lunedì 23 marzo 2020

Tutto andrà bene ( “All shall be well”) - in dialogo con Giuliana di Norwich (XVI secolo)

Wetterzeube. "Voglio fare tutto bene, farò tutto bene, mi è lecito fare tutto bene, posso fare tutto bene, e tu devi vedere, che tutto andrà bene" (Giuliana di Norwich, XIV secolo, citazione in Hans Urs von Balthasar, Gloria III, 2, 442 (edizione tedesca), nel capitolo "Metafisica dei santi). Con questa frase Giuliana, che secondo Balthasar è un ponte tra Angela di Foligno e Caterina da Siena, intende la "speranza per tutti", che tutti saranno salvati; in un certo senso vale più per i poveri cristi e i sacerdoti morti in Lombardia e nel mondo intero per il covid 19 o per altro, che per noi che siamo vivi. È vero che "successo", come ci ricordava il teologo svizzero Balthasar, rinviando ad un proverbio ebraico, non è uno dei nomi di Dio. Ma è anche vero che Cristo ci ha promesso la vita eterna e il centuplo quaggiù, come spesso ha ripetuto don Luigi Giussani: se è così ci è lecito intendere questa frase: "tutto andrà bene", anche come inclusiva del nostro vivere nel mondo. Ma torniamo a Giuliana. 

In un certo senso Dio vuole che "sappiamo in generale" che tutto andrà bene, che tutti saranno salvati, ma non vuole che "lo sappiamo ora" ed in modo specifico (quello o quell'altro si è salvato);  per ora ci basti ciò che ci insegna la Chiesa e il Vangelo sulla "speranza per tutti". Lei non vuole conoscere come si chiamano le persone salvate, perché questo è compito di Dio. Questo modo di vedere la salvezza per tutti ha anche un'influenza sul modo di pregare. "La preghiera perfetta unisce due cose: che non si deve pregare perché una cosa determinata, ma che si preghi perché accada la volontà di Dio e ciò che appartiene alla sua gloria - ma allo stesso tempo nella fede, nella speranza e nell'amore si preghi per qualcosa di determinato e di cui sappiamo, che corrisponde alla volontà e alla gloria di Dio" (Balthasar). "Così il nostro Signore vuole sia che chiediamo sia che abbiamo fiducia" (Giuliana). Ora non mi posso immaginare che il Signore voglia che milioni di persone muoiano, per cui credo che possiamo pregare per questa cosa determinata (salvaci dalla pandemia), pur non potendo forzare i tempi e pur sapendo che la "salvezza per tutti" non è la salvezza dal covid 19, ma dal peccato (egoismo, volontà di dominio, chiacchiere, odio...). 

Anche in questi giorni noi dobbiamo pregare per la "salvezza universale", perché questo è il senso ultimo della Catholica. Giuliana è una ragazza semplice a cui manca un legame "con la tradizione letteraria" o con la filosofia, ma che pensa come i grandi filosofi (per esempio Plotino), che "Doò è tutto ciò che è buono; è il buono che ha ogni cosa (anche il covid 19; Rg), è Dio" (Giuliana). Giuliana queste cose non le ha solo pensate, ma le ha "viste" ed ha visto, "che tutto ciò che è creato è creato per amore e viene tenuto in vita per amore". La metafisica dei grandi del pensiero cattolico (da Tommaso d'Aquino a Ferdinand Ulrich) lo hanno sempre saputo che l'essere è un dono d'amore gratuito. Tutto il cosmo è un dono! Giuliana, ma anche i grandi filosofi come Ulrich, ha vissuto questi pensieri, nella vita e nella morte avendo momenti di "consolazione" e momenti di "abbandono" (come li conosciamo anche dal diario di Etty Hillesum). La loro (di Giuliana e di filosofi come Ulrich) grandezza consiste proprio nell' aver visto l'abisso della non accettazione di questo dono, ma anche l'abisso di amore di chi invece ha pronunciato il suo sì. L'abisso d'amore è più grande dell'abisso dell'odio! 

Questa universalità della speranza si fonda in Cristo, il Logos universale e concreto. "In Cristo Dio ama tutto ciò che ha creato" (Balthasar) e chi sarà capace di dimenticare se stesso per grazia, per grazia potrà partecipare a questa unità indivisibile dell'amore assoluto di Dio. "Se un qualche uomo toglie ad uno dei suoi fratelli cristiani l'amore, allora non ama proprio nessuno, proprio perché non ama tutti, e per questo motivo, in questo momento, non è redento, perché non è in pace. E chi ama tutti i suoi fratelli cristiani universalmente, ama tutto ciò che esiste. Perché nell'umanità (non solo cristianità; RG), che deve venire redenta, è riassunto tutto ciò che esiste: tutto ciò che è stato creato, ed anche il creatore dell'universo, perché nell'uomo c'è Dio e per questo nell'uomo c'è tutto". Umanesimo e cristologia sono le due facce della stessa medaglia per Giuliana. In questa volontà universale di salvezza, si comprende  "che anche il peccato ha il suo senso" (Giuliana), ma non come "pecca fortiter", ma per l'appunto come speranza, che confessa e non legittima il peccato, ma sa che noi possiamo maturare anche peccando, tanto più nella sofferenza di un virus facente parte della creazione di Dio, anche se noi non ne comprendiamo davvero l'utilità. 

sabato 21 marzo 2020

An event in history - covid 19

Wetterzeube. Every event in history brings with it an interpretative problem. Nietzsche, perhaps exaggerating, said that there are no "facts", only "interpretations". This also applies to the coronavirus event. As Don Luigi Giussani (a priest in Italy: 1922-2005) taught us in the "religious sense", we are always dealing with methods that are appropriate or not appropriate to the object we are talking about, but certainly we are also dealing with a legitimate plurality of methods, to deal with the sense of the same object. On covid 19 we can speak on a biological level, for example about its possible mutations. We can reflect on the psychological consequences of such a phenomenon, on its legal, political and economic impact.

On the philosophical level, the Aristotelian category of the "causa finalis" should be the most fertile one, but we are unfamiliar with it. Apart from my friend Adrian Walker, I hardly know anyone who would be able to say anything clever at this level.

On an ontological level, the philosophy of being as a gratis gift is capable of thinking both dimensions of gratuitousness - both the "frustration" and the "gratis" - the "not at all" of gratuitousness is certainly the most supportive response we can give at the moment of this crisis that makes us see how thin the "ice of nihilism" (Balthasar) from which we have been walking for a long time is; it gave me pleasure, among other things, how this morning reading the work at home of a pupil of the tenth class, she read some aphorisms of the Greek philosopher Anaximander as a balance between "justice" and "solidarity": one can not only "take" but also "give" if the cosmic balance of solidarity is not to be defeated.

These different levels are present to me, although I, given the crisis and the dramatic situation in Lombardy, but also in many other parts of the world - a friend of mine from France, who has a sister who works as a psychologist and who has become infected (which she accepts as a gift to have a two-week respite), says that in hospitals the atmosphere is surreal. I said given the dramatic situation I focused on following "Peter" (the pope); the gesture of attending the Pope's Holy Mass at seven in the morning was for me the way I could verify what Don Luigi was saying, always in the "religious sense": Only Christ has such words, that if those are not true, then we are lost. Quoted freely.

Having said that, when a friend wrote somewhere today that we are underestimating the consequences of the loss of legal and political freedoms acquired through hard struggles, I must admit that I myself had asked myself this question. As I asked myself the question about what consequences this "lockdown" has on the labour and economic level. Even the extreme measure proposed by Donald Trump of an enormous social intervention by the state (something more unique than rare in the USA), says a lot about the dynamics of the current economic crisis.

In any case, not being an all-rounder (a guy who knows everything) and not having an answer for all these problems, I limit myself mostly to following "Peter" as a "judgment of presence in the world" and beyond.

Un avvenimento nella storia - il covid 19 (con un dialogo con Swetlana Alexijewitsch)

Wetterzeube. Ogni avvenimento nella storia porta con sé un problema interpretativo. Nietzsche, forse esagerando, diceva che non ci sono "fatti", ma solo "Interpretazioni". Questo vale anche per l'avvenimento coronavirus. Come ci ha insegnato don Luigi Giussani nel "senso religioso", abbiamo sempre a che fare anche con metodi adeguati o meno all'oggetto di cui stiamo parlando, ma certamente abbiamo anche a che fare con una pluralità legittima di metodi, per affrontare il senso di uno stesso oggetto. Sulla covid 19 possiamo parlare a livello biologico, per esempio delle sue possibili mutazioni. Possiamo riflettere sulle conseguenze psicologiche di un tale fenomeno, sul suo impatto giuridico, politico ed economico.

A livello filosofico la categoria aristotelica della "causa finalis" dovrebbe essere quella più feconda, ma abbiamo poca dimestichezza in questo ambito. A parte il mio amico Adrian Walker non conosco quasi nessuno che sarebbe capace di dire qualcosa di sensato a questo livello.

A livello ontologico, la filosofia dell'essere come dono gratuito è capace di pensare entrambi le dimensioni della gratuità - sia il "frustra" che il "gratis" - il "per nulla" della gratuità è certamente la risposta più solidale che possiamo dare al momento di questa crisi che ci fa vedere quanto sottile sia il "ghiaccio del nichilismo" (Balthasar) da cui camminavamo da tempo; mi ha fatto tra l'altro piacere come stamattina leggendo il lavoro a casa di un'allieva della decima classe, essa abbia letto alcuni aforismi del filosofo greco Anassimandro come un equilibro tra "giustizia" e "solidarietà": non si può solo "prendere", ma anche "dare" se l'equilibrio cosmico solidale non deve essere sconfitto.

Questi diversi livelli mi sono presenti, sebbene io, vista la crisi e la situazione drammatica in Lombardia, ma anche in tante altre parti del mondo - una mia amica dalla Francia, che ha una sorella che lavora come psicologa e che si è infettata (cosa che accetta come un dono per avere una tregua di due settimane), dice che negli ospedali l'atmosfera è surreale. Dicevo vista la situazione drammatica io mi sono concentrato sulla sequela di Pietro; il gesto di partecipare alla Santa Messa del Papa alle sette del mattino è stato per me il modo con cui potevo verificare ciò che diceva Don Luigi, sempre nel "Senso religioso": Solo Cristo ha parole tali, che se quelle non sono vere, allora siamo persi. Citato liberamente.

Detto ciò, quando oggi un amico ha scritto da qualche parte che stiamo sottovalutando le conseguenze di perdita delle libertà giuridiche e politiche acquistate con dure lotte, devo ammettere che io stesso mi ero posto questa domanda. Come mi sono posto la domanda su quali conseguenze abbia questo "lockdown" a livello lavorativo ed economico. Anche la misura estrema proposta da Donald Trump di un enorme intervento sociale da parte dello stato (cosa più unica che rara negli USA), la dice lunga sulla dinamica della crisi economica in atto.

Comunque sia non essendo un tuttologo e non avendo una risposta per tutti questi problemi, mi limito per lo più alla sequela di Pietro come "giudizio di presenza nel mondo" e al di là del mondo.

(22.03.20) Il fatto e le discussioni - una meditazione sul capitolo nove di Giovanni

La redenzione di Cristo è un fatto più grande che il covid 19 - questo un giorno, Deo volente, passerà, mentre la redenzione, la salvezza, la guarigione del cieco nato è un fatto unico che rimane per sempre.

Già dai primi versi del capitolo Gesù blocca una discussione astratta su chi sia peccatore: il cieco o i genitori? Come mai la Siria per nove anni ed ora la Lombardia, in modo particolare (ma in vero tutta l'Italia), da più di un mese sono prese sotto il mirino rispettivamente della guerra e del virus? In vero ora la Sira è presa anche sotto il mirino del virus.

"Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio." In altri passi del Vangelo Gesù dice: vai e non peccare più, in modo che non ti accada di peggio. Ma qui vuole immediatamente fermare una discussione che sa dell'astratto.

Noi dobbiamo operare la salvezza, non discutere - questo tipo di discussione non hanno nulla a che fare con le legittime interpretazioni di cui ho parlato in un post di ieri.

Ma nel nostro operare dobbiamo sapere che vi è anche sempre un "sabato santo", in cui viene la notte e nessuno può agire. Nella discesa nell'inferno Cristo non può neppure agire: è circondato dalla melma senza forma del peccato del mondo, di quel mondo che assembla bombe atomiche, invece che respiratori.

Dopo il fatto, che ha due passi, il fango sugli occhi e la piscina (Agostino interpreta questo con la differenza tra il catecumeno e il credente); incominciano le discussioni: tra i vicini, i farisei, i genitori del cieco nato.

Il vero saggio è il mendicante, cieco nato che insiste sul fatto che gli è accaduto e non si lascia trascinare in discussioni astratte. Come ci ha fatto notare Papa Francesco, usa anche il registro dell'ironia per annunciare il fatto che gli è accaduto:

Gv 9, [28] Allora (i farisei) lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!

[29] Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".

[30] Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano (!!!), che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.

[31] Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.

[32] Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

[33] Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".

Alla fine del passaggio i farisei chiedono a Gesù, se anche loro sono ciechi; Gesù li prende sul serio quando dicono che loro vedano e sanno cosa Mosè ha insegnato e afferma:

Gv 9, [41] Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite (!!!): Noi vediamo, il vostro peccato rimane".

Chiediamo al Signore di abbracciare anche questo momento in cui sembra che nessuno possa compiere azioni a gloria di Dio, come quella della guarigione del cieco nato, ma non smettiamo di pregare con tutta la serietà possibile: abba, aiutaci!

Roberto, un piccolo amico di Gesù

(29.03.20)

Pensieri sul nemico invisibile - in dialogo con Swetlana Alexijewitsch

Wetterzeube. Nel suo Chernobyl. Una cronaca del futuro (cito dall'edizione tedesca, München 2015 (2017)) del 1997 la grande scrittrice nata nella Ucraina e cresciuta nella Bielorussia, Swetlana Alexijewitsch, si era confrontata con il grande tema del nemico invisibile, dopo l'esplosione del reattore sovietico. È un libro impressionante che cerca di dare "parole" al tema di un nulla nichilista dilagante, che ci fece sentire del tutto impotenti.

Ora con il #covid19 siamo di nuovo, a livello mondiale, confrontati con un nemico invisibile, sebbene di altra natura. Senza alcuna pretesa di completezza, cerco di fare il punto su alcune differenze e somiglianze. In primo luogo la grande difficoltà consiste nel fatto che non abbiamo sufficientemente posti nella medicina intensiva - questo ha causato per esempio molti problemi in Lombardia, mentre per ora la Germania regge, così che può anche ospitare malati gravi dall'Italia e dall'Alsazia.

Subito nei primi giorni dopo la catastrofe atomica (26.04.86) il regime sovietico fece sparire tutti i libri che trattavano di radioattività, per esempio quelli su Hiroshima e Nagasaki (cfr. 119); il governo cinese all'inizio della pandemia (dicembre 2019) si è comportato in modo simile, ma relativamente in fretta ha usato una strategia più trasparente. È chiaro che in una situazione del genere si voglia evitare il panico.

Per evitare il panico sono nate allora barzellette del tipo di quella raccontata nel "monologo su un paesaggio lunare" (119): se Chernobyl fosse accaduto dai Papua, il mondo intero si sarebbe spaventato, con eccezione dei Papua. Anche in occasione del covid19 sono girate e girano, non dico barzellette, ma interpretazione che sostengono che di questo virus non si muore, al massimo ne sarebbero morti tre. Ovviamente vi è un momento di verità in questa narrazione, ma è innegabile che siamo in una situazione che io, nato nel 1960, non ho mai vissuto.

Dopo l'espulsione del reattore girò questa massima: finché a Chernobyl ci sono i passerotti e le colombe ci possono vivere anche gli uomini. Che gli uccelli, però, si comportassero in modo del tutto strano, non normale, cominciò pian piano ad entrare nella coscienza. E pian piano il covid19 è entrato nella coscienza anche di chi all'inizio diceva che si trattava solo di un'altro tipo di influenza.

Allora pochissimi scrissero su questa storia, oggi ne parlano tutti. E tutti sembrano occuparsi ormai solo di covid19, senza tenere conto per esempio che uno potrebbe essere triste perché la donna lo ha lasciato (cfr. monologo di un testimone, che aveva mal di denti, quando vide che che Gesù Cristo era caduto a terra gridando, 121) e non per il coronavirus.

Una cosa è certa per entrambi i fenomeni: "non si può vivere continuamente nella paura, l'uomo non ne è capace, dopo un certo periodo di tempo continuerà a vivere normalmente" (124); a differenza di Chernobyl la pandemia ha un raggio mondiale, ma non è stata presente subito ed in tutti i luoghi nella stessa intensità, per cui la percezione di potere vivere in modo normale, se non eri direttamente a Bergamo o a Cremona o a Wuhan, poteva sussistere immediatamente.

Anche se l'uomo ha un certo bisogno di catastrofi, come diceva Walker Percy, non si può vivere solo di catastrofe: "Gli uomini hanno bevuto la vodka. Giocato a carte. Correvano dietro le donne. Hanno generato bambini. Hanno parlato molto di soldi" (124); mentre ora sembra che si viva solo di covid19, anche perché avere rapporti sessuali con una persona che non si conosce potrebbe essere pericoloso, anche giocare alle carte insieme potrebbe esserlo.

Anche allora ci sono stati quelli che raccontavano la storia di una vincita, che in vero non era per nulla accaduta: "il reattore è stato vinto" (125)

Ovviamente ci sono tantissime differenze e somiglianze che non ho per nulla toccato. Ognuno può pensarci su da solo.


Quello che impressiona a me è che Papa Francesco, che per la sua situazione polmonare e per la sua età, è un candidato sicuramente vulnerabile, non ha paura. Lo guardo ogni mattina durante la Santa Messa: è serio, ma è un uomo di fede e non perché avendo mal di denti, non si è accorto dell'essenziale (126), ma guardando l'essenziale: Cristo crocifisso che Venerdì scorso ha proposto a tutto il mondo, come la nostra unica salvezza. Ed è molto bello che nell'Angelus odierno, abbia detto "buon pranzo ed arrivederci": si, perché l'uomo davvero non può vivere continuamente nella paura.