Lipsia. Uno dei più importanti topoi della cultura europea è il viaggio. Da Omero fino a Tolkien gli eroi, piccoli o grandi che siano, nelle diverse modalità (ritorno a casa, distruzione dell'anello...), sono in viaggio. Questo vale anche per Enea, che da Troia si mette in cammino verso Roma, o meglio Alba Longa, fondata da suo figlio Ascanio (Ilus, Iulus).
Le figure negative, come le arpie, demoni malefici, "sive aves vultu virgineo", sono tali perché sono un pericolo nel viaggio. I migranti di Troia arrivano nella loro isola, gioiosi di avere dopo una tempesta di nuovo terreno sotto i loro piedi e vengono attaccati da questi demoni femminili, con l'argomentazione che i migranti si erano serviti dei loro animali, per mangiare. In vero il cibo era stato preparato come necessità e non come rapina. Insozzando il cibo preparato, insozzano la loro anima.
Enea è un uomo pio che porta con se il suo vecchio padre Anchise, che non giungerà alla meta, ma verrà sepolto in Sicilia. È un uomo che prega e si chiede il perché della difficoltà del viaggio.
Gli dei guardano dal cielo i viaggiatori e con quello sguardo che sa tenere insieme inizio e fine dell'avventuroso viaggio, sanno che ci sarà un lieto fine; anche Giunone, avversa ad Enea, sarà infine la dea madre di Roma. Per gli uomini sulla terra, che procedano piano piano, questo sguardo d'insieme divino non è permesso - il loro sguardo è limitato ad dettaglio che vivono e ciò vale anche per Enea, la cui madre è la dea Venere. Per gli uomini si tratta di fare un passo alla volta. Qualche visione è d'aiuto, come quella della madre Venere che come cacciatrice spiega dove Enea e i suoi si trovano, una volta approdati in Libia.
Anche Didone ha fatto il suo viaggio, scappando dal fratello Pigmalione. L'amore tra Didone ed Enea sembra essere per l'uomo una pausa nel viaggio verso il compito divino di fondare Roma, per la donna invece un serio sposalizio. Su questo punto si dovrebbe ragionare a lungo ed a parte.
Questi brevi appunti sono stati solo scritti per fissare un'idea: lo stare nella propria patria senza l'idea di viaggio non fa parte della cultura europea; l'egoismo collettivo della arpie che vogliono difendere solo ciò che è loro proprio, non ha nessuna radice culturale.
È vero che il viaggio, nel caso di Enea, è un ritorno nella patria di Dardano, insomma un ritorno nella propria patria, ma una patria che a sua volta Dardano aveva lasciato per raggiungere Troia. Tutto è in movimento e solo in movimento è possibile capire cosa il nostro compito di uomini, ci richiede oggi.
(24.6.19) È interessante notare l'argomentazione usata da Ilioneus (versione tedesca del nome), compagno di viaggio di Enea, al cospetto di Didone, regina di Cartagine: neanche i popoli più barbarici vieterebbero di entrare nel porto dei migranti e naufragi che per giorni e notti hanno vagato in mare. Anche la regina Didone conosce questa cultura dell'accoglienza ed invita Enea e i suoi a Cartagine, sia nel senso di una passaggio, per poi raggiungere la terra italica, sia nel senso del rimanere sotto uguali leggi come cittadini di Cartagine.
Kant nella fase illuministica della storia europea distinguerà tra di diritto di ospitalità e diritto di cittadinanza; quest'ultimo non viene visto da Kant come un obbligo per lo stato ospitante, comunque nulla nella cultura europea ricorda il rifiuto di accogliere o la chiusura di porti come soluzione di problemi anche reali.
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