Omelia al funerale di Ferdinand Ulrich nella Chiesa parrocchiale di San Nicola a Mühldorf am Inn
Cara famiglia Ulrich, care sorelle e fratelli nella fede, amici, conoscenti, compagni, e voi tutti che avete amato Ferdinand Ulrich,
Hans Urs von Balthasar, uno dei grandi teologi del secolo scorso, amico e "fratello nello spirito" del nostro defunto, nel 1964 scrisse una lettera al giovane filosofo Ferdinand Ulrich, ringraziandolo per un manoscritto, che trattava il tema del potere, e Balthasar gli scriveva così: „Lei tira sempre via con delicatezza e senza sosta tutti gli involucri. Dovremo imparare a sopportarLa. Ho letto Eckhart e Tauler ed in qualche modo Lei è la continuazione di quella nascita dello spirito tedesco". Dovremo imparare a sopportarLa! Che frase per un giovane studioso da parte di un teologo, che in quel periodo era già famoso. E Balthasar, con il suo riferimento ai due grandi mistici Meister Eckhart e Johannes Tauler, dice anche quanto profondo, quanto abissale, gli sia sembrato il pensiero del giovane filosofo tedesco Ferdinand Ulrich, precocemente maturo. Dovremo imparare a sopportarLa!
(Ferdinand Graziotto e Ferdinand Ulrich, ca. 1999 o 2000)
(Ferdinand Graziotto e Ferdinand Ulrich, ca. 1999 o 2000)
Ancora e ancora l'amore
Cari ospiti del funerale, per mia conoscenza, amicizia ed esperienza personale, questo è proprio quello che può essere visto come un filo rosso nella vita del nostro defunto. Ha sperimentato più e più volte che molti non volevano imparare a sopportarlo. Non ci ha facilitato il compito, soprattutto nei suoi scritti, spesso difficili da leggere. Ma anche come un uomo che non si è mai accontentato della superficialità e che davvero ha esplorato gli abissi umani e ha voluto resistere nella luce risanante della verità, in tutta la sua discutibilità, compresa la sua. E non pochi, specialmente i suoi colleghi accademicamente attivi, non volevano o non potevano essere coinvolti in ciò che pensava o aveva da dire Ferdinand Ulrich. Certo, se questa esperienza è un filo conduttore della sua vita, allora essa è comunque solo un sintomo, una manifestazione quasi necessaria di una ragione più profonda che ha plasmato ancora di più la sua vita. Nella lettura della Lettera ai Romani abbiamo sentito la convinzione di Paolo, che era anche la convinzione del defunto: "Nulla può separarci dall'amore di Cristo. Dio ci ha dato il suo Figlio unigenito, come ha potuto non darci tutto con lui". Il tema fondamentale di Ferdinand Ulrich in tutto è sempre stato l'amore, l'amore del Padre, dal quale il mondo è stato creato e viene conservato. L'amore di Cristo, dal quale siamo redenti dai nostri peccati e ammessi a partecipare alla vita divina e l'amore dello Spirito Santo, che ci illumina, che ci guida, che ci santifica. Ancora ed ancora: l’amore.
Il doppio significato della parola tedesca „Umsonst"
E più e più volte ci ha riproposto il fatto che proprio questo amore è umsonst. La gratuità dell'amore nel doppio significato della parola „umsonst", cioè nel significato di gratis, come dono che da un lato non costa nulla. E d'altra parte nel senso di vano: frustra, cioè completamente invano. Tale amore, che si dà per niente, non ha alcun successo agli occhi di un mondo di calcolo, di profitto, di vantaggio, di egocentrismo. E un tale amore, che alla fine non serve a nulla, è invano, proprio invano, dice questo mondo. Ma entrambi gli aspetti di questo unico e medesimo amore si mostrano più profondamente in Gesù, che il defunto ha così spesso chiamato: "amore crocifisso". I discepoli del Signore, che quasi tutti scapparono dalla croce il Venerdì Santo, per paura e vigliaccheria, devono aver pensato in quel momento: "Ora tutto è stato invano, del tutto invano, ora è morto, appeso lì come l'ultimo criminale". E nello stesso momento Gesù, con la radicalità della sua devozione, dice proprio questo: "Sì, la mia morte è del tutto vana, ma un dono per voi, il più profondo dono d'amore che Dio abbia mai dato al mondo. Chi può dire Sì al crocifisso dal profondo del cuore, dice Sì a un amore che si dona gratuitamente, che può donarsi senza doversi aggrappare di nuovo a se stesso. Una persona toccata da Cristo sente che questo amore può avere un effetto su ognuno di noi solo se viene offerto nello stesso modo. Nell'unità di gratuità e frustrazione, come atto di massima libertà. E questo significa: dobbiamo anche imparare con essa a sopportare il crocifisso - e imparare con lui a vivere questo amore. E Ferdinand Ulrich, da quando lo conosco, non ha mai detto, scritto e cercato di vivere altro se non questa indicazione diretta o indiretta dell'amore crocifisso. Pertanto, chiunque si faccia coinvolgere da lui come persona e come pensatore dovrà effettivamente imparare a sopportarlo.
Povero al cospetto di Dio
In virtù della sua immensa intuizione filosofica e del suo talento, gli è stata data anche come filosofo, l'opportunità di dimostrare che l'amore crocifisso non contiene solo la più profonda rivelazione su Dio. Da essa si dispiega, allo stesso tempo, lo sguardo più profondo sulla realtà del mondo e sull'uomo. Anche l'essere creato, anche la vita creata del mondo è data originariamente per amore, completamente umsonst. E l'uomo ritrova la sua strada verso una vita liberata, redenta, proprio quando impara a vivere per amore, che è umsonst, per un sì a se stesso, che è umsonst. Una persona del genere impara a vivere di un amore che non è possessivo, che può piuttosto donarsi; di un amore che si apre, che si rende vulnerabile; che può simpatizzare e sostenere; di un amore che può confidare che nel qui ed ora la fonte del mondo è l'amore che rimane amore - anche nelle esperienze catastrofali e disastrose del mondo. Coloro che vogliono vivere questo amore, che vogliono trovare la loro strada nel flusso traboccante di questo amore, devono imparare a lasciarsi andare. Devono imparare a diventare poveri interiormente, per essere aperti alla ricchezza del dono dell'amore. Per questo il defunto ha tanto amato la prima Beatitudine del Sermone della Montagna, perché lì, prima di tutto, si loda come benedetto, come felice, chi è povero di spirito, povero davanti a Dio. Una persona che vuole trovare la sua strada in questo mistero dovrà anche imparare che ha bisogno di aver fiducia nel Crocifisso, affinché il Crocifisso possa riaprire la porta del proprio cuore - per il movimento, per il flusso di questo amore - e con esso anche per l'esperienza di una gioia che giunge più in profondità, di tutto ciò che il mondo potrebbe darsi da solo.
Imparare a sopportare
Tuttavia, se non vogliamo trovare la nostra strada in questo luogo interiore di fiducia in Cristo, allora rimaniamo costantemente inclini ad illuderci. E lo sappiamo anche tutti noi: tendiamo poi soprattutto a far assomigliare all'amore i nostri ideali o anche i nostri desideri e le nostre brame egoistici - ed in vero rimaniamo prigionieri e giriamo intorno al nostro ego. E Ferdinand Ulrich è stato in grado di mostrare continuamente dove sono le tentazioni nella vita e nel pensiero di ogni individuo. E ha saputo mostrarlo in un dialogo personale, fiducioso, con il suo carisma che gli permetteva di vedere e curare il cuore dell’altro. Ma è stato in grado di fare lo stesso anche nel pensiero strettamente filosofico. Dove sono le insidie anche di un pensiero che preferisce rimanere sempre fisso in se stesso o confermarsi e celebrare i propri successi? O dove vogliamo evitare l'amore e cucinare la nostra piccola zuppa? Dove ci rifiutiamo, per conforto o per paura, di portare una croce che ci renderebbe più maturi? Sì, è vero: anche se il professore era un amico e un fratello così affettuoso, tuttavia: tutto questo si deve imparare a sopportare.
Condurre qualcuno alla gioia
Ciò che mi ha reso facile a sopportarlo è stata la sua misericordia, la sua fedeltà nelle piccole cose, il suo amore incondizionato per la verità, la sua attenzione, il suo ascolto, la sua capacità di stare veramente con l'altro, con il suo interlocutore. Per me è stato anche il suo amore per Cristo, e la sua amicizia con i santi, soprattutto con Teresa, la piccola di Lisieux. E il suo desiderio di parlare e agire insieme allo Spirito Santo. Ho sempre pensato che per lui non fosse mai importante che l'interlocutore rimanesse legato a lui, al professore, e che gli studenti o coloro che lo accompagnavano dovessero ripetere le sue tesi perché erano le sue. Non ha mai voluto conquistare qualcuno per sé. Ma ha sempre voluto guardare la realtà insieme all'altra persona e imparare a capire cosa è vero, cosa è buono per l'altra persona, cosa porta alla gioia - anche quando la conoscenza di sé fa male.
Uno che ha sempre imparato, ha imparato a lasciar andare
E per tutta la vita questo uomo saggio si è visto come un apprendista. Anche recentemente, durante le mie visite all'ospizio, continuava a dire frasi come: "Devo imparare ad accettarlo ora". Oppure: "Devo imparare ora a lasciar perdere". Questo "lasciar andare" è andato avanti fino a quando ha sentito che la sua forza spirituale stava diminuendo, e voleva imparare questa diminuzione della sua forza spirituale come offerta di amore a Cristo e per le persone e per la Chiesa. E ha sempre voluto anche morire per amore, per amore del Signore. Non aveva paura della morte, anzi spesso aveva già il desiderio di poter finalmente passare oltre. Ma quando aveva paura, allora era sempre e solo per questo: di aver amato troppo poco. Sì, caro professore, per poterla comprendere più profondamente ed esistenzialmente in tali affermazioni, bisogna fermarsi con Lei, sopportare e diventare poveri di spirito.
Il mistero della sostituzione vicaria
E quando ho detto, cari fratelli e sorelle, che anche lui voleva praticare il suo "lasciarsi andare" per la Chiesa, per il popolo, allora un mistero diventa visibile nella vita del professor Ulrich, un mistero che appartiene alla parte più intima della Chiesa: il mistero della sostituzione vicaria. Alcuni di voi potrebbero chiedersi cosa potrebbe significare quando diciamo, per esempio, che Cristo è morto per noi. Ha vinto il peccato e la morte per noi. Cosa centro io con il Crocifisso? Ora al contrario, ognuno di noi conosce già il fenomeno in modo puramente umano del come sia più facile per noi quando una persona che ci è amica sopporta con noi la nostra sofferenza. Una persona alla quale mi affido, alla quale posso comunicare le mie ferite o le mie sofferenze. Una persona così mi porta letteralmente con sé e gli costa anche qualcosa, costa tempo, forza, pazienza: in ciò si manifesta una compassione verso l'altro. A Cristo questo portare tutta l'umanità e la sua compassione nei nostri confronti ha causato la sua sofferenza agonizzante e gli è letteralmente costata la vita terrena. Nella misura in cui troviamo la nostra strada verso l'amicizia con Cristo, possiamo anche sperimentare come anche Lui ci tiene, ci porta. E ci sostiene e soffre per noi e perdona continuamente. E ciò è indistruttibile! Niente può separarci dall'amore di Cristo (come abbiamo ascoltato nella prima lettura).
Uno che ha partecipato alla sofferenza vicaria di Cristo
E questo Gesù Cristo ci manda sempre di nuovo persone che partecipano a questo mistero della sua sofferenza vicaria e ne rendono in essa testimonianza. E Ferdinand Ulrich era ed è una tale persona. Ha partecipato con Gesù alla vita e alla sofferenza del popolo e della Chiesa, che ha visto e amato così profondamente nella persona della Madre. E sono sicuro che in questa partecipazione alla croce di Cristo egli ha aiutato molti, che loro lo sappiano o no. Ma nella potenza di Cristo è stato un portatore della croce in questo mondo, per molti di noi. Sapete: Quando ci incontreremo di nuovo in cielo, cosa che spero per tutti noi, allora i nostri cuori, i nostri occhi e le nostre orecchie andranno davvero „oltre“ le apparenza, e ci sarà permesso di percepire chi ha combattuto e amato e pregato e sofferto tanto per noi in modo vicario e compassionevole, in modo che anche noi potremmo esser li nel cielo. E sono sicuro che solo allora sarà chiaro a molti di noi quanto Ferdinand Ulrich sia stato tra coloro che li hanno sostenuti e ha pregato per loro. Ed egli continuerà ad essere questo uomo in preghiera per molti di noi, anzi credo ancora di più adesso.
Stupirsi della gloria del cielo
E naturalmente a lui stesso sarà ora permesso di fare questa esperienza: Mi chiedo chi abbia combattuto per lui, in modo che ora egli stesso sia in cielo. E me lo immagino ora come incontra di nuovo i suoi cari genitori. Ma anche come incontra finalmente Tommaso d'Aquino ed Agostino e la piccola Teresa e tanti altri. O i suoi vecchi compagni, padre Wilhelm Klein per esempio, o Hans Urs von Balthasar o padre de Lubac e molti altri. E sì, caro piccolo fratello pellegrino Ferdinand, sì, non vedo l'ora che questo avvenga anche per me: quando molti di noi saremmo insieme e ci sarà permesso di incontrare il Signore e di vedere Lui e la Sua maestà e la Sua grandezza e la Sua umiltà e il Suo amore, che festa sarà questa, che gioia! E chiedendomi se saremo ancora a filosofare in cielo, penso che forse lo saremo in questo senso: ognuno di noi vede nello stupore un ulteriore aspetto della gloria di Dio e della gloria del cielo, e ognuno di noi può indicare all'altro ciò che vede in tutta questa incomprensibile inesauribilità e bellezza. Sì, sarà una festa poter sperimentare con voi la traboccante pienezza della verità e dell'amore di Dio. Arrivederci, caro vecchio amico, caro padre spirituale, caro piccolo fratello pellegrino di Gesù. E La prego di continuare a lottare e a pregare per tutti noi - in modo che potremmo poi meravigliarci insieme in cielo e giocare e ballare come bambini - davanti all'Altissimo, davanti al nostro Padre. A Lui sia tutta la Gloria, oggi e per sempre. Amen.
Originale tedesco: https://stefan-oster.de/von-der-liebe-die-umsonst-ist-zu-ehren-von-ferdinand-ulrich/?fbclid=IwAR2gJhLqfumlEleIMOZwwU06oa-B5vyzIVXBeYQrwO9_mV2kMBEfCz8RR2Y
Originale tedesco: https://stefan-oster.de/von-der-liebe-die-umsonst-ist-zu-ehren-von-ferdinand-ulrich/?fbclid=IwAR2gJhLqfumlEleIMOZwwU06oa-B5vyzIVXBeYQrwO9_mV2kMBEfCz8RR2Y
Postilla di Roberto Graziotto
Se mia moglie Konstanze mi dice: devo parlare con lui e se questo lui è un vescovo, allora il cielo ha toccato la terra, allora è stata toccata profondamente nell’anima, perché lei, a parte forse il cardinal Marc Ouellet, non ha mai amato parlare con vescovi, non per superbia, ma per un senso forte della „piccola via“: lei parla con e si cura delle persone che le stanno intorno.
E non è solo per le sue lacrime, ma perché il vescovo stentava a trattenere le lacrime proprio negli stessi punti che fanno anche per noi di Ulrich un piccolo grandissimo santo, che abbiamo sentito ieri, durante la predica, una grande vicinanza al vescovo di Passau: ci ha presentato un Ulrich che ha amato proprio me, in un dialogo interiore solo proprio con me, che ha portato i miei pesi, in modo del tutto personale. E per la Chiesa, in modo del tutto cattolico (e con un volto francescano e sorridente, come abbiamo visto ieri), sempre e solo nella coscienza del suo grande amico e confessore Padre Klein SJ, che ripeteva una frase di Sant'Ambrogio: ubi Petrus, ibi ecclesia; ubi ecclesia vita aeterna!
Per me è stato molto impressionante che entrambi i miei figli sono venuti al funerale di Ulrich ed hanno condiviso questa predica nella loro bacheca in Facebook. Ecco una tradizione dei loro commenti: "Mille grazie per la bellissima omelia; è stato un requiem meraviglioso, anche se molto commovente" (Ferdinand). "Oggi abbiamo dato l'ultimo saluto a Ferdinand Ulrich, il cui cuore è stata meravigliosamente colto in questa predica. Anche se la maggior parte dei miei ricordi di lui provengono dalla mia infanzia, sono poche le persone che mi hanno lasciato un'impressione così duratura e amorevole" (Johanna)
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