lunedì 17 febbraio 2020

"Prima di tutto viene la Grazia di Dio" - dialogo con Lucio Brunelli in occasione del suo libro sul Papa

Lipsia-Roma. In due delle lunghe notti tedesche invernali, quando il fratello di Lucio, Bruno, si trovava in Germania, per un incontro di fraternità di quella realtà che in Facebook porta il nome di „Contadini di Peguy“, alzandomi molto presto al mattino ho letto il racconto dell’amicizia tra il giornalista italiano e l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, diventato nel marzo del 2013, Papa Francesco. Nella notte è brillata una luce, quella che può dare solo una realtà umana: l’amicizia come espressione di un amore gratuito. Una luce che mi ha fatto molto bene! Sono contento che ora il racconto diventi un libro nelle edizioni San Paolo.: Lucio Brunelli, Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io, Cinisello Balsamo (Milano) 2020. In occasione della pubblicazione prossima abbiamo avuto l’idea - noi „Contadini di Peguy“ - di fargli un’intervista. 


Roberto Graziotto (RG): Anche Papa Giovanni XXIII ed in vero tutti i Papi posteriori al Concilio Vaticano II sono stati attaccati da quelli che chiamerei con Remi Brague i „cristianisti“ (cioè persone che amano più il cristianesimo come sistema d’ordine sociale e politico che Cristo come avvenimento di amore) con l’accusa di aver scalfito punti importanti della dottrina cattolica: aggiornamento come adeguamento al mondo; eccessivo dialogo con le altre religioni che affonderebbe l’identità cattolica, abbandono del ministero petrino come discesa dalla Croce, etc.  Come spiegheresti questo attacco dei cristianisti ai Papi del Concilio e in modo particolare a Papa Francesco? Ne ha parlato recentemente anche il filosofo italiano Massimo Borghesi, che nel 2017 ha scritto una biografia intellettuale di Jorge Mario Bergoglio, in un articolo de „Il Sussidiario“: „L’odio verso gli ultimi Papi: una questione politica“, o per dirla con Borghesi stesso di „teologia politica“. 
Lucio Brunelli (LB):  Una componente strettamente politica ha sempre agito nella contestazione ai papi: penso agli attacchi molto virulenti e sarcastici portati a Giovanni XXIII negli anni 60 dalla rivista "Il Borghese", che lo accusava di essere un papa comunista solo perché ricordava i principi della dottrina sociale cattolica e distingueva tra errore ed errante; attacchi grossolani molto simili a quelli di certa stampa di destra oggi contro Francesco. Questa componente politica si è spesso saldata con una ideologia 'cristianista' che riduce la fede a un vessillo da battaglia, da sventolare contro i nemici, perdendo di vista il cuore del cristianesimo, cioè Cristo stesso, il suo sguardo di salvezza sul mondo, aperto ad ogni uomo. Oltre a questi fattori nell'opposizione ai papi del concilio e post concilio credo abbia giocato anche il disorientamento di alcuni fedeli che, in buona fede, non hanno capito il valore di certe riforme, a volte a causa del massimalismo di alcuni innovatori che presentavano il Concilio Vaticano II come l'anno zero della cristianità e l'annullamento di ogni buona tradizione. Questo disagio - che può essere compreso - è stato poi strumentalizzato dalla destra politica-cristianista che peraltro non è un fenomeno del tutto nuovo nella storia contemporanea. Pensiamo all'Action Francaise di Charles Maurras - ateo devoto che considerava il cattolicesimo solo come cornice di una ideologia nazionalista - e contro cui dovette intervenire Pio XI negli anni tra le due guerre. 
RG: In Netflix, quello che chiamo l’unico libro di testo dei giovani, è stato presentato un film: „I due papi“ che è un opera d’arte e non un opera di ricostruzione storica e giornalistica; a me sembra che il film, pur nella sua libertà artistica colga un momento importante: l’amicizia in Cristo del Santo Padre e del Vescovo emerito di Roma Benedetto XVI. In occasione del sessantacinquesimo del suo sacerdozio, facendo citazioni in greco e latino, il Papa emerito (o per esprimersi in modo più corretto, il vescovo di Roma emerito, che non ha alcuna funzione di governo) ha detto al Santo Padre, che egli si sente protetto dalla presenza di Papa Francesco con il suo instancabile lavoro per la misericordia divina e non dalla bellezza dei giardini vaticani. Come mai si vuole mettere in dubbio questa amicizia reale e questa reale obbedienza di Benedetto XVI nei confronti del suo successore? Tanto più che per quanto riguarda il celibato dei sacerdoti, anche a livello di contenuti, le posizioni del Papa e del suo successore sono molto simili. Nel documento appena uscito, „Querida Amazonia“ , il Santo Padre insiste più sul ruolo dei laici e in un suo recente libro sul celibato, „Gli amici dello sposo“, il cardinal Ouellet insiste sul fatto che Cristo era un laico e non un levita, anche se ovviamente come Figlio di Dio e dell’uomo, è in modo eminente anche sacerdote. Nell’esortazione apostolica „Querida Amazonia“ , per quanto riguarda l’ordine sacerdotale, si ripete ciò che la tradizione latina presenta come un grande dono: l’eucarestia e la confessione sacramentale, sono i compiti specifici del sacerdote ordinato e celibe (sebbene vi siano eccezioni), tutto il resto, credo, che sia a disposizione di ciò che lo Spirito Santo ci vuole far capire nella nostra era. 
LB: - Sulla questione del celibato dei sacerdoti il pensiero di Francesco era noto da tempo, in continuità con i predecessori non si sente di modificare questa antica disciplina che non ha una origine sessuofoba ma esprime la gratuità di una dedizione totale al servizio della comunità. Poi alcune deroghe esistono già e aggiungerne altre, per le regioni più remote dell’Amazzonia, non avrebbe scalfito di per se alcun dogma cattolico. Ma Francesco – sapendo di deludere stavolta la parte progressista – ha ritenuto che non fosse opportuno aggiungere altre deroghe e ha indicato altre soluzioni pratiche per sopperire alla mancanza del clero in Amazzonia. Il papa inoltre ha il compito di garantire l’unità della Chiesa che non è un valore politico ma evangelico, probabilmente ha tenuto conto anche di questo fattore. Anche in questo caso si era voluta costruire a tavolino una contrapposizione drammatica tra il papa regnante e quello emerito, prima costruendo una caricatura di Bergoglio deciso ad abolire tout court il celibato e poi una caricatura di Ratzinger che scende in campo per contrastare il papa regnante. C’è chi gode a spargere veleni. Ora, credo sia normale e anche bello che ogni fedele cattolico abbia il suo santo preferito (quello che più corrisponde al proprio temperamento e da cui più facilmente si impara la fede e la carità) e quindi anche che ogni cattolico abbia il suo papa preferito. La Chiesa è bella anche perché è varia. Ma leggere quello che leggiamo oggi sui social - l'odio contro "l'argentino abusivo" in nome del "vero papa" - fa pensare davvero ad un male torbido in azione.  Nulla mi potrà convincere che chi usa queste espressioni e fomenta in questo modo la divisione tra Francesco e Benedetto sia animato da amore sincero alla chiesa.
Le differenze ci sono, di temperamento e di storia. Ma ai credenti più semplici e umili è evidente che ciò che li unisce è infinitamente superiore agli elementi di diversità. Innanzitutto la fede in Gesù Cristo, che può interessare poco a certi militanti politici o ad alcuni analisti di affari vaticani, ma è l'unico vero tesoro della Chiesa, che ogni papa è chiamato a confermare e testimoniare. Li accomuna anche un realismo storico, prendono entrambi atto della fine della cristianità, la dissoluzione di un cristianesimo sociologico di massa, e la convinzione che non sarà un proselitismo aggressivo ma solo un'attrazione, una testimonianza credibile "di persona in persona" a persuadere gli uomini secolarizzati del nostro tempo circa la verità del Vangelo di Cristo. 
RG: Vi sono certo persone che attendono che Papa Francesco muoia per cambiare pagina, ma io non credo che si tratti solo di Papa Francesco, ma di una reale sequela a Gesù che ha portato a superare ogni, anche se lontana, affinità a quello che viene chiamato il Vangelo della prosperità. Insomma non  credo che morto Francesco o dopo le sue possibili dimissioni si possa ritornare ad un’atteggiamento teologico pre conciliare, pur in tutto il rispetto dei Papi anche antecedenti al Concilio Vaticano II: la fratellanza tra tutti gli uomini, l’ecologia integrale, il dialogo con tutti i fratelli uomini non sono un’invenzione di Papa Francesco. E per quanto riguarda la povertà, anche il cardinale di New York, Timothy Dolan, un cardinale moderatamente conservativo, nei suoi video in Facebook, che ascolto per migliorare il mio inglese, in un suo viaggio a Cuba, di questi giorni, ci tiene a presentare una Chiesa povera per i poveri.  Che ne pensi? 
LB: Certo che i temi che hai menzionato non sono invenzioni di Francesco. Paolo VI dedicò al tema del dialogo la sua prima e bellissima enciclica "Ecclesia suam". Giovanni Paolo II inventò gli incontri interreligiosi di Assisi contro cui scagliarono furenti anatemi i tradizionalisti di monsignor Lefebvre. Benedetto fu il primo papa a sollevare con forza l'attenzione sul tema della custodia del creato, tessendo persino un elogio dei verdi quando nel 2011 intervenne nel parlamento tedesco (nel settembre del 2011). La predilezione per i poveri e gli emarginati non l’ha inventata nessun papa, è stata un attitudine di Gesù. Tutta la storia della santità cristiana in questi duemila anni è in larga parte storia di amore operoso per gli ultimi, gli scartati, i derelitti. 
Francesco si muove sul solco di questa grande tradizione. Cerca il dialogo con tutti, la fraternità tra i popoli - pensiamo al documento sulla fraternità tra tutti gli uomini che Papa Francesco ha firmato con il Gran Imam  Ahmad Al-Tayyeb, il 04.02.2019 ad Abu Dhabi: dovrebbero forse incitare alla guerra santa? Poi al mattino, a santa Marta, ci parla di Gesù unico Salvatore dell'uomo che va in cerca dell'anima più lontana e smarrita. 
RG: Papa Francesco sul grande palcoscenico del mondo e la piccola Teresa sul piccolo palcoscenico di Lisieux hanno compreso quello che il grande teologo Hans Urs von Balthasar ha espresso in una frase famosa: „solo l’amore è credibile“; sbaglio nel pensare che la grande sfida di papa Francesco a noi uomini di questo tempo è quella del „primerear“, un amore che viene prima di tutto, anche prima di dimensioni importanti del reale: come la Legge? All’undici di febbraio è morto il grande filosofo tedesco Ferdinand Ulrich, che ha tentato, proprio alla scuola della piccola Teresa (come ha spiegato recentemente il suo giovane amico e vescovo di Passau, Stefan Oster) e di Charles de Jesus, oltre che di Ignazio di Loyola, di pensare l’essere stesso in tutta la sua fragilità: il grande dono che Dio fa all’uomo dell’essere come amore, viene prima di ogni nostro agire. È un dono semplice e completo, ma non sussiste (Tommaso d’Aquino), è fragile, non è un „privilegio“ (come la divinità di Cristo non lo era, secondo Fil 2,6): Dio sussiste e noi sussistiamo come persone in relazione a Lui. Ministero (Papa Francesco) e filosofia (Ferdinand Ulrich) sono del tutto in accordo: prima di ogni agire vi è il dono fragile dell’amore. 
LB: Prima di tutto viene la Grazia di Dio. Prima di ogni iniziativa, prima perfino di ogni desiderio buono, perché noi non siamo capaci di amare veramente se prima non sperimentiamo su di noi un amore gratuito. "Senza di Lui non possiamo fare niente", non a caso il titolo dell'ultimo libro-intervista di papa Francesco con Gianni Valente sulla missione della Chiesa. Un libro che tutti dovrebbero leggere. Questo 'Primerear' prima di essere un dato di fede è la storia esistenziale di Bergoglio. La storia della sua conversione a 17 anni, ma la storia di tutta la sua vita. L'esperienza di un “essere guardato” che precede lo stesso guardare. Come lo sguardo misericordioso di Gesù sul “collaborazionista” Matteo, mentre lui era affaccendato in altre cose: il passo del Vangelo che Francesco ama di più.
RB. Il rispetto per i vecchi, mi sembra anche un tema importante della predicazione di papa Francesco. Nella mia vita ho però anche fatto esperienza di vecchi che sono molto dominanti e che non permettono ai giovani di vivere. Ferdinand Ulrich, che con la sua spiritualità ignaziana, mi ricorda moltissimo il Papa, mi disse una volta che una giovane donna avrebbe dovuto evitare che suo padre venisse ad abitare da lei, dopo la morte della madre, perché la sua dominanza l’avrebbe uccisa. Il papa, come anche Ulrich, sono due persone che sono del tutto „trasparenti“ alla „tenerezza di Cristo“, eppure il giudizio di Ulrich in questo caso era molto duro; non ho mai avuto dubbi che questa „durezza“ fosse  l’altra faccia della misericordia, come tra l’altro testimoniano i Salmi, che non sono mai sentimentali. Cosa ne pensi? 
LB: Dei Vangeli fanno parte le invettive di Gesù contro i sepolcri imbiancati e la sua indignazione fremente contro i mercanti del tempio. Sono pagine del Vangelo che non si possono staccare. Ma come dici tu, è una durezza che nasce dal desiderio di aprire i cuori. L'altra faccia della misericordia, perché "Il Signore non si stanca mai di perdonare".
In una recente omelia a Santa Marta il papa ha parlato del dono delle lacrime per il male compiuto citando il grande Efrem il siro: "è indicibilmente bello un volto pulito dalle lacrime". C’è un’umiliazione benedetta, quella che rende umili e quindi più aperti a un cambiamento. 

Postilla con alcuni degli articoli ed interviste sul libro che mi sembrano particolarmente riusciti:

(Intervista all'autore in TV 2000 del 20.02.20): 



(Articolo di Riccardo Cristiano, 25.2.20): 

(Intervista del Sismografo con l'autore a cura di Luis Badilla e Robert Calvaresi, 28.02.20): 

Articolo su "La Stampa" di Salvatore Cernuzio del 8.3.20: 

Intervista di Annachiara Valle con Lucio Brunelli, il 12.03.20 (Famiglia Cristiana) 



Servizio del TG 2 al 12.03.20: 

Enzo Bianchi, Tutto Libri, La Stampa, al 14.3.20




Lo stesso articolo in una foto di migliore qualità: 







Nel giorno di san Giuseppe, 19.3.20 L'Osservatore Romano ha pubblicato l'ultimo capitolo del libro di Lucio Brunelli.

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Podcast mit Lucio Brunelli: 





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