mercoledì 24 luglio 2019

Che cosa è il mio "principio e fondamento"?

Principio e fondamento - in dialogo con Ignazio di Loyola (nella lettura del cardinal Carlo Maria Martini e di suor Cristiana Dobner) e con il  cardinal Nicola di Cusa (nella lettura di Hans Urs von Balthasar). 

La filosofia dell’essere come dono di Ferdinand Ulrich è il mio „Principio e fondamento“. Un principio e fondamento libero, perché Dio è libero di donare l’essere. La formula di Ignazio, che per tanto tempo mi è sembrata non tenere conto delle sfide della odierna secolarizzazione, coglie però nel segno: „L’uomo è creato, per lodare, riverire e servire Dio, nostro Signore“; la dimensione del „lodare“, del „riverire“ e del „servire“ hanno certo un senso orizzintale anche nella nostra civiltà secolarizzata, ma anche in essa non possiamo che essere „confessori“; il cristiano non è mai „fanatico“, ma non può che confessare la propria fede (confessione della fede e proselitismo come ha spiegato più volte Papa Francesco, non sono la stessa cosa); non so cosa abbia spinto il giovane Vito Mancuso a riflettere sul nome di Dio ed a scartare „Deus“, che mi sembra abbia nel suo pensiero la valenza di un „tiranno“, come l’aveva per Bloch il Padre dell’AT. 
Per quanto mi riguarda Dio o Deus come leggo nei salmi in latino che spesso prego, è il „nostro Signore“, anche se la sua „signoria“ è „amore gratis“. Se non fosse così l’uomo sarebbe tutto e solo! Solo la Signoria di Dio è veramente „altro“ al nostro cospetto, anche se si può rivelare come „non altro“ (Cusano): solo per Dio vale che Egli non è altro al cospetto della bellezza, della bontà libera e della verità dell’essere donato, mentre noi lo siamo sempre: anche nei confronti di mia moglie, io sono „altro“, per esempio, nei confronti di un suo mal di testa. Mentre Dio non lo è: è il senso ultimo di quel mal di testa! Io al massimo posso essere il senso „penultimo“, nel senso che le ho rotto talmente le scatole che le è venuto mal di testa. 

Per il cardinal Martini il „principio e fondamento“ è che Dio è amore, come lo è per il Papa: Dio è misericordia. Dire questo o dire che Dio ha donato per amore l’essere come suo dono, significa vivere tutto ciò che ci è donato, anche una malattia, come dono! Se noi a livello di „biografia“ saremo capace di corrispondere o meno, è un altro paio di maniche. In vero non ci è richiesto neppure uno sforzo ascetico eccessivo, ma solo il lasciare la porta dell’ascolto di questo Tu amoroso aperta, fosse anche solo un piccolo spiraglio.  

Il confronto con il Cusano mi fa aggiungere questo: appartiene al „principio e fondamento“ una prospettiva di pensiero e di azione realmente universale, quella che ha portato il Cusano, ancora prima di Lutero, che invece non ne è stato capace, a dialogare con tutti, anche con gli atei e con tutte le altre religioni. Il motivo è chiaro e Balthasar dice che esso è in comune con il suo: „vedere la gloria di ciò che è specificamente cristiano, senza alcuna sottrazione alla sua pretesa assoluta, nell’ambito della glorificazione universale di Dio nella sua rivelazione al mondo“ (Gloria III,2, 591); lo specifico cristiano non nega il carattere universale e concreto della donazione gratuita dell’essere. Balthasar vede le tentazioni in questo suo confratello del tutto serio e del tutto onesto nel suo desiderio di pace e dialogo con tutti che potrebbero portare la sua posizione a cadere in un liberalismo relativista, ma lo difende come ha sempre difeso i suoi confratelli in difficoltà (Da Origene a de Lubac), nella coscienza ironica, che anche nella sua opera ci sarebbe sufficiente materiale per accendere il suo rogo. Conosce le difficoltà di ridurre lo specifico cristiano della discesa di un amore gratuito fino nella melma dell’inferno per salvare tutti i fratelli, negli schemi, pur importanti, di Platone (l’essere finito come specchio del bene infinito, da desiderare nella modalità dell’eros) e Plotino (l’essere finito come specchio del bene infinito, da desiderare nella modalità della contemplazione del „già posseduto“), e vede anche una pista che porta dal Cusano ad Hegel, il grande maestro dell’universalità che, per strada perde il senso della gratuità di un Dio che non è necessitato dalla storia e dal tempo, pur rivelandosi nella storia e nel tempo. Ma sa anche che il fariseismo con i suo schemi e controlli dottrinali non può mai diventare „principio e fondamento“ per un uomo libero! 


La sfida del Cusano oggi, come ha sottolineato Riccardo Cristiano ultimamente, deve essere ripresa, per esempio anche nel dialogo con l’Islam. I singoli passaggi del Cusano possono anche non piacerci, ma l’impianto generale deve essere chiaro: il dono dell’essere è un radicale dono di chi è il Sì assoluto che non si dona in modo avaro, ma totale e la pluralità di pensieri ed atteggiamenti, come hanno espresso il Papa Francesco e il grande Imam Al- Tayyeb nel documento riguardante la „fratellanza di tutti gli uomini“, fanno parte di questo dono, senza perdere per questo, come voleva il Cusano, la specificità della propria religione. 

PS Nel giorno che avevo scritto questa meditazione un amico tedesco mi ha chiesto il mio parere sull'Instrumentum laboris per l'Amazonia. Come al tempo di Nicola di Cosa non erano in tanti coloro che avevano chiaro in mente l'importanza del dialogo e della pace; il cardinale Cusano prese posizione netta per la pace e per il dialogo, anche se forse alcune cose che ha detto non era proprio accettabili teologicamente; una cosa simile vale anche per questo Instrumentum. Ecco la mia risposta all'amico: 

Caro (...),
L’Instrumentum laboris è per l‘appunto un instrumentum. Contiene tante cose preziose, e non banalità come pensa il cardinal Müller. Aspettiamo cosa dirà il Santo Padre, che credo equilibri anche lo sbilanciamento verso la „sola inculturazione“, come ha fatto anche mutatis mutandis con la Chiesa tedesca.
In questo mio saggio di questa mattina sul Cusano (uomo del dialogo come l’istrumentum), si può vedere come Balthasar si atteggi nei confronti dei rischi della posizione del Cusano. Vi è una distanza abissale tra Balthasar (ma anche tra Giussani) e Müller. 
Dobbiamo seguire il Papa e lasciare che i morti (il tradizionalismo che sta attaccando Pietro dappertutto ) seppelliscano i loro morti. Purtroppo questo tradizionalismo , che è il contrario dell’atteggiamento ecumenico di Giussani si è infiltrato dappertutto, nel Movimento e non solo.
Meno male che c’è don Julián, ma non bisogna lasciarlo solo.
Tutte le iniziative che non si mettono al servizio di Pietro, non sono al servizio della Chiesa. 
Tuo, r 

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(28.7.19) Man darf nicht die Wirklichkeit der Welt überspringen!

Christus ist kein Widerspruch zur Wirklichkeit der Welt, sagt Balthasar in seinem hervorragenden Kapitel über Nikolaus von Kues (Herrlichkeit, III,2 552 fg.). Man kann diese nicht als ein "Trümmerfeld" betrachten, um dann zu Christus zu kommen (etwa im Sinne: da der Homo sapiens nur ein Meister ist im Ausloschen von sich selbst und der Natur braucht er Christus). Die Herrlichkeit Christi ist nicht in einer "unvermittelten Übernatürlichkeit" (Balthasar) zu suchen und zu finden. Weltvernunft zu einer Narretei zu reduzieren, wie etwa Erasmus tut, ist eine voreilige Identifikation von Weltvernunft mit Sünde. Es gibt eine sündig-verfallene Vernunft, die im Widerspruch zur einen göttlich-erlösenden Vernunft steht, aber es gibt auch einen fruchtbaren Gegensatz (nicht Widerspruch), zwischen dieser letzten und der Weltvernunft. Um ein Beispiel zu machen: eine ökologische Vernunft ist noch keine göttlich-erlösende Vernunft, aber sie ist auch nicht eine sündig-verfallene Vernunft, wie vermutlich Kardinal Gerhard Müller in Bezug auf das "Instrumentum laboris" zur Amazonia Synode denkt. Eine ökologische Erlösung ist noch keine göttliche Erlösung, aber sie steht in Analogie dazu, wie Papst Franziskus, mit seiner "Laudato si'" genau verstanden hat.

Schon auf Grund einer "innenphilosophischen Notwendigkeit" (Balthasar), wäre es dem denkenden Menschen nicht möglich den Widerspruch Christus/Wirklichkeit zu folgen, aber im allgemeinen sagt Balthasar mit Recht, dass eine "christliche Kultur" eine "tragende religiöse Einheit" benötigt, einen "religiösen Sinn" (Luigi Giussani), der Christus erweckt, aber der durch und durch ein Ereignis der Weltvernunft ist. So wie das von Papst Franziskus und dem Großimam Al- Tayyeb unterschriebenen Dokument über die Brüderlichkeit aller Menschen ein Ereignis der Weltvernunft ist und so auch der Theologie.


Nach absurden und zerstörerischen konfessionellen Streitigkeit erwachte notwendigerweise während der Aufklärung der Wunsch nach Freiheit; Massimo Borghesi spricht deswegen von "kritischer Legitimität der Moderne". Balthasar weisst, dass eine ökumenischen (oder ökologischen, füge ich hinzu) Entwurf, oft eine Anstrich von unkritischen Liberalismus und Aufklärung mit sich bringt, aber das ist eben eine "unvermeidbaren Konsequenz der Kirchenspaltung" (was die Ökumene anbelangt) oder des Sich-nicht-Kümmern-wollen unseres gemeinsamen Hauses.

Ein Freund von mir hat auf diesen meinen Text per Email reagiert; hier meine Antwort auf seine Reaktion: Lieber Stephan, 
vielen Dank! Was du sagst ist in meinem philosophischen und fragmentarischen Text im Hintergrund geblieben, aber ich bin auch ganz Deiner Meinung. 
Die kleine Theresa nannte das: „der kleine Weg“. Und auf den kleinen Weg, in der Schule und in der Familie für mich, sieht man, wie verwurzelt unsere philosophische Überlegungen  sind oder nicht sind. 
Gruß und Dank, Roberto

Traduzione italiana:

Non bisogna saltare la realtà del mondo!
Cristo non è in contraddizione (Widerspruch) con la realtà del mondo, dice Balthasar nel suo eccezionale capitolo su Nicola di Cusa (Gloria, III, 2 552 sg.). Non si può considerare la realtà del mondo come un "campo di rovine", necessario solo per venire a Cristo (per esempio nel senso che l'Homo sapiens è solo un maestro nell'estinzione di se stesso e della natura e per ciò ha bisogno di Cristo). La gloria di Cristo non è da ricercare e trovare in una "soprannaturalità immediata" (Balthasar). Ridurre la ragione del mondo ad una follia, come fa Erasmus, è un'identificazione prematura e fuorviante della ragione del mondo con il peccato. C'è una ragione peccaminosamente decaduta che è in contraddizione con una ragione divina-redentrice, ma c'è anche una opposizione (non contraddizione) feconda tra quest'ultima e la ragione del mondo. Per fare un esempio: una ragione ecologica non è ancora una ragione divinamente redentrice, ma non è anche una ragione peccaminosamente decaduta, come probabilmente pensa il cardinale Gerhard Müller in relazione all'"Instrumentum laboris" del Sinodo dell'Amazzonia. Una salvezza ecologica non è ancora una salvezza divina, ma si trova in analogia ad essa, come Papa Francesco ha compreso esattamente con il suo "Laudato si'". 


Già a causa di una "necessità filosofica interiore" (Balthasar), non sarebbe possibile per l'uomo pensante seguire la contraddizione Cristo/realtà, ma in generale Balthasar dice giustamente che una "cultura cristiana" ha bisogno di una "unità religiosa fondamentale", un "senso religioso" (Luigi Giussani), che Cristo risveglia, ma che è pienamente un evento della ragione del mondo. Così come il documento firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam Al-Tayyeb sulla fraternità di tutti gli esseri umani è un evento della ragione del mondo e quindi anche della teologia. 
Dopo assurde e distruttive dispute confessionali, il desiderio di libertà nacque necessariamente durante l'Illuminismo; Massimo Borghesi parla per questo motivo di "legittimità critica della modernità". Balthasar sa che una bozza ecumenica (o ecologica, aggiungo io) porta spesso con sé un manto di liberalismo acritico e di illuminismo, ma ciò è proprio una "conseguenza inevitabile della divisione della Chiesa" (per quanto riguarda l'ecumenismo) o della non attenzione alla nostra casa comune (per quanto riguarda l'ecologia).

(5.8.19) Per una filosofia dei popoli e della nostra casa comune

Ameland. Non è necessario che la filosofia crei i temi del suo riflettere, anzi da un certo punto di vista ciò non sarebbe nemmeno segno di un sano realismo. Una filosofia davvero capace di introdurre alla realtà deve esser, però, neppure reattiva a ciò che accade. Facciamo due esempi.

La filosofia dell'essere come dono non nasce dalla lettura dei giornali, ma dall'ascolto attento di un maestro che a sua volta, nel cammino di obbedienza libera, approfondisce il senso ultimo del reale. Una tale filosofia ontologica non è astratta e di fatto ciò lo si vede nella sua capacità di riflettere ciò che accade. Mi sembra che due temi stiano interessando il mondo in modo del tutto urgente. La difesa della nostra casa comune e la coesistenza pacifica tra i popoli - questi temi non rispecchiano lo status quo, ma alcuni uomini si impegnano a realizzare questi temi come ideali.

1. Se l'essere è un dono, allora l'impegno per questo dono, nella difesa creativa della nostra casa comune, non può che essere un tema urgente dell'uomo pensante filosoficamente. Rivelo ora un aspetto. Di questo dono dell'essere Ulrich afferma che esso non è "causato". L'atto di questo dono è un mistero di gratuità sorprendente. Dio non lo causa, ma per l'appunto lo dona! La logica del "causare" corre il rischio di mettere in grave crisi il mistero stesso dell'essere come dono.

Nella sua "estetica teologica" Balthasar intravede qualcosa di simile riflettendo sulla bellezza come trascendentale dell'essere. La bellezza è gratuita oppure non è bellezza, non è causata, ma donata.

La difesa prima della nostra casa comune consiste proprio in questo: nel difendere quel primerear non causato di gratuità.

2. L'essere come dono non è dono per un certo popolo. Un certo popolo può essere eletto per amore gratuito di Dio (ma viene eletto per (propter) tutti gli altri), ma l'essere viene donato a tutti i popoli. E non viene donato in modo uniforme, ma in una molteplicità di "finitizzazioni" dello stesso dono. Anche la fratellanza tra tutti gli uomini non presuppone un dono uniforme dell'essere, ma un dono molteplice. Essendo il dono dell'essere un movimento di finitizzazione dell'essere stesso, non il dono è "sussistente", ma lo sono le molteplici forme in cui questo dono si "finitizza".

Per questo Tommaso dice che "esse est aliquid simplex et completum, sed non subisistens": il dono gratuito dell'essere è alcunché di semplice e completo, ma non sussistente. Sussistenti sono le sostanze donate nel dono dell'essere e questo in una molteplicità fraterna e non omogenea. In modo particolare lo sono gli uomini: fratelli molteplici e non identici.

Teologicamente Balthasar esprime questi temi di filosofia di Ulrich nella formula della "sinfonia della verità". Una molteplicità di strumenti rende viva una sinfonia.

Etc.

(8.8.19)

Caro Massimo, 
insegno filosofia, religione (due ore alla settimana) e latino in un liceo privato tedesco, riconosciuto dallo stato. Vado in pensione, Deo volente, fra cinque anni. // La filosofia dell'essere come dono si basa su due principi (per sintetizzare); in primo luogo su quello che Ulrich chiama "il medesimo uso di essere e nulla", dove per nulla non si intende il nulla nichilista che sta in contraddizione all'essere, come sottolinea Guardini, ma il nulla dell'amore gratuito; quest'ultimo è l'unica risposta davvero consistente al nulla del nichilismo. Il secondo principio è quello della "finitizzazione dell'essere come dono": l'essere non è qualcosa di fissabile, nel momento in cui lo si fissa, diventa qualcosa come una "logicizzazione" dell'amore; invece di essere un movimento, un avvenimento, l'essere diventa una categoria intellettuale. Per questo non è per nulla importante da dove si parte: si può partire anche dalla filosofia dell'infanzia (avevo rivisto parte della traduzione della Casa Balthasar è consigliato il titolo: L'uomo come "inizio" e non come "bambino", come invece poi hanno tradotto). Quello che Ulrich ha da dire, lo dice sempre in qualsiasi dettaglio esso si trovi a riflettere, come nel caso di ciò che sta traducendo io, in cui riflette sul mistero del ritorno del figliol prodigo a casa. Un caro saluto, Roberto


2 commenti:

  1. Un po'arduo, per me, ma lo conservo per riflettere.
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    GRAZIE

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