september/documents/papa-francesco_20190907_vegliagiovani-madagascar.html?fbclid=IwAR2NrXyXZ8GZ6luT5bSuu5iLl6xSoY_bdgRowXwOh2rO8Z-9cHlWnFYcTKo. )
I nostri due autori non sono due "avventurieri", ma due uomini con in parte una missione comune. La correzione del Santo Padre, sulla necessità della vita di comunione, è molto importante, ma allo stesso tempo, credo che anche singoli del calibro di Kierkegaard e Nietzsche, che hanno una missione di disturbo (da non confondere con l'atteggiamento di "malati" in rete che spargono odio, non come "missione", ma come frutto di una manipolazione di massa), per chiamarla così, possano aiutare una comunità a non diventare solamente un club piccolo borghese. Solo prendendo sul serio la soggettività dei singoli è possibile vivere la comunione per quello che è: una casa in cui è possibile vivere, perché non si è omologati, ma un vero luogo di solidarietà.
(22.9.19)
(22.9.19)
L'unica cosa che mi interessa è l'esistenza
Lipsia. Riprendiamo il dialogo che Balthasar mette in scena tra Kierkegaard e Nietzsche nel suo "Apocalisse dell'anima tedesca".
Come abbiamo visto vi sono tante similitudini, ma sono anche "nemici", non solo "avversari", ma proprio nemici: " Già nella radice sono l'un l'altro nemici - nemici come lo possono essere solamente parenti. Solo perché sono prossimi l'un l'altro, si scontrano." Questa definizione di "nemico" deve farci riflettere. Riflettere sull'affinità che abbiamo con lui.
Lo scontro tra i due non è su teorie, si scontrano perché si trovano "corpo a corpo". Lo scontro ha senso quando riguarda l'esistenza, ci si scontra con una posizione perché non ci permette di vivere. Qualsiasi posizione "riflessa" che non ci permette di vivere, va fatta cadere. I farisei nel NT sono i maestri di questa "riflessione", per Nietzsche lo è Socrate: con lui finisce l'immediatezza del vivere. Poi nel cristianesimo questa immediatezza viene del tutto distrutta. Tante forme di appartenenza cristiana sono solo "riflessione".
Dobbiamo difendere a spada tratta il valore della sensualità e nostri lo fanno a loro modo (anche con la musica) - Balthasar sottolinea che "paradossalmente il compito dei grandi uomini religiosi del secolo: Hamann (che Balthasar riprenderà negli "Stili laicali" di Gloria), Baader (di cui Balthasar cita spesso il cogitor, ergo sum), Leontjew sarà quello di difendere i sensi contro gli attacchi dello spirito". Ed in vero è il "corpo" che io sento come la barriera e difesa più grande contro la "riflessione".
Kierkegaard e Nietzsche si scontrano su Socrate. "Per entrambi è l'uomo più importante della storia." Nietzsche dice chiaramente che egli è il "distruttore del mito" e su questo Kierkegaard sarebbe stato d'accordo. Dove è la differenza?
Anche se io come Balthasar sono più impressionato da Nietzsche devo dire che su questo punto Kierkegaard ha ragione: l'immediatezza non è mai immediata, in essa stessa vi è una dialettica e una contrapposizione che Socrate contribuisce a mettere in luce; è Gesù lo farà del tutto con sul suo "la carne non serve a niente", ma la "carne" di cui parla Gesù non è il suo "corpo" che è mistero di vita.
Perché fra due ore vado alla Santa Messa e non in un bordello? Perché anche nel bordello non c'è quella immediatezza che Nietzsche vuole difendere a spada tratta; e non ci sarebbe neppure innamorandomi di una ventenne (il sogno di Goethe).
Se l'ipotesi della verginità corporale di Cristo non è vera, allora siamo davvero fottuti dall'immediatezza stessa che non è immediata - il che non vuol dire che tutti devono vivere come "vergini", ma che in quella verginità di Cristo c'è la fonte ultima della vita.
Il mito più di ogni speculazione, riflessione storica (inquadramento storico degli eventi) rivela ancora quella immediatezza che nella nostra esistenza è determinante: noi siamo pieni di rabbia come Achille, innamorati come Paride. Il cristianesimo dialogando in primo luogo con la filosofia ha perso quel partner che lo avrebbe aiutato ad esprimersi più immediatamente: Tolkien e C.S. Lewis lo hanno capito.
(9.12.19)
(9.12.19)
Una mia meditazione su Maria, nel giorno dell'Immacolata concezione, in dialogo con Luigi Giussani
Questo testo di Luigi Giussani su Maria (1982) è di importanza decisiva per comprendere cosa sia l'appartenenza cristiana, anche contro ogni forma di apocalittica. (https://it.clonline.org/tracce/pagina-uno/chi-è-la-madonna.amp)
"Ciò che in noi non deve venire mai meno è l’adesione della nostra fede: quando le emozioni non ci sono più, quando non hai più la carica iniziale, quando gli amici non ci sono, ciò che deve rimanere è la nostra fedeltà all’adesione data a Cristo." (Giussani).
Ieri passando una giornata dai Benedettini a Wechselburg (a 70 chilometri da casa) non avevo un posto dove stare nel tempo tra le funzioni; la signora a cui avevo scritto mi aveva accolto in Chiesa con gentilezza, mi ha invitato ad "servizio della Parola" luterano sull'Avvento e a bere il caffè nella "casa dell'incontro" dopo questo servizio (in cui tra l'altro ho conosciuto due persone simpatiche), ma dopo l' Ora media, non sapevo bene dove andare; ho pensato di tornare a casa, ma sono rimasto, perché avevo visto che quell'atto di fede nel partecipare nella basilica minore alla Santa Messa, all'Ora media e ai Vespri era importante e non ho ceduto. È solo un simbolo, ma è spesso così che perdiamo l'entusiasmo per un idea che abbiamo avuto o per un compito che abbiamo "sentito".
In questo testo Giussani ci invita ad una fedeltà al di la dei sentimenti. Quando ero a pranzo (ho poi trovato un ristorante dove mangiare) Renato Farina mi ha inviato "per conoscenza" un testo-intervista con Antonio Socci pieno di falsità contro il Papa. Un'intervista dall'apparente tono "mite", come quello che ultimamente usa anche Salvini; nel caso di Socci anche un "io faccio il tifo contro di me per il Papa", etc. Prima dei Vespri lo stesso Farina mi ha inviato questo testo di Giussani. Ho pensato: come anche Ferdinand Ulrich (che ha letto sette volte "Quell'orribile forza" di C.S. Lewis), anche Luigi Giussani ha fatto le sue indicazioni "apocalittiche" (Vladimir Soloviev, Robert Benson...), ma tutte queste indicazioni, come la traduzione nella sua editrice dell' "Abolition of the man" di C.S. Lewis di Balthasar, sono datate, sono state fatte da uomini che nel XX secolo hanno subito una storia di male quasi assoluto (stalinismo, nazismo) e che hanno pensato che all'orizzonte spuntasse un male ancora più raffinato. Può darsi, vedremo - Gesù ci dice di non prepararci al male e alle sue accuse; lo Spirito Santo ci indicherà la posizione da prendere. Applicare l'immagine dell'uomo apparentemente di pace (che tra l'altro vogliono essere tutti gli uomini al potere di oggi: da Trump, a Putin a Xi Jinping, anche Erdogan si presenta come uomo di pace o Assad come necessario alla pace...) al Papa è semplicemente grottesco.
Per quanto mi riguarda la filosofia del dono dell'essere come amore di Ferdinand Ulrich, le indicazioni sull'appartenenza cristiana di Luigi Giussani e il Balthasar in tutta la sua Trilogia (estetica, drammatica e logica) sono ben più importanti delle loro indicazioni apocalittiche. E poi non si deve dimenticare che nella vera "Apocalisse" che è "Parola di Dio", si parla di una battaglia con il male, non nel futuro o non solo nel futuro prossimo o lontano, ma in una "realtà di mezzo" sempre attuale, come anche con ragione dice Socci (l'unica cosa vera che ha scritto), ma non bisogna dimenticare che nell'Apocalisse la bestia del male è stata già sconfitta! Non dobbiamo temere nulla, solo essere attenti a non essere troppo "schizofrenici" e "labili" come spiega Giussani in questo testo.
E dobbiamo sopportare una "solitudine" che prima di tutto ha sopportato Maria: lei da sola, con quindici anni, ha detto il suo si, prima di ogni società cristianista. Sola cum solo! Questa può essere a volte più forte delle nostre capacità come quando perdiamo una persona che amiamo o quando essa soffre!
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