Stimo molto Massimo Recalcati, ma alcune sue riflessioni sulla differenza tra pornografia ed eros mi lasciano del tutto perplesso; diciamo che dice le cose che un lettore cattolico è contento di sentire, anche se forse non è la sua motivazione nel dirle (cfr. Massimo Recalcati, Quei nostri figli invasi dal porno, La Stampa 4 novembre 2021). A me tutto l'articolo sembra essere un moralismo colto, che non tiene per nulla conto della dimensione polimorfe della sessualità e non tiene conto del fatto che spesso non vi è un "corpo erotico" che ti attende, mentre la presenza del sesso, come piacere e come "fardello" (Etty Hillesum) c'é quasi sempre e c'è come pulsione, che deve essere calmata. E questo non solo nella pubertà.
Non metto in dubbio che sia un problema se "i nostri figli sono esposti ad un consumismo di immagini pornografiche senza filtro" e che ciò sia una "esposizione potenzialmente (!) nociva", forse in primo luogo per la questione del corpo di altri incontrati senza un nome, ma le immagine pornografiche non sono tutte uguali. Ovviamente l'articolo di Recalcati è molto preciso è spesso usa la parola "può" avere un influsso nocivo e non il fondamentalista "non può che avere un influsso negativo", ma una sensazione di insoddisfazione mi è rimasta dopo aver letto l'articolo.
A livello solo naturale - uso la parola non nel senso filosofico del termine "natura", ma in quello biologico immediato, come la usiamo per il fenomeno del grattarsi - vi sono diverse forme di eccitazione del corpo, che devono essere educate, ma che rimangono un "fardello" che non dipende da quello che voglio, ma da quello di cui ho bisogno. È vero che il rapporto erotico con un corpo-tu che ti attende è molto più bello che masturbarsi guardando o dopo aver guardato un video pornografico. Recalcati dice che è bene che ci siamo liberati da tabù repressivi riguardanti il sesso, ma ci informa che la mancanza di tabù, può offrirci una forma di sesso "senza amore, erotismo e mistero". Vero è però che sebbene certe o molte immagini siano solo violenza trasparente e mercificazione del corpo, altre invece fanno vedere anche un bisogno di sesso che comunque è per lo meno legato alla persona che sei tu e la persona di chi ha fatto d'attore per un film o un video pornografico - e le persone sono sempre mistero, anche se si masturbano, anche in un rapporto omosessuale. E non vi è una linea precisa tra "sesso erotico" e "sesso pornografico". In un certo senso quest'ultimo è più autentico.
Ovviamente il cristiano deve e non può far altro che desiderare in preghiera la nudità del Signore e non quella della porneia, una nudità dell'autenticità e della disposizione a portare il peccato del mondo, ma gli uomini che lui vuole redimire non solo solo spirito, anche se quest'ultimo è infinitamente più umano che la carne (nel senso in cui Gesù usa queste parole) - ma hanno anche una dimensione ormonale e specificamente sessuale (anche nel senso di quel "pezzo" la) che non può essere ignorata o spiritualizzata senza conseguenze perverse che stanno di fronte a tutti nello scandalo della pedofilia.
Non ho alcuna ricetta su questo tema, se non quella del "suscipe" - tutto appartiene a Lui! Ma in questa offerta di sé, non può essere saltato il bisogno polimorfe del sesso (cioè proprio di quella dissociazione tra sesso e amore di cui parla Recalcati che fino ad un certo punto ha a che fare con il fatto che non siamo solo spirito), che porta all'orgasmo così come può essere raggiunto e senza freni moralistici. L'unico freno è quello del rispetto della persona umana e delle leggi che regolano la nostra comunità civile. E per quanto riguarda i giovani il vero ed unico filtro è un'educazione aperta, vissuta con "grande animo y liberalidad". Se poi a livello legale siano necessarie anche filtri della rete, supera la mia competenza: io non sono un giurista.
(9.5.22) Da una piccola ricerca sul tema pornografia (cfr articoli nella mia bacheca in Fb di oggi) mi risulta che il consumo sia molto alto e di facile accesso (cosa, quest’ultima, che può essere verificata anche direttamente in rete), anche se non conosco studi precisi differenziati per età; mi risulta che il consumo abbia conseguenze a livello celebrale e chimico (sul sistema di ricompensa psichica nel cervello), a livello di lavoro e a livello del rapporto di coppia. Per quanto riguarda i giovani un articolo della FAZ del 2020, fa questa osservazione: „L'educazione sessuale a scuola non dovrebbe riguardare solo la gravidanza e le IST, ma anche argomenti come il desiderio e l'orientamento sessuale. L’esperto Dietrich Riesen è d'accordo: "Gli studenti hanno così tante domande: sono attraente? Troverò qualcuno? Devo fare sesso subito in una relazione? Come posso parlare di sesso?". Se le lezioni affrontassero tali questioni, l'attrattiva del porno per gli studenti potrebbe non diminuire automaticamente. Ma come minimo, gli studenti potrebbero valutare ciò che vedono in modo diverso“ (Leonie Feuerbach, traduttore automatico DeepL). Un’altra fonte che mi aveva aiutato a comprendere il fenomeno ad un livello „polimorfe“ è stato il film „Venus“ di una regista danese, che non aveva come scopo il problematizzare scientifico del fenomeno, ma la „narrazione“ di ciò che provavano su questo tema alcune giovani donne cresciute nel mondo moralistico luterano. Sembra che il consumo di pornografia sia così esteso che ritengo la modalità della „narrazione“, più importante di quella dei „giudizi“ - insomma credo che sia importante porsi la domanda: come parlare di tutto ciò? Anche di quale immagine di donna e uomo, di relazione, di gruppo sia in gioco nella pornografia.
(Pomeriggio) La grande differenza tra il film sul porno proletariato che ho visto tempo fa (e che è molto più recente e per questo tipo di tema la cosa è molto rilevante) e quello sulla vita di una pornostar del 2003, interpretato da Juliette Marquis, nata a Kiev nel 1980: This Girl’s Life, di Ash Baron-Cohen) che ho visto oggi, è che la prospettiva stessa è differente: un conto è la massa proletaria, un’altro è essere una porno star, che forse può permettersi libertà che il proletariato non può permettersi, anche se nell’ambiente nobile rappresentato dal film vi è pure una forma di violenza, appena mascherata dalle apparenze. Il film è interessante perché la porno star vive con il suo padre che ha Parkinson: insomma non è solo attrice, ma anche figlia ed una figlia amorosa che si occupa dell’igiene del papà, come io da giovane mi sono occupato dell’igiene di mio nonno, le rare volte che mia nonna non era a casa. Alla star del film fa piacere il sesso (senza costrizione e violenza); ad un certo punto smette con questo lavoro per aprire una sua ditta di spionaggio per clienti che vogliono sapere se il loro partner è fedele (cosa rara). Ad un certo punto del film dice al suo ragazzo, che lei non è fatta per la monogamia e che non crede che essa sia naturale: in un certo senso è vero, se con la parola natura si intende naturale nel senso di grattarsi, fare la pipì, etc e non si intende il senso forte filosofico della parola: ciò che è adeguato all’essenza dell’uomo nel senso etico ed ontologico. A livello naturale, nel primo senso, è possibile, tanto più con la biografia che ha Moon (la porno star). Oggi ho pubblicato nel mio blog un intervento sugli scandali della Chiesa di un teologo di Bamberg; personalmente penso che la catastrofe che è accaduta nella Chiesa abbia a che fare con il fatto che non si sia presa sul serio questa dimensione naturale di Moon, che tra l’altro sa che c’è una linea rossa: bambini ed animali!
(26.4.23) Il vescovo trappista norvegese Erik Varden ha spiegato l’intenzione di una lettera pastorale dei vescovi norvegesi sulla sessualità, che non ho ancora trovato e letto, ma di cui ovviamente, all’interno di una filosofia dell’essere come amore donato, mi interessa l’affermazione che la donazione del corpo che abbiamo non è un caso. Nella mia piccolissima esperienza vedo che chi mette in dubbio questo dono lo fa in forza o per lo meno in concomitanza di una grande sofferenza (morte della madre) e che queste persone sono, per la forza mediatica del mainstream, che favorisce la nuova antropologia sessuale e discrimina chi non la accetta, lasciati di fatto del tutto o quasi del tutto da soli…Su un ulteriore punto vorrei aggiungere una breve riflessione, quello della „complementarietà del maschile e del femminile“; io penso che questa complementarietà faccia parte della volontà del Dio creatore e la lettera devi vescovi della Scandinavia ha toni delicati, ho letto in articolo, che ho condiviso nella mia bacheca, con chi sente estraneità al cospetto della complementarietà del maschile e del femminile. Qualche volta nel mio diario ho scritto che l’attrazione lesbica può essere anche una reazione legittima ad una forma di dominio maschile e rimane il fatto, a livello di inconscio, dove la sessualità è polimorfe, che essa ha un’attrazione anche per i maschi eterosessuali, detto questo, però, è vero che il criterio oggettivo, non l’attrazione soggettiva, rimane quello della complementarietà del maschile e del femminile, che è una delle polarità ontologiche del dono dell’essere come amore gratuito.
(13.9.23) Credo che SPN abbia totalmente ragione a far risalire gli scrupoli alle insinuazioni del diavolo e che faccia bene a farci notare che „il nemico osserva bene se un’anima è grossolana oppure delicata“ (349). E a seconda se è l’una o l’altra le tentazioni sono diverse. Noi, se vogliamo perfezionarci nella vita spirituale, dobbiamo fare il contrario di ciò che si aspetta il diavolo, il nostro nemico; l’anima grossolana deve educarsi a „rendersi più sensibile“ (350). Mentre l’anima delicata, deve stare attenta agli eccessi di colpevolizzazione e questo significa per SPN „stare salda nel giusto mezzo“ (350b). Io credo che il giusto mezzo non sia identificabile con sensazioni da borghesucci o di persone eccessivamente pie e moralistiche. Questo vale anche per la pornografia: è vero che questa azione (visione di un porno e conseguente masturbazione) non è una quesitone che riguarda solo un individuo, ed è vero che può provocare un rapporto sbagliato con la persona che si ama o con altre persone nel mondo lavorativo, ma è anche vero che può essere la reazione, fino ad un certo punto del tutto comprensibile, per uno sbaglio antecedente ad essa; insomma la questione causa ed effetto non è per nulla chiara. E poi vi è anche da tenere conto di tutta la problematica dell’inconscio collettivo (in riferimento ad un articolo di Mariolina Ceriotti Migliarese in „Avvenire“, 13.9.23, che ho condiviso nella mia bacheca in Facebook)…
La differenza ontologica tra essere (Sein) ed essenza (Wesen) può illuminare anche quella tra uomo e donna; l’essere è atto che si dona e l’essenza è il grembo che riceve questo atto di donazione. Questa analogia non può essere assolutizzata, cosa che non farebbe bene, né all’uomo né alla dona, quasi che entrambi fossero solo esplicitazioni di un sistema; ne è possibile da ciò che si legge nei racconti della creazione della „Genesi“ né dalla filosofia di Ulrich assolutizzare una priorità dell’uomo sulla donna. Nel secondo racconto della creazione l’uomo dorme, quando Dio trae da lui la donna che gli viene donata. Insomma „la donna procede dall’uomo, ma gli è „data“ da Dio“ (Ferdinand Ulrich, Homo Abyssus, 408). E nel primo racconto viene „solo“ detto: „Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò“ (Gn 1, 27). Io non penso che una teologia o una metafisica dei sessi debba orientarsi solamente alla procreazione o alla generazione; è già un’esperienza di grande fiducia e comunione perdersi nell’orgasmo proprio e/o dell’altro, ma è vero che la dimensione della gratitudine si esprime in modo eccellente proprio nella nascita del bambino, dei bambini: „ma come, però, il movimento di finitizzazione dell’essere si illuminava nella profondità più profonda come grazie, così il bambino non è null’altro che il grazie incarnato di questo compimento del movimento di finitizzazione dell’essere, tema del quale è l’uomo“ (Ferdinand Ulrich, 408). La tentazione che entrambi, sia l’uomo che la donna, devono evitare è rispettivamente di un „essere che si fissa in se stesso“ e non è più capace di donarsi sia quella di un’essenza chiusa in se stessa, che non è più capace di fecondità…
(2.11.23) Per quanto riguarda la differenza tra mimesis e katharsis mi sembra molto importante che Aristotele, a differenza di Platone, non pensi all’arte solo come attività pedagogica e morale; anche dall’Edipo, che uccide il padre e dorme con la madre, è possibile trarne un profitto, come purificazione catartica. Ho cercato di spiegare questo concetto con i film dell’orrore, ma ho visto che alcune ragazze facevano fatica a comprenderne il significato. Mi è venuto in mente di fare un esempio con la „pornografia“: ho detto che nessuno si guarda un video pornografico per motivi „mimetici“, sebbene mia figlia mi dica che le donne lo guardano proprio per paragonarsi con le donne rappresentate, ma è possibile che un tale video abbia una funzione catartica. I maschi ridevano, le ragazze ascoltavano con attenzione. Poi ho lasciato cadere il paragone. Per rifletterci ancora un momento: Io credo che la mia difficoltà con il modo cattolico di parlare di pornografia, sia proprio questo: non vengono considerate due cose. In primo luogo che non tutta la pornografia è uguale ed in secondo la dimensione „catartica“. Ovviamente si può mettere in dubbio che la pornografia sia arte, ma è anche vero che la „porneia“ del NT ha aspetti cultuali che la pornografia oggi non ha e quindi non si tratta della stessa cosa. Concesso che la pornografia esprime tra l’altro una dimensione di surrogato sessuale, rimane il fatto che la colpevolizzazione di ciò porta a bloccare quell’unico senso per cui potrebbe far bene guardarsi un film pornografico, che non è certo mimetico, ma per l’appunto catartico…Ovviamente questa è solo una delle possibile considerazioni del problema, c’è tutto un’aspetto sociale che riguarda il „proletariato pornografico“, che certamente ha elementi di sfruttamento, che non possono essere dimenticati. PS Una cantante anti-pop di nome Ashnikko, con la quale non sono d'accordo, come si può immaginare da parte di un cattolico, quando lei afferma che l'aborto ha a che fare con il diritto all'autodeterminazione della donna, ma che in un'intervista a Thomas Clausen (Vogue Germania), esprime molto bene il momento catartico di Aristotele: "Si potrebbe metterla così. "Weedkiller" è il nome del cattivo della storia in cui l'eroina si trasforma in seguito. Metà combattente, metà Weedkiller. Riflette il mio conflitto interiore e la mia lotta. Forse si tratta anche di diventare i demoni che vivono dentro di me, invece di limitarsi a combatterli. Mi piace l'idea di trasformarmi in una creatura spaventosa. Voglio essere più spaventosa dei miei demoni!... Estrarre il dolore dal tuo corpo per trasformarlo. Questo è l'effetto che la musica ha per me". (ASHNIKKO)
(8.1.24) (Notte) Io non credo che la pornografia, almeno quella che conosciamo noi nella società trasparente, sia solo un problema - il problema è piuttosto in noi, non in un video (il male viene dal nostro interno dice Gesù) - piuttosto a volte è la soluzione (insufficiente) di un problema di gestazione della libido. Ma certamente dobbiamo analizzare alcuni punti, che si possono riassumere nella frase che la pornografia non è un cammino al vero, può essere al massimo un surrogato. In primo luogo è del tutto non realistica; prendiamo una scena tra tante: tre donne fanno sesso con un uomo per più di venti minuti; suppongo che questa prestazione sia possibile solo con medicamenti. Poi perché 3 donne ed un maschio e non viceversa? Altro segno di irrealismo: i quattro armonizzano, in una situazione di espropriazione di sé, per mezz’ora, in modo del tutto armonico, cosa che non sarebbe possibile nella realtà, se non nel caso che non stiano lavorando ( e qui ci sarebbe tutta la questione del proletariato pornografico). Prego per tute queste persone che fanno questo lavoro e per gli utenti…Che Dio ci dia la Sua gioia!
(17.1.24) Il Papa, nella sua catechesi sui vizi e le virtù di ieri, ha sottolineato che «amare è rispettare l’altro». Mentre «la lussuria devasta le relazioni umane». Non ho letto il testo, lo ho ascoltato, perché a me fa tanto bene vedere come Santo Padre sottolinea le cose che legge e che probabilmente ha scritto un altro. Dopo aver parlato mercoledì scorso della „gola“, nella catechesi di ieri ha parlato della „lussuria“, che definisce così: „voracità verso un’altra persona“ (possesso dell’altro in modo tossico), nella sfera della „sessualità“. Il Papa ha detto con chiarezza che non vi è nella Bibbia una condanna dell’istinto sessuale. Ha citato san Paolo che lamenta, nella Lettera ai Corinti, che alcuni cristiani sono peggio dei pagani, e mancano del tutto di „temperanza“ in questo ambito, per usare il linguaggio di Simone Weil (cfr. la mia meditazione notturna di ieri). Ha sottolineato la purezza dell’innamoramento e dell’amore. Ha spiegato che la castità non è uguale all’astinenza sessuale. Castità significa non voler possedere l’altro. In questo tempo di menopausa di mia moglie con delle sudate che la espropriano del controllo del suo corpo, non ha certo bisogno di della mia brama di possesso; Ulrich ci ha insegnato che il tu è sempre anche un egli/lei, insomma non lo si può imprigionare nella relazione diretta io-tu (tanto meno se questa è tossica). Era molto interessante il modo con cui ha parlato della bellezza del rapporto armonico tra „ragione, pulsione e sentimento“. Della pornografia ha sottolineato la questione della dipendenza. E dei Don Giovanni, l’andare a caccia di avventure. Come sa il lettore del mio diario, non ho mai messo in dubbio il tema della dipendenza pornografica (abbiamo tanto bisogno del medico Gesù anche in questo ambito) e non ho mai messo in dubbio che essa sia un surrogato, ma il tema è complesso, perché se è vero che l’istinto sessuale non deve essere demonizzato, è anche vero che pur nella bellezza di un rapporto matrimoniale con l’altro l’esperienza ci insegna che non vi è un’identità di espressione e di bisogno dell’istinto sessuale, e in un certo senso un video pornografico, può essere di aiuto a qualcuno per temperare l’istinto stesso, per canalizzarlo, anche per rispetto dell’altro (sto parlando di adulti, non di bambini). Comunque è vero che il grande mondo della „cosificazione“ pornografica e sopratutto per il proletariato pornografico è e rimane una distopia realizzata, che sarebbe meglio se non ci fosse stata. Uso la parola distopia in modo paradossale; la Treccani la spiega così: „distopia s. f. [comp. di dis-2 e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa): le d. della più recente letteratura“.
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