sabato 8 settembre 2018

"La tensione rimane, non si annulla" (Bergoglio) - un lungo dialogo con mio figlio

Wetterzeube. "La tensione rimane, non si annulla" (Bergoglio, Omelie 1993-2013). Massimo Borghesi ci ha aiutato a comprendere che nel Santo Padre vi è un fine pensiero filosofico, che si sviluppa in modo particolare nel suo "incontro ideale con Romano Guardini" (Guzmán Caarriquiry Lecour). Questo pensiero si può riassumere nella formula del "pensiero polare". In un'opposizione polare "i due opposti non si annullano. Non accade che un polo distrugga l'altro" (Bergoglio, ibidem). Quando da giovane provinciale dei gesuiti argentini Bergoglio venne confrontato con i seguaci della dittatura militare e i rivoluzionari filo marxisti era confrontato con una "contraddizione" non con una "opposizione polare". La tensione polare tenta di vivere gli opposti né come "contraddizione" né come "identità". Nel nostro esempio storico ovviamente i due opposti sono in atteggiamento di "contraddizione". Qualora i miliari avessero avuto un reale desiderio di "ordine" e i rivoluzionari di "cambiamento" dalla loro posizione estrema potevano considerarsi solo come nemici, senza giungere al cuore di quei desideri ultimi. Nell'atteggiamento della tensione polare invece i due desideri  possono essere risolti in un piano superiore: "la tensione rimane, non si annulla. I limiti vanno superati non negandoli. Le opposizioni si aiutano"(Bergoglio, ibidem; tutte le citazioni si trovano nel catalogo della mostra di Rimini "Gesti e Parole"). 

Nel lungo dialogo con mio figlio della domenica scorsa i due poli che consideravamo erano "finanza" ed "economia". Questi due poli devono essere tenuti insieme anche in una "tensione polare" che non cada in "contraddizione". Una finanza che si astragga dal mondo reale dell'economia genera crisi pericolose, come quella del 1929 o quella del 2008. Un'economia che si astratta dalle regole della finanza corre il rischio di rimanere senza soldi (1). 

Come tendenza mio figlio è più tentato da una "teologia della prosperità" ma capiva molto bene le mie argomentazioni non pauperistiche, ma che cercavano di spiegare l'opzione preferenziale dei poveri di Papa Francesco (e di san Francesco). Questa opzione non è "sentimento", ma un dato ontologico, che ho cercato di spiegare a mio figlio, spiegandogli il "medesimo uso delle parole ricchezza e povertà" (Ferdinand Ulrich) a riguardo dell'atto dell'essere. Quest'ultimo è ricco così che noi possiamo spiegare la realtà nella sua molteplicità solamente in riferimento all'essere: le pietre sono, gli animali sono, gli uomini sono. Allo stesso tempo l'essere è poverissimo, perché di per sé "non sussiste". Non il "regalare" la rosa, ma la rosa stessa è sussistente. Il regalare è un atto semplice e completo: capisco immediatamente cosa significa; ma non sussiste: esprime il "nulla" dell'amore. La gratuità dell'essere. Senza questa gratuità la rosa è solo un qualcosa che prima o poi appassisce. In forza di essa è significato di un amore che dura, anche dopo che la rosa è appassita. Ma questa gratuità non è fissabile in un pensiero sistematico chiuso; è un po' come il "respiro" che non percepiamo quasi mai, eppure senza il quale si muore. 

L'opzione per i poveri non è quindi un sentimento di miseria, ma una struttura ultima dell'essere come dono. La teologia della prosperità comprende solo un momento di questa struttura ontologica (la ricchezza). Con il rinvio ai due discorsi tenuti dal Santo Padre a Strasburgo, che mio figlio ha letto con grande attenzione e profitto, potevo far comprendere a mio figlio che la "teologia della prosperità" (riassumo così la sua posizione, senza che lui abbia usato questo termine e senza che egli si identifichi con la posizione dei teologi americani che la difendono, che mio figlio non conosce) vive di un pensiero sferico che non può che vedere gli altri poli del problema politico nel mondo come nemici. La soluzione del Santo Padre invece consiste in un pensiero poliedrico: "Il Papa oppone alla figura della sfera, dove ogni punto della superficie è equidistante dal centro quella del poliedro". Questo corrisponde ad un modello di pensiero imperiale: le periferie devono adattarsi all'esigenza del cento e della sua prosperità. "Nella figura del poliedro ciascuna faccia è diversa ma senza ognuna di essa non esisterebbe la figura. Ecco le periferie sono proprio le facce di questo poliedro, e la sfida è comprendere la particolarità di ciascuno" (Antonio Spadaro, Parole e Gesti, 9). Sul grande teatro del mondo si giocano tante esigenze che devono essere mantenute in una tensione polare che non cada in contraddizioni. Per questo abbiamo bisogno di un dialogo poliedrico tra i continenti. E non di un "centro imperiale" che abbia come unico scopi il far se stesso grande. Vi sono certamente state nella storia anche "missioni imperiali" che non possono essere liquidate solamente con lo schema di "ascesa e caduta" quasi che non avessero contribuito in alcun modo alla pace del mondo (il piano Marshall era un modo sano di vivere una missione imperiale), ma è vero che oggi i tempi si fanno sempre più oscuri ed ha ragione Riccardo Cristiano ad insistere che il Papa è l'ultimo uomo politico che ha un senso del dialogo tra gli opposti, nel seno spiegato sopra. 

(1) Vorrei ricordare la posizione del Santo Padre, in modo che la mia osservazione non finisca in ritmica pura: «L’attuale centralità dell’attività finanziaria rispetto all’economia reale non è casuale: dietro a ciò c’è la scelta di qualcuno che pensa, sbagliando, che i soldi si fanno con i soldi. I soldi, quelli veri, si fanno con il lavoro. È il lavoro che conferisce la dignità all’uomo non il denaro. La disoccupazione che interessa diversi Paesi europei è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro. (...) Dico spesso anche ai giovani non lasciatevi rubare la speranza. Dobbiamo anche essere furbi, perché il Signore ci fa capire che gli idoli sono più furbi di noi, ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba».
http://www.lastampa.it/2018/09/07/vaticaninsider/il-lavoro-crea-dignit-i-sussidi-possono-deresponsabilizzare-qHpojiuRkFMmawy4tJaHmL/pagina.html

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