sabato 14 dicembre 2019

Prendere decisioni in solitudine con Dio, per comprendere l'esperienza umana - in dialogo con Luigi Giussani

                                                                                                 Per Bruno e Nicola

Lipsia. Vi è una categoria, o come la si voglia chiamare, che per me è decisiva in Luigi Giussani: quella dell'esperienza. Sono ritornato per comprenderla meglio ad un suo testo, "Tracce d'esperienza cristiana" uscito "pro manuscripto" nell'anno della mia nascita, nel 1960. Ripreso nel 1972 dalla Jaca Book con venti ristampe e una seconda edizione del 1991, con una prima ristampa del 1992 che è quella che sto usando. 

In essa vi è una citazione di Romano Guardini che per me è decisiva, in questo momento della mia vita: "C'è una nostalgia che ci spinge verso l'interiore, verso la quiete; una volontà di trarsi dalla mischia e di entrare nel raccoglimento. Ma un raccoglimento che non neghi l'essere e l'agire della vita che ci attornia, ma che sia nel cuore di questa". 

Luigi Giussani lo ridice con le sue parole: "Senza l'impegno di un effettivo itinerario spirituale personale non si potrebbe certo pretendere di collaborare ad edificare la Chiesa" (Introduzione). Per collaborare alla Chiesa ci fa fare un primo passo che ci aiuti ad impostare il problema umano: esperienza dell'umano, solitudine, comunità, autorità e preghiera. Su questi punti vorrei fare alcune note del tutto personali, che sono, però, per me una via di non ritorno. 

Esperienza dell'umano

L'esperienza dell'umano si gioca davanti a Cristo e con Cristo perché Egli è il mio centro affettivo. Anche nel dialogo che sto compiendo in altri post con l'Islam, Cristo rimane il "mio centro affettivo"; Cristo ci rimanda al Padre, essendo il Figlio del Padre: chi vede Lui vede il Padre, anche se il Padre "è più grande di me", dice Gesù nel Vangelo di Giovanni. Questa affermazione non mette in dubbio il "Credo", ma il Credo e i Concili che ci hanno spiegato con ragione il "vero Dio, vero uomo" non possono che orientarsi a ciò che dice Cristo stesso come uomo. 

"Per incontrare Cristo, dobbiamo innanzitutto impostare seriamente il nostro problema umano" (Giussani), che ha a che fare con la nostra esperienza e con i nostri bisogni, con i nostri desideri. Un tema caro a don Giussani è la differenza tra "esperienza" e "provare"; quando si "prova" qualcosa, e a volte non possiamo far altro che "provare", non ci chiediamo ancora cosa sia il senso di ciò che "proviamo". Si ha "esperienza" di qualcosa quando si riflette sul senso ultimo di dipendenza nei confronti di Colui che ci dona la nostra esperienza umana, quindi sul senso ultimo delle cose. Giussani ci chiede di stare attenti alle "impressioni parziali" e ai "pregiudizi". E di metterci all'ascolto delle Sue risposte!

Tutto ciò che ho tentato di scrivere per una possibile filosofia e teologia dei sessi, aveva come intenzione ultima, di riflettere sul senso della sessualità, senza cadere nello spiritualismo e quindi tenendo seriamente sul serio l'esperienza che abbiamo di essa e anche quelle domande che essa solleva in noi e a cui non siamo capaci di rispondere. 

Ultimamente ho scritto una riflessione sulla mia esperienza di insegnamento nel sistema scolastico tedesco, che pubblicherò qui nel mio blog, il prossimo anno, in cui cerco di riflettere al di là di ogni "tecnica scolastica", quale percorso umano abbia fatto come insegnante. In questo articolo ho cercato di evitare categorie e spiegazioni solo astratte, che non centrano nulla con me, ne con i ragazzi incontrati nella mia vita. Il problema umano nella scuola non si risolve con una "tecnica scolastica", ma con il mio impegno umano sul "ghiaccio sottile del nichilismo" odierno. 

Solitudine 

"Più scopriamo le nostre esigenze , più ci accorgiamo che non le possiamo risolvere da noi" (Giussani). Il bisogno di ritirarsi dalla mischia, il bisogno di smettere di dialogare con tutti quelli che sono al servizio del padre della menzogna (direttamente o indirettamente), nasce da un bisogno di prendere sul serio la mia umanità: "si può benissimo dire che il senso della solitudine nasce nel cuore stesso di ogni serio impegno con la propria umanità" (Giussani). Sia il Papa che Ferdinand Ulrich insistono molto su questo punto: non dialogare con il diavolo; brevi risposte, bastano. Se poi si vuole davvero accompagnare gli altri, nella loro solitudine, bisogna ascoltare molto. Bisogna "tenersi fuori", dice il Santo Padre parlando del suo maestro Fiorito. Bisogna "mantenere la pace" con noi stessi e non intervenire con l'altro al posto del Signore. Solo il Signore può aiutarci a dare una risposta ai nostri bisogni più profondi! E solo il Signore può aiutare gli altri! Questo "tenersi fuori" non è un "tecnica", ma un modo di essere nel dialogo con l'altro. Nella polarità di vicinanza e distanza. 

Comunità 

"Solo chi ha la vera esperienza dell'impotenza e della solitudine sta con gli altri senza calcolo e dittatura" (Giussani) - anche "senza confini" e "senza selezioni"; aperto a tutta l'umanità, ma in un "ambiente determinato" - chi fa parte di questo ambiente lo decide il Signore e non io! Non sono per me Chiesa le persone che mi cercano solo con un calcolo: aumentare il numero di aderenti ai loro gesti e che se no, non sanno neppure chi io sia. Il mio parroco conosce, per fare un esempio, i bisogni dei miei figli, più di qualsiasi altra persona che faccia parte ufficialmente al Movimento di Comunione e Liberazione in Germania. 

Autorità 

Più leggo Giussani e più mi accorgo che per lui vi sono solo due punti chiari nel suo concetto di autorità: quella che a lui interessa è l'autorità di fatto, non i capi e capetti. E poi "quell'uomo di Roma, con il suo carico pesante" (uso una definizione di von Balthasar). Ma anche quella donna di Nazareth con la sua spada nel cuore, che sia per Balthasar che per il Papa che per Giussani è solo una donna: "donna semplice" (Balthasar), una "ragazza giovane" (Giussani), una "meticcia" (Papa Francesco). Per Giussani ha autorità chi "di fatto ha una comprensione maggiore dell'ambiente e delle persone" e di ciò che capita nel mondo e che di "fatto provocano più facilmente un movimento di comunità... queste persone hanno un autorità anche se non sono insignite di diritti e di titoli". 

Preghiera 

Per me le meditazioni e il breviario (ma anche una invocazione personale o il gesto del farsi il segno della Croce, leggendo certe frasi nei salmi che mi corrispondono vivamente o di cui ho bisogno più dell'acqua) sono un modo di comprendere "il senso di tutte le nostre esperienze" (Giussani). "Le nostre esperienze prese veramente sul serio sono un soffrire - uno scoprirsi carichi di bisogni, di problemi insoluti, di dolore, di ignoranza" che ci aprano all'Altro, a Colui che ha davvero una risposta al bisogno dell'uomo, e che non è un potente, che non corrisponde per nulla alla logica del solo-potere e alla volontà di potenza  Penso in questa domenica, in cui devo tenere il "Servizio della Parola" per il nostro parroco che non è in parrocchia, alla figura di san Giovanni Battista, di cui Gesù non dice solo che "fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di lui", ma anche "il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui" (Mt 11,14). Cerchiamo di essere piccoli, non grandi! Perché solo così potremmo rispondere al dramma serio del mondo che porta il nome di "sovranismo politico". 


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