Con il permesso dell'autrice pubblico, nel mio blog-diario, questa storia di una donna che veniva ad Aleppo ed ora si trova a Parigi e la cui casa è il telefono. Roberto Graziotto
La storia di Nadia.
La settimana scorsa Nadia (nome convenzionale) è stata a casa mia. Veniva da Aleppo dove l'ho conosciuta nel 1994, come alunna dei corsi di italiano all'Università e poi, fino ad oggi carissima amica di famiglia, anzi una figlia. Ecco la sua storia.
Nel 2011 a Damasco i miei due figli hanno partecipato ad alcune manifestazioni per la libertà. Anch'io tenevo riunioni a casa mia con parecchia gente e discutevano dell'avvenire della Siria. Una sera i miei figli non sono tornati a casa e subito sono andata alla polizia per chiedere dove erano. Dopo la notte in attesa il capo mi ricevette e mi rimproverò del fatto che i miei figli si occupavano di manifestare in pubblico, anziché studiare. Poi aggiunse che i miei figli stavano bene e mi congedò ingiungendomi di non tornare più a chiedere informazioni perché poteva finire male. Dopo tre mesi i miei figli tornarono a casa. Erano stati in una prigione di Assad e portavano i segni di torture che guarirono dopo un mese. Erano stati rilasciati dopo il pagamento alle guardie carceriere di un riscatto ingente tanto che dovetti vendere la casa. Fu così che decidemmo di lasciare la Siria e andammo al Cairo dove ho una sorella.
Mettemmo su una piccola attività' di ristorazione che ci dava da vivere, malgrado le intimidazioni della polizia egiziana che ci gridava di andarcene via. Dopo un po' di tempo, tornando da Istanbul, trovai la frontiera egiziana chiusa per i Siriani dietro ordine di Al-Sisi. A Istanbul ricominciai un' altra piccola attività di bar. Lavoravo con fatica perché contemporaneamente curavo il cancro al seno. Per fortuna le spese della chemioterapia erano a carico dello stato turco. Nel dicembre scorso, tramite Facebook, sono venuta in contatto con voi e volevo venire in Italia.La cosa era difficilissima e allora un mese fa mi dissi: "Devi scegliere tra la barca della morte e la Siria." Scelsi il mare e a Smirne mi imbarcai con altre trenta persone su un gommone. Pagai 1250 dollari. In mare restammo venti ore perche' lo scafista non aveva la bussola e smarrì la rotta. Sbarcammo a Samo in non buone condizioni fisiche, ma fui aiutata da medici greci. Ristabilita mi andai all'aeroporto di Atene e presi un: aereo Alitalia per Roma. Andò tutto liscio anche a Fiumicino grazie al fatto che parlavo italiano. Poi presi il treno per Lecce dove voi mi aspettavate alla stazione.
Ora la mia casa è il telefono. Chiamo mio figlio che sta in Svezia o in Egitto e parlo con qualche amico nel mondo.Vorrei chiedere asilo politico in Francia e, dunque, tra un po' di tempo, dopo una sosta presso parenti che stanno a Parma, prenderò un treno per Parigi. Tutto il mio avere è questa borsetta dove c'è della biancheria e delle scarpette per ballare il tango, che è la mia grande passione. Lentamente e senza piangere riprenderò la mia vita nella provincia francese e vi inviterò nella mia casa.
Ora Nadia è a Parigi e questa settimana farà la domanda di asilo.
Qui ho riassunto le sue conversazioni. Sono felice che la lingua italiana sia capace di dare coraggio e salvezza a una persona di Aleppo, città sull'orlo della catastrofe, a causa della guerra. Ho con me la registrazione di una conversazione con lei, ma ho preferito questa forma di racconto perché in questo momento conta la sola realtà dei fatti, che parlano da sé. Nadia è da considerarsi già' come una "cittadina europea in lista di attesa" e non come una migrante o peggio una clandestina. Spero di avere ragione. "Benvenuta in Europa, Nadia".
11 ottobre 2015
Oggi, Nadia si trova a Parigi, ha una piccola boutique e fa la cucina siriana adattata al gusto francese, ha i documenti. E' diventata nonna e non conosce il nipotino che vive in Egitto. Ricordate: la sua casa continua ad essere il telefono.
1 aprile 2020 Giulia de Angelis Blagho
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