sabato 11 agosto 2018

Non più una presenza, ma una traduzione culturale dell'evento - in dialogo con Julián Carrón

Lipsia. Oggi è il 113.esimo compleanno di Hans Urs von Balthasar. Forse l'uomo più dotto del suo secolo (Henri de Lubac), forse il più fine e profondo teologo dai giorni di Tommaso d'Aquino nel dodicesimo secolo, autore di un'imponente trilogia in cui rifluisce un gigantesco sapere letterario, filosofico e teologico, eppure ciò che lo fa grande è il suo essere come un bambino che non "traduce" l'evento di Cristo in cultura, ma lo "confessa" così che diventa "rivelazione" (apocalisse) del cuore di molti. Solo l'amore è credibile! Leggendo l'inizio degli Esercizi di Julián Carrón, tenuti a Rimini quest'anno, in cui tra l'altro il sacerdote spagnolo cita spesso Balthasar, scopro una grande fratellanza di intenti: "Lo spostamento dell'entusiasmo per una Presenza ad una tradizione culturale ha avuto come conseguenza che non abbiamo conosciuto Cristo. E che noi non conosciamo Cristo , lo si vede dal fatto che non ci è famigliare"(Rimini, 2018, 5). Il presidente della fraternità di Comunione e Liberazione incalza e domanda: "Come capire se abbiamo conosciuto di più Cristo? Attraverso quali segni lo possiamo documentare?" 

I segni in cui lo posso documentare sono così intimi che non ne posso parlare apertamente e pubblicamente. Ho visto in atto quest'estate la sua "preferenza gratuita". Forse per discrezione e forse per paura mi sono messo un po' accanto, coinvolto, ma non troppo. Ho cercato di non impedire la sua azione di preferenza. Ho cercato di non essere ostacolo ad essa. In quel momento era quello che potevo fare. Ho visto l'amore gratuito in azione, che non lascia l'amaro in bocca, né odio, neppure se viene "crocifisso". 
Se paragono ciò che ho visto con ciò che fanno tanti altri cristiani mia accorgo che Gesù sta agendo perché si differenzia dal modo di agire di quasi tutti gli altri cristiani che conosco. Spesso sono entusiasti della loro traduzione culturale dell'evento (di un simposio che organizzano, di un azione caritativa...), ma non sono presi in quel servizio ultimo che Gesù ci richiede e che è una preferenza del tutto gratuita. Sono schiavi dei loro "schemi" i cui ingabbiano tutto ciò che incontrano. Ho conosciuto dei "cattolici", dei "luterani", degli "ortodossi. Forse l'intenzione è buona, ma molti cercano di tradurre le persone concrete che incontrano e le loro azioni in ciò che capiscono loro. Quest'estate sono andato,  quando ero in Croazia, ogni giorno alla Santa Messa e alle Lodi che si tengono nella cattedrale. Questo ha generato lo stupore di alcuni che si domandavano come mai andassi in una Santa Messa di cui non capisco le parole. La stessa domanda è stata fatta a mia moglie per la Santa Messa do menicale. Si sarebbero stupiti ancor di più se avessero saputo che ho cercato di seguire le Lodi in croato. La traduzione in un "schema interpretativo" di questa nostra azione non ne coglieva per nulla o solo parzialmente il senso. Non il sentirsi a casa nella Santa Messa era il motivo ultimo, ma la confessione di Gesù nostro Signore (mia moglie) e la conoscenza che non è importante che una preghiera la capisco io, ma che la senta Lui (io). È solo un esempio. 
Il criterio che da don Julián è decisivo: che cosa prende il sopravvento nella nostra vita? Di che parliamo?  Dove cerchiamo la nostra pienezza? Spesso si tratta solo dei nostri sforzi e ciò che facciamo non ci soddisfa davvero, anche se ripetiamo a tutti che è "stupendo". Anche se riceviamo benedizioni vescovili per ciò che facciamo. Spesso non ci accorgiamo neppure di ciò che accade per così dire come conseguenza dei nostri sforzi - non ci accorgiamo per nulla delle persone che hanno sofferto per un nostro sforzo. Forse alla "periferia" di un simposio che abbiamo organizzato - con il papa abbiamo imparato ad essere attenti a ciò che accade alla "periferia" di un evento! Cercherò di ricordarmene quando fra qualche giorno andrò a Rimini per il Meeting. 
Mi accorgo che Cristo non è famigliare, perché se lo fosse non avremmo così paura che la nostra costruzione venga illuminata e si riveli per quello che è: solo un nostro sforzo. Ci sono persone che schianterebbero a livello emozionale se capissero anche solo un po' che tutto ciò che fanno lo fanno per sé, non per Cristo. 

Quale è la soluzione? Scoprire che tutti possiamo chiedere un' ultima povertà del cuore che ci faccia davvero chiedere Cristo! Una delle ultime cose che ha scritto Balthasar era una riflessione (diventato un piccolo libretto) su "se non diventerete come bambini..." - la regalai al grande filosofo di Heidelberg, Hans Georg Gadamer; quando si trovò nelle mani questo libretto, mi guardò con uno sguardo che non ho saputo decifrare: si è lasciato interrogare o lo ha passato alla sua segretaria per occuparsi fino alla morte della sua "traduzione culturale"? Piuttosto che a lui la domanda la rivolgo a me, no la rivolgo a Lui, come preghiera: Signore, aiutami! Credo, aiuta la mia incredulità! Questa preghiera (cfr. Mc 9) si trova anche in una delle lettere che mi scrisse Balthasar. E vale anche ora, perché sono ancora (anche) quel giovane di allora, forse questa è la mia povertà di cuore! 

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