mercoledì 24 febbraio 2021

Pensatore e filosofo Per il novantesimo compleanno di Ferdinand Ulrich (1931-2020) Di Manuel Schlögl

Fonte tedesca: Klerusblatt 101 (2021) N.2

Per il 90esimo compleanno di Ferdinand Ulrich (23.2.21) offro nella traduzione di Giacomo Pomponio l’introduzione, semplice e profonda, alla figura del filosofo tedesco, di Manuel Schlögl, che sotto la guida di Stefan Oster, vescovo di Passau, lavora nell’archivio di Passau che si occupa dell’eredità scientifica e spirituale di Ferdinand Ulrich. Non sono  riuscito a trasportare nel mio Blog la traduzione altrimenti. Le note si trovano a pie di pagina del manoscritto, quindi tra il testo del blog. Comunque la lettura non dovrebbe essere complicata. RG





Un grande sconosciuto

“Per chi si occupa di Ferdinand Ulrich deve essere chiaro che ha a che fare

con un grande sconosciuto, nel doppio senso della parola – egli è

ugualmente grande come sconosciuto” – così disse una volta il filosofo di

Monaco di Baviera P. Gerd Haeffner SJ riguardo al suo collega e amico di

molti anni. I molti che conobbero Ferdinand Ulrich come professore

universitario o come intimo o come consigliere furono impressionati dalla sua

grandezza umana, intellettuale e spirituale. Per alcuni, tuttavia, egli rimase

oscuro, poiché il suo pensiero e anche i suoi lavori pubblicati richiedono

molta pazienza e attenzione riguardo la loro ampiezza e stile personale.

Comunque, una generazione di giovani ricercatrici e ricercatori negli USA,(1) in


Francia (2) e in Germania (3) sta scoprendo questo filosofo per sé, la sua eredità

scientifica e spirituale viene raccolta in un apposito archivio di Passau e lentamente resa disponibile, il suo novantesimo compleanno – il 23 Febbraio

Vedi i lavori di David C. Schindler, Adrian Walker, Reinhard Hütter e Rachel M. Coleman, così come i contributi della conferenza: Being as an Image of Divine Love, 2019, tenuta a Washington D.C., pubblicata in: Communio (US) 46 (2019), N.1.

Vedi Pascal Ide, Une théologique du don. Le don dans la Trilogie de Hans Urs von Balthasar, Paris, 2013 (con molti riferimenti a Ulrich); Marine de la Tour, Gabe im Anfang. Grundzüge des metaphysischen Denkens von Ferdinand Ulrich, Stuttgart, 2016.

Vedi Stefan Oster, Mit-Mensch-Sein. Phänomenologie und Ontologie der Gabe bei Ferdinand Ulrich, Freiburg-München, 2004; il med., Person-Sein vor Gott. Theologische Erkundungen mit dem Bischof von Passau, pubblicato da Bernhard Klinger, Freiburg i. Br., 2015, specialmente pp. 43-105; Ikamarina Kuhr, Gabe und Gestalt. Theologische Phänomenologie bei Hans Urs von Balthasar, Regensburg, 2012, specialmente pp. 171-183.

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Pagina 1 del manoscritto 

2021 – offre un buon motivo per avvicinarsi un poco a questo “grande sconosciuto” e, a partire dalla forma della sua vita, per capire meglio anche i temi principali del suo pensiero.4

Patria perduta

Ferdinand Ulrich venne al mondo il 23.02.1931 a Odrau (oggi: Odry, Repubblica Ceca) e crebbe a Fulnek/Mähren, figlio unico, in una piccola comunità contadina. I genitori offrirono al figlio, che ha capacità eccellenti, spazio per lo sviluppo: per il gioco, per la riflessione, per la preghiera, poiché “Ferdy” era un bambino molto religioso, che già presto sperimentò la Madre di Dio Maria e santa Teresa di Lisieux come realtà viventi. Sempre di più arrivavano le notizie della guerra e l’ideologia nazista in questo luogo nascoto: con la fine del conflitto la patria si trasformò all’improvviso in una terra nemica, da abbandonare il più velocemente possibile. Il quindicenne Ferdinand arrivò con sua mamma nel 1946 presso il lager Mettenheim/Obb, uno straniero tra stranieri, e così alla “Oberrealschule” di Mühldorf, che con grossi sacrifici poté frequentare e concludere nel 1950 con la maturità, come migliore del suo anno. L’esperienza della peregrinazione e dell’estraneità, nonché il ricordo per la sua patria perduta accompagnarono Ulrich lungo la sua vita, come per molti della sua generazione. E come molti, trovò anch’egli nella chiesa cattolica una nuova casa e una prospettiva di vita. Così entrò nell’autunno 1950 nel seminario di Frisinga (Freising9 e studiò quattro semestri presso l’università locale. Joseph e Georg Ratzinger si preparavano lì, nello stesso tempo, per la loro ordinazione al diaconato e sacerdotale. Quando Ulrich volle cambiare il proprio corso di studi per l’università di Monaco, una infida epatite lo costrinse sul letto di malattia. Dopo era così indebolito che non poté essere più accettato nel seminario cattolico. “Così studiai semplicemente ancora quello che già avevo studiato, principalmente Filosofia”, disse più tardi.

Ricerca di una propria strada

Soprattutto tre accademici divennero importanti per Ulrich a Monaco: Henry Deku, uno specialista di Agostino e Tommaso d’Aquino, convertitosi dall’Ebraismo al Cattolicesimo, il quale capì bene Ulrich e che fece lunghe passeggiate con lui; Gottlieb Söhngen, maestro di Ratzinger, un gioviale renano nonché geniale pensatore, il quale leggeva con gli studenti classici

Nel prosieguo mi baso soprattutto su miei appunti da colloqui con il Prof. Ulrich, che ho avuto tra il 2006 e il 2019. Vedi inoltre il necrologio di Leo Jagwitz scaricabile dal sito www.johannes-verlag.de.

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antichi e moderni di storia della teologia; infine, su un piano più personale, Romano Guardini. Spesso Ulrich fu ospite del famoso filosofo della religione al sabato pomeriggio a Bogenhausen e venne trattato con assoluta serietà da costui, più anziano di quasi cinquanta anni. La relazione con il suo relatore, Aloys Dempf, si rivelò al contrario problematica: due progetti di una tesi, a cui il giovane pensatore lavorò in tempi molto brevi, vennero rigettati. Il terzo lavoro infine, su un argomento neoscolastico, fu magnanimamente fatto passare da Dempf.5

A ventiquattro anni Ulrich era dottore in Filosofia, senza però una professione. Dovette quindi proporsi come supplente presso un collegio a Tegernsee e nel ginnasio delle “Englische Fräulein” a Passau-Niedernburg über Wasser. Trovò poi una opportunità per potersi abilitare alla libera docenza nel 1958 a Salisburgo, presso P. Beda Thum: questo scritto accademico, necessario per la l’abilitazione, uscì nel 1961 con il titolo “Homo abyssus. Das Wagnis der Seinsfrage”. (Le prime sessanta pagine, tradotte e commentate, si trovano nel Blog di Roberto Graziotto che ospita questo articolo. La traduzione è proprietà della Johannesverlag. NdT) Coloro che si sono già occupati da vicino dell’opera la porterebbero sicuramente e senza alcun dubbio su un’isola solitaria, per studiarla sempre di più con profitto. Poiché in questa opera, che Ulrich scrisse in appena poche settimane di totale ritiro e poi, successivamente, fornì di note, si tratta effettivamente del “tutto”. Egli spiega come essere e nulla, uomo e cosmo, corpo e anima, tempo ed eternità stiano in relazione fra di loro, cosa sia la verità e cosa sia la vera libertà e come ad ogni uomo si ponga innegabilmente la domanda dell’essere, cui egli deve rispondere nel corso della sua vita: principalmente, se egli riconosca la verità della sua vita nel considerare sé stesso come dono derivante dall’amore incondizionato del Dio-Creatore, oppure se egli si chiuda a questa „sfida“ dell’essere donato e quindi sprechi in ultima istanza la propria vita. Ulrich parla di “ movimento di finitizzazione (“Verendlichungsbewegung”) dell’essere”,di un totale donarsi, che rappresenta il motivo di ogni realtà e quindi è una „similitudine“ di Dio stesso, il quale dona sé stesso, in modo trinitario, dall’eternità e ciò rende la più

Su questi primi lavori di Ulrich vedi Martin Bielers, Einleitung in Ferdinand Ulrich, Homo abyssusDas Wagnis der Seinsfrage, Einsiedeln-Freiburg, 21998, pp. XIII-XXVIII.

Vedi Ulrich, Homo abyssus (n. 5), specialmente pp. 99-117, 216-219, 239-247, 397-483. Una dettagliata interpretazione del pensiero si trova in Martin Bieler, Freiheit als GabeEin schöpfungstheologischer Entwurf, Freiburg-Basel-Wien, 1991, pp. 245-376.

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intima essenza (di Dio) evidente in Gesù Cristo nella forma di una vita umana. “Homo abyssus” contiene dunque nient’altro che il messaggio evangelico in linguaggio della filosofia. Più esattamente: in un insegnamento sull’essere sviluppato a partire dall’uomo. Si tenta anche una coordinazione tra l’ontologia classica di Tommaso d’Aquino e la moderna filosofia trascendentale, nella misura in cui Ulrich mostra, col suo approccio, che l’apparentemente astratta domanda riguardante „l’essere dell’essente“ diventa evidente nella più concreta delle domande sulle condizioni di possibilità della libertà umana. Alcuni commentatori riconobbero già allora lo straordinario potenziale di questo giovane filosofo;tuttavia molti colleghi ebbero e hanno difficoltà nei confronti di quest’opera, così profonda e incommensurabile che, se si accettasse senza riserva ciò che vi è affermato, il proprio pensiero e anche il proprio atteggiamento verso la vita dovrebbero cambiare.

Dovettero concretizzarsi molte e fortunate coincidenze, affinché Ulrich fosse

chiamato nell’autunno 1958 presso la Scuola superiore di pedagogia

(Pädagogische Hochschuledi Regensburg e potesse insegnare lì all’incirca 8

trentottoanni. Nellostessoannosisposòedivennepadreditrebambini.

Insegnante accademico

Accanto agli impegni di docenza a Regensburg, Ulrich insegnò molti anni presso l’Università di Salisburgo e alla scuola superiore di Filosofia dei Gesuiti a Monaco. Negli anni ’60 e ’70 partecipò pressoché annualmente a congressi a Gallarate, all’Istituto Rosmini di Bolzano e ai Colloqui Castelli di Roma. Conobbe Paul Ricoeur ed Emmanuel Lévinas a Parigi nel corso delle sessioni della “Fritz-Thyssen-Stiftung” per la filosofia della religione. In occasione dei leggendari “Brunnenhof-Gesprächen”, organizzati a Zurigo dal dotto ebreo Friedrich Weinreb, ebbe occasione di conversare con famosi filosofi giapponesi e discusse con loro riguardo Cristianesimo e Buddismo Zen. Tenne regolarmente corsi per gli studenti del Collegio Germanico a Roma o a San Pastore, dove vi furono tra i suoi ascoltatori anche attuali vescovi.

Tra questi si contano, tra gli altri, il filosofo francese Claude Bruaire (1932-1986), il filosofo spagnolo Adolfo Munoz Alonso (1915-1973) e il filosofo tedesco nonché collega di studio di Ulrich Heinrich Beck (*1929).

Ulrich divenne assistente nel 1958, rappresentante di cattedra nel 1959, professore straordinario di Filosofia nel 1961 presso la scuola superiore di pedagogia di Regensburg e, dopo l’accorpamento della scuola superiore nell’Università di Regensburg, professore universitario di Filosofia.

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Inoltre, il filosofo di Regensburg pubblicò molti volumi e dettagliati saggi, analizzò le rilevanti correnti spirituali del suo tempo – il marxismo, l’esistenzialismo, la psicologia del profondo– trattò nelle sue lezioni anche di fiabe10 o parabole bibliche11 e rimase un professore anticonformista, che non voleva trasferire ai suoi studenti in prima battuta “sapere”, bensì “vita” e infine la “domanda dell’essere”, che lo impegnava continuamente. Benché non gli fosse sconosciuta, a Ulrich rimase estranea la gestione accademica. Cercava un’altra via, con cui potesse comprendere ancora più approfonditamente e vivere più concretamente quanto era stato già individuato nell’”Homo abyssus”.

Amicizia con Hans Urs von Balthasar

Lo svizzero Hans Urs von Balthasar divenne un importante interlocutore in questo percorso interiore – anche egli uno spirito eccezionale, riconobbe da subito il talento dell’altro, più giovane di lui di venticinque anni, e lo sostenne incessantemente.12 Bisogna essergli riconoscenti anche per la pubblicazione di libretti di Ulrich così importanti, come quello sull’essere bambino13 o quello sulla preghiera,14 nati dall’insistenza con cui sono stati richiesti all’autore. La loro corrispondenza, comprendente molte centinaia di lettere, contiene un tesoro di saggezza umana e perspicacia spirituale. Il filosofo divenne, da parte sua, consigliere e fidato di Balthasar, in riferimento alla produzione di quest’ultimo negli anni ’70 e ’80, specialmente per la

Vedi Ferdinand Ulrich, Gegenwart der Freiheit, Einsiedeln, 1974.
10 Per l’interpretazione delle fiabe vedi Ferdinand Ulrich, Erzählter SinnOntologie des Selbstwerdung in

der Bilderwelt des Märchens (Schriften III), Einsiedeln-Freiburg, 22002.
11 Vedi l’interpretazione della parabola del figliol prodigo (Luca 15, 11-32) in Ferdinand Ulrich, Gabe und

Vergebung. Ein Beitrag zur biblischen Ontologie (Schriften V), Einsiedeln-Freiburg, 2006.

12 Vedi su questo argomento le indicazioni di Stefan Oster, Person-Sein vor Gott und Kuhr, Gabe und Gestalt (vedi nota 3); Manfred Lochbrunner, Hans Urs von BalthasarDie Biographie eines Jahrhunderttheologen, Würzburg, 2020, pp. 427-428, 481, 485.

13 Ferdinand Ulrich, Der Mensch am AnfangZur philosophischen Anthropologie der Kindheit, Einsiedeln, 1970. Una riuscita continuazione da un punto di vista pedagogico offre Udo Schreyer, Kind-Sein und LebensalterEine pädagogisch-anthropologische Untersuchung, Würzburg, 2006.

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14 Ferdinand Ulrich, Gebet als geschöpflicher Grundakt, Einsiedeln, 1973.

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“Theodramatik” (Teodrammatica, Jaca Book), ma anche in riferimento a questioni riguardanti la Comunità di San Giovanni, che il teologo considerava come la “propria opera”.15

Un piccolo fratello pellegrino di Gesù

Durante gli anni ’80 Ulrich si ritirò sempre di più dalla solita vita di un professore universitario, rifiutava di tenere conferenze o di visitarle e non pubblicava più alcunché di nuovo. Alcuni colleghi scossero il capo. In quel momento, cominciò a definirsi, prima nelle lettere e poi anche in discorsi in prima persona, un “piccolo fratello pellegrino di Gesù”. Con ciò è da intendersi in primo luogo il suo collegamento con i “piccoli fratelli e sorelle di Gesù”, la fondazione di San Charles de Foucauld, con cui entrò in contatto per la prima volta a Roma e per i quali tenne molte volte corsi in periodo festivo, nonché la sua profonda nostalgia per uno stile di vita contemplativo e per una comunanza spirituale con Charles de Jesus. In secondo luogo, il pellegrino fa riferimento a un motivo originario della spiritualità cristiana: che la nostra vita terrena non è ancora lo scopo, bensì solo la via per lo scopo, dal momento che la nostra vera patria non è da trovarsi in questo mondo. Sarebbe da considerare anche il “rapporto del pellegrino” e la figura di Sant’Ignazio, cui Ulrich si sentiva molto legato. Questa nuova e vera identità si fondava per lui solamente nel rapporto con Gesù – poiché Gesù è qui “la nostra via e la nostra patria”, come il filosofo diceva volentieri.16 Tanto più Ulrich sembrava diventare sconosciuto nella scienza della filosofia, quanto più fruttuoso diventava il suo influsso spirituale nel suo accompagnamento personale in qualità di “maestro della chiesa”:17 aveva contatti con gli ordini e con singole personalità entro questi, con preti e laici, con filosofi, con teologi, con scienziati. Nel 1996 andò in pensione, continuò tuttavia il suo “essere insegnante” o la sua “paternità spirituale”, come formulò un suo allievo, il vescovo Stefan Oster,18 spesso in qualità di ospite presso i francescani e le

15 Vedi Hans Urs von Balthasar, Unser Auftrag. Bericht und Weisung, Nuova edizione, Einsiedeln-Freiburg, 2004.

16 “Christus hic via, ibi patria”. Ulrich ha attribuito la citazione ad Agostino, proviene però da Ludolf von Sachsen, Vita Jesu Christi: “hic in spe, ibi in re, hic in via, ibi in patria”.

17 Vedi Oster, Person-Sein vor Gott (nota 3), pp. 69-70. 18 Vedi Oster, Person-Sein vor Gott (nota 3), pp. 59-72.

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francescane di Armstorf, Baviera superiore, o presso i missionari e le missionarie del preziosissimo sangue a Regensburg.

Morire per vivere

Al “piccolo fratello pellegrino” furono regalati ventiquattro anni di pensione. Fu un periodo spesso solitario, nonché caratterizzato da molte malattie e momenti bui. Eppure proprio quello fu un periodo di grazia, in cui Ulrich provò a rispondere alla domanda dell’essere non solo per vie intellettuali, ma anche in maniera concreta, “con carne e sangue”, come diceva. Già nel 1969 aveva pubblicato una propria meditazione sul segreto della morte, più tardi apparsa

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come libro – “Leben in der Einheit von Leben und Tod” – per molti, anche

per Balthasar, il lavoro più compiuto proveniente dalla penna del pellegrino.20 È in ultima istanza l’interpretazione filosofica della parola di Gesù sul grano (Giovanni 12, 24-26), che deve essere fatto cadere, deve morire, deve essere sepolto, affinché si diffonda, affinché possa prima di tutto vivere o portare frutti. Questo morire per amore, questo lasciarsi andare per amore di Gesù era già stata per lungo tempo parte della vita di Ulrich. Dopo una brutta caduta nella sua casa, il filosofo trascorse le sue ultime settimane in una casa di riposo a Regensburg, ed è morto lì l’11.02.2020, giorno dedicato alla Beata Vergine.

L’eredità spirituale

Già in vita Ferdinand Ulrich aveva affidato la sua eredità al vescovo Stefan Oster. Egli protesse eprotegge un grosso tesoro per la scienza e la chiesa in cinquantasei scatoloni ricolmi presso la piazza del duomo di Passau – accanto alla biblioteca privata e alla corrispondenza vi sono soprattutto manoscritti per lezioni universitarie e presentazioni seminariali, provenienti dal periodo del suo lavoro da professore universitario, nonché parecchi appunti spirituali degli anni più tardi. Parecchi ex-studenti ed amici del “pellegrino” hanno già messo a disposizione preziose lettere e altri testi, tra questi foto e propri appunti di lezioni universitarie. Le numerose testimonianze personali su Ferdinand Ulrich costituiscono una particolarità, dal momento che per molti, che hanno avuto contatti con lui, questi contatti

19 Ferdinand Ulrich, Leben in der Einheit von Leben und Tod (Schriften II), Einsiedeln-Freiburg, 1999.

20 Vedi Hans Urs von Balthasar in una lettera a Ulrich del 04.07.1980, citata da Kuhr, Gabe und Gestalt (nota 3), p. 173: “Caro amico, in questo periodo leggo con attenzione il Suo libro sulla vita e sulla morte e rimango assolutamente rapito. L’avessi fatto prima, avrei scritto meno cose irrilevanti. Però rivedo in Lei i miei propri limiti”.

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hanno lasciato tracce durature e per alcuni hanno avuto persino un significato tendenzialmente esistenziale.

Ciò che caratterizza un uomo al suo interno – così affermava Ulrich sempre – rimane per lui stesso un segreto, di cui si deve rendere partecipe silenziosamente l’amore di Dio. E tuttavia solamente ciò che si può dire già oggi riguardo lui, il suo pensiero come filosofo, la sua peregrinazione nella fede è sufficiente per riconoscere la sua persistente grandezza.

Traduzione di Giacomo Pomponio

Sull’autore: Manuel Schlögl è nato nel 1979, 2005 ordinazione a Passau, 2013 Dr.theol. all'Università di Münster ("Misticismo-Ateismo-Notte oscura“ ("Mystik-Atheismus-Dunkle Nacht“), un esame dell'ateismo moderno), lavoro nella cura pastorale e nella formazione sacerdotale, studi post-dottorali all'Università di Vienna, “Cristologia e interpretazione scritturale in Massimo Confessore“( "Christologie und Schriftauslegung bei Maximus Confessor“), 2020 nomina a professore di dogmatica e dialogo ecumenico all'Università di Teologia Cattolica di Colonia.

Dal 2006 in contatto con il Prof. Ulrich, dal 2020 libero professionista nel Ferdinand-Ulrich-Archive Passau.

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