martedì 17 dicembre 2019

Gesù non è solo un uomo vero e perfetto; è anche un ebreo della stirpe di Davide e di Abramo - in dialogo con San Leone Magno (+461 n. Chr.)

Lipsia. Il grande papa del quinto secolo, San Leone Magno, amato e rispettato molto da John Henri Newman, in una sua lettera, che il Breviario Romano ci offre come seconda dell'ufficio delle letture, ci aiuta a tenere nella memoria alcuni momenti essenziali della nostra fede, dapprima quello che ho ricordato nel titolo. Gesù non è solo un uomo "vero e perfetto", ma è un uomo con una concreta esistenza storica, quella ebraica, quella di una stirpe concreta, quella di Davide ed Abramo, che a sua volta è il padre della fede degli ebrei, dei cristiani e dei mussulmani. Appartenere ad una storia concreta deve aprirci all'universalità e non essere motivo di chiusura in una setta esclusiva. Tanto più che nella genealogia di Matteo si trovano prostitute, straniere, re disobbedienti e a parte che anche Davide non è proprio una figura senza contraddizione (pensiamo al modo con cui ha fatto uccidere Uria) ed Abramo, che pur impegnandosi per Agar, la lascia andare nel deserto, per un desiderio "arbitrario" di Sara. Insomma una storia concreta, poco elitaria. La storia di un popolo, in cui Gesù, "fatto peccato, ma senza peccato", appartiene. La genealogia di Luca, che funziona all'inverso di quella di Matteo, aggiunge che Gesù è il secondo Adamo, quello definitivo, ma apparente a quella storia incominciata con il primo Adamo, che non sa prendere su di sé la responsabilità della sua colpa, ma spudoratamente afferma che la caduta è stata colpa di Eva, la prima Eva! 
Pur con tutta la simpatia umana per la prima Eva, che tentata non ha saputo resistere al diavolo, la mia speranza come uomo è quella che mi da la seconda Eva, Maria, che, però, non mette se stessa al centro dell'attenzione - lei è solo donna, discepola, meticcia come ci ha ricordato Papa Francesco nel giorno della memoria della Madonna di Gaudalupe - ma il nuovo Adamo.
Su questo punto c'è un passaggio nella lettera del grande Papa che mi ha impressionato per la sua oggettività: anche noi che siamo nati dalla concupiscenza, dal desiderio della carne desideriamo ancora più profondamente una nascita spirituale, una nascita verginale, che non ha che fare con la carne, con il sangue e il volere dell'uomo; che noi siamo nati da questo tipo di desiderio e volontà è un fatto, ma è anche un fatto che il nostro cuore è inquieto perché la carne, pur riconoscendone il suo ruolo oggettivo, non è quello che vogliamo nel più profondo!

Possa la festa del Santo Natale donarci questa grazia, cioè di dare sempre più spazio al nostro desiderio di una nascita spirituale. Oggi è cominciata la novena del Santo Natale! 

Dalle «Lettere» di san Leone Magno, papa

(Lett. 31, 2-3; PL 54, 791-793)

​Sacramento della nostra riconciliazione
 
   Non giova nulla affermare che il nostro Signore è figlio della beata Vergine Maria, uomo vero e perfetto, se non lo si crede uomo di quella stirpe di cui si parla nel vangelo. Scrive Matteo:
   «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1, 1). Segue l’ordine della discendenza umana con tutte le generazioni fino a Giuseppe, al quale era sposata la Madre del Signore. Luca invece, percorrendo a ritroso la successione delle generazioni, risale al capo stesso del genere umano per dimostrare che il primo Adamo e l’ultimo sono della stessa natura.
   Certo, l’onnipotenza del Figlio di Dio, per istruire e giustificare gli uomini, avrebbe potuto manifestarsi come già si era manifestata ai patriarchi e ai profeti, sotto l’aspetto di uomo, come quando affrontò la lotta con Giacobbe, o dialogò, o accettò l’accoglienza di ospite, o mangiò persino il cibo imbanditogli. Ma quelle immagini erano soltanto segni di questo uomo che, come preannunziavano i mistici segni, avrebbe assunto vera natura dalla stirpe dei patriarchi che lo avevano preceduto.
   Nessuna figura poteva realizzare il sacramento della nostra riconciliazione, preparato da tutta l’eternità, perché lo Spirito Santo non era ancora disceso sulla Vergine, né la potenza dell’Altissimo l’aveva ancora ricoperta della sua ombra. La Sapienza non si era ancora edificata la sua casa nel seno immacolato di Maria. Il Verbo non si era ancora fatto carne. Il Creatore dei tempi non era ancora nato nel tempo, unendo in sé in una sola persona la natura di Dio e la natura del servo. Colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, doveva egli stesso essere generato fra tutte le altre creature.
   Se infatti questo uomo nuovo, fatto a somiglianza della carne del peccato (cfr. Rm 8, 3), non avesse assunto il nostro uomo vecchio ed egli, che è consostanziale con il Padre, non si fosse degnato di essere consostanziale anche con la Madre e se egli, che è il solo libero dal peccato, non avesse unito a sé la nostra natura umana, tutta quanta la natura umana sarebbe rimasta prigioniera sotto il giogo del diavolo. Noi non avremmo potuto aver parte alla vittoria gloriosa di lui, se la vittoria fosse stata riportata fuori della nostra natura.
   In seguito a questa mirabile partecipazione alla nostra natura rifulse per noi il sacramento della rigenerazione, perché, in virtù dello stesso Spirito da cui fu generato e nacque Cristo, anche noi, che siamo nati dalla concupiscenza della carne, nascessimo di nuovo di nascita spirituale. Per questo l’evangelista dice dei credenti: «Non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 13).

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