Lipsia. Suo nipote, Stas, è tra i miei amici più intimi, con il figlio, Andrzej, che è stato professore di linguistica all'università di Heidelberg, e che ho accompagnato con la preghiera, nella sua camera da letto, poche ore prima della morte, ho dialogato con profondità unica, tra altro anche proprio di lui, Stanislaw (1888-1971), forse uno dei conoscitori più profondi, a livello mondiale, del grande Omero. Non conoscendo il polacco dipendo dalla mia memoria (dei dialoghi con Andrzej) e dalle briciole che trovo sui di lui, tra cui il bel libretto tradotto in tedesco di Jan Pieszczachowicz: "Stanislaw Vincenz. Scrittore di un dialogo universale". Alcuni racconti sono stati tradotti in italiano, ma la monumentale raccolta in quattro volumi di racconti, poesie e canti del mondo dei Carpati, si può leggere solo in polacco.
Di un libro meno noto, "Dialogo con i Sowjets", che forse è trovabile anche in lingua inglese, vorrei cogliere alcuni elementi che mi hanno fatto riflettere tutto il pomeriggio, camminando nel bosco e leggendo il libro di Jan Pieszczachowicz, nella traduzione tedesca di Herbert Ulrich.
Vincenz aveva un'idea chiarissima del "regno del male" che possiamo riassumere con il nome di Josef Wissirianowitsch Stalin e non faceva nessuno sconto al sistema sovietico. Ma non aveva mai spregio per i singoli uomini. Questo mi interroga, perché nell'era dei social media sei confrontato con singoli che sono solo "strumenti" di una ideologia che li determina nelle loro osservazioni completamente - questo non è un giudizio sulla loro anima, ma sul loro modo di esprimersi in rete. Per come si danno sulla rete un dialogo non sembra possibile, perché vogliono solo aver ragione, voglio insomma che ti fai complice del male. Ed ovviamente pensano che sei tu che vuoi aver sempre ragione. Sono sicuro che anche con loro, se li si potesse incontrare personalmente, ci sarebbe una possibilità di dialogo, forse un abbraccio con gli occhi. Nei social media però non è possibile fare ciò che Stanislaw faceva sempre: cercare e trovare i momenti di umanità, anche in un dialogo con un soldato sovietico. Quando viveva a 40 chilometri da Budapest (la città dove è nato mio suocero, la città della luna di miele con mia moglie), dove era fuggito, essendo l'unico che parlava il russo, ha potuto mediare tanto tra la popolazione e i soldati, che ne riconoscevano l'autorità chiamandolo "Prafjessor" (alla fine della vita conosceva 14 lingue; Andrzerej dieci, se mi ricordo bene. Stas, almeno cinque).
Il sistema sovietico, come qualsiasi sistema chiuso, fosse anche un sistema cristiano, non poteva piacere a Stanislaw de Vincenz, che non ha mai sopportato la sottomissione ad un "partito di massa", a cui nulla era più estraneo di quanto scritto da Wladimir Majakowski, in una poesia su Lenin: "Il singolo - un nulla, il singolo un'assurdità". Perché solo i singoli hanno un cuore e momenti di verità. Ciò non significa che non si possa dare valore ad una compagnia umana e o ecclesiale, anche come segno di autenticità di un percorso, ma ciò è solo vero se quest'ultima si fonda sull'unicità del Logos universale e concreto, che implicitamente o esplicitamente può essere solo Cristo. Lo sanno anche i mussulmani che nel santo Corano danno a Gesù un ruolo del tutto singolare, come ha ha spiegato Wael Farouk.
Stanislaw era attento a tutto, al dialogo con tutti, non in primo luogo e solo tra nazioni, ma proprio tra lingue e regioni particolari (quella che in tedesco si chiama Huzulei; lui veniva chiamato l'Omero della Huzelei). Ha sempre pensato, per esempio nel conflitto tra Ucraina e Polonia, che "l'unità è superiore al conflitto"( uno dei quattro principi del pensiero di J.M.Bergoglio). La sua tata più amata le aveva detto, quando era ancora bambino: "Impara, figliolo, si impara! Impara le modalità divine ed umane, e se necessario anche quelle del potere! Impara nella modalità cristiana, ma anche in quella ebraica, anche in quella cattolica, ed anche in quella turca - perché no? Impara anche la modalità luterana. Impara bene il polacco e l'Italiano, così come sarà necessario, ed anche "kranzösisch", se la testa lo permette" e poi infine cita alcuni dialetti e mi sovviene con che facilità Stas sa parlare non solo l'italiano, ma anche differenti dialetti italiani.
Vincenz amava la città di Lemberg e la regione delle Marche (in Italia, che ho conosciuto quest'estate perché è la patria del mio amico Bruno Brunelli) perché erano capaci di avvicinare persone differenti, con diversi caratteri e diverse culture e religioni. Non amava la "Urawnilowka" (l'omologazione), né le cose brutte e triviali. Aveva un animo ampio, come mostra la sua reazione quando brucia la casa di infanzia, vicino ad un ruscello e vicino al bosco, la sua Itaca: "anche questo è bene, giacché qualcosa finisce, perché inizi qualcosa di nuovo".
In questi tempi bui spero che mi sia la conoscenza di questo grande dimenticato auspicio per tentare sempre di nuovo di dialogare con tutti, nella conoscenza di singoli e regioni, fedele a quel compito che solo possono avere una madre e un padre che hanno figli in cui scorre sangue: ungherese, tedesco e italiano. E che hanno educato i loro figli ad essere di casa nel mondo, dall'Arizona all'Armenia, dall'Andalusia alla Croazia, dalla Sicilia al mare del Nord, da Heidelberg a Lipsia.
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