Un abbraccio dalla redazione, Roberto (un mio intervento dai Contadini di Peguy)
(9. 6.19) Dal mio dialogo interiore con don Julián Carrón è nata la lunga citazione negli Esercizi del "filosofo cattolico tedesco Ferdinand Ulrich" (31-31); don Julián coglie con maestria il punto centrale: il padre non tiene legato a sé il figlio, lo lascia andare, perché sa che l'essere-figlio-del-figlio va con questo suo figlio che lascia la casa paterna. In gioco è tutta la questione della libertà che è il tema dalla Chiesa gerarchica madre, a partire dal Vaticano II. Il padre sembra non fare nulla, ma in vero ha già fatto tutto l'essenziale: il primerear del suo amore gratuito ed assoluto.
Nella lettura e meditazione degli Esercizi sta accadendo un passaggio importante di coscienza. Io sono ritornato nella fraternità per un incontro interiore con don Giussani alla tomba di von Balthasar (nel 2010). Quel von Balthasar che don Julián cita al Sabato mattina che sto meditando: un uomo deve decidere di "lasciare se stesso" (deve cedere), lasciare la propria "ristrettezza", per incontrare realmente Cristo. Originariamente ero entrato anche per l'incontro con von Balthasar, nella modalità raccontata nel lungo post: "Libri ed altri ricordi". Nella seconda entrata si confermava quella prima modalità.
Dopo l'esperienza forte alla tomba di von Balthasar ho ripreso il contatto con la fraternità in Germania; in essa vi sono alcune persone straordinarie con cui è nata un'amicizia vera, ma il vero incontro con Cristo non è stato con essa, ma con mia moglie (e i miei figli) e con i Contadini di Peguy, ed in modo particolare con alcuni amici che stanno all'origine di questa esperienza. Ho fatto un errore di valutazione dapprima: ho pensato che fosse compito dell'esperienza, per così dire "istituzionale" (la fraternità in Germania) riconoscere l'autenticità della mia esperienza con mia moglie ed i Contadini. Ma non è così: al massimo si tratta di una reciprocità. In mia moglie ed in alcuni amici ho visto il Padre in azione, il Padre che scommette tutto sulla libertà del figlio. Non è che la fraternità tedesca o il visitor devono aver pazienza con me fino a quando ritorno a casa, ma sono io che devo aver pazienza con loro, fino a che si accorgono dei frutti della presenza di mia moglie e me in 17 anni in una zona tra le più secolarizzate del mondo, come mi ha ricordato il pastore luterano Rohr di Hohenmölsen, che ieri ha dato la sua benedizione ai partecipanti della Juventusfest (un alternativa della nostra scuola alla pratica della Jugendweihe), frutti di una presenza non di successi, ma di una reale incarnazione dell'amore gratuito del Padre che è trasmesso in modo singolare ed unico da "quel Figlio che ci racconta la parabola" del figlio prodigo. Sono io che devo aver pazienza che anche alcuni dell'istituzione CL finché si accorgano dei frutti della presenza in rete (e non solo) di una realtà come i Contadini.
Superare la propria ristrettezza significa anche disinteressarsi di sé e vivere il tempo come "attesa di Dio che mendica il nostro amore". Dio ! Non la comunità imbrogliona o anche capace in cui ci troviamo a vivere! Ecco il passaggio che sta accadendo pian piano nella meditazione di questi Esercizi! Molte persone che guidano non seguono o seguono poco (sia il Papa che don Carrón), anche se misteriosamente essi possono avere un influenza sulla mia appartenenza a Cristo, non sono il criterio ultimo della mia appartenenza. Questo si trova nella realtà quotidiana in cui vivo. Non sto non riconoscendo l'autorità in CL (di fatto sto dialogando interiormente con don Julián), sto solo cercando di fare un lavoro di discernimento su chi sia realmente questa autorità! Bruno che mi disse in una certa occasione di non venire a Roma, ma di andare dai mei, era autorità per me! E non è un caso che esso segua davvero il Papa! Infine vorrei aggiungere che dobbiamo stare attenti a che certi figuri, anche se guidano alcune comunità, non facciano ancora più danno di quello che già fanno, tenendo il mio io in loro potere. Mentre di fatto loro sono un nulla di cui si può avere misericordia, ma per l'appunto in quel lasciare-andare (lasciarli andare via dal proprio io) della parabola di Luca, su cui riflette Ferdinand Ulrich.
(11.06.19) Una difficoltà che ho, con il testo molto importante degli Esercizi, riguarda gli esempi che don Carrón fa a volte (per ora ho parlato solo delle cose positive che mi comunicano gli Esercizi). Qui faccio 2 esempi "negativi": 1. un sociologo viene da CL in Spagna e vede ovunque un atteggiamento avvincente di amore. Beh, sono felice per lui. Facendo riferimento a questa esperienza si può dire che vi è un pericolo: quello di auto osannarsi. Ma ciò che mi preme è più profondo: Cosa fare però se la comunità a cui tu concretamente appartieni non è così "avvincente"? Si cerca di risolvere il problema con il richiamo di Etty Hillesum: il problema sei tu. Bene, questo è senz'altro vero, ma se non fosse solo così: se il problema è invece chi guida la comunità, che la usa per i suoi scopi politici? Se il problema fosse che uno usa la sua responsabilità in AVSI per affermare una "filosofia" da far spavento (Follie che spaziano dai giudizi su protestanti da far vergognare chi veramente li conosce, a Obama massacrato unilateralmente, da Donald Trump "salvator mundi" alla stupidità di certi abitanti dell'Africa)? In generale si potrebbe risolvere il problema dicendo che alcuni che pensano di essere dentro sono fuori ed altri che pensano di essere fuori sono dentro (Agostino), ma il richiamo è troppo poco specifico. 2. Don Carrón parla spesso in modo molto positivo degli strumenti che ci vengono offerti per la sequela di Gesù (sdc, caritativa, preghiera), nel senso trionfalistico del "faccio la caritativa e scopro Dio" - sono contento per chi fa questa esperienza, ma per me che vivo nella diaspora assoluta (per partecipare ad una sdc devo fare cinque ore di viaggio, andata e ritorno, cosa che a volte faccio) ho bisogno che si spieghi cosa siano questi "strumenti" per uno che per l'appunto vive nella diaspora: io sta facendo ora gli Esercizi nella quotidianità, mi confronto spesso con i testi del Movimento e li prendo sul serio, credo a volte molto di più, di chi va a tutte le sdc. Serio l'esperienza dei Contadini... Se una persona mi scrive di un suo problema, cerco sempre di rispondere (non potrebbe questa essere una caritativa nell'epoca digitale, cioè un atto di amore gratuito?) Per dirla in breve: don Carrón dice che non si tratta di un'organizzazione o di una strategia, ma spesso gli esempi di testimonianza che fa sono quelli dell'organizzazione. Di fatto è così che la sofferenza per aver fatto un percorso nel Movimento che per questioni di "sistema politico cl" lo ha portato fino a perdere quasi la fede non viene considerato come un percorso privilegiato di testimonianza (seguire il Signore nella notte). O che chi vive da 17 anni in missione non venga considerato come uno che fa qualcosa davvero che possa essere considerato una testimonianza autentica...
((Excursus: su questo mio intervento del 11.06.19, in Facebook è nato un dialogo che riporto qui in modo che non vada perso e che riguarda anche due interventi di Paola Vites, nel suo blog:
https://www.carlavites.it/cicale/117-02-carisma-metodo-egemonia-ii?fbclid=IwAR3oxSmH9FOOFwm8MBo9mdmMt53BZWnQhe2HD3UoqcS_fTniviaE09T4tbY
https://www.carlavites.it/cicale/118-03-carisma-metodo-egemonia-iii?fbclid=IwAR32hqtLHRwszPpu7epLPsBQjbTO7zt2BeuMknyn6qzrvHlcjQTWfWQaDCQ
Cara Carla,
anche se non ti conosco, vorrei dirti grazie per il coraggio che hai a confrontarti con questa storia, che fa vedere come don Giussani nel 1995, certamente come padre che ama tutti i suoi figli, non è stato capace di fermare la riduzione del carisma in egemonia politica, o detto nel mio linguaggio, anche per colpa di don Giussani, il carisma ha ceduto, almeno nel 1995, la sua forza propulsiva per mettersi al servizio del "sistema cl"; sappiamo che più tardi, con la sua malattia e con la scelta di don Carrón alla guida del Movimento, Giussani ha preso di fatto le distanze da quel "sistema", di cui Cesana e Formigoni sono le figure chiavi e ne ha espiato le colpe.
Il tutto non mi scandalizza, come non mi scandalizza che San (!) Giovanni Paolo II abbia preso una decisione sbagliata volendo McCarrick come arcivescovo di Washington DC (contro il consiglio dell'arcivescovo O'Connor di New York). Mi irrita piuttosto il fatto che, nel caso di CL, non vi sia un vero "atteggiamento di confessione", neppure ora che tanti sono in carcere, e che in forza del don Giussani kata sarka (secondo la carne) anche oggi si prendono degli abbagli politici da fare spavento. Questa ha come conseguenza il fatto che don Giussani, secondo lo spirito del carisma e della sua missione, che don Carrón ci presenta continuamente, non giunge fino ai nostri cuori. A parte poi che affermare nel 95 certe cose, non è come affermarle ora, dopo tanti fallimenti. Don Carrón ci ha fatto capire che il nostri si a Cristo non passa attraverso l'adesione ad un certo progetto politico, ma attraverso la testimonianza della "bellezza gratuita".
Nell'ultima "diaconia allargata" in Germania mi sono arrabbiato per un errore simile a quello fatto da don Giussani nel 95; il sacerdote che guida qui il Movimento ha sostenuto l'interpretazione politica di un suo amico, come se ciò fosse intimamente legato alle testimonianze sentite alla mattina. Ripetere nel 2019 un errore del 1995 è solo possibile proprio perché non c'è un reale atteggiamento di confessione nel Movimento.
Immagino che tu abbia sofferto molto, attraverso tuo fratello Paolo Vites, ti faccio arrivare queste righe apparse nella mia bacheca in Facebook. Che il Dio che è semplice amore gratuito ti abbracci e benedica te e la tua famiglia.
Roberto, dalla Germania
Bravissimo, non sono le opere ma sono sempre le opere ad essere sotto i riflettori... E poi ce la cantiamo e ce la suoniamo sempre riportando, ovviamente, lo stupore degli altri ... (Gianni Aversano, Napoli)
L'entusiamo e'-o dovrebbe essere- solo il primo passo dell'impatto con una comunità cristiana. Invece sembra che questo entusiasmo debba esserer la nota dominante nei rapporti, sempre. Ci manca forse di essere aiutati su questo importantissimo aspetto. Tanti anni fa era proposto alla meditazione personale un testo di R. H. Benson, " L'amicizia di Cristo", dove si parlava delle fasi- spesso dolorose- che il neofita attraversava per spogliarsi di tutto ciò che non è Cristo- in primis l'entusiamo per aspetti di superficie della comunità cristiana-e per arrivare ad abbracciare Cristo e Cristo solo. In quel testo la notte della fede non era per nulla un fattore considerato secondario. Christina Ghezzi (CG), Bergamo
Sui testi della Vites: in essi si legge nero su bianco che don Giussani purtroppo ha messo parecchio tra parentesi la famosa distanza critica che sosteneva dovesse sempre esserci tra il Movimento e i suoi esponenti impegnati in politica.Di fatto Formigoni e pochi altri legati a lui sono stati considerati e proposti come il "luogo" privilegiato dove Cristo era incontrabile, per un cristiano che volesse impattarsi con la politica lasciando una traccia, appunto, cristiana in tale realtà.. Questa divinizzazione di Formigoni e dei suoi è il motivo per il quale ancora adesso è tabù parlare degli sbagli e dei cedimenti al potere compiuti dagli appartenenti a quello che chiami " il sistema Cl". Sarà stato giusto muoversi così allora? Ho i miei dubbi. Di certo oggi riproporre- come spesso si sente riproporre- quel tipo di progetto, così come emerge dai verbali delle assemblee responsabili di allora, è del tutto anacronistico, oltre che indice di una cecità umana e politica spaventose. (CG)
Purtroppo sembra evidente, sarà stata l'età e la malattia incipiente, che Giussani non capisse quello che si stava dicendo. piuttosto dava fiducia totale a simone, cesana di fatto permettendo loro di trasformare un movimento di educazione alla fede in un movimento politico. Paolo Vites (PV), Milano
...e altri ancora che erano presenti a quei direttivi e che sono ancora a capo di CL. D'altro canto giussani era un prete e una guida spirituale e giustamente aveva altro per la testa, restano però le colpe di certi personaggi che grazie a Dio Carròn ha spazzato via. PV
si', anche io ho avuto l' impressione che desse troppa fiducia a questi suoi figli . Pero' nei testi leggo anche un' ansia di Giussani-- a stento contenuta- per " fare muro" politicamente contro una certa deriva etica che si intuiva allora. E l' ansia di contenimento prevedeva la trasformazione degli aderenti a Cl - sia aderenti comuni che Memores- in ingranaggi docili di questa lotta, portata avanti per non essere " intimisti", ideologici del pauperismo e del relativismo cristiano in stile Martini - e quanto mi e' dispiaciuto vedere citato Martini con questo disprezzo. CG
sì assolutamente. PV
sì, ma ricordo benissimo negli anni 80' come all'interno di CL tutti denigrassero e insultassero Martini. PV
Lo ricordo anche io..Anche perche' il.principe di questi denigratori era Socci, uno dei " maestri" di Cl che oggi, guarda caso, tifa spudoratamente per Trump e Salvini, distruggendo a parole papa Francesco, l' ostacolo vero al ripetersi di questa deriva di una fede politicizzata. CG
Applauso. PV
"La vita cristiana è per servire. È molto triste quando troviamo cristiani che all’inizio della loro conversione o della loro consapevolezza di essere cristiani, servono, sono aperti per servire, servono il popolo di Dio, e dopo finiscono per servirsi del popolo di Dio. Questo fa tanto male, tanto male al popolo di Dio. La vocazione è per “servire”, non per “servirsi di” ( da papa Francesco, omelia in S. Marta, 11-06-19) CG
Faccio una precisazione conclusiva: per me don Giussani è comunque santo. I santi non sono tali perchè non hanno mai sbagliato: anche questa immagine - che spesso tratteniamo di :loro- è falsa. Della santità fa parte anche- come hai detto- la purificazione da un male ammesso con libertà e con umiltà. Credo che don Giussani sia totalmente " riassumibile"- come impeto cristiano- in questa frase che disse a sua sorella prima di morire: " "Ricordati che io ho sempre obbedito".CG))
(12.6.19) L'arcivescovo Zuppi mi ha colpito molto - ha saputo parlare il nostro linguaggio del Movimento senza tacere nulla e senza risparmiarci nulla, in primo luogo la parola di don Giussani: espungere ciò che vi è di spurio nel Movimento. Nel mio linguaggio: espungere il "sistema cl", perché riviva il "carisma di cl". Carisma è dono ed un dono è vivo, nella sua intenzione di gratuità, se no diventa "proprietà". Noi dobbiamo portare al mondo non un "sistema", ma la concretezza del carisma, con una responsabilità tutta personale: "con l'intelligenza e la pazienza dell'amicizia e dell'amore". Ciò che regge l'urto del tempo è l'amore come dono! Il carisma vissuto così ci permette di reggere l'urto del tempo, anche quando ci sono giorni di solitudine e difficoltà. L'arcivescovo ci ha ricordato il nostro compito ultimo anche come "popolo": "un popolo non di protagonisti che finiscono per dividersi ed esaurirsi nei confronti tra loro, ma di fratelli chiamati sempre a servire e a curare la comunione, che non è mai scontata e non si realizza una volta per tutte."
(13.6.19) Sono d'accordo con Don Carrón - che comunque è colui che guida il Movimento e quindi e lui e non io che porta la responsabilità ultima di CL - quando afferma che l'essere fedeli all'esperienza del Movimento è la base della nostra crescita di fede. "Continuare ad essere fedeli" - io non sono, però, uno "yes man", anche se riconosco l'autorità di chi guida il Movimento fino a quando lei seguirà il Papa!
Un figlio di Ignazio non metterà mai in dubbio il valore dell'obbedienza! Ed anche se, come pensava il grande Josef Kentenich, quando non si è d'accordo con l'autorità sarebbe meglio tacere, credo che oggi (Padre Kentenich è nato nel 1885) sia necessario un dibattito pubblico, una "conversione intellettuale" (Vito Mancuso) della Chiesa anche nelle sue decisioni intra ecclesiali.
Ci sono alcuni punti che don Julían afferma che sono di vitale importanza: 1. La noia della ripetizione del sempre uguale; 2. il fallimento del volontarismo moralistico che fa dipendere la comunione tra di noi da uno sforzo di volontà, cosa che non può che fallire per la debolezza della nostra struttura morale. Lo vedo anche nei "Contadini": è cresciuta una affezione, ma il vero interesse per l'altro, come altro, accade solamente in pochissimi e in genere solo saltuariamente. L'altro diventa interessante solamente quando entra nell'ambito dei nostri interessi. Cosa questa buona per un "nemico", come spiega il vecchio Zorro al giovane Zorro nel film con Antonio Bandera ed Antony Hopkins, non per un "amico" o per una "sorella" o un "fratello". Lo vedo poi in me e nella difficoltà di superare apparenti forme di vitalità... 3. Cosa regge l'urto del tempo quando per esempio anche la autorità ecclesiale o mondana non sono d'aiuto? Questa domanda è per me uno dei segni di più grande autenticità nel modo di parlare di don Julián.
Infine con grande chiarezza devono essere poste alcune domande:
1. Non pretende da noi con i suoi esempi don Julián uno sforzo moralistico per trovare buono ciò che non lo è per tanti? La vita in alcune comunità è un luogo in cui la gente, che segue il Papa e la propria coscienza, viene fatta oggetto di mobbing o ignorata o non presa sul serio e questo per anni. Perché per anni comunità vengono guidate da persone che hanno un prestigio sociale (avvocati...), ma che non fanno il minimo sforzo interiore (non moralistico) per capire cosa voglia dire non ridurre il carisma di CL in un sistema.
2. Io conosco mamme in Cl che non fanno per nulla l'esperienza di cui si parla alla pagina 43: non fanno l'esperienza di una accoglienza amorosa. Piuttosto sono con i loro problemi lasciate da sole, così che il piccolo amico di Gesù cerca, come può e a distanza, di essere presente con consiglio e preghiera.
3. Nella rete ( e non solo) una persona come Formigoni, che secondo il sistema di giustizia italiano ha agito illegalmente a livello di peculato, anche se è in galera per una legge anticostituzionale voluta dall'attuale governo, viene festeggiato come un eroe, mentre le persone che per anni hanno servito il sistema cl ed ora se ne sono allontanate vengono del tutte ignorate. Se non si prende sul serio l' "atteggiamento di confessione" dei propri peccati ed in genere di una testimonianza ambigua: come mai un Memores deve possedere, anche qualora fosse legale, una villa in Sardegna?... dicevo se non ci si "confessa" anche pubblicamente ogni invito a guardare come siamo bravi diventa legittimazione del peccato.
Cosa significa infine coinvolgere la propria vita in quella del Movimento quando si sono fatte queste esperienze in cui ciò che è spurio non è stato espunto (Zuppi)? O quando si vive nella diaspora? Che io abbia un amore preferenziale per questa storia dovrebbe be accorgersene anche l'ultimo imbecille (mentre appena parlo chiaramente l'amicizia si fa rara intorno a me, cosa che non mi sconvolge solo perché da Ignazio ho imparato l'importanza del "solus cum solo"? Perché crede don Carrón che io per mesi traduca gratuitamente un testo filosofico per lui (in vero lui è cosciente di ciò: "carissimo Roberto, la tua premura non ha limiti, 9.10.18)? Perché mi occupo delle tante persone che mi scrivono delle loro pene nelle nostre comunità? Andare in giro per il mondo a conoscere le comunità non è detto che basti per sapere quale sia la vita interiore di una comunità... Etc.
Il prossimo passo che don Carrón ci fa fare: da cosa dipende la nostra fedeltà, se non è una questione di eroismo della volontà. Su questo continuerò a riflettere, Deo volente, nei prossimi giorni.
(14.6.19) Sono per me una grande esperienza di appartenenza al Movimento questi "esercizi nella quotidianità" in cui sto riprendendo passo per passo gli Esercizi di Rimini, "Cosa regge l'urto del tempo?". La domanda che ci pone don Carrón è quella per me essenziale - non vi è nessun'altra domanda che sia così decisiva. "Che cosa ha reso possibile che l'inizio vissuto dai discepoli continuasse nel tempo?" Non si tratta della loro bravura; ho appena finito di meditare, nella mia bacheca in Fb, il passaggio del Vangelo odierno sul "non commettere adulterio" - nessuna bravura ci permetterebbe di essere fedeli alle parole che ci dice Gesù in Mt 5, 27-32 (1).
È accaduto qualcosa che accade anche ora: l'eccezionale pretesa di contemporaneità di Cristo allo storia, ed io sottolineo con Charles de Jesus, in modo particolare nella piccola via di Nazareth: quello che mia moglie è stata per la sua difficile classe quinta in questo anno scolastico è possibile solamente perché il divino interviene ora nella storia, non tanto come "successo", ma per l'appunto come "presenza". Se una mia amica all'inizio della sua quinta gravidanza, che come sempre riaccade nei primi tre mesi come vomito e stanchezza mi scrive "sono spiritualmente rinata, perché su questa cosa specifica rispondo solo a Lui; di Lui mi fido, nasce speranza" o "se il marito fa tutto in casa", etc. questo significa che "Cristo è presente ora!".
Il che, però, non toglie la fatica che è non è stata risparmiata agli apostoli, quella dello sconcerto! "Leggendo i testi dei vangeli, che non hanno taciuto nulla dello sconcerto degli apostoli..." dobbiamo imparare ad essere altrettanto sinceri. Ed anche dopo che è accaduto quel "qualcosa", che ha trasformato un gruppo di persone scettiche in entusiasti annunciatori di Cristo vivo, non sono mancate le tensioni (Pietro e Paolo in Galati 2). Non bisogna tacere neppure nulla delle tensioni! Se no quel "qualcosa" diventa "magico", non "reale". Da Hermann Samuel Reimarus passando per il citato (da don Carrón) storico razionalista D.F. Strauss fino a Rudolf Bultmann, tutta la Geschichte der Leben Jesu Forschung si occupa dei quel "qualcosa": per Reimarus si tratta di un'imbroglio, non solo della Chiesa, ma di Cristo stesso, e alla fine del processo di questa storia di ricerca sulla vita di Gesù, per Bultmann, il Gesù storico non centra più nulla. Strauss capisce che non può trattarsi di una menzogna, ma se noi cristiani non saremmo davvero sinceri con noi stessi e con gli altri, prima o poi uno penserà che l'annuncio "Cristo vive" è solo un'illusione!
Per questo nei giorni scorsi ho fatto alcune obiezioni sugli esempi che fa don Carrón. Quando egli parla della sacralità della nostra amicizia "perché apre domande a cui solo un Altro può rispondere" oltre a quegli esempi di Nazareth (mia moglie e miei amici nella loro quinta gravidanza), penso ai Contadini di Peguy, a "quei pochi amici" (48) che sono davvero consolanti, alla Redazione ed anche a tutti i Contadini in genere per cui ieri Lia Tutino ha pregato a Parigi. Ma non idealizzo niente: anche come Contadini siamo sempre nel pericolo di non vedere l'altro, ma solo noi stessi. Anche l'amicizia rinata con Renato Farina ha qualcosa di sacro per me, anche se lui a volte scrive cose "politiche" che mi fanno rabbrividire. In una lettera del 1979 Testori in occasione del suicidio di un giovane milanese ha fatto un'osservazione che mi ha colpito molto: "Anche la poesia, anche l’arte sono state in grado di dar forma e figura agli assassini; al male; non ai santi; non al bene. Non, ecco, all’amore; essendo che l’amore, in primissima istanza, è proprio e solo bene; è, anzi, il bene. Così mi domando se gran parte della cultura moderna sia veramente stata critica e giudice nei confronti del male o se, col gesto di colpirlo, non abbia alle volte trovato un modo sinistro e lucido, per diventarne complice" - diventare complice del male perché non si è stati capaci a raccontare la "storia del bene" che ci accade sempre. Il mio lungo post nel mio blog "Libri ed altri ricordi" è stato il tentativo di raccontare una storia del bene ed anche dove faccio accenti critici, non lo faccio come storia degli assassini (non ne conosco nessuno), ma come "profezia".
Per quanto riguarda la Germania non voglio parlare di me, ora. Sono nate per me alcune amicizie in cui vi è un reale arricchimento reciproco ed ho fatto esperienza di quel "attendersi, desiderarsi, venire a cercare" di cui parla don Julián (lo dico per non creare incomprensioni inutili). Ma come dicevo vorrei parlare di altro. I miei figli hanno provato entrambi ad avvicinare la realtà del Movimento, sia a livello di Giesse prima (mia figlia) che a livello del CLU (mio figlio); entrambi riconoscono anche tanta familiarità (per esempio i canti), ma anche un'estraneità. La realtà che mio figlio ha conosciuto nel campus della Università cattolica a Washington DC, in cui ci sono anche i ciellini, è stata estremamente più viva, per mio figlio, che i ciellini. E per mia figlia i giovani di cl in Germania - so che vi sono anche alcuni eccezionali - durante un simposio è stato l'incontro con un gruppo di tradizionalisti cattolici con cui lei non spartisce nulla, né a livello intellettuale né a livello emotivo. E proprio a livello del CLU non vedo in Germania nessuno che possa davvero far crescere questo gruppo, nel senso delle direttive del Papa e di don Carrón. Quanto poni queste domande ai responsabili, arrivano solo risposte "magiche", in modo particolare nei confronti di un sacerdote che ora non è più in Germania e i cui interessi teologici reazionari non potevano portare a nessuna reale crescita spirituale in Germania. "Si ma se Dio lo ha voluto qui, deve esserci un senso" - questa risposta che mi è stata data è "magia", non reale giudizio! Nel mondo del lavoro non è possibile essere cosi sinceri, ma la Chiesa è un luogo di libertà, oppure non serve a nulla. O è solo un'ulteriore luogo in cui "si deve stare attenti a ciò che si dice". Entrambi i miei figli non sono individualisti ed anche quest'anno verranno al viaggio nelle Dolomiti in cui portiamo una sessantina di persone per un'esperienza di reale libertà. Senza che io abbia forzato nulla.
Il pericolo di cui si parla nella pagina 48 non è il mio: non ho nostalgia né ricordi particolari per quanto riguarda Giussani kata sarka! Un puntino nero nella grande sala delle fiera di Rimini oppure un'immagine televisiva. Per quanto riguarda l'uso della parola "protestantesimo" 48), essa in Giussani aveva un suo spessore di studio e di ricerca, per molti ripetitori è usata come una parolaccia; io che vivo in terra di Lutero (a parte che Lutero non è protestante) da 17 anni non potrei (ne voglio) usare questa parola in questo modo.
PS Il tragico incidente di cui è stata colpita la giesse tedesca sotto la guida di Padre Gianluca l'anno scorso, a parte ovviamente gli errori umani di chi guidava, è certo un segno misterioso di particolare amicizia del cielo. Don Gianluca è venuto prima dell'incidente due volte nella nostra parrocchia, invitato dal nostro parroco. Le mie "critiche" a CL in Germania non sono né unilaterali né ceche. Vedo tutto, anche ciò che vi è di grande. Ma credo di aver spiegato bene cosa intendevo con esse, nella mia meditazione di oggi.
(15.6.19) Caro don Julián, leggendo e meditando le pagine 49-51 degli Esercizi nella mia quotidianità delle ultime settimane di scuola qui in Germania, sento in te una grande forza, quando annunci: Christus vivit! E poi una delusione, che mi tocca fino al fondo del cuore.
Come te voglio una fedeltà a qualcosa di oggettivo, che c'è già e non ai miei pensieri soggettivi e vedo in te anche un grande coraggio quando dici che Cristo vive nella precarietà della nostra compagnia, qualsiasi cosa facciano il potere civile o ecclesiastico (questione dei Memores). Tu dici, citando don Giussani, che la prima realtà oggettiva è il battesimo! Si, la Chiesa! La Chiesa che segue Gesù, che segue il Papa, come fai tu! Ma alcune cose non le dici o le dici solo un po' e quello che non dici spinge alla disperazione molti!
È vero che si può essere fedele seguendo i gesti ufficiali del Movimento, anche nel senso di un ex opere operato (ultimo esempio del capitolo 2 del Sabato pomeriggio). L'ho fatto anch'io; sono salito in macchina ed ho viaggiato cinque ore, andata e ritorno, per partecipare, senza dire una parola, solo ascoltando attentamente, una sdc ad Eichstätt. Ma la precarietà dei gesti non può essere solo quella. Fare compagnia, come si può, ad una donna che vomita per tre mesi, è un segno di grande fedeltà, anche se non si va ad un gesto ufficiale. E poi ci sono alcune comunità che non vivono il Movimento come sequela a te o al Papa e in cui chi vive questa fedeltà è oggetto di mobbing; se tu hai la responsabilità per tutta la Fraternità, allora devi dire cose che non lasciano soli propri i più deboli, che per anni hanno partecipato ai gesti ufficiali, ridotti alla prolificazione di quello che chiamo il "sistema cl" versus il "carisma cl". Certo una partecipazione deve essere oggettiva, ma si tratta anche di non far portare pesi alle persone che non possono per nulla portare.
Tuo, Roberto
(17.6.19) Mi è chiaro che il confronto con don Julián è il confronto con il responsabile ecclesiale della Fraternità e che io gli devo obbedienza (anche se non credo che gli yes-man siano obbedienti); poi io sono d'accordo sull'essenziale di questa ora della Chiesa (don Julián segue il Papa) e sono d'accordo sul fatto che "l'unica vera moralità è la povertà di spirito di chi riconosce un fatto, è la semplicità di cuore" nel riconoscere Cristo risorto! Se anche mi riuscisse di ottenere - non per me - l'espunzione di ciò che vi è di spurio (il "sistema cl") nel Movimento, ma non avessi questa semplicità di cuore, il tutto non serverebbe a nulla. Ed anche l'invito a "rilassarsi" (pagina 56) lo trovo importante. Non siamo noi con la nostra fantasia religiosa e morale a tenere vivo Cristo: questo sarebbe la cosa più terribile che potrebbe capitarci.
Mi ha scritto un'amico: "Quanto al tuo così palese dolore, questa spina nel fianco che ti porti sempre nei tuoi rapporti con CL, dico solo che in me suscita stima per te, desiderio di comunione, preghiera per tutti noi e per il mondo!" La "spina nel fianco" consiste nel fatto che io so alcune cose che devono essere cambiate, perché la verità ultima del riconoscimento del fatto della risurrezione di Cristo non toglie la dimensione delle "causae secundae". Se in una comunità una persona da 25 anni dirige la comunità nel senso del "sistema cl" e non del "carisma cl" ciò che in quella comunità accade (mobbing....) non è causato dal Cristo risorto, ma da quella persona che deve essere allontanata; e comunque un cambio nella direzione di comunità dovrebbe fare bene a molte di esse, non solo nei casi estremi, ma anche in quelli in cui un certo stile si instaura per decenni, come se la storia della Chiesa si fosse fermata a Giovanni Paolo II. Questo non significa che non si debba avere pazienza (io certe cose le so da anni e sono stato molto paziente) e certamente non significa che la "resistenza" non sia Cristo! Anche chi dirige Taize, Frere Alois, confrontato con una crisi molto forte del luogo di pellegrinaggio di tantissimi giovani e con accuse di pedofilia, ritiene sia necessaria la trasparenza. Questo mi aspetto anche dalla mia Fraternità.
(19.06.19) "Dio mio, io vorrei poter camminare con ognuno di voi" (Luigi Giussani); queste parole di don Giussani, che don Julián ha trovato così liberanti, mi hanno fatto piangere. Mi hanno commosso profondamente. Come mi ha commosso il capitolo 4 del Sabato pomeriggio degli Esercizi. Dopo di 17 anni in terra di missione, ho sempre avuto un grande bisogno solo di una cosa: della forma a cui Cristo mi ha affidato, per quanto discutibile e fragile essa sia e per me questa forma preferenziale è quella della Fraternità di CL. Certo io ho un grande bisogno di teologia e filosofia, ma più di tutto di una compagnia vera e profonda, come la ho vissuta con mia moglie, con Ulrich, con i miei figli, con alcuni pochissimi amici, in modo particolare tra i Contadini. In questo capitolo don Carrón cita una lettera che mi ha anche commosso, dove una persona a sua volta cita l'importante lettera di don Julián del 1. maggio del 2012; il signore che parla fa un viaggio che io chiamo "atteggiamento di confessione" e se questo accade, allora per me ci sta tutto (anche Formigoni e Negri), ma se ciò non accade il mio cuore non ci sta e non ci può stare (in questo e solo in questo sono come il giovane Lutero che cercava una giustificazione per grazia). L'atteggiamento di confessione è come un "buchino in una diga"! Cosa cede? Tutta la struttura di ciò che chiamo il "sistema cl". Cosa rinasce? Una compagnia, senza la quale, siamo solo nel mare dei tanti incattiviti o degli ideologi che predicano magari cose belle, ma sono solo idee, mentre, come dice Papa Francesco, io ho bisogno di percepire nella carne la priorità della realtà sulle idee.
(20.6.19) Volete forse abbandonare Cristo per un altro amore? Dovevo pensare al periodo che offriremo anche quest'anno nelle Dolomiti ad un gruppo di persone che per lo più non è battezzata e che non abbandona Cristo, ma piuttosto crede di non averlo mai incontrato. Come testimoniare di fronte ad un gruppo del genere che io non voglio abbandonare Cristo per un altro amore. Come spiegare questo amore? In vero Cristo si può comunicarlo solamente con la letizia, la pace e la gioia che dona Lui!
Ovviamente ricevo meno lettere che don Carrón, ma ultimamente mi arrivano tante confidenze: una gravidanza inaspettata, una vita di difficile di malattia e di compagnia a malati, una ricerca esasperata di una presenza, figli malati, incapacità di percepire la compagnia come quel segno di vittoria di Cristo di cui parla don Julían. Queste "lettere" (email, messaggi) sono per me un segno dell'amore preferenziale che Gesù ha per me in modo che esse possano essere conservate nel mio cuore, che ho offerto a Gesù e Maria, anche se non sono per nulla perfetto.
In un certo senso è vero che siamo colti dal centuplo ogni giorno, ma non è il centuplo della nostra fantasia e della nostra illusione, come fa vedere l'ultima lettera di una gravidanza andata a male e che crea solitudine alla fine della meditazione del Sabato pomeriggio, citata da don Julián!
So che l'agnello macellato è vittorioso! L'ho percepito spesso in quest'anni anche quando eravamo di fronte, no, in mezzo alla tragedia, come quella di un quindicenne che si è sperato con il fucile del patrigno. Mia moglie ed io eravamo gli unici che parlavamo di speranza. Cristo parlava in noi! Non ho mai avuto alcun dubbio che dopo che è partito il colpo in cantina, Maria era li presente! Ciò non toglie la tragedia che diventa tanto più pesante quando per esempio uno accompagna una demenza o una morte al contagocce. Amici, Cristo ci vuole insieme, non tanto per "il peso culturale del nostro cambiamento" (l'unica cosa che capisco del titolo del capitolo 5 del Sabato pomeriggio è che noi culturalmente ed umanamente non dobbiamo dipendere dalla reazione di altri), ma piuttosto perché quel "luogo" in cui noi siamo insieme in rete e nella vita offline è "una strada" che vale la pena di percorrere insieme.
Quando certi monsignori (si c'è ne più di uno) dicono che i migranti non sono un problema da sottolineare ogni giorno, mentre lo deve essere l'annuncio di Cristo, non mi disturba tanto la prima parte della frase, ma la seconda, perché io non percepisco nessun amore in quell'annuncio; peccato che "solo l'amore è credibile". E quando diventiamo molto stringenti nelle nostre critiche, ma non si percepisce più amore in noi, allora...
Prima Corinzi
13
[1] Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità (amore gratis; rg), sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
[2] E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
[3] E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
[4] La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,
[5] non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
[6] non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
[7] Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
[8] La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
[9] La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
[10] Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
[11] Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.
[12] Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
[13] Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
(21.6.19) Sia il primo intervento di Davide Prosperi sia la risposta di Don Carrón della domenica mattina (pagina 64-67) sono di molto aiuto. In primo luogo mi è piaciuto molto il richiamo alla "compagnia certa" (Prosperi), insomma il contrario di una compagnia che "dipende da". Poi il modo con cui don Carrón parla della solitudine mi è stato di grande aiuto. Vi è una solitudine fisica, che può essere superata; ma vi è anche una "solitudine per impotenza" molto più complessa e molto pi?u profonda; l'impotenza che si prova quando né io né l'altro può risolvere il mio problema o il problema dell'altro. Ma stando così le cose è lecito domandarsi, perché necessitiamo di una compagnia? Perché essa è il metodo oggettivo con cui veniamo rimandati all'Altro, cioè all'Unico che da senso alla nostra solitudine: a Cristo! L'alternativa sarebbe che bastano delle idee per superare la solitudine; questo non è mai vero. La compagnia stessa deve rimanere discreta e rimandare all'Altro, all'Unico - per questo e solo per questo è necessario che essa espunga ciò che l'appesantisce: sistema versus carisma (dono).
(22.6.19) Anche se forse non come le parole sulla solitudine, anche quelle sull'autorità sono molto utili (cfr. pagine 67-71). Don Carrón parte anche in questo caso da "Tracce di esperienza cristiana" - da questo testo originario di don Giussani prende la definizione di solitudine come impotenza che noi stessi o un altro possa risolvere il nostro problema. Questo lo può solo Cristo. Dallo stesso testo don Carrón parte per il suo ragionamento sul sorgere naturale dell'autorità nella comunità e come suo fattore costituivo. Se si prendono sul serio i criteri che lui da per il valore dell'autorità allora le persone che hanno fatto sorgere l'esperienza dei Contadini sono del tutto "autorevoli". L'esempio che fa sull'autorità del Papa è chiarissimo. Ti accorgi dopo 10 minuti parlando con una persona o, aggiungo io, leggendo un gruppo in Facebook se questo segue il Papa o meno (non se fa errori o meno). Irrisolte nel ragionamento di Don Carrón rimangono le domande: cosa fare con quei capi di CL che palesemente non seguono il Papa, sia nel senso che ostacolano il suo operare sia nel senso che lo ignorano? Ed anche: se l'autorità personale è così importante, perché tenere capi per 25 anni a guida della stessa comunità, con il rischio di privare di valore il sorgere di quella autorità naturale e personale di cui parla don Julían?
Il rinvio a "Perché la Chiesa", in modo particolare per me che vivo in terra di Lutero, ciò che dice sul protestantesimo (secondo dei tre punti. metodo razionalistico, protestante e cattolico-ortodosso). Specifico che i migliori parroci luterani, sono evangelici e cattolici e non protestanti, ma c'è quel tipo di pastore protestante anche da noi. Il metodo solo interiore, al massimo con un rapporto con il libro liturgico appena uscito, porta ad una annientamento anche di quel aspetto che don Carrón riconosce: la presenza nel punto storico di Cristo del Dio presente. A volte si è confrontati con pastori protestanti, per cui tutto è un'associazione di pensieri, che in qualche modo hanno a che fare con la Bibbia o con il libro liturgico con cui essa viene spezzettata per il popolo (che poi in vero si tratta di una decina di persone qua e là, a parte nelle grosse festività), ma per cui Cristo non è un criterio di giudizio reale, sia che viviamo sia che moriamo. Bultmann, che era un uomo profondamente religioso, diceva addirittura che del Gesù storico non sappiamo quasi nulla e che ciò, comunque, non è importante. Posizione opposta al grande tentativo di Benedetto XVI di presentare la figura di Gesù: senza quel punto di fuoco non sarebbe sorto un bel nulla.
Tenendo conto degli attacchi spudorati al Papa anche nella Chiesa cattolica, il criterio dell'autorità fa vedere, quale processo di "protestantizzazione" sia in corso all'interno della Chiesa cattolico romana stessa. Uso questo termine che non mi piace molto, perché può essere interpretato in modo non ecumenico, ma dal contesto credo si capisca cosa voglio dire. E cosa voglia dire don Julián.
(23.6.19) Per i giorni nelle Dolomiti ho preso come tema quello degli Esercizi: cosa regge l'urto del tempo? Anche a me ha colpito questo domanda, ma mi sono chiesto se le persone che porterò con me dalla Germania e precisamente dalla Sassonia- Anhalt percepiscono che ci sia un "urto", o piuttosto percepiscono una certa "noia" nella loro vita? Il Venerdì sera degli Esercizi don Carrón da per scontato o per lo meno interpreta così la realtà: "L'interesse dimostrato (le duemila domande sul tema) indica quanto sentiamo l'urgenza di qualcosa che duri". Questo vorrei verificare nella cinque giorni nelle Dolomiti: sentono le persone che porto con me l'esigenza di qualcosa che duri? Cosa vorrebbero che durasse, qualora la risposta fosse si? Se la verifica fosse positiva potrei dire con don Carrón: " e questo stupisce quanto più, dal momento che viviamo in una società liquida, e quindi dovremmo essere abituati dal fatto che niente dura".
Ieri c'è stata la festa della maturità cominciata con il servizio della Parola, in cui ho tenuto la predica (un'allocuzione religiosa). Se davvero ciò che per me conta è Cristo, mi sono detto preparandola, allora deve essere possibile testimoniare Cristo anche di fronte ad un pubblico che con grande probabilità consiste più di non credenti che di credenti. Perché ciò che voglio che duri è Lui! Alla fine del servizio della Parola molti mi hanno detto che era una bella predica. Uno studente di teologia mi ha detto che sono coraggioso, una studentessa, che in Instagram ha trovato una comunità religiosa di tipo evangelicale, mi ha detto che era impressionata dal fatto che ho parlato (forse per 8 minuti, dico io) senza leggere nulla, etc. Un altra persona che era una predica che raggiungeva tutti ed un'altra che era troppo difficile. Insomma ecco la "danza continua di percezioni contrastanti" (don Julián, Venerdì sera, 5). Ho cominciato riferendomi al Twitter di Austen Ivereigh che in una società secolarizzata ci sono tre fasi: ostilità, indifferenza e curiosità ignorante (per me le fasi non sono di tipo cronologico). Qualcosa di simile deve avere provato anche una parte del pubblico nella Chiesa di Freyburg, pur avendo ascoltato con attenzione, quando ho detto che Cristo può essere interpellato direttamente nella preghiera, perché vive oggi e può essere incontrato nelle persone che sono cristiane, che non sono meglio delle altre a livello etico, ma per l'appunto credono che sia vivo.
Poi siamo andanti alla cerimonia civile; alcuni dei professori che hanno parlato, in primo luogo il preside, mi hanno citato, ma in vero mi sono accorto che non hanno capito il passaggio centrale della mia predica: valori cristiani senza la presenza di Cristo sono solo parole. E lo sono anche per me; nel durare della festa, in cui da anni, visto il carattere solenne, bacio la mano, senza toccarla, alle donne e alle ragazze che ricevono il loro diploma di maturità , sento in modo impressionante la "presenza dei corpi" (ma non la sento solo per il baciamano) - pregando le Lodi del Corpus Domini, questa mattina, mi sono accorto come anche nella preghiera la presenza dei corpi incontrati ieri sera, era determinante: una ragazza che mi ha chiesto di fare una foto di lei e delle sue amiche (ieri alcuni mi hanno chiesto di fare foto, perché sanno che le faccio con una certa attenzione) guardando nel mio cellulare il risultato, mi ha toccato leggermente con il suo seno, cosa che ho percepito subito, anche se rimango discreto nel mio atteggiamento. Percepisco subito il corpo degli altri (più delle donne, ma non solo): la loro schiena, per esempio, messa in mostra dai vestiti e non sempre, perché belli - a volte ho la sensazione che sono già vecchi i corpi di giovanissimi. Forse la preghiera più sincera sarebbe questa: non percepisco in primo luogo l'urto di un tempo in cui, per esempio in Siria, da anni viene combattuta una guerra mostruosa, che ci raggiunge con i profughi, ma l'urto di corpi che senza il corpo di Cristo hanno forse, alcuni, una certa suavitas, ma per lo più sono corpi che invecchiano. E pur invecchiando la tenerezza di certi corpi si trova in concorrenza con quella domanda di Tommaso d'Aquino, quando parla dell'eucarestia: "Quid hoc sacramento mirabilius? Nullum etiam sacramentum est isto salubrius..." (Opusculum, 57) Ecco la mia preghiera: sapendo che Tu sei l'unico che dura nel tempo, fa si che la Tua suavitas, il tuo essere mirabile, salubre, salutare, purgante il peccato, non sia una parola, ma una reale presenza che ordina tutta la mia percezione dei corpi! Amen!
(24.6.19) La mia vita intellettuale, uscita come post nel mio blog dal titolo "Libri ed altri ricordi", è stata un tentativo di "prendere sul serio me stesso"; ciò significa prendere sul serio la domanda di senso che è in noi e le risposte incontrare nella propria vita. Fermare l'attenzione propria e degli altri su chi si è.
Che cosa regge l'urto del tempo o come si voglia riformulare questa domanda - per esempio parlando con i giovani, forse la metafora dell'urto, se non sono stati appena coinvolti in una tragedia, si dovrà tradurla, in modo diverso: cosa conta per noi, cosi ci da la forza di vivere nella noia di ogni giorno? Che cosa risveglia la nostra gioia?
Don Carrón cerca in cantautori, poeti e romanzieri non credenti tracce per formulare la domanda di senso: come è possibile che la nostra storia non si riveli come illusione? A cosa ci tento particolarmente ora che ho raggiunto 'l'autunno delle idee"? Che cosa mi tira fuori, meglio come accade il miracolo del "nulla alle mie spalle, del vuoto dietro di me"? Come superare il livello della "disperazione tenuta ad un livello accettabile"? Come non scappare o distrarsi di fronte alle difficoltà? Chi sostiene la mia solitudine? Etc.
Forse a me manca il senso dell'umorismo, ma certo è che se mi si vuole fare una critica, questa suona: Roberto prende tutto troppo sul serio. Gli scambi di messaggi con amici, lo scambio di messaggi con la figlia di Gaddafi, le ultime ore di lezione in questi ultimi dieci giorni, in cui c'è più una atmosfera da spiaggia, l'incidente di un ragazzo contro il tram, che grazie a Dio è andato a finire bene, il prossimo viaggio nelle Dolomiti, etc. Il dialogo con mia moglie su Christa Wolf e d'intorni, in cui ci siamo chiesti come dare un giudizio preciso su persone, cose ed eventi, senza arroganza? Come mai capiamo cosa dice Christa Wolf sulla DDR e sulla sua scomparsa, mentre altri socializzati nell'occidente della Repubblica federale tedesca non lo capiscono? Come mai ascoltiamo con attenzione tutto ciò che ci viene candidato? Tutto questo ci da un senso di "superiorità" (non di arroganza); ma dove nasce essa? Solo in parte da un merito - tutto è piuttosto un dono personale, un carisma personale. Etc.
(25.6.19) Sulla riva del grande silenzio - pensieri introduttivi al viaggio nelle Dolomiti all'inizio delle grandi ferie estive
Il viaggio, con carattere sportivo, filosofico e religioso ha una meta: offrire un luogo in cui la bellezza esista. Un luogo dell'ascolto! Per questo facciamo 40 minuti di silenzio, senza telefonino.
Questo momento del viaggio serve perché il nostro spirito si apra ad una dimensione che non è possibile percepire nella velocità e nel rumore della vita quotidiana. Abbiamo tutti bisogno del "grande silenzio" di cui parla un poeta spagnolo.
Partecipare al viaggio significa "sostenerci nella lotta che ciascuno di noi si trova a combattere tra il non aspettarsi più nulla e il non poter smettere di fare i conti con quel desiderio di essere felici e di bellezza che ci costituisce" (Julián Carrón, Cosa regge l'urto del tempo?, Rimini 2019, 9)
Io so che anche come quindicenne stavo in bilico tra questi due estremi: da una parte non aspettarsi nulla di particolare dalla vita e dall'altro aver un desiderio di felicità e di impossibile, come abbracciare le stelle.
Qualche giorno fa un ragazzo della decima ha avuto un incidente contro un tram; grazie a Dio non è successo nulla di grave, ma per un momento (due o tre ore) abbiamo pensato che fosse davvero grave. Di fronte ad un tale avvenimento ci sentiamo piccoli: che cosa c'è nella vita che regge anche l'urto di un tale incidente?
E per quanto riguarda la quotidianità: cosa supera la noia che a volte ci prende? Perché tanti giovani bevono così tanto al fine settimana? Che cosa vogliono dimenticare?
L'ipotesi di lavoro di chi da anni organizza questa festa porta il nome di Gesù di Nazareth: non solo un uomo che ha vissuto duemila anni fa, ma un uomo che vive ora, che è Dio e uomo! Nessuno dei partecipanti al viaggio è obbligato ad avere la stessa "risposta al desiderio di felicità". E per me che crede nel Cristo vivo oggi, Egli non è un mio possedimento, ma una offerta di amore gratuito.
Vi chiediamo di tenere aperti gli occhi e le orecchie, ed anche il vostro cuore, per vedere segni di questo amore gratuito, nei nostri cinque giorni di comunità. C'è qualcosa di più grande dell'amore gratuito? E cosa posso fare io perché questo amore gratuito non sia solo una parola, ma una esistenza reale nella nostra vita?
(2.7.19) Messaggio alla Redazione dei Contadini: Cari amici, meditando gli Esercizi della Fraternità, a parte mia moglie (a cui penso sempre), in tanti punti penso a voi, anche a
@Massimiliano Tedeschi
che non fa parte di CL. Dice Carrón: "se non cogliamo la portata per la persona a cui ci leghiamo", non alla persona del Movimento, ma alla persona a cui ci leghiamo, "anche se l'avessimo sempre davanti al naso sarebbe come se non ci fosse." Vorrei comunicarvi due pensieri che mi stanno a cuore; 1. Parlando con un pastore protestante mio conoscente della nostra scuola, ne parlava come un luogo elitario borghese; è possibile che lo siamo (anche); ma vista dall'interno, cioè vista "teologicamente" siamo un luogo in cui Cristo è presente in una zona in cui dal 1933 vi sono state forme di secolarizzazione fortissime (nazismo, bolscevismo stalinista, socialismo della DDR, capitalismo). Perché non poteva vedere questo parroco la portata di ciò che gli sta davanti? Perché non tiene per nulla conto dell'ipotesi che attraverso di noi agisca Cristo. 2. E noi qui in redazione ci guardiamo cosi? Comprendiamo il nesso con me di un'esperienza offline ed online come i Contadini? Io non parlo di "sentimenti"; io non sono per nulla "sentimentale", alle volte esagero con le mie reazioni e ne chiedo scusa, ma mai - nel silenzio o nella risposta - non prendo sul serio ciò che dite; quando non mi convince mi informo, quando parlate ascolto, perché non vorrei non riconoscere l'eccezionalità di ciò che ci sta accadendo. Vorrei con tutta umiltà invitarvi a prenderci sul serio, perché quando non si comprende il significato dell'incontro poi si va via, interiormente o esteriormente. Che il Signore vi benedica, r
Febbraio 2020 - Proseguimento del mio dialogo con don Carrón
"È possibile non subire la solitudine come nemica?" (Don Julián Carrón)
Sto lavorando (cioè meditando) sul testo di julián Carrón in Tracce 2020,2, "Fede e solitudine".
Dapprima vorrei dire che gli ultimi due numeri di Tracce, quello sul Papa e questo sulla solitudine, mi hanno fatto di nuovo voglia di leggere la rivista di CL.
In modo particolare questo tema mi ha fatto di nuovo venire voglia di leggere il Presidente della Fraternità, che nel suo intervento alla giornata di inizio anno avevo percepito solo come ripiegato su una propaganda ciellina, che non corrisponde minimamente a ciò che tanti di CL dicono in rete (e non solo).
Sia il Papa che la solitudine sono due temi che sento come profondamente miei. A parte le frasi che ho sottolineato ieri, sento come davvero utile la citazione di Etty Hillesum a pagina 16 del numero di Tracce citato. È una frase dell'agosto del 1941, in cui Etty sta lavorando per diventare "solare", ma che altalena davvero momenti in cui la solitudine è solo nemica, ad altri in cui essa è amica: in cui ci sente forti e sicuri, sebbene noi tutti siamo malati di quella malattia di cui parla Etty, dopo la citazione di Carrón: "la mia malattia è che ... ogni essere umano mi rimane estraneo".
Epicuro, che ho spiegato ieri nella mia undicesima classe (17 anni), offre anche un'idea di solitudine, ma come solitudine edonistica; Epicuro vive una sorta di edonismo ascetico in cui cerca di non farsi abbattere da sensazioni troppo forti, ma offre anche categorie molto utili sul tema bisogni naturali e bisogni immaginati e tra quelli naturali, tra necessari (mangiare e bere) e non necessari (sesso); credo che per riflettere sulla solitudine si debba anche riflette sui bisogni, tanto più nella nostra "società trasparente" (Byng-Chul Han) in cui forse il "sesso" è diventato un bisogno quasi necessario.
Per ritornare a Carrón: ieri ho letto tutto il suo articolo ed ora l'ho cominciato a rileggere passaggio per passaggio; mi sembra che ci ponga una sfida davvero interessante: come far si che la solitudine ci sia amica?
Nella seconda parte del punto numero due, "la solitudine amica o nemica?", don Julián Carrón ci confronta con una raffica di citazioni molto belle, prese per se: Eugenio Borgna (differenza tra solitudine e isolamento), M. Corradi (la crepa nel muro), di nuovo Etty Hillesum (utilità del dolore), Umberto Galimberti (la malattia della mancanza di senso), Teilhard de Chardin (la perdita del gusto di vivere) ed ovviamente Luigi Giussani (la solitudine come assenza di significato, e commenta che "occorre" guardare il dolore "con quella apertura positiva che definisce la natura più profonda della libertà umana" (16-17); questa "positività" mi è sempre molto piaciuta, anche se a volte scade in quello che nel post ho chiamato "propaganda ciellina"; la grande questione è come si metta in moto quel "occorre"; in questi giorni sto seguendo lo svolgersi della malattia di Ferdinand Ulrich, attraverso il racconto di un'amica francescana, che gli fa compagnia in questo ultimo viaggio. Credo davvero che quel "occorre" si metta in moto per "grazia" e per una vera compagnia di amore gratuito.
Vedo una grande vicinanza spirituale tra Luigi Giussani e Ferdinand Ulrich ; il primo è stato il padre di un popolo (e lo è ancora dal cielo); il secondo, nella sua modalità del dialogo faccia a faccia, è stato (e lo è anche nella sua malattia finale) anche il padre di molti. Entrambi hanno una chiara visione della realtà come dono (non come qualcosa che facciamo, non facciamo neppure noi stessi). Ulrich è più preciso nell'uso della parola "(E)essere" che Giussani usa invece quasi sempre nel senso di "Essere" (esse ipse subsistens), mentre Ulrich usa anche nel senso di "essere" (esse est aliquid simplex et completum, sed non subsistens); sulla cosa stessa sono d'accordo, ma Ulrich ci fa comprendere il carattere di "donazione" come "gratuità" in modo filosofico molto più preciso; questa questione non è solo qualcosa di filosofico, ma ha un implicazione esistenziale decisiva; non solo Dio è amore gratis e non solo l'uomo è immagine di questo amore gratuito, ma la "donazione" stessa, la "generazione" è gratuita ed in quanto tale "similitudo divinae bonitatis). Ciò è chiarissimo nel fondatore, meno nei ciellini che spesso vivono l'appartenenza come una sussistenza inesistente. La compagnia generativa non è sussistente e solo l'incontro personale con l'amore gratuito ci può salvare. La teologia e la pedagogia di Giussani sono chiarissime e Ulrich si è sempre sentito molto legato a Giussani, anche se non lo ha conosciuto, ma la filosofia di Giussani non è precisa, perché manca l'espressione della "donazione" come "kenosis": l'essere non è qualcosa da difendere, perché è "niente" (il niente della gratuità). Entrambi gli autori hanno una pedagogia dell'essere bambino non infantile capace di "criticare" (Giussani) e discernere (Ulrich) false dipendenze.
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(1) Sulla nostra società adultera, sul nostro cuore adultero
5, [27] Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio;
[28] ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
[29] Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
[30] E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
[31] Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio;
[32] ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Commento:
Quante volte ho commentato nell'ora di Religione nella dodicesima classe questo passaggio, cercando di far vedere che "guardare una donna per desiderarla" deve essere un atto non occasionale, di sfuggita, ma un vero lasciarsi andare in questo sguardo. Forse questo commento ha un suo senso, ma in vero credo che dovremmo essere più sinceri, e questo in due direzioni.
1. L'esempio concreto che cita qui Cristo fa vedere la nostra disobbedienza continua. E solo Lui ci può salvare! Per cui dobbiamo dire con tutta sincerità che senza di Lui "non possiamo fare nulla". Tanto meno essere fedeli di questa fedeltà: Dire questo non è un invito all'adulterio, ma una presa sul serio della propria fragilità morale.
2. Dobbiamo prendere anche sul serio però quel "eccetto il caso di concubinato". Lasciamo agli esegeti la spiegazione precisa di cosa significhi "porneia" (concubinato), ma non sembra essere "a parte nel caso di tradimento", sembra che sia in gioco un atteggiamento di fondo per cui il matrimonio è nullo. È molto interessante il fatto che Papa Francesco abbia insistito su questa questione della nullità del matrimonio nel suo discorso alla Conferenza episcopale italiana. Francesco sa che c'è un "eccetto il caso di". E che questo "eccetto il caso di" è generalizzato nella nostra società transparente e pornografica.