giovedì 28 febbraio 2019

Carisma versus sistema - riflessioni filosofiche sul movimento di Comunione e Liberazione

Lipsia. A chi piacciono i "contraddittori" (1) può risparmiare energie e non leggere questo post che nasce dal desiderio di comprendere filosoficamente e in forza della "lex orandi" cosa accade nel Movimento di Comunione e Liberazione in queste ore dell'arresto di Roberto Formigoni e che è certo dell'esistenza di un "sistema cl" contrario al "carisma cl". Contrario nel senso della "contraddizione" e non dell'"opposizione polare", contrario come lo è il male al bene, l'essere al nulla nichilista. Feconde possono essere due posizioni opposte solamente se si illuminano e arricchiscono a vicenda. 

Con "sistema" (2) intendo la conquista di spazi politici venduta come ampliamento del regno di Dio. Con "carisma" il dono fatto dal cielo a don Luigi GIussani di una modalità di fedeltà alla Chiesa universale, sub et cum Petro, nel nostro tempo. Nella concezione della conquista degli spazi di potere i fini legittimano i mezzi adottati, anche se questi sono in evidente contrasto con i dieci comandamenti. Il carisma come dono del cielo "esistenzialmente viene prima del dogma" (Massimo Borghesi, Luigi Giussani, Bari, 2015, 239). Il carisma non potrà mai, come dono di Cristo stesso, che è venuto al mondo per donare "cieli e terra nuova" (Isaia), ma in cui neppure uno iota della legge va perduto, essere contro i dieci comandamenti. 

Sistema significa gestione del potere - senza quella radicale percezione di J.R.R. Tolkien che l'anello del potere non può essere usato, ma deve essere distrutto - dicevo gestione del potere, ma non nella modalità evangelica dell'ultimo posto (Charles de Jesus), del servizio (Gv 13), piuttosto come una presunta difesa della libertà della Chiesa. Non sto parlando di pauperismo ideologico, ma di quella ultima verità ontologica che conosce il "medesimo uso delle parole ricchezza e povertà" - l'essere è estremamente ricco, in fatti da questo dono dell'essere nasce e si comprende il tutto della realtà, ma è estremamente povero, perché non il dono dell'essere, ma le cose e persone donate sono sussistenti. Nel Vangelo questa verità ontologica, questa opposizione polare tra essere e enti donati, è raccontata in parabole (3). A livello filosofico vorrei aggiungere questo: questo punto mi è chiaro e saprei spiegarlo per voce senza alcuna difficoltà; per la sua formulazione scritta devo lavorarci su in un altro post. Tommaso d'Aquino dice che l'essere finito è semplice e completo, ma non sussistente. Intende con ciò questo: è semplice e completo come il dono di una rosa, ma è la rosa che sussiste, non l'atto di donare la rosa. Questa è la povertà dell'essere e la sua semplicità. È talmente povero che può essere scambiato per un "nulla" (cosa è poi il dono di una rosa? Un semplice gesto gratuito). Ma solo la coscienza di questa povertà ci permette di comprendere la gratuità ultima dell'essere che non può essere utilizzata per nessun progetto ecclesiale o politico. Questo è il motivo per cui non ho rinunciato a questo passaggio ontologico. La gratuità totale dell' Essere - che è il cuore del Vangelo e dell'atto creativo iniziale di Dio - non è questione di sentimentalismo pauperistico, ma la struttura ultima dell'essere che mal si combina con decenni di logiche di un sistema che vive di "contrapposizioni" e di "lusso borghese". Senza capire questa dimensione ontologica della "povertà e ricchezza come medesima dimensione", non si capisce neppure il senso del consiglio evangelico della povertà.

Il Santo Padre, Francesco, fa comprendere con semplicità ciò che io esprimo con categorie filosofiche, con il suo "primerear": c'è qualcosa che viene prima di tutte le nostre azioni ed è l'azione della donazione gratuita dell'essere. Essa è del tutto gratis, è semplice e completa, ma non è sussistente. Cosa significa quest'ultima cosa? Che essa è come un "nulla" - quando doni una rosa non si vede il dono, ma la rosa. Questo dono però è il significato ultimo della rosa, senza questo nulla (non nichilistica, ma dell'amore gratuito) del gesto la rosa sarebbe solo un oggetto, bello, ma pur sempre un oggetto, che in un paio di giorni è già meno bello. Il "mondo" che vuol far profitto - quello che chiamo sistema - non capisce nulla di questa gratuità del gesto "pro nihilo". Ma senza questo gesto il cristianesimo diventa solo "cristianità" o "cristianismo" (R. Brague). Cristo, però, è venuto ad annunciare l'amore gratuito del Padre, non a fondare un sistema di successi economici, spirituali, etc.

Se non si "confesserà" che questo sistema è "mondo" e non "chiesa" il carisma rischierà di essere spazzato via dal giudizio storico, che in questi giorni si sta presentando al mondo nella modalità dell'arresto di Formigoni. La vicinanza cristiana a quest'ultimo non può a sua volta diventare legittimazione della sua arroganza e della sua verosimile colpevolezza (anche se va detto che la legge dell'attuale governo, la "spazza corrotti", è verosimilmente anticostituzionale).

Il figliol prodigo nel paese lontano, nel "carcere" dei maiali in cui si è trovato ha dovuto confessare la sua colpa, senza pretese di essere trattato come figlio. Nel paese lontano comprese che la quantità di cose di cui si era impossessato o di cui aveva usufruito, avevano cancellato completamente la dimensione del dono dell'essere (non dell'avere) intesa sempre dal cielo quando viene donato un nuovo carisma. Anche quando ci è rimasto solo il cibo dei maiali - anzi anche quando anche esso ci viene negato - la grazia continua ad agire, ma non nella modalità della "giustificazione narcisistica di sé", ma della "confessione del peccato". Quando gli spazi da conquistare non fanno più vedere quel tempo di grazia necessario per comprendere che noi viviamo non per spazi, ma perché qualcuno ci dona gratuitamente l'essere-noi-stessi, allora siamo nel dominio di Satana per cui "cose" e "persone" sono solo strumenti della sua volontà di dominio. Satana ci ruba la calma interiore per assaporare il dono gratuito dell'essere! 

Per evitare fraintendimenti. Non esiste nella chiesa il "mio peccato" o il "suo peccato" - quando un fratello soffre soffrono anche gli altri, significa anche che siamo coinvolti nella stessa storia di peccato. Non mi sento meglio del figliol prodigo né di uno che si trova in galera - che non mi ci trovi io in galera è solo grazia. 

Io credo che Luigi Giussani fosse davvero un santo - anche se non lo ritengo senza responsabilità ultima per il proliferare del sistema (per esempio appoggiando e sostenendo persone che volevano in primo luogo la conquista di spazi di potere (Lombardia...) - , come lo è san Giovanni Paolo II, ma anche GP II ha fatto errori, ed anche gravi e non solo en passant, ma come sistema. Quando l'appartamento (cioè il Papa e il suo segretario) (4) hanno voluto McCarrick come arcivescovo di Washington hanno fatto un errore di sistema in cui non il Vangelo, ma la libertà della Chiesa e i soldi per la Chiesa e i seminari pieni sono stati il criterio per decidere e non l'ultimo posto del Vangelo. Poi sia Giussani che GPII con la loro lunga malattia (5) hanno certamente purificato molto dei loro errori, ma su queste cose bisogna essere chiari se non si vuole che vi siano persone che per questa storia non credano più in Dio e per salvare il buono che c'è nel movimento e in tante sue persone. Altrimenti il giudizio storico spazzerà via tutto!

Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam!

(1) Con la parola "contraddittorio" intendo una discussione in cui ci si contraddice per contraddirsi o per dirla con Goethe: una discussione in cui è gioco "der Geist, der stets verneint" (lo spirito che nega continuamente). Uno spirito di contraddizione che vive appunto della contraddizione e non dell'opposizione polare, in cui i due poli o i più poli in gioco si oppongono in modo fecondo, etc... Nel contraddittorio la posizione dell'altro non "risuona" (H. Rosa) minimamente nel mio cuore. Per quanto riguarda la formula del Vangelo: "segno di contraddizione", direi che il "segno di contraddizione" del Vangelo, cioè Cristo, viene crocifisso. Da questa crocifissione o "contraddizione" nasce una fecondità incomparabile alla fecondità di qualsivoglia discorso. Questo testimonia ancora una volta che non si può essere mai rigidi nell'uso di un certo linguaggio: la verità del Vangelo supera sempre infinitamente la filosofia. 

(2) Con la parola "sistema" non intendo la parola "istituzione". L'istituzione è a sua volta rivelazione dell'opera dello Spirito Santo. L'amore personale tra il Padre e il Figlio ha nella "terza persona" il suo riscontro oggettivo ed istituzionale, come fa vedere Hans Urs von Balthasar nel suo "Pneuma und Institution".  

(3) Questa dimensione di ontologia biblica può essere approfondita in italiano nella mia traduzione parziale del libro di Ferdinand Ulrich, che si trova in questo link nel mio blog, "Gabe und Vergebung": 

https://graziotto.blogspot.com/2018/11/4-il-ritorno-fatale-della-storia.html

e nel libro di Massimo Borghesi, Luigi Giussani. Conoscenza amorosa ed esperienza del vero. Un itinerario moderno, Bari, 2015. 

La ricchezza dell'essere non può essere sostituita da nessuna ricchezza del possedere, anche se è possibile avere nella modalità dell'essere gratuito; ma si può avere anche nella modalità del possedimento egoistico, individuale o collettivo. La ricchezza dell'essere è sovra-essenziale. L'essere è una reale polarità nei confronti degli enti e delle loro essenze (il cavallo concreto e l'idea di cavallo) e non è l'essenza dell'ente, perché questo lo ridurrebbe ad una idea astratta; l'essere è un dono gratuito a partire dal quale si spiega tutto e non è "causato" (la categoria della causa riguarda gli enti); è quella gratuità ultima di ciò che esiste, ma non è sussistente, non è un ousia, non è un patrimonio. È insomma la polarità più autentica che è "similitudo divinae bonitatis" (Tommaso), che testimonia che vi é stato un dono ontologico che non è si e no, ma che è un radicale si all'uomo e che non può essere usato per alcun progetto politico e che la sua ricchezza non è quella delle cose. Quando non si capisce più questo o meglio quando non lo si sente - e il sentirlo è una grazia - allora si diventa mondani, intrisi di una mondana spiritualità (De Lubac, Bergoglio). Don Giussani lo ha sempre saputo e per questo ha insistito correggendo il movimento richiamando alla realtà contro l'utopia. L'utopia riduce l'essere in una ousia che ancora non possediamo, ma che dobbiamo possedere, per essere felici. 

La sopravvalutazione dell'utopia è forse una conseguenza della mentalità del '68: l'anti-potere che tende alla conquista del Palazzo d'inverno. Leggendo la "Critica della teologia politica" di Massimo Borghesi impariamo a comprendere come l'utopia o la "teologia politica" devono essere corrette con quella riforma delle origini, che è un ritorno al NT, in cui il potere mondano e quello celeste/divino sono separati e lo sono per quell'attenzione alla gratuita dell'essere di cui parliamo. L'essere gratuito non si lascia tradurre in nessun programma utopico o di "teologia politica", e piuttosto quel "sale" evangelico che diventa orientamento per la politica e che Borghesi chiama "teologia della politica". Il filosofo italiano approfondisce questo tema nell'ultimo capitolo del volume su Giussani: "a Riccione Giussani contrappone la presenza all'utopia, cioè la testimonianza che sorge dalla fede, all'utopia, al progetto di cambiamento che nasce dall'umano" (Massimo Borghesi, Luigi Giussani, 2015, 236). Quella utopica è una mentalità gnostico-pelagiana per cui un élite può salvare il mondo con ogni mezzo, perché si è resi puri dall'"appartenenza". L'appartenenza diviene la comunità e la comunità è la salvezza. Da Comunione e liberazione a Comunione è Liberazione il passo è breve. Il carisma diventa in questa deriva sistema. Qui risiede la deriva ideologica di Cl che io chiamo "sistema" e che Giussani ha tentato, in molti modi, di correggere, non ultimo con la scelta del suo successore. Nella riduzione del carisma a sistema siamo confrontati con un'eterogenesi dei fini: "il cambiamento sociale e culturale era una conseguenza di una novità in atto, non il fine. Il fine era la comunicazione del Mistero presente, del cambiamento dell'umano già in opera" (Borghesi, ibidem, 237). Solo che l'umano già in opera lo si vede solamente dove si prende sul serio il dono gratuito dell'essere. Gratuito in tedesco si dice Umsonst che poi contiene due dimensioni: gratis et frustra. Non vi è amore gratuito se non si é disposti a fallire. Comunque anche o forse soprattutto il fallimento è grazia, come si può comprendere nella parabola del figliol prodigo. Senza questo accesso alla gratuità del dono dell'essere e senza ricordare che la testimonianza è un offerta al mondo che può essere ricevuta solo in libertà (ibidem, 239, sg.), il "movimento rischiava di diventare una macchina da guerra" (Borghesi, ibidem 237). O come dirà lo stesso Giussani: "una cosa terribile" (citato in Borghesi, 237).

(4) Come hanno mostrato Andrea Tornielli e Gianni Valente nel "Il giorno del giudizio", Milano 2017.

(5) Fa parte della genialità e santità di Giussani non solo avere sopportato la sua malattia, ma anche l'aver scelto don Julián Carrón come suo successore. Per quanto riguarda gli errori e i peccati dei Santi rimando al libro su "Tutti i santi" di Adrienne von Speyr, che fa confessare proprio tutti, anche Tommaso d'Aquino. Anche l'idea di non potere differenziare tra i miei e i peccati altrui ha come fonte ultima Adrienne. Per quanto riguarda le responsabilità di Giussani - che come ho specificato nella nota tre non significa che egli non abbia intrapreso quello che poteva per evitare il sistema cl - io penso concretamente, a parte, come ho detto prima, al sostegno di certe persone, fatto certamente con amore di padre, a quello che mi ha scritto un amico: "E' evidente che una qualche "teoria" deve aver influenzato tanti di CL. Io ritengo che il discorso sul moralismo è stata la teoria presa a giustificazione dei comportamenti. Il cristianesimo non è una morale, i cristiani sono liberi dalla legge. La libertà della Chiesa è il primo criterio in politica. Tutte cose giuste, ma usate ideologicamente per giustificare il non rispetto dei dieci comandamenti.
Ma lo stesso valeva per le brigate rosse. Loro denunciavano i politici corrotti ma questo non giustifica il fatto di ucciderli.Tornare al Vangelo, tornare a Pietro sono le uniche garanzie. Tutti i carismi, tutti i movimenti, tutti questi grandi uomini sono importanti per la Chiesa, ma non dobbiamo sottovalutare gli effetti collaterali di alcune predicazioni".

domenica 24 febbraio 2019

Cosa chiedo alle mie sorelle e ai miei fratelli di Comunione e Liberazione

Lipsia. Formulo in questo post alcune richieste che ho e che nascono da un ascolto attento di persone nel Movimento e spero, anche, dal mio amore preferenziale per esso, come via nella Chiesa che mi conduce a Cristo! 

1. In primo luogo il coraggio di un reale atteggiamento di confessione, non timido, ma autentico, come quello che abbiamo visto in opera in questi giorni da parte dei vescovi, uniti al vescovo di Roma e Vicario di Cristo in terra, sugli abusi sessuali. 

2. Il coraggio di seguire sempre il Papa o un arcivescovo come quello di Milano, che ci ricordano che dobbiamo superare ogni forma di dipendenza autoreferenziale al carisma, che è stato donato a don Giussani per la Chiesa e per la nostra missione nel mondo (o detto in modo più preciso nel, ma non del mondo). Chiedo che di non essere nostalgici, ma riconoscenti; non militanti, ma donatori di se stessi e di rimanere nell'amore gratuito di Cristo. 

3. Il coraggio di distaccarsi dal e "confessare come peccato" il "sistema CL" che è stato ed è spesso un sistema di occupazione di spazi politici, come abuso di potere. Anche se va detto con tutta chiarezza che la legge per cui in queste ore Roberto Formigoni è in carcere, con grande probabilità non corrisponde ai parametri della nostra costituzione, va anche detto che l'ex governatore della Lombardia è la vetta dell'iceberg che è il "sistema CL". Questo sistema ha fatto e fa tanto male alla forza missionaria del Movimento, alla sua credibilità come movimento ecclesiale che annuncia l'amore singolare e universale del Logos incarnato, disceso nel mistero dell'inferno e risorto per salvarci. 

4. La rinuncia al possesso di cariche di responsabilità all'interno del Movimento che vada oltre un certo limite di anni, con eccezione del Presidente della Fraternità, che viene eletto nel modo previsto e che deve essere (pensare, agire) sempre sub e cum Pietro. 

5. La riforma dell'associazione laicale "Memores Domini" con una presenza di "visitor" che non facciano necessariamente parte dell'entourage del gruppo adulto, in modo che esso sia realmente un gruppo adulto. 

6. La rinuncia a forme di militanza guerriera giornalistica e culturale che sono solo una possibile (entro certi limiti) forma  di presenza culturale. La vera presenza culturale sa riconoscere sempre il "momento di verità" anche in posizioni che non sono le nostre (Alberto Methol Ferré, Massimo Borghesi). 

7. Un atteggiamento ecumenico con tutti (in modo particolare con le altre confessioni cristiane e con le grandi religioni) nella modalità reciproca del fiore che si apre e della farfalla che giunge al momento giusto! 

Tutto ciò e ancor più significa confessare i propri peccati e confessare il nostro amore unico per il Cristo trinitario! Significa chiedere ciò che Charles de Jesus chiamava: l'ultimo posto. Meno spazi di potere politico e più tempo per Cristo! 

Roberto, un piccolo amico di Gesù 

mercoledì 20 febbraio 2019

Ein Soldat erzählt mir von seinem Leben in Afghanistan - im Gespräch mit Rocco Schmidt (und der deutschen Kanzlerin Angela Merkel).

Ein Soldat erzählt mir von seinem Leben in Afghanistan - im Gespräch mit Rocco Schmidt (und der deutschen Kanzlerin Angela Merkel).

Leipzig. Die Rede der Bundeskanzlerin in München, Angela Merkel, vor einigen Tagen zur Sicherheit, kann mit dem Wort "Multilateralismus", der Notwendigkeit des Multilateralismus, zusammengefasst werden. Nicht das eigene Land an erster Stelle, sondern die Beziehungen zwischen den Ländern - im Geiste jenes "Polyeders", der uns  Papst Franziskus zur Erinnerung gerufen hat - und noch mehr zwischen den Kontinenten ist die Notwendigkeit dieser unseren historischen Stunde, in der wir leben. Das deutsche Engagement in Afghanistan war nur einer der Punkte der Rede, die ich mit einem deutschen Soldaten, Rocco Schmidt, vertiefen konnte, der nach zwei Aufenthalten im Kosovo, für insgesamt etwa zwei Jahre dreimal in Afghanistan war. Der letzte Aufenthalt erfolgte zwischen Juli und Dezember 2018.  Rocco ist fest davon überzeugt, dass die Kanzlerin Recht hat: Das deutsche Engagement im Rahmen von RS (NATO, Resolut Support), zu dem die USA, Deutschland, Italien, die Niederlande und viele andere NATO-Länder gehören, gibt dem Land am Hindukusch Stabilität. Wenn sich die RS-Soldaten zurückziehen würden, würde Afghanistan in das Chaos der Taliban fallen. Viele Afghanen glauben, dass die Anwesenheit von Soldaten für ihr Land von Vorteil ist. Rocco erzählt mir stolz, dass das Schulleben wieder funktioniert und dass viele Frauen die Möglichkeit haben, Schulen zu besuchen und zu studieren. 

Für Rocco, einen der 1.300 deutschen Soldaten, findet das deutsche Engagement (mit einer überwiegend ausbildenden und nicht kampforientierten Aufgabe  - wie bei der ersten Mission mit dem Namen ISAF: International Security Assistance Force) in einer Klinik statt, in der unter anderem für ein Reinigungsunternehmen zuständig ist. Er leitet 12 Afghanen, die mit ihm arbeiten. Als ich ihn fragte, was die schönste und die schlimmste Erfahrung in seinem Engagement am Hindukusch sei, antwortete er, dass die schönste die Gehaltserhöhung, mit  zwei Sprüngen,  von 380 auf 500 Dollar, seiner Arbeiter gewesen sei. Das Schlimmste war, so viele verletzte Soldaten mit amputierten Beine und Arme (die u.a. im Kühlschrank zu bewahren seien)  und einmal sogar die Vorbereitung einer Leiche zu sehen und zu gestalten. Aber auch in diesem Fall bleiben die Soldaten nicht allein, sondern haben eine ausgezeichnete psychologische Betreuung, während der Reise und nach der Rückkehr nach Hause. 

Ich war beeindruckt vom Blick der Kanzlerin während ihrer Rede, die sie oft hielt, ohne das Manuskript zu lesen und in dem sie Chinesen, Afrikaner, Ukrainer oder anderen in die Augen geschaut hat, aber natürlich kann eine offizielle Rede nicht die vielen Frauen und viele Männer berücksichtigen, die sich hart für die Stabilisierung des Friedens in einem Land wie Afghanistan einsetzen. Die vierzig Minuten des Dialogs mit Rocco erlaubten es mir, den Blick von Angela Merkel auf diesen Soldaten zu richten, der wie alle Soldaten oft weit von der Familie entfernt lebt. Während des letzten afghanischen Aufenthalt hatten die Soldaten freies und unbegrenztes WLAN, so dass Rocco im Leben seines Sohnes Niklas präsent sein konnte, der im Gegensatz zu seiner Frau, der es  selbstverständlich bewusst war, einen Soldat zu heiraten, oft diese langen Abwesenheiten seines Vaters lebt, ohne seine vorherige Zustimmung geben zu können (man weiss halt nicht, dass man als Sohn eines Soldat zur Welt kommt). 

Auch wenn es Momente der Freizeit gibt, vom Kino bis zu den Gottesdiensten, beginnt für Rocco die Arbeitszeit gegen sechs oder sieben Uhr morgens und endet gegen zwanzig Uhr und das sieben Tage in der Woche. Ich frage ihn, ob es ihm nicht zu viel ist, er antwortet, dass für diejenigen, die ihre Arbeit lieben, dies möglich ist und auf jeden Fall die Angebote für Freizeit, die man auch während der Arbeitszeit in Anspruch nehmen darf, wie eine Stunde Fitnessstudio, ausgezeichnet sind. 

Hier in Deutschland hat er bereits mit jungen Menschen über seine Erfahrung in Afghanistan gesprochen und in ihnen großes Interesse gefunden. Es ist für unserem Soldaten, fast schon eine moralische Pflicht, jungen Menschen klarzumachen, welches Glück es ist, in Deutschland und nicht in Afghanistan geboren zu sein.

Am Ende sprechen wir auch über die Rede der Kanzlerin und die Bedeutung des Multilateralismus als einzige Möglichkeit eines erfolgreichen und gelungenes Lebens in der Welt: der Soldat Rocco und die Kanzlerin sind sich darüber einig. Der große deutsche Historiker der Antike, Christian Meier, sagte in einem Interview zu seinem 90. Geburtstag, dass "es macht für eine Kultur viel aus, wie viele Menschen sie tragen".  Es ist wichtig, dass sie von möglichst vielen Menschen und nicht nur von einer politischen Elite unterstützt werde. Nun, in diesem Punkt stehen Kanzlerin und Soldat auf der gleichen Seite des kulturellen und politischen Vorschlags, der heute aus Deutschland kommt: Multilateralismus als Schlagwort, nicht die individuelle Leistung eines Staates. Im Raum der Münchner Sicherheitskonferenz, als Angela Merkel diese Worte sagte, gab es einen langen Applaus; in Rocco's Gesicht,  der sich bewusst ist, einen italienischen Namen zu tragen, ein überzeugtes Lächeln, als wir über die Bedeutung und Notwendigkeit des Multikulturalismus sprachen.





Übersetzt mit www.DeepL.com/Translator  (mit Änderungen des Autors, für den allerdings deutsch keine Muttersprache ist)

Un soldato mi racconta la sua vita in Afghanistan - in dialogo con Rocco Schmidt (e con la cancelliera tedesca, Angela Merkel)

Lipsia. Il discorso della cancelliera tedesca a Monaco di Baviera, Angela Merkel, di qualche giorno fa,   sulla sicurezza, si può riassumere con la parola: "multilateralismo", necessità del multilateralismo. Non il proprio paese al primo posto, ma i rapporti tra paesi - nello spirito di quel "poliedro" che ci ha ricordato Papa Francesco - e ancor più tra i continenti è la necessita prima dell'ora storica che stiamo vivendo. L'impegno tedesco in Afghanistan è stato solo uno dei punti del discorso, che ho avuto la possibilità di approfondire con un soldato tedesco, Rocco Schmidt, che è stato per ben tre volte in Afghanistan per un periodo di circa due anni complessivi, dopo due presenze in Kosovo. L'ultimo impegno è stato tra luglio e dicembre del 2018.  Rocco è del tutto convinto che la cancelliera abbia ragione: l'impegno tedesco, nell'ambito del RS (Nato, Resolut Support), di cui fanno parte gli Stati Uniti, la Germania, L'Italia, l'Olanda e molti altri paesi della Nato, da stabilità al paese dell'Hindukusch. Se i soldati della RS si ritirassero l'Afganistan ricadrebbe nel caos talabita. Molti afghani ritengono la presenza dei soldati provvidenziale per il loro paese. Rocco mi racconta con orgoglio che la vita scolastica funziona di nuovo e che molte donne hanno la possibilità di frequentare scuole e studiare. 

Per Rocco, uno dei 1.300 soldati tedeschi, l'impegno tedesco, con un compito prevalentemente educativo e non di battaglia (come era invece il caso della prima missione che ha portato il nome ISAF: International Security Assistance Force), si svolge in una clinica, in cui tra l'altro ha la responsabilità di un'impresa di pulizia. Con lui lavorano 12 afghani . Quando gli ho chiesto quale fosse la più bella e la più brutta esperienza nel suo impegno nell'Hindukusch, mi ha risposto che la più bella è stata l'aumento di stipendio, di ben due salti, da 380 $ a 500 $ dei suoi lavoratori. La più brutta è stato vedere tanti feriti, gambe e braccia amputate da conservare in frigorifero ed una volta anche la preparazione di un cadavere. Comunque anche in questo i soldati non vengo lasciati da soli, ma hanno un'ottima supervisione psicologica, durante la trasferta e dopo il ritorno in patria.  

Mi ha impressionato lo sguardo della cancelliera, durante il suo discorso, che ha tenuto spesso senza leggere il manoscritto e guardando bene in faccia gli interlocutori cinesi, africani, ucraini o chiunque altro sia, ma ovviamente, un discorso ufficiale non può tenere conto delle tantissime donne e dei tantissimi uomini impegnati nel lavoro duro di stabilizzare la pace in un paese come l'Afganistan. I quaranta minuti di dialogo con Rocco mi hanno permesso di portare lo sguardo di Angela Merkel fino a questo suo soldato, che come tutti i soldati, e spesso lontano dalla famiglia. Nell'ultima presenza afghana aveva wifi libero ed illimitato, così da potere essere presente nella vita di suo figlio Niklas, che a differenza della moglie, che ovviamente è stata cosciente di spostare un soldato, si trova a vivere ogni giorno queste lunghe assenze del padre, anche per l'appunto come una mancanza senza un suo assenso preventivo. 

L'impegno lavorativo, anche se ovviamente ci sono momenti di tempo libero, dal cinema alle funzioni religiose, per Rocco comincia verso le sei o sette del mattino e finisce verso  le venti e questo per sette giorni alla settimana. Gli chiedo se non sia troppo, mi risponde che per chi ama il suo lavoro ciò è possibile e comunque le offerte per il tempo libero, che ci si può prendere anche durante la giornata lavorativa, come un ora di palestra, sono ottime. 

Qui in Germania gli è già capitato di parlare anche con giovani della sua esperienza ed ha riscontrato un grande interesse da parte loro. È per il nostro soldato, quasi un dovere morale, far capire ai giovani, quale fortuna sia essere nati in Germania, invece che in Afghanistan. 

Alla fine parliamo anche del discorso della cancelliera e dell'importanza del multilateralismo come unica possibilità di una vita riuscita nel mondo: il soldato Rocco e la cancelliera sono della stessa opinione. In un'intervista per il suo novantesimo compleanno l grande storico dell'antichità tedesco, Christian Meier, dice che non è per nulla indifferente  per una proposta culturale la sua estensione: è importante che essa sia sostenuta da più uomini possibili e non solo da un'élite politica. Bene, su questo punto la cancelliera e il soldato si trovano dalla stessa parte della proposta culturale e politica che viene dalla Germania di oggi: multilateralismo come parola d'ordine, non le prestazioni individuali di uno stato. Nella sala della conferenza sulla sicurezza di Monaco, quando Angela Merkel ha pronunciato queste parole, vi è stato un lungo applauso, nel volto di Rocco, cosciente di avere un nome italiano, un lungo sorriso quando ha parlato dell'importanza del multiculturalismo. 

domenica 17 febbraio 2019

Raccolta di miei pensieri in dialogo con alcuni libri di Vito Mancuso

Introduzione

La filosofia è femminile, inoltre, perché non la si acquisisce con il potere, o con l’erudizione, o con la forza della volontà, meno che mai con la violenza, ma solo con intelligenza, la dolcezza, l’amabilità, il coraggio e la capacità di generare fiducia.
Vito Mancuso, Il bisogno di pensare, 53-54

 Alle volte quando sono solo cado in astrazioni o distrazioni in cui il desiderio di felicità perde la sua "verginità", la sua parentela con il dono dell'essere come amore gratuito. Allora non basta la filosofia per risollevarmi, ci vuole una vera donna, come Etty, con il suo diario. Lei anche oggi mi ha preso per mano. Quando mi ha rimesso sulla strada, allora la filosofia ha di nuovo una chance con me. Il libro di Mancuso, di cui ho riportato qui nel post una frase, è tra le cose più belle che abbia letto negli ultimi mesi. Fa capire bene come mai la filosofia non può essere imparata, essa stessa è dono. Mancuso permette di comprendere la differenza tra il filosofo e il sofista. E fa vedere che verità, giustizia e bene sono la via in cui deve andare chi ama la sapienza. Quest'ultima ti viene donata come accade nell'innamoramento: non "come fatalità inspiegabile", ma come corrispondenza che non può essere prodotta; lo stesso vale per il dono dell'essere non è produzione. Essere filosofi è la modalità con cui possiamo vivere l'umiltà del non dover produrre...

Qui di seguito raccolgo alcuni pensieri che ho pensato in dialogo con il filosofo italiano negli ultimi giorni! 

Prima riflessione

Alcuni pensieri su Vito Mancuso 
L'altro giorno l'aver postato un twitter del filosofo e teologo italiano Vito Mancuso - tra l'altro su un tema di politica e non di teologia - ha provocato una reazione di sconcerto in un lettore del gruppo "I contadini di Peguy". 
Cosa avrebbe a che fare questo filosofo che porta "veleno teologico" nella Chiesa con i Contadini di Peguy? 
Visto che sono in Italia per una settimana di ferie sono andato in libreria ed ho comprato tre libri. 
Il libro che mi era stato consigliato non c'era (L'anima e il suo destino). Per chi come me viene da un confronto serrato con Ernst Bloch, che diceva che il meglio della religione sono le eresie, il tentativo di discernere la differenza tra Dio e Deus in "Dio e il suo destino" non mi spaventa, anzi mi sembra un pensiero che debba venire approfondito in un reale dialogo senza paure, tanto più che è evidente che vi è davvero un problema di ambiguità nella parola "onnipotenza" se non si fa comprendere ai lettori cosa essa centri con la frase di Giovanni che "Dio è amore". Poi un pensiero come quello di Mancuso, che prende sul serio l'esistenza storica, merita una risposta adeguata, che ovviamente non si trova in questo mio post. 
Il Vito che ho conosciuto io tantissimi anni fa, era ancora un giovane pensatore in "statu nascendi", il Vito Mancuso che incontro nei suoi libri: "il bisogno di pensare" e la "via della bellezza" è un pensatore maturo di cui condivido appunto "il bisogno di pensare", senza essere appiccicato a dipendenze che non hanno a che fare con il mio essere interiore, condivido la differenza che pone tra bisogno e necessità ed anche l'idea che la bellezza è una via. Non so come mai egli pensi che la sua ricerca di un "interior intimo meo", che eviti egoismo, narcisismo ed alienazione e che si oppone ad un teismo e dualismo ontologico ed allo stesso tempo al panteismo e monismo ontologico, non sia conciliabile con il pensiero di Hans Urs von Balthasar, ma non vedo in lui un'esigenza di salotto, piuttosto un bisogno di una reale amicizia esistenziale e un reale bisogno di filosofia. 
Nello scontro tra JP II e BXVI su Goethe starei con Mancuso più con BXVI per motivi che ho cercato di spiegare nel mio blog in dialogo con Romano Guardini e Massimo Borghesi: il nichilismo non è un polo opposto e fecondo all'essere come dono, ma la sua negazione. Non sono invece d'accordo che BXVI non abbia alcun senso del problema posto da Mancuso e cioè che l'uomo non sia solo artefice del peccato originale, ma sua vittima. 
Insomma mentre nel suo twitter sulla Francia non avevo alcuna obiezione, ho certamente tante domande sulla filosofia e teologia di Vito Mancuso, tanto più che nel mio cammino da Ernst Bloch a Ferdinand Ulrich io sono andato su un altro percorso, ma non vedo in lui un "veleno", piuttosto un'interessante sfida di pensiero e di vita. 
Interessante sarebbe sapere cosa Vito pensi del pensiero antinomico di Bergoglio e del suo dialogo con l'Islam che lo ha portato a firmare qualche giorno fa negli Emirati Arabi il documento sulla "fratellanza umana" con il grande imam Ahamad al- Tayyib.
PS Tutto questo è del tutto chiaro che un “figlio” di Carlo Maria Martini e uno di Hans Urs von Balthasar non si trovino nella stessa posizione filosofica e teologica.

Seconda riflessione

Come orientare il desiderio? - in dialogo con Vito Mancuso (cfr. Il bisogno di pensare, Milano 2017, 19-33)
La critica al desiderio di Mancuso è "sincera", anche se vi vedo anche dei corto circuiti. 
Lui è infinitamente più dotto di me; io sono un'insegnante di paese, che di fatto ha pensato solo unicamente un pensiero: quello della gratuità del dono dell'essere, che non è, però, il dono di un Deus avaro "che ama senza mai uscire da sé" (23), ma quello di un'amante che dona alla sua amata "pro nihilo" una rosa. Questo è secondo me il corto circuito più forte nella pagine di cui stiamo parlando. L'indifferenza ignaziana non ha nulla a che fare con questa idea di Deus, ma è un orientamento del desiderio, come fa capire bene il "Suscipe": prenditi tutto o Dio, ma dammi l'amore gratuito! Quindi proprio nel senso di Mancuso, figlio spirituale di un gesuita , il cardinal Martini, il Suscipe di Ignazio è orientamento del desiderio: "orientandolo in modo tale da innalzarlo e trasformarlo in aspirazione" (33). 
Il libro è scritto con la modalità letteraria di una discorso diretto ai suoi lettori che vengono invitati a prendere posizione, spesso, però, le alterative sono astratte, tanto più per chi è stato educato a pensare con un pensiero antinomico, come quello presentato da Massimo Borghesi, interprete di Guardini e Bergoglio, per cui, per esempio, distacco e comunione non sonno una "contraddizione", ma una "polarità feconda". Anche il non avere desideri ed avere un desiderio che orienta gli altri non sono necessariamente una contraddizione, come il buddismo e il cristianesimo nell'amicizia tra Luigi Giussani e Shodo Habukawa non lo sono, anzi si rapportano reciprocamente come il fiore che si apre e la farfalla che arriva. 
Detto questo, però, vi è una "sincerità ferita", una "passione" in Mancuso che mi attirano. Il suo "principio passione", il suo "l'amore è un legame totale", non hanno nulla di piccolo borghese. Per questo Mancuso capisce bene il cuore di Etty Hillesum, anche se la donna con il suo pensare femminile non si mette a filosofare sull'amore "nella sua dimensione razionale e ancor più irrazionale", ma ci "passa in mezzo", più di quanto noi maschi siamo capaci a fare. Leggevo in una pagina del diario di Etty questa mattina: "I sentimenti di amicizia, stima, amore di noi donne in quanto persone sono tutte belle cose, ma in fin dei conti non vogliamo che l'uomo ci desideri come donne?" (4.8.41). Etty sa che anche questa domanda non è del tutto "sincera", perché in fondo la passione si gioca sempre dentro una storia e non nella filosofia o nel resoconto di un diario che è sempre solo "avvicinamento". Per quanto io ritenga necessaria la filosofia per comprendere "il senso necessario dell'essere", ma necessario nel senso della lunga tedesca, come alcunché che sappia orientare e superare il bisogno in cui ci si trova, essa non appagherà mai il desiderio ultimo, senza il quale come dice Mancuso non possiamo che "assiderare". 
È vero che il "tutto è grazia" (Bernanos) non è del tutto vero, ma non lo è perché qualcosa è "disgrazia", ma perché manca la dimensione del futuro in quella frase: "tutto diventa grazia" (Giacomo Tantardini) mi sembra la scommessa che ci fa fare Cristo in forza della sua croce e della sua discesa all'inferno! Io amo molto Goethe, in modo particolare quello delle "affinità elettive", ma Faust stesso non viene salvato dal brivido come migliore parte dell'umanità (cfr. 33), ma dagli angeli (Faust II) e più in profondità dal cuore capace di "entsagen" di Ottilie che è figura di quel Cristo che Goethe non ha mai saputo fino in fondo "amare", "quia Deus meus est" (Francesco Saverio) - ma non nel senso del Deus mancusiano, ma della Trinitas, figura ultima dell'Amore gratuito! 
Come orientare il desiderio? Guardando a quella persona che è il Logos universale e concreto, capace di integrare, includere tutto, come ha mostrato Papa Francesco negli Emirati Arabi!
Terza riflessione con una risposta di Massimo Borghesi
Sulla filosofia come idea femminile di amore incondizionato - in dialogo con Vito Mancuso (cfr. Il bisogno di pensare, 35-53)
Le pagine citate contengono una chiarissima spiegazione dei termini: sensazione, percezione, concezione e pensiero. Sono pagine molto belle ed anche utili per insegnare filosofia nella scuola. Il pensiero viene poi presentato come un'attività della mente e del cuore in un dialogo intenso con la filosofia greca e con tante tradizioni religiose. Il viaggio intrapreso porta all'idea della filosofia come idea femminile di amore incondizionato. Quindi sono una reale "sfida" per la filosofia dell'amore come dono gratuito dell'essere, che ho cercato di sviluppare In questi anni in modo frammentario nel mio insegnamento e nel mio blog (anche nei mei articoli per il Sussidiario). 
Come anche in Luigi Giussani, il modo di pensare di Vito Mancuso è più "conoscitivo", mentre il mio è più "ontologico", nato da una confronto serrato con il pensiero di Ferdinand Ulrich. Il mio è un confronto con il Logos universale e concreto dell'amore gratuito di Cristo, espresso in termini ontologici. In un certo senso si tratta di un lavoro più maschile e che quindi intende come arricchimento il lavoro "femminile" di Mancuso. Perché la polarità maschile e femminile è sempre fecondo. 
Il mio è un lavoro più monastico e che identifica nel cuore del mondo un movimento di finitezza che è ciò che veramente mi sorregge. È la grazia che mi sorregge e che mi rende vivo. Analogamente a ciò che dice Mancuso per l'idea femminile di cui parla. Insomma per me "ipsa philosophia Christus est", ma ciò non mi impedisce un atteggiamento di "integrazione" (Balthasar), di "inclusone" (Bergoglio) nei confronti di tutto il resto. 
Con Mancuso mi unisce in modo particolare, nel seno di tutta la storia della filosofia, la critica all'opinione "come emozioni espresse a parole". Sebbene le emozioni siano importanti, esse nel loro caotico e narcisista innamoramento di sé come io = io, quando vengono espresse sono solo "opinioni" utilizzabili e manipolizzabili dal primo tiranno populista che entra nella storia del mondo. 
Mi unisce anche il bisogno di pensare in modo chiaro e pulito, come piccola parte del mondo, nel senso che ho bisogno, come tutti, della sinergia degli altri, tanto più se sono "mondi" (puliti). In Cristo vi è una chiara confessione del peccato del mondo, sulla croce e nella discesa all'inferno. Ma egli stesso cerca il polo femminile (la chiesa universale, cioè cattolica) per esprimersi sulle vie del mondo. Questa è solo "ancella del Signore" (Maria), ma come lo é anche la filosofia, che se è assolutizzata, diviene gnosi sterile. Come ancella ci permettere di discernere cosa sia davvero "amore gratis".
Caro Roberto su questo tema la riflessione, quella cattolica in particolare, deve camminare molto. La teologia è stata tradizionalmente, così come la filosofia, un'opera "maschile". Il polo femminile è rimasto sotto traccia. Qui la rivoluzione di Cristo è stata grande al punto che Paolo, nonostante i residui di misoginia, può scrivere che in Cristo non c'è più nè uomo né donna... Il limite di tante trattazioni è, in sede teologica, l'idealismo mistico. Il momento mistico emerge solo alla tangenza della realtà, come eccdenza di senso e non come sublimazione-idealizzazione del reale.Quando si idealizza troppo poi la psicologia si rivolta. Massimo Borghesi

giovedì 7 febbraio 2019

Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune” firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib / Con commenti di Roberto Graziotto

La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.

Alcune frasi del documento



In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.

Commenti miei: 

La dichiarazione contiene frasi molto belle sulla fratellanza che devono essere lette interamente. Qui vorrei sottolineare alcuni punti che mi hanno colpito in una prima lettura. In primis la critica al  "vortice dell’estremismo ateo e agnostico". Oggi nella mia lezione di filosofia nella decima sul tema "ho paura della morte?" ci siamo confrontati con la questione della contraddizione (non opposizione) assurda tra essere e nulla. Chi con veemenza pensa alla morte come una porta verso il nulla, afferma in primo luogo qualcosa di fortemente "contraddittorio", non per motivi teologici, ma in primo luogo per motivi filosofici, propio per il fatto che il nulla non è un polo fecondo nei confronti dell'essere, ma una sua radicale contraddizione. Quando ho letto la formula:  "vortice dell’estremismo ateo e agnostico", ho pensato in primo luogo a questa contraddizione nichilistica. Quest'ultima viene paragonata dal documento all'integralismo religioso. 

Il documento sottolinea l'importanza della famiglia per superare i pericoli del nichilismo ateo e religioso. Ed invita a trovare un accesso al "senso religioso", che viene visto in contraddizione con "le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni".

Se la vita è dono (affermazione più quotidiana della filosofica: l'essere come dono), in essa vi è una lotta contro "tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo".

- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni. // Questa frase del documento ha spiazzato e spiazerà tutte quelle persone che pensano che "lottare per la verità" sia una forma di "gnosi". Io conosco la verità, mentre gli altri non la conoscono e così devo fargliela  capire. Si dimentica sempre in questo atteggiamento che se uno ci facesse davvero sapere la verità su noi stessi, senza prendere sul serio per esempio il valore spirituale della discrezione, allora noi saremmo schiantati nel nostro niente. Questa è anche la difficoltà della riproposta dell'intervista di Corti a cinque anni dalla morte. Non i suoi pensieri combattivi, ma la sua opera è quello che infine un autore ha da dire, perché in un opera d'arte o di scienza si è sempre confrontati con la missione letteraria o teologica o filosofica dell'autore, le sue opinioni da giornali sono spesso motivo solo di "discussioni inutili". 

Continua. 



http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/2/4/fratellanza-umana.html



http://w2.vatican.va/content/vatican/it.html

venerdì 1 febbraio 2019

Suits - eine Serie von Netflix, die mir von einigen Schülern empfohlen worden ist

Leipzig. Zweifelsohne handelt es sich um "Kunst". Ob "Suits" "große Kunst" ist, ist hier nicht relevant, auch weil ich es gesehen haben um etwas in meiner freien Zeit mit meinen Jugendlichen zu teilen.  Die folgende Reflexion (eines Philosophen) versucht lediglich den schmalen Strahl von Ideen, aus der allein Kunst entstehen kann, zu verfolgen. Und zwar nur als Skizzen einer größeren Stellungnahme, die ich aber nie schreiben werde. ;-) 

Macht. Das ist das Thema der 6 Staffeln der Serie (ich weiß, dass eine siebte auf amerikanisch fertig ist):  Jessica Pearson sagt es in einer kurzen Sequenz in Dialog mit Louis Litt. Sie habe "Herr der Ringe" gelesen, da es sich um Macht handelt. Sie selber verzichtet dann auf die Macht, um ihre Beziehung mit ihrem Freund in Chicago zu leben. Harvey Specter ist die Figur, die von vorne bis hinten, seine Rolle als Rechtsanwalt der ersten Liga als Sendung verteidigt und lebt. Michael Ross schwebt zwischen der Macht und der Hilfe der Armen als Sendung eines Rechtsanwalts (Auftrag). Louis Litt wird von seinen starken Emotionen in der optimalen Anwendung der Macht verhindert.  Rachel Zane ist sicher auch eine Gestalt der Macht, die sich von der Macht des Vaters Robert Zane befreien will, sie geht aber Konsequent in einer Beziehung der echten Liebe mit Maik (Michael Ross) hinein. 

Familie. Auch ein wichtiges Thema. Und zwar als "klassische Familie" - es gibt in der ganzen Serie keine homosexuelle Beziehungen. Harvey Specter leidet unter dem Ehebruch, der von der Mutter vollzogen worden ist. Maik Ross' Gestalt lässt sich nur durch das frühe Sterben der Eltern verstehen. Auch die Kanzlei wird als Familie verstanden. Diese Ideal von Familie einigt auch Leute, die eine andere Hautfarbe haben.

Gesellschaftsschichten. In Donna Paulsen  wird die Welt der Sekretärinnen als ebenbürtig zu der Welt der Rechtsanwälten dargestellt. Als Maik in Gefängnis geht, ist der Zuschauer mit der ganzen Welt der Gefängnisse konfrontiert. 

Universitätskritik. Maiks Betrug ist m.E. auch als Kritik an die Abstraktheit der Universität zu verstehen. 

Kirche. Der katholische Priester, der Maik als Kind kannte, erscheint zu erst sehr blass - er verlangt nur "Gerechtigkeit" (Bekenntnis des Betruges), später gibt Maik eine Arbeit als Lehrer, aber dagegen protestieren Eltern und seinen Oberen, weil Maik in Gefängnis gewesen ist. Und er kann oder will nichts dagegen tun. Also grundsätzlich die Rolle der hierarchischen Kirche ist in der Serie nebensächlich. 

Korruption. Das alttestamentliche Thema: "alle sind korrupt", ist in der ganze Serie präsent. Auch die Gestalt der Staatsanwältin die Maik in Gefängnis verurteil, wie man in der letzten Szene der letzten Folge der Staffel 6 sieht, ist überhaupt nicht frei von Widersprüchen. 

Freundschaft.  Echte Freundschaft gibt es, da wo Gratuität im spiel ist: zwischen Harvey und Maik ist sicher Gratuität im Spiel! Auch gegenseitige Opferbereitschaft. Dasselbe gilt von Louis und Donna, etc. 

Im Lauf der Serie nimmt man die Personen emotional immer mehr ernst und man gewinnt sie sehr lieb, womöglich weil sie sich als authentisch (nicht immer gerecht...) erscheinen. 

Ich würde mich freuen, wenn diese Notizen Anfang eines Dialogs mit Jugendlichen werden würde.