giovedì 21 gennaio 2021

Virginitas foecunda. Presepe e croce - verginità feconda. Un piccolo fratello pellegrino di Gesù

Dono questa mia traduzione (che compirò un po' alla volta) del piccolo libro sulla fecondità della verginità di Ferdinand Ulrich all'editore pro manuscriptu. Ferdinand Ulrich chiamava se stesso: Piccolo fratello pellegrino di Gesù. Prego Gesù che renda fecondo questo lavoro per me e i miei cari, per i miei amici e le persone che mi sono affidate. Questa mia traduzione e la meditazione della lettera apostolica di Papa Francesco su san Giuseppe, sono il mio modo di prendere sul serio questo anno dedicato a lui.  Roberto, un piccolo amico di Gesù. 

NB: Ho appena (16.2.21) ricevuto la notizia che questo testo verrà pubblicato dalla Johannesverlag, quindi dono la ventina di pagine tradotte all'editore. Interrompo la traduzione pubblica di queste pagine alla pagina 27 dell'attuale testo tedesco. Continuerò a tradurre in privato. Comunque le pagine tradotte fanno vedere lo spesso spirituale del piccolo fratello pellegrino di Gesù



Nascita di Gesù - Miniatura, 15. secolo Libro delle Ore di Besançon, Francia

Premessa 

Il testo presente nasce da una lettera del Natale del 2017, che originariamente non era inteso come "working in progress". Chi ha ricevuto la lettera espresse il desiderio che l'autore potesse sviluppare il tema centrale della lettera: "la fecondità dell'amore gratuito nel presepio e nella croce, con un approfondimento tematico, senza trasformare i pensieri nati dalla contemplazione in una forma differenziata, riflessa fino in fondo ed organizzata in modo del tutto coerente. 

Con grande fatica causata dalla malattia l'autore ha cercato di essere all'altezza di un lettore maturo e capace di "ascoltare nel silenzio". Questa accadde con tante interruzioni. 

Per questo, sia a causa della sua genesi  sia a causa delle condizioni di vita nelle quali questo testo è nato, esso è rimasto del tutto frammentario. 

Il Signore possa accogliere questi frammenti della lettera e dei pensieri per la Sua sempre più grande gloria e per il servizio ai suoi fratelli e sorelle: come panze spezzato. EGLI lo benedica attraverso il mistero della sua presenza eucaristica, in e tra di noi. Egli lo renda fecondo - unicamente e solamene come vuole Lui - anche e proprio nel senso che EGLI, attraverso la Sua grazia lo con-formi nella morte e lo lasci sparire sotto la terra: nel Suo essere sepolto, nel grembo della Sua tomba, che tra tutti i "luoghi" spazio temporali di questo mondo è, in un certo senso, più "prossimo" alla Sua Resurrezione, che è Egli stesso.

Ancora prima, però, che Gesù crocifisso e morto, è stato consegnato al grembo terreno della tomba, si è trovato già nel grembo-cuore vivente, nella grotta-tomba vivente, nella "terra immaculata", come la chiamano alcuni Padri della Chiesa, di sua Madre, Maria, di cui è il "frutto del grembo". Lei, la "Pietà", da cui è nato, lui, il Dio-uomo. Lei è la Dei genetrix e per questo non separabile neppure da colui che è stato sepolto. La sua com-passione (com-passio) e il suo con-morire con Gesù (una lancia trafigge la sua anima) giunge spiritualmente all'essere morto e sepolto del suo figlio. Lei, la nostra "madre, colei che è libera" è la più prossima al suo figlio, "Colui che è libero tra i morti", non solamente dal punto vista spazio-temporale, ma ontologico, personale. 

Per questo motivo sant'Ignazio di Loyola SJ può dire, che il Risorto "è apparso dapprima alla Vergine, anche se ciò non è detto esplicitamente nella Sacra Scrittura" (EB, 299) 

A voi è consegnato con cuore sincero questo frammento e attraverso la sua (della Vergine) mediazione a LUI, risorto dai morti! Egli vive. Halleluja! "Ero morto, ma guarda: ORA SONO IL VIVENTE, di eternità in eternità. Halleluja! 

Pasqua 2018

Virginitas foecunda 

Un piccolo, ma sentito di cuore saluto di Natale ("piccolo" nel senso del "petit néant" della nostra amica, della piccola Teresa del bambin Gesù) da R., dove nella casa accanto, da molte settimane tuonano ed urlano i martelli pneumatici e i trapani meccanici. La casa dei vicini è fatta quasi completamente di cemento e viene rinnovata dal tetto alla cantina - solo la facciata rimane così come era.  

Il rumore tenta di distruggere il silenzio, di ingurgitarlo, si soffocarlo, di assorbirlo - ma non ci riesce, infine, nella sua impotenza vuota. Non può colpire "oggettivamente" il silenzio, non può appropriarsene, non può logorarlo, stritolarlo. Il rumore non può impadronirsi del silenzio e quindi non può impossessarsene. Perché il silenzio è il respiro della vita, la luce dolce, casta, il canto tenero dell'essere che Dio ha donato e creato come amore, il mistero della "creazione pura di Dio", nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo. - Così il cammino da pellegrino in questo periodo è molto pesante, ma pur essendo stentato è all'interno di ciò beato (mühselig - la parola tedesca contiene sia la fatica che la beatitudine. NdT): nella pace del silenzio della presenza nascosta del Signore. -  

Nella festa della "Madre di Dio di Guadalupe" (12. Dicembre 2017) mi sono imbattuto in un'immagine profonda e bella della nascita di nostro Signore (Miniatura, 15 secolo, Libro delle Ore di Besançon, Fr) e vorrei dirvi che cosa (chi) mi è apparso in ed attraverso esso e mi si è comunicato come dono.  

Maria, dopo la nascita e dopo aver avvolto in fasce il bambin Gesù non lo pose in una mangiatoia degli animali ricolma di fieno e paglia, ma nelle braccia di una "mangiatoia umana", nella culla personale di un cuore umano, in una "mangiatoia-padre-nutrimento": nel grembo vergine e paterno di san Giuseppe. Egli tiene il bambino sorridendo in un amore silenzioso, tenero e sanguigno: come sua Madre ha portato, fatto nascere e presentato al mondo in silenzio il bambino nel suo grembo verginale e materno, ricolma di "buona speranza" (questa formula in tedesco significa che si è in cinta; NdT), il bambino che "per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel suo grembo": il dono, che l'Eterno Dio, EGLI, l'UNICO ("Ascolta Israele!") è Lui stesso: Dio da Dio, il VERBO eterno del PADRE, con il Padre e il Figlio, una sola natura, nella assoluta unità dell'unica natura divina: EGLI si è fece carne. Il VERBO non è la stessa cosa come la "carne". Il VERBO è l'unigenito Figlio del Dio vivente. Questo Figlio e la carne, che egli è diventato (Gv 1,14), non sono la stessa cosa, ma un UNICO: Deus caro (cfr. Leone il Grande, Trattato 71, 2-4). Questo UNICO tiene san Giuseppe, come bambino appena nato, nelle sue braccia.  

Maria ha "affi-dato" il dono del PADRE, la Sua PAROLA, diventata carne attraverso lo SPIRITO SANTO, a Giuseppe  e proprio in questo modo, come madre vergine del bambino, nello stesso SPIRITO SANTO, ha dotato (nella parola tedesca begabt, c'è di nuovo il verbo geben = dare; NdT) l'uomo Giuseppe con una paternità feconda e vergine. Come madre di un uomo non può far questo; ma lo può come madre del Dio vivente "fatto carne" (cfr. Gv 1,14; NdT): Dei genetrix. 

Maria, la madre creata del VERBO (traduco a volta Verbo a volte Parola, a seconda del contesto linguistico; NdT), generato dal silenzio eterno del PADRE, affida a Giuseppe, al "silenzioso", l'unigenito del PADRE, che è il suo primogenito. Che mistero meraviglioso! Giuseppe, interamente al servizio del PADRE eterno, attraverso la mediazione di Maria nello SPIRITO SANTO, vive totalmente per il FIGLIO del PADRE, ed è creato cosi: "virgo-pater". (La parola "virgo" per un uomo la uso qui  nel significato usuale del latino patristico: "uomo che vive senza il matrimonio e che non ha altri rapporti sessuali", cfr. Tertulliano, Gerolamo). 

Il Verbo eterno del Dio vivente, l'Unigenito (uni-genitus), che riposa sul cuore del Suo eterno Padre - Egli stesso riposa qui, attraverso la mediazione della maternità vergine di Maria, sul cuore del suo silenzioso e vergine padre terreno: una fecondità che fluisce vergine, da una mancanza di figliolanza sessuale e "carnale"! Il bambino si riposa sul cuore di un padre, che non è il suo padre naturale; che non lo ha generato; che non è il marito "reale", nella modalità "dell'essere un' unica carne" (cfr. Gen 2, 24; Mt 19,4-5; Mc 10, 7-8, etc.NdT), della sua madre naturale. Un padre, però, che, in questa sua povertà, senza frutto carnale, attraverso il Mistero di una povertà della paternità vergine, donata per grazia, dallo SPIRITO SANTO, dal "Padre dei poveri" (Veni, pater pauperum : inno di Pentecoste): partecipa profondamente alla fecondità vergine non creata del PADRE nello SPIRITO SANTO, che procede dal PADRE e dal FIGLIO, dal frutto vergine della sua generazione eterna. 

"Secondo la carne" ("secundum carnem" è da intendere in senso biblico), cioè da un punto di vista meramente mondano, questa "paternità vergine" di Giuseppe non è altro che la costruzione assurda e clericale di una "sublimazione nevrotica di una sessualità maschile immatura", che compensa la sua impotenza con  questa "sovrastruttura spiritale". In realtà Giuseppe sarebbe già a partire da una considerazione naturale un' esistenza psico-fisica sterile. Sarebbe per una "riproduzione del genere umano", a livello economico e sociale, che voglia essere redditizia in modo massimale (e in questo senso completamente programmata e controllata) del tutto inutilizzabile. 

Perchè? Egli non è schiavo del potere totalitario dell' "umanesimo sociale", in un sistema di "compra e vendita", ma un servo obbediente ed umile dell'amore gratuito (la parola "umsonst" significa sia "gratuito" che "inutile; NdT), diventato uomo, del PADRE; pastore vergine e paterno del "Gratis" dell'amore, che da cibo ai Suoi, che vengono nutriti nel tempo giusto. La sua creatività non è una "manovra del fare", ma una "testimonianza" di una fecondità vergine e paterna. Quindi per il mondo Giuseppe è un "qualcosa", non un "qualcuno", di inutile, non integrabile nel sistema funzionale. 

Come la pietra che i costruttori gettano via, perché non è adatta al sistema pianificato e stabilito di un "fabbricato umano" e per questo motivo non serve "a niente", non può essere utilizzata "per niente" (cfr. Mt 21,42), cosicché oggi, anche questa "paternità vergine", può essere gettata nell'immondizia, perché "spazzatura del mondo", "rifiuto di tutti" (cfr. 1 Cor 4,13). Questi "tipi che vivono nel celibato" dovrebbero o normalizzarsi  oppure, se non è possibile, si dovrà farli sparire". Sono inutili, paglia senza alcun seme, a-sociale. San Giuseppe agli occhi della "carne" è un uomo di paglia, il cui fallimento come marito e come padre, viene velato da un'illusione teologica di "paternità spirituale". Non corrisponde a questo uomo di paglia proprio questo bambino che giace sulla paglia che non porta frutti, in una mangiatoia (e che nella nostra immagine riposa sul cuore di questo uomo di paglia) e che finirà, nella sconfitta più completa, come un criminale maledetto, asociale e senza Dio, fallito nel mondo e crocifisso?   

La "carne" (in senso biblico) non conosce la fecondità svariata della verginità spirituale. Accresce ed aumenta non a livello personale, ontologico, ma quantitativo, di "ciò che conta" per la conquista del potere. È cieca per quanto riguarda la crescita paterna e materna dell'amore che non conta sulla mera massimalizzazione del profitto, dell'interesse egoistico, ma che dona completamente gratis (umsonst in tedesco è gratis und frustra; NdT), "per nulla" e che fa il bene per il bene, senza perché, nella modalità del servizio. Questo amore è creativo, libero: "liber agit ex seipso" (chi è libero agisce da se stesso, Tommaso D'Aquino). Opera "aut-ex-ousion", a partire dalla sua natura, cioè in forza di un potere autentico (ex-ousia), ricevuto dal creatore. 

La parola autorità deriva dal latino "auctoritas", sostantivo del verbo augeo, in greco auxanō: crescere, accrescere, far crescere, promuovere (favorire), permettere la conquista di potere, lasciar prosperare, aumentare. Un uomo ha realmente ed in verità autorità nella misura in cui è capace di fare crescere ontologicamente altri che gli obbediscono, in forza della fecondità creativa della sua libertà (e allo stesso tempo in forza della fecondità della libertà di coloro che gli obbediscono, e che egli nel suo operare servizievole pre-suppone): così permette loro di "crescere"  di diventare adulti (la parola tedesca "erwachsen" = adulto, contiene la parola "crescere" (wachsen); NdT); permette loro di maturare in una vero amore di sé, che è sempre disinteressato al sé, perché ha la sua radice in un' "accettazione di se stesso" (Romano Guardini), obbediente ed umile.  Autorità vera permette (lascia) di far fiorire nell'altro l'amore-gratis, il cuore dell'esistenza e di portare frutti. Questo "lasciare", nel senso di un lasciar essere ed accadere personale, non è un "Laissez-faire" qualunquista, ma un donare la libertà creativo e in servizio all'altro, nel mistero della fecondità del suo essere-se-stesso, che non sta a disposizione e così del suo sempre più profondo ritorno alla fonte della ricchezza dei rapporti umani. 

Anche le radici ebraiche del nome "Giuseppe" ["jsp": aggiungere, continuare a fare qualcosa, crescere]: josif-ja: JH(WH) aggiunge; per esempio: "più bambini", "più possedimento", ma anche "condono dei debiti", "eredità più ricca", "salute più forte", etc. rinvia a questo mistero della fecondità di un "più" ontologico: Dio opera "sempre di più": aumenta, lascia crescere, dona un fecondo prosperare. Così il nome di Giuseppe può essere tradotto con "Dio è fecondo", "Egli dona fecondità", "Egli rende fecondo". 

Agli occhi della carne l'autorità di questa paternità vergine impedisce ed ostacola tuttavia il "più", il "diventare di più", la "crescita" creativa dell'esistenza. La "carne" perverte il nome di Giuseppe e lo sostituisce con il "più" della "volontà di potenza". Lo de-personalizza per così dire nel "sempre di più" del mero sapere, dell'informazione trasformata, dell' efficacia mediale, della produttività economica; tutto ciò accade con il tentativo di eliminare i confine della crescita; attraverso il "più" astratto del denaro; con il più estatico di un'"auto-trascendenza" manipolata a livello psichico tecnico, nella quale con l'apparenza di un superamento-di-se-stesso e dei limiti dell'io, dello sfondamento apparente nella libertà-abisso dell'incondizionato, l'uomo rimane prigioniero nel carcere del suo io = io, che lo ubriaca e anestetizza emozionalmente e che lo curva in se stesso. L'io = io permane, con il pretesto di una pseudo-spontaneità senza sostanza, indifferente in una uguaglianza-con-se-stesso mortale. Il toccare sentimentale dell'altro, prodotto artificiosamente come estasi è solo un epifenomeno dello stato di aggregazione di un'emozione psichico-fisica dell'io = io, tuttavia ciò non ha nulla a che fare con l'atto dell' incontro fondato personalmente nell'essere-se-stesso della libertà.

Tutto ciò sono modalità di un sempre-più, che non nasce dal "Deus semper maior", dal Dio eternamente sempre più grande, dall' "omnia ad maiorem Dei gloriam", dal tutto compiuto per la gloria più grande di Dio (Ignazio di Loyola), che non nasce dall'amore-gratis (e più precisamente dal primerear (uso questa parola di Bergoglio, che sarebbe piaciuta tanto a Ulrich;NdT) eterno del Suo amore per noi), ma è piuttosto la scimmiottatura di tutto questo: con una mera finitezza, incapace di concepire e che tenta di partorire da sé l'assoluto, dalla potenzialità della propria relatività. La figura diabolica di una "finitezza" "pura" incinta, nella pseudo forza della propria natura,  dell'assoluto. Questa è la perversione terribile di "Dio in Maria, madre di Dio".

Guardiamo con la luce della fede nuovamente la nostra immagine: 
Come il VERBO, il frutto dell'amore eterno, non creato e vergine del PADRE, come frutto del corpo di sua madre Maria, creata e vergine,  questo bambino si lascia trovare nella paglia non feconda di una mangiatoia, così riposa il VERBO eterno fatto carne, qui nella nostra immagine, nel grembo non fecondo dell'"uomo di paglia" Giuseppe. A lui, in mezzo al vuoto della sua non fecondità carnale, viene donata dallo SPIRITO SANTO, dal "PADRE dei poveri", la povertà feconda dell'amore-gratis creativo. 

Ma: il vuoto della mera povertà "carnale" (del non-avere; della mancanza psico-fisica; di un quoziente di intelligenza basso; di un sottosviluppo della civilizzazione, ma anche il vuoto spirituale della "separazione dall'io" che viene perseguita in determinate forme della meditazione  e della contemplazione) non è identico con il vuoto dell'amore-povertà  (si può sciogliere i due sostantivi usati da Ulrich con povertà amorosa. NdT) che nasce dalla fecondità dello SPIRITO SANTO: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3) dice Gesù nella prima beatitudine.  

A partire da questa grazia Giuseppe è, in comunione con Maria, la povera, "ancella del Signore" nello Spirito Santo, cioè "la donna piena di grazia" (gratia plena), il vero esegeta della "sola gratia", affidato al mistero della paternità vergine di Dio. Partecipa per grazia al mistero della povertà-amore infinità della gloria del Dio vivente, che in Lui stesso, nell'assoluta unità della sua natura divina, è del tutto assoluto: amore infinto, che si dona e che è stato donato, che concepisce eternamente e che è stato concepito, a cui dobbiamo tutto e che si è fatto servitore di tutti: nella fecondità infinita e vergine, Egli è, l'Unico.  

E come il bambino della vergine-madre è il SI del compimento di tutte le promesse di Dio, di tutta la legge e di tutti i profeti, così la paternità vergine di San Giuseppe (in riferimento al bambino sul suo cuore) è la presenza del compimento della fecondità di Abramo, che sorge dalla fede (in riferimento alla generazione dei suoi figli in forza della promessa);  quella  fecondità, che in ed attraverso il "giorno del Signore" e del suo corpo, si compie per la Chiesa e in ed attraverso l'assoluto sempre-di-più della fecondità di Dio (in Lui stesso) è compiuta eternamente. 

(Prima nota del traduttore: ho parlato a volte dell'Islam con il piccolo fratello pellegrino di Gesù, che fondamentalmente aveva sul tema la posizione di Charles de Jesus (preghiera per la conversione dei mussulmani, ma anche riconoscimento della grandezza della loro fede), ma su questo punto seguirei Padre Paolo Dall'Oglio SJ, nel suo "Innamorato dell'Islam, credente in Gesù", dicendo che il sempre-di-più della fecondità di Dio, dovrà integrare non solo i profeti dell'AT, ma anche il profeta del Corano, che Dio lo benedica: Abramo è anche il padre del popolo mussulmano, perché l'escluso Ismaele è anche benedetto da Dio, non solo l'incluso Isacco. Cristo è e rimane "il SI del compimento di tutte le promesse di Dio", ma con una forza integrativa singolare di tutto ciò che è autentico e vero. RG) 

Abramo ha potuto guardare a questo giorno del Signore. Alla sua fede si è svelato questo "giorno" di Dio nella sua fecondità - "esulto nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia" (Gv8,56)... Per questo motivo, "se appartenete a Cristo", al piccolo bambino, che sua madre Maria ha adagiato sul cuore di san Giuseppe, "allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa" (Gal3,29). Così Beda Venerabilis può dire che quando allora Dio disse ad Abramo: "E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni" (Gen 17,6), Maria, da cui è nato Cristo, era già "nei lombi" (per la formula, cfr. Ebrei, 7,10; NdT) di Abramo" ( Beda Venerabilis, Lib. in Genesis, 3, 12, 1-3). Maria nel mistero della paternità vergine: nascosta nella paternità carnale, santificata dalla promessa di Dio.

Una coperta, rossa come il sangue, calda, disseminata di stelle, giace sul grembo della madre e riscalda "da di sotto" anche i piedi di san Giuseppe, che "in atteggiamento di servizio" siede per terra ai piedi di Maria, totalmente presente al bambino. Per vedere il suo bambino appena nato Maria deve guardare in quella direzione. Il bambino è, nascosto nel servizio di san Giuseppe, presente in carne: interamente presso il suo PADRE celeste , "Luce da Luce", "Dio vero da Dio vero" (cfr. Simbolo niceno-costantinopolitano";NdT)..."solo con il Solo" (solus cum solo, Ignazio di Loyola; NdT)  

Maria è seduta sul letto e... legge in un libro, nella Sacra Scrittura. Legge le parole, la parola-tessuto, il testo (testo, dal latino texere: tessere)  di questa Scrittura, nella sua carnale letteralità, ma nello Spirito Santo, dal e nel quale esso è stato "ispirato" e scritto da mani umane. Questo Spirito Santo è il medesimo, attraverso il quale lei , la "terra immaculata", la pura, senza macchia, schietta terra, come i Padri della Chiesa la chiamano, ha concepito la PAROLA eterna del Padre, nella carne, del suo cuore-grembo, che respira ed è irrorata del sangue dell'amore di Dio; ha concepito l'unigenito (uni-genitus) del Padre, che è il suo primogenito (primo-genitus), tra tanti fratelli e sorelle (cfr. Rom 8,29: "Poiché quelli che Egli ha da sempre conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio Suo, perché Egli sia il primogenito tra molti fratelli"). Maria legge quindi la Sacra Scrittura , la quale con l'incarnazione del VERBO eterno è compiuta in lei, meglio è stra-compiuta, allo stesso tempo in modo letterale e in se stessa, nella sua intimità. In un certo senso è lei stessa incarnazione della Sacra Scrittura, scrittura-corpo del VERBO eterno. Poiché il "Vangelo è la carne di Gesù" (Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Filadelfia).  

Ciò che è scritto con l'inchiostro sulla carta o meglio inciso con stilo di pietra o di ferro su tavole di pietra, anche se è ispirato dallo Spirito Santo, tuttavia è "parola di vita" diventata legale-oggettiva, cioè letterale, nella "condizione di servo" (cfr. Fil 2,6): è diventato comunque carne attraverso il medesimo Spirito Santo in Maria, nell'"ancella del Signore", nella "nostra madre, di noi che siamo liberi", nella Bibbia vivente (biblion enpsychon). In lei ed in tutti coloro che le appartengono, lo Spirito Santo, il "digitus paternae dextrae", l'indice della destra del Padre, la PAROLA della vita,  scrive con il sangue dell'agnello "su tavole di cuori umani" (2 Cor 2, 3). La lettera è risorta dai morti attraverso lo Spirito Santo del Verbo diventato carne. In Maria è diventata corpo vivo di Cristo, corpo d'amore, libertà-corpo dei figli di Dio, davvero un cibo: PANIS VITAE, pane della vita del PADRE. La Scrittura è spiritualmente "mangiabile" con tutti i sensi, molto preziosa ed assaggiabile in Maria, nella "sapienza creata" (sapientia, dal latino "sapere": assaggiare, degustare).

Si, pane della vita: per la vita del mondo ("pro mundi vita"), pane del PADRE, che nutre tutte le sue creature, donando a loro l'essere come amore e che loro mangiano: "tutte le creature mangiano l'essere" (Maestro Eckart). Lo ricevono gratis, umsonst (gratis et frustra),  per misericordia: da LUI, "che dona cibo a tutte le creature, perché la sua grazia dura per sempre" (Ps. 136:  "perché il suo amore è per sempre"). Per questo motivo: "venite, assaggiate e vedete come è buono il Signore". Mistero di Beth-lehem  ("casa del pane"); mistero della "madre di tutti i viventi" e in modo particolare del padre-adottivo (Nährvater: nella parola tedesca c'é il sostantivo "cibo": il padre che da il cibo. NdT)  Giuseppe, in servizio del PADRE nel cielo. Prega il suo popolo: "vieni, apra la tua bocca che la voglio riempire": "voglio nutrirti con il miglior frumento"; "EGLI provvede il cibo al bestiame, ai piccoli del corvo che gridano" (PS 147, 9). Per questo motivo: "Benedite animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli" (Dan 3, 81).

Giuseppe guarda la PAROLA eterna di Dio diventata uomo, avvolta in pannolini di stoffa, la guarda corporalmente nella luce della paternità vergine che gli è stata donata: VERBUM caro factum. Maria guarda lo stesso VERBO caro factum, velato nei pannolini della letteralità della Scrittura, nella luce della Sacra Scrittura compiuta, nel libro vivente, che in un certo senso lei stessa è attraverso lo Spirito Santo, per così dire lo guarda "fuori-dentro", corporalmente, come sua vergine madre. Entrambi, Giuseppe e Maria, LO guardano con il cuore: lui che si è spogliato di se stesso ed ha assunto la figura di servo (la "condizione di servo" (Fil 2,7) NdT) e ci ha reso ricchi con la sua povertà e in questo modo ha rivelato la sua gloria. 

Che cosa (chi) si rivela al mio cuore? Al tuo cuore?  

In mezzo alla paglia senza frutto, nella carne mortale, in tutte le nostre inutilità, nel fallimento impotente, nel vuoto di un tempo non compiuto, nella debolezza che manca di aiuto e nella nuda solitudine, nell' umsonst (frustra)  del "tutto è per niente", proprio lì dentro, non accanto o al di sopra: è, è presente, vive, cresce, opera, fiorisce e porta frutto la povertà creativa e vergine dell'amore-umsonst; respira la "gratuité de l'amor", l'umsonst abissale (senza motivo e senza perché ) della misericordia del PADRE. 

Il PADRE ha creato il mondo con la Sua PAROLA eterna, nello SPIRITO SANTO, in forza di un puro amore-umsonst, "per nulla" (pro nihilo), "dal nulla" (ex nihilo). Ha creato proprio questo mondo, che per il peccato dell'uomo Lo ha rinnegato, e che ha redento con l'amore-obbedienza del Figlio, che EGLI per amore "fece peccato in nostro favore" (2 Cor 5,21), "per nulla" (pro nihilo, Agostino, Sermone 27,13) - lo ha redento dal nulla mortale del peccato.  

L'amore crocifisso ha, con la sua morte d'amore, annullato la nostra morte del peccato,  e ci ha fatto rinascere nello Spirito Santo alla libertà e gloria dei figli di Dio: "quelli che (EGLI) ha giustificato, li ha anche glorificati" (Rom 8, 30, cfr. tutto il capitolo 8 della Lettera ai Romani, 8,30 NdT). 

Noi lo abbiamo ucciso, con i nostri peccati, che egli ha preso su di sé nel Suo proprio corpo, in modo assolutamente libero e senza alcuna colpa e che ha portato sul legno della Croce (cfr. 1 Petr. 2, 24: "Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia, dalla sue piaghe siamo stati guariti"). In questo omicidio ci siamo trovati nel Suo amore, che ci abbraccia. Abbracciati da Lui nell'amore-umsonst lo abbiamo ammazzato: "O mi Jesu, totum me amplexus es in cruce" (Francesco Saverio SJ). Non è tornato indietro neppure di uno Jota per distanziarsi da noi;  per liberarsi da noi che lo rinneghiamo, noi bugiardi, ricolmi di odio, assassini. EGLI non ci ha "abbandonati" (entlassen) morendo, obbediente fino alla croce. Nelle ferite mortali del Suo corpo da noi frantumato, contro cui abbiamo sputato, che abbiamo inchiodato e trafitto ci fa vedere il Suo amore nella carne e nel sangue dei nostri peccati... dei peccati di tutto il mondo. Solo là e solo così possiamo percepire (wahrnehmen: prendere per vero) chi siamo noi peccatori e che cosa realmente e in verità sia il nostro peccato: unicamente e solamente qui, nell'amore crocifisso e che ci svela (chi siamo: NdT) e  per noi ed in noi confessa (bekennt; "beichtet": Adrienne von Speyr) il peccato   al Padre e nello Spirito Santo... Unicamente qui possiamo, nella capacità di soffrire dell'amore di Gesù, che ci dona lo Spirito Santo, pentirci e confessare autenticamente,  ed accoglierla (la capacità du soffrire e confessare il peccato: NdT) come pegno della Sua sempre più grande misericordia. Lo SPIRITO SANTO ci dona questa testimonianza: EGLI è risorto, EGLI vive! In ciò nasce la nostra conversione, il perdono per il sangue, che abbiamo mostruosamente e blasfemamente sparso. Proprio il sangue che abbiamo sparso ci ha redento  attraverso la gratia della conversione. "Giacché così è stato versato il sangue di Gesù per il perdono dei peccati, che ha potuto addirittura cancellare i peccati, in forza dei quali è stato versato" (Agostino, in Joan. Evang. Tract. 92, 1: PL 35, 1862). Questo mistero diviene fecondo solamente con lo Spirito Santo, poiché "la morte di nostro Signore, sarebbe stata per noi, senza lo Spirito Santo, senza alcuna utilità" (Jean-Marie Vianney, Curato d'Ars). "O felix culpa", o colpa beata, che ha meritato un così grande Redentore " - così giubiliamo nella notte di Pasqua.  

Mistero impenetrabile delle ferite del Crocifisso. Le medesime ferite mortali, che la nostra mancanza di amore, il nostro odio..."mi hanno odiato senza ragione" (Gv 15,25 - cioè per nulla, umsonst, "gratis" ...lo ha picchiato (il testo anche qui non si lascia ricostruire grammaticalmente, forse per la difficile grafia di cui si parlava nell'introduzione; NdT) (negli occhi della carne, del mondo, sono segni definitivi di un fallimento totale, dell'inutilità, di un umsonst senza senso, il tramonto definitivo di un maledetto), -- queste ferite mortali sono, nella gloria ed attraverso la potenza della morte dell'eterno amore-umsonst: luoghi di una fonte inesauribile della vita, a partire dall'abisso di una misericordia sempre più grande, sempre più fluente, porte aperte della nostra redenzione, della nostra salvezza, della nostra rinascita con lo SPIRITO Santo, nel sangue dell'amore, dell'acqua viva che esce dalle ferite del costato del corpo morto di Cristo: vita eterna dalla morte! "Quale modalità miracolosa possiede davvero la morte, visto che non le basta essere la pena (per i nostri peccati), se Egli al di là di ciò (insuper) non fosse nella delizia (in deliciis) dell'amore" (Agostino in Joan. Evang. Tract. 65: PL, 35, 1809). "Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, è sarà fonte di luce per la mia delizia" (Inno della veglia pasquale nella notte santa). 

Le ferite mortali trasfigurate del Signore risorto non si "chiudono", non si "cicatrizzano", non "guariscono", non "spariscono" senza lasciar traccia, come se la sofferenza, il morire, la morte non fossero "davvero mai esistite". Ciò significherebbe la perversione della morte come rivelazione della gloria dell'amore in una "mancanza", "un difetto del tutto passeggero", il cui superamento servirebbe solo alla dimostrazione della potenza propria ad una vita, che non si possiede completamente e per questo motivo non si può neppure donare del tutto, fino all'essere-morto per amore.   

La "resurrezione dei morti"  prodotta da satana, il "padre della menzogna" (cfr. Ap. 13, 1-14) mette in scena la "bestia" che sale dal mare, a cui suo "padre", il drago (satana), che era per l'appunto arrivato alla spiaggia di questo mare, "le diede la sua forza (dynamis), il suo trono e il suo grande potere (exousia, mandato) " (Ap. 13,2). Questa bestia "aveva dieci corne e sette teste" (Ap 13, 1) - "una delle sue teste sembrò colpita a morte (esphagménen eis thanátou: macellata fino alla morte), ma la sua piaga mortale (plege toū thanātou) fu guarita (etherapeuthe). Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro la bestia" (Ap 13,3). Gli uomini si gettarono in ginocchio davanti al drago (satana) e  "adorarono la bestia", a cui suo "padre" aveva dato tutto il suo potere. Due volte viene detto che le ferite mortali della bestia sono state guarite. Questa è la forza satanica di auto-guarigione della bestia, il potere che origina dalla menzogna della sua pseudo vita, nella modalità del dominio diabolico sull'unità della vita e della morte: la figura-menzogna della morte e della risurrezione di Gesù: "ero morto, ma ora vivo per sempre" (Ap 1, 18). 

In Apocalisse 13, 3 si dice: "Una delle sue teste sembrò colpita a morte" (la traduzione che ci offre il piccolo fratello pellegrino di Gesù dice: "una delle sue teste era colpita a morte"; NdT). In Apocalisse 13,12 non si parla più di ciò, e cioè che una delle sette teste della bestia era ferita a morte, piuttosto viene affermato: la bestia (nella sua interezza, non una parte di essa)..., "la cui ferita mortale era guarita. Ma infine ascoltiamo in Apocalisse 13, 14: "la bestia, che era stata ferita dalla spada (che era stata colpita dalla spada: plegen tes machaíres) ma si era riavuta (era di nuovo viva: ezesen, von zaō: vivere". Quindi: la bestia   "stessa" era morta ed essa "stessa", con la sua forza, è ritornata dalla morte in vita, - non solo "guarita", ridivenuta "sana". Questa è la suggestione satanica del Mistero pasquale: la bestia, il "figlio" di satana è il "morto risorto", "colui che è libero tra i morti"... e tutti gli abitanti della terra adorano questa "risurrezione", come possiamo leggere nel passo dell'Apocalisse citato. Qui solo lo Spirito Santo può in noi "discernere gli spiriti". In noi stessi non abbiamo per questo compito alcuna luce e nemmeno una minima forza. Solo lo Spirito Santo che vive in noi può salvarci dalla potenza satanica di questa menzogna e liberarci dalla tentazione di questa interpretazione diabolica diversa, cioè dalla per-versione DELLA VITA del Dio trinitario, che diventato carne attraverso lo Spirito Santo, nato da Maria, madre e vergine, ci si è rivelato in Cristo, "nella vita" che è "unità carnale della vita e della morte", come viene rappresentata dalla bestia apocalittica nella figura menzognera della sua "risurrezione dai morti". 

(Seconda nota del traduttore: la critica all'uso "teologico politico" dei temi dell'Apocalisse per propagare un modo di vedere il mondo di estremo egoismo collettivo e populista, non significa il divieto di riflettere spiritualmente sui temi dell'Apocalisse, anche nel senso di un'autentica "teologia della politica". Il piccolo fratello pellegrino di Gesù qui ci mette all'erta da pseudo guarigioni terapeutiche, quasi che il male si possa essere superato con delle pseudo magie, ci aiuta in un vero ed autentico "discernimento degli spiriti"). 

Le ferite mortali del Signore sono ferite d'amore, segni della gloria dell'amore-povertà della vita eterna dell'amore crocifisso. In esse è rivelato il mistero della morte nella ricchezza dell'infinita delizia amorosa (Agostino). "Dalle sue ferite scorrono, alleluia, cinque laghi di gioia, cinque mari di gioia, alleluia" (Fr. von Spee, SJ, 1623, nel suo canto pasquale "Lass uns erfreuen herzlich sehr" (Donaci di gioire con tutto il cuore). La morte d'amore: linguaggio profondo della onnipotenza divina, che non è prigioniera in sé, che non è invasata di se stessa, che non considera la sua gloria come una rapina (Raub): "ouk harpagmon egesato to ísa theō" ( Fil 2, 6: non ritenne un privilegio essere come Dio", CEI 2009; "non considerò un tesoro geloso, la sua uguaglianza con Dio", CEI 1974). Non ha considerato il suo essere-uguale-a-Dio come una "rapina" (tesoro geloso, privilegio) che si strappa avidamente, a cui ci si avvinghia, e in cui ci si fissa, come se fosse qualcosa che viene nascosto ingiustamente. Questo accade sempre quando noi non abbiamo fiducia che il dono che Dio ci fa è profondamente umsonst (gratis); che Dio è amore, anche quando "dice di no", quando "non ci da" ciò che gli abbiamo chiesto o quando ci espropria e ci "prende tutto"...tutta la nostra libertà, la nostra memoria, il nostro intelletto, "l'intera mia volontà e tutto ciò che sono ed ho" (cfr. Suscipe di Ignazio di Loyola; NdT). La mancanza di fede in questa verità è la fonte dell'avidità, dell'avarizia, dell'idolatria dell'io come un homo-Deus, della nostra incapacità non solo del lasciar-andare, ma anche dell'essere ontologicamente calmo (Ge-lassen-sein), nel "morire per ed attraverso l'amore" (Teresa di Lisieux), dell'essere-sepolto con e nel sepolto unigenito del Padre  ( "uni-genito Tuo sepulto inhaerere" (Compieta del Venerdì).  

L'onnipotenza di Dio comunica (entäußert sich ihrer selbst - questo verbo, entäußern, non è facile da tradurre, ma non vorrei tradurlo con il termine filosofico di "alienazione"; forse significa: uscire da se comunicandosi; NdT) se stessa in libertà assoluta, senza riserve, completamente. La ricchezza infinita del suo essere-se-stessa è povertà infinita della sua calma ontologica, un essere-donata-in-se-stessa. Non ha (sit venia verbo!) "alcuna paura" del suo essere-morta, a partire da, attraverso e nell'amore, che è essa stessa. Non ha alcuna paura al cospetto delle sue ferite mortali trasfigurate, che lei porta eternamente. Per questo motivo: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre ed ho le chiavi della morte e degli inferi" (Apocalisse 1, 17-18). Anche nell'essere-morto EGLI è il Vivente eterno, perché la morte appartiene alla delizia, alla gioia, alla gloria del Dio trinitario, dell'Unico assoluto. Le ferite mortali trasfigurati dall'eternità rivelano questo mistero. L'agnello, che è stato macellato (dall'inizio del mondo) possiede dall'eternità (Egli è il creatore!) "le chiavi della morte e degli inferi" (Ap 1,17-18 e 13,8). Le ferite mortali di Gesù sono i segni vittoriosi del "morto risorto", del Vivente, di eternità in eternità. 

Gesù versa il suo sangue sulla Croce come sacrificio espiatorio, attraverso il quale il mondo senza Dio e perduto è di nuovo capace, viene messo nello stato di amare umsonst il suo creatore e redentore: con l'amore con cui Egli dall'eternità lo ha amato "per primo". Questo sacrifico redime il mondo dal nulla mortale del peccato, che è il padre della morte. Gesù muore per la vita del mondo. 

La bestia, "che era morta ed è diventata di nuovo viva" non può donare la sua vita umsonst, non può versare il suo sangue per amore. Non si trova, come il suo "padre", satana, nella verità, che rende liberi. Vita e morte cortocircuitano nell'Es (L'Es (o Id), corrispondente al pronome italiano «esso», secondo la teoria psicoanalitica di Sigmund Freud è quella istanza intra-psichica che «rappresenta la voce della natura nell'animo dell'uomo». Wikipedia. NdT) come medium dell'uguaglianza carnale in se stessa (io = io). Sono condizioni a-personali nel medium carnale viscoso del "muori e divieni". Sono in un certo senso aggregati-stati irreali della carne, "del serpente antico", del drago. 

(Terza nota del traduttore: il giudizio sul cortocircuito di vita e morte del piccolo fratello pellegrino di Gesù e sulla condizione a-personale dei rapporti tra gli uomini centra del tutto correttamente e senza moralismi ciò che accade nella nostra società trasparente e pornografica (Byung Chu-Han), espressione ultima di quella bestia apocalittica citata. E visto, come diceva l'altro grande filosofo cattolico del XX secolo, Robert Spaemann, che il nostro problema non è quello di adeguarci al mondo, questo lo siamo già, per il solo fatto, che siamo nel mondo, ma di come diventare santi, sarà del tutto necessario tenere conto del cortocircuito di cui parla Ulrich, proprio nel nostro debole tentativo di dire sì al dono dell'essere come amore gratuito, che si gioca sempre nella piccola via della santità, come ci ha insegnato la grande e piccola Teresa di Lisieux.)   

Nel giugno del 1895, due anni prima della sua morte, pregava la piccola Teresa di Lisieux: "Gesù, spero, nel cielo di diventare simile a Te e di vedere splendere (illuminare) nel mio corpo trasfigurato le stigmate sante (segno: in greco: stigma: ferita) della Tua passione". 

E proprio in questo punto emerge di nuovo il tentatore, il "nemico dell'umana natura" (Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali,  334), che ci domanda: "Se allora queste ferite mortali di Gesù, questo segno del peccato mortale, nel corpo di Cristo, peccato che ha ucciso Dio e l'uomo, è "allo stesso tempo" la fonte dell'amore misericordioso che si dona, allora i segni del male e i segni del bene, della vita e della morte, non sono in fondo indifferentemente identici?" [Non riconosciamo in questa domanda il miracolo satanico della bestia apocalittica, che era morta ed è ritornata in vita?] Non è il "perdono" forse null'altro che il processo automatico di una "riconciliazione" tra cielo e terra, tra Dio e satana? Non è forse il male null'altro che un utile collaboratore di Dio? Non è forse il menzognero dall'inizio un creativo 'co-operator veritatis'? Se infine il peccato-morte e l'amore-morte sono entità così 'convertibili', è davvero sensato prendere sul serio il sacrifico della Croce come, il cuore-centro della redenzione? Sono davvero sensati: pentimento, confessione del peccato, penitenza, sacrificio espiatorio? Non significa allora "redenzione" in fondo null'altro del dominio già cominciato dell' "Aldilà del bene e del male"? L'epifania di una tale trasformazione strisciante non significa l'assorbimento della gloria dell'essere come amore-umsonst all'interno di un essere dominato dall'Es, come un realtà neutrale senza volto e a-personale (quella della grande bestia)? Se Dio ha reso peccato il Suo Figlio in forza dell' amore per noi, perché non si dovrebbe (perché non dovresti) potere concludere da ciò che il nostro peccare (il tuo peccare) in fondo non è altro che una modalità in cui appare l'operare amoroso di Dio? Insomma non abbiamo a che fare con una specie di unione 'mistica' del peccatore con il Dio, presente in lui "per amore", per lui "fatto questo peccato"?   

(Quarta nota del traduttore: ancora una volta il piccolo fratello pellegrino di Gesù coglie il punto nodale in cui ci troviamo. Come ci ha insegnato Papa Francesco, come in vero ci ha insegnato Gesù, siamo tutti peccatori e come dicevo prima, noi siamo già adeguati al mondo, ma non lo siamo per fare per parte del mondo; questo è il punto di partenza e con la tenerezza e la pazienza di Dio, che ci ama per primo, possiamo fare alcuni passi in direzione della nostra santità. Il problema secondo me non è che siamo peccatori (perché lo siamo tutti, in un modo o nell'altro), ma quando vogliamo giudicare il peccato con una sorta di "unione mistica" tra Dio e satana. Certamente la Chiesa nella sua storia si è fissata spesso solo su certi peccati o presunti tali, ma la tentazione di cui parla Ulrich è e rimane la grande tentazione, che non ha risparmiato neppure persone che hanno fatto del bene, ma che sono scivolate nel dominio dell' "Aldilà del bene e del male", nella pseudo unione mistica di cui parla Ulrich! ) 

In questo orizzonte si sviluppa il satanico "Aldilà del bene e del male", nel quale il mistero dell'amore crocifisso e della gloria delle sue ferite mortali si è spento. "Sarete come Dio, conoscendo il bene e il male" (cfr. Gen. 3, 5). Qui parla la luce sterile dell'amore pseudo logicizzato (logi-fizierten: nella parola tedesca mi sembra esserci il termine "fittivo", che non riesco a rendere in italiano, se non con un "pseudo"; NdT),  presente nel sapere, reso dal peccato, solo apparentemente chiaro ("lucido): la "menzogna-logos" di Lucifero, che per così dire ha risucchiato in se stesso, affocato, congelato  il Santo pneuma, "il respiro d'amore di Dio", attraverso il quale la PAROLA è diventata carne; attraverso una concettualizzazione, che rende sterili, del pneuma in un sapere senza amore del "puro" spirito, ha disdetto al PADRE l'obbedienza umile dell'amore. 

Questo esegeta menzognero del Mistero dell'amore crocifisso non si trova in una sincera com-passio, in un'amorosa con-sofferenza con Gesù in Croce; con Maria, con Giovanni, con la sorella di Maria e Maria di Magdala (cfr. Mc. 15, 40), sotto la croce, piuttosto si insinua, senza legame alla terra, senza fondo, come "colui che conosce tutti i segreti", come l'osservatore gaudente della distruzione terribile dell'uomo, estraneo in una mancanza-di-luogo. "Non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità" (Gv 8, 44). È separato dal Padre e dallo Spirito Santo, è il "padre della menzogna": è "Simia Dei", la scimmia di Dio. "Conosce" la verità, ma non la fa. Per questo è buio. Solamente "chi fa la verità viene verso la luce" (Gv 3,21). 

Il pseudo "puro" sapere della verità non è creativo, ma sterile. Non vi è in esso una sola goccia del sangue-amore dell'agnello. Non vi è in esso neppure il minimo respiro dello Spirito Santo d'amore: è in se stesso non fecondo, incapace di ricevere e di partorire. Le sue opere sono parti con feti morti, perché non sono "state fatte in Dio" (cfr. Gv 3,21). Non rivelano la fecondità dell'amore eterno. Non testimonianza della verità, che la PAROLA diventa carne del PADRE è in se stessa. 

La "luce" del menzognero è in realtà oscurità. Rifiuta di pronunciare il si obbediente all'incarnazione della PAROLA, attraverso lo SPIRITO SANTO, in Maria e si autocondanna, giudicato da Dio, a pervertire la vera kenosis (uscita da sé) della PAROLA eterna nella riproduzione della figura menzognera della sua "caduta sulla terra". Questa è incarnazione satanica, la fusione del "puro" sapere, particolarmente nella forma di un' "intelligenza lucida", con i fatti del mondo materiale. 

Il "padre della menzogna" non cade sulla terra come chicco di grano, non lo fa in obbedienza umile nei confronti del PADRE, liberamente e con calma ontologica, per mezzo dello SPIRITO SANTO  della verità, non cade in una "terra immaculata" (Maria) che lo accoglie, nella Mater Dei, in colei che partorisce il Dio vivente fatto carne. Cade dal cielo nell'abisso muto, incapace di concepire, infecondo, senza il respiro caldo dello Spirito Santo, nell'abisso di una mater-ia fredda, pseudo-vergine, "frigida". Questa è una potenzialità spaccata e staccata dall'essere come amore, dal "bonum diffusivum sui ipsius", "dal bene che emana se stesso" (Tommaso d'Aquino). Essa affonda nella potente vita apparente, nel violento mare di menzogna, dal quale suo "figlio", la bestia (Ap.13,1), sale come il morto pseudo risuscitato, come  la figura satanica della vita, "che era morta e che è ritornata in vita": homo-Deus, non Deus homo, che gli abitanti della terra adorano. Che è adorato da tutti coloro che dall'inizio del mondo non sono scritti nel libro-vita dell'Agnello, che è stato macellato (cfr. Ap. 13,8), che non sono nascosti nel libro vivo della PAROLA, libro di carne e sangue, non sono accolti dalla "madre dei viventi. 

(Quinta nota del traduttore: chi ha conosciuto personalmente il piccolo fratello pellegrino di Gesù sa come egli abbia incarnato quelle tre parole care a Papa Francesco, quando si parla di Gesù: compassione, vicinanza e tenerezza (cfr. per esempio catechesi del mercoledì sulla preghiera, il 10.02.21)  Ma come il Papa sa dire cosa molto dure a proposito di persone che vendono altre persone, etc. così anche in Ulrich si possono trovare parole e frasi realmente "apocalittiche". E se si pensa a persone pseudo-vergini che hanno fatto tanto male alla Chiesa se ne capisce bene l'importanza, senza dimenticare che ogni avvenimento in grande ha anche un suo corrispettivo nella quotidianità di noi tutti.) 

Questa "mater-ia" dell'Homo Deus è un grembo morto, pseudo vergine di possibilità nella modalità dell'Es, a-personale; indifferente  "potentia pura infoecunda". Questa deve essere, attraverso il potere-conoscenza del pseudo Logos, "risvegliata alla vita", che ombreggia nel suo essere-morta, aspettando la risurrezione da questo suo essere-morta. Così la pseudo-vergine  diventa apparentemente madre: "la sterile diviene madre di molti bambini"; "la ricca di figli sfiorisce" (cfr. per esempio 1 Sam 2,5). Questa pseudo fecondità satanica è il mistero della sua sterilità, della sua verginità diabolica. Darà vita finalmente all'Homo-Deus, lo produrrà da sé come il suo "massimo frutto", attraverso e nella quale compie/termina se stessa.

Ora la "scienza" prende in consegna, nel medium del pneuma logicizzato in modo fittivo l'incarnazione e la nascita del Logos nel contesto "femminile" dell'economia umana (il centro Babilonia). Si deve insomma "fecondare" la "pura possibilità, che è in sé senza forma e senza natura, e questo nel significato odierno di "illuminare"( = rendere razionalmente disponibile, sollevare al livello del sapere); di "costruire", cioè per così di renderla "esistente" (di organizzarla a livello costruttivo); "lasciarla crescere e divenire feconda ( = produttiva in senso tecnico ed economico e di svilupparne il profitto): fin che questa "possibilità pura" si riveli come la madre, la "partoriente"di  una ricchezza senza limiti e di un lusso traboccante: Babilonia, la grande città, sotto il cui dominio tutto è trasformato in "merce" comprabile, in un oggetto della brama inappagata ed insaziabile e viene ucciso tutto quanto è partecipazione al mistero incondizionato ed assoluto dell'amore-umsonst: ciò che è da percepire, ricevere, affermare "per se stesso". 

(Sesta nota del traduttore: credo che il pontificato di Papa Francesco, nella sequela dei suoi predecessori, abbia masso in luce, già nel suo scritto programmatico, la lettera apostolica "Evangelii Gaudium", la logica della città grande Babilonia, dentro e fuori la Chiesa.)

In questa pseudo-madre domina la strategia dell' "omicida fin dal principio" (Gv 8,44 sg.), il cui veleno di una brama corrosa dall'invidia, insaziabilmente e inestinguibilmente, ha fame e sete di carne e sangue divino-umani e desidera divorarli, fin dall'inizio. Apocalisse 12: la donna e il drago. "Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito" (kata-pháge: inghiottire, divorare). La comunione di Satana, la brama-fame di "se stesso come Dio nella carne". La pseudo-eucarestia del Homo-Deus sotto il dominio di satana. Per questo Maria, la vergine-madre, la partoriente il Dio vivente in carne e sangue, è il suo nemico mortale (cfr. Ap 18,24). Così cresce il "corpo della menzogna", il corpo globale dell'Homo-Deus-Umanità: nella creazione di un regno totalitario, sotto ogni aspetto trasparente e del tutto controllato; un sistema in sé chiuso di una reciprocità universale e simmetrica di "dono e restituzione", di "do ut des", di "compra e vendita" (cfr. Ap 13, 11-18): nel medium dell'"unico corpo" (della anti-chiesa) della "bestia", nel quale domina lo spirito "puro". 

NB: Ho appena (16.2.21) ricevuto la notizia che questo testo verrà pubblicato dalla Johannesverlag, quindi dono la ventina di pagine tradotte da me in italiano all'editore. Interrompo la traduzione pubblica di queste pagine alla pagina 27 dell'attuale testo tedesco. Continuerò a tradurre in privato. Comunque le pagine tradotte fanno vedere lo spesso spirituale del piccolo fratello pellegrino di Gesù

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