giovedì 17 ottobre 2019

Miei aforismi su John Henri Newman - un moderno Padre della Chiesa, un uomo sincero

Per leggere in ordine cronologico questo post, bisogna partire dal fondo del post stesso. 

(16.12.19) Criteri per credere nei miracoli 

Vorrei dire immediatamente che io come anche Newman non abbiamo "una tesi da dimostrare", anche perché i miracoli o sono fatti o non sono niente! Nella mia vita, in modo cosciente sono stato confrontato qualche volta con il tema del miracolo, alcune volte ne ho sperato uno, ma non è accaduto. Metto dei foglietti attaccati ad un'immagine di Adrienne con una certa richiesta o li metto sotto la statua della Madonna di Altötting. La prima volta che mi posi seriamente la questione del miracolo è stata durante una malattia, suppongo di cancro (mio padre non è una persona che fa pubblicità con tali argomenti) di mia mamma quando ero ancora nella scuola media; leggendo le cose che Hans Urs von Balthasar ha scritto su Adrienne von Speyr e in occasione di un racconto che mi fece Robert Spaemann, su un fatto accaduto nei giorni in cui è morta sua moglie. 

Durante la recente lettura di Rafik Schami, "La missione segreta del cardinale", mi sono confrontato con la sua tesi che sostiene che quasi tutti i miracoli sono "superstizione"; non ho il problema di sostenere la tesi contraria, come ho già detto, visto che ovviamente in questo tipo di argomenti vi sono esagerazioni ed anche falsi! Rimane il fatto che i miracoli fanno parte davvero della storia della Chiesa e anche di quella secolare. Mi sono sempre orientato di fatto, anche se non le conoscevo, alle argomentazioni di Newman, che non è credulone, ma tipicamente "inglese", cioè ha bisogno di "dimostrazioni" per dire se il racconto di un miracolo sia vero o per l'appunto "superstizione". Il mio atteggiamento generale è quello di Newman: può essere che ci siano miracoli, ma necessito di "prove valide" per credere in essi. 

Il primo criterio è quello della Sacra Scrittura, che come dice Newman,  "non è arbitraria"; capisco che un uomo non di fede non può fare valere questo criterio come provante, ma per me, credente, è necessario. Ovviamente al tempo di Gesù non c'erano macchine, per cui il miracolo di cui parla Balthasar, e cioè che Adrienne fece visita per un mese ai malati con la poca benzina razionata a causa della sua mancanza nel dopo guerra, non può essere riscontrato nella Scrittura, ma in genere è bene vedere se un miracolo raccontato si trova nella Scrittura. Personalmente credo ai miracoli che sono raccontati in essa, in modo particolare a quelli raccontati nel NT. 

Il secondo criterio, per me decisivo, è quello dei "testimoni attendibili", come lo sono nel mio caso sia Balthasar che Spaemann. Persone che non hanno una tendenza a credere a cose "stravaganti" e "impossibili". 

Il terzo criterio è quello della durata. Anche il fatto che un racconto si perpetui nei secoli, come quello dell'olio miracoloso di Santa Walburga - un miracolo questo che Schami riterrebbe certame essere superstizione - è un buon argomento, visto che le bugie hanno le gambe corte. 

Credo sia necessario distinguere anche tra veri miracoli e avvenimenti che sono piuttosto grazie generali (interventi provvidenziali) o accadimenti della natura, anche se speciali. Sul motivo che da Newman dei miracoli degli Apostoli, cioè quello di "dimostrare la loro missione divina" mi sembra plausibile. Newman è molto più sistematico di me nell'elenco dei suoi criteri (cfr. edizione italiana, 316 sg.).  Mi sembra anche opportuno raccontare un argomento di Balthasar: miracoli non succedono mai per fare dello "spettacolo" e noi dobbiamo orientarci in primo luogo al "fiat voluntas tua" del Pater

(14.12.19 - San Giovanni della Croce) Sul liberalismo in Oxford

La questione della differenza della posizione liberale nel 1832, 1836, 1841 nei confronti di quella del 1845 in Oxford è più materia per un dottorato di ricerca che per una meditazione in un "diario", eppure vi sono alcuni elementi che credo che siano utili anche per noi oggi. 

1. In primo luogo che la posizione del torysm, cioè dei conservatori antiliberali, non aveva alcuna simpatia per la religione cattolica e che Newman la ritenga incapace di sviluppo. Questo fa capire molto dell'atteggiamento di Newman che non è liberale, anzi che considera i liberali come suoi nemici in questi anni di Oxford, ma che non  è neppure tory

2. Per quanto riguarda il liberalismo teologico in genere (in Oxford), direi che Newman ci aiuta a prendere una posizione teologica cattolica, (a) in primo luogo nella valutazione positiva dell'autorità. (b) Dal liberalismo si può anche ereditare una certa sensibilità per la questione della ragione e del rapporto con essa con la dottrina religiosa. (c) La confessione della fede e il riconoscimento del mistero non dipendono, però, dai criteri liberali: ciò che ritengono ragionevole loro in una certa epoca. (d) La fede non deve aver alcun senso di inferiorità nei confronti della scienza, che è un sistema di sapere in movimento. (e) La dottrina cattolica non è un'opinione tra le altre, dal punto di vista teologico, anche se lo è dal punto di vista sociologico. (f) La ragione non si esaurisce nella "dimostrazione". (g) Ciò che dice il Signore sulla povertà e sulla ricchezza, sulla perfezione religiosa è più importante di ogni considerazione politica ed economica. (h) Il sacerdozio, per tutto il tempo che dura la vita sulla terra, è una realtà necessaria, anche se per alcuni secoli, come nel caso del Giappone, se ne può (deve?) fare a meno in una certa parte del mondo. (i) Anche se in caso di dubbio non posso far altro cha agire secondo la mia coscienza, non questa, ma la Parola di Dio, nell'ambito della tradizione viva della Catholica, interpretata dalla Chiesa gerarchica, è il criterio ultimo di azione del cristiano. (l) Fornicazione (sebbene questa parola deve essere precisata: nel senso letterale del termine: "avere rapporti sessuali peccaminosi; frequentare prostitute", ma anche nel senso di "aver rapporti equivoci, di carattere politico o affaristico" (De Voto- Oli) è una questione che deve essere confessata, non legittimata) , porneia o la poligamia non possono essere mai giustificate (devono essere confessate), piuttosto si può tenere conto dell'esperienza e del sapere psicologico (struttura del desiderio sessuale maschile e femminile) per superare alcune fissazioni anti sessuali. Questo punto è più una mia interpretazione che il pensiero di Newman, ma come in tutti questi punti cerco di formulare cosa posso imparare da lui e non sto facendo un riassunto filologico della sua posizione. Per questa cfr. le "posizioni dettagliate" di Newman nell'edizione italiana, p. 311-315). (m) La libertà della chiesa e le sue proprietà devono essere difese nell'ambito della legge del paese in cui ci si trova, se in questo paese vige lo "stato di diritto"; la mia posizione, quasi duecento anni dopo Newman, sui i temi di legalità democratica, sono differenti da quelle dell'inglese Newman, anche se lui dice sempre cose che fanno riflettere; per esempio io sono d'accordo che "il popolo è la fonte legittima del potere" (posizione liberale che Newman mette in discussione), ma ritengo sia necessario distinguere tra "popolo" e "massa".  (n) Per quanto riguarda la questione del "castigo eterno" non ho una posizione "spontanea" e "sentimentale", ma mi muovo nel terreno della "teologia del sabato santo" di von Balthasar e von Speyr: cioè della speranza per tutti. (o) Le religioni del mondo non possono essere ridotti a schemi psicologici o sociologi: per esempio l'Islam ad una religione di maschi, mentre il cristianesimo sarebbe una religione per femmine. (p) Credo che ci sia una coscienza della nazione o di uno stato, addirittura credo che vi sia una coscienza di una città e forse anche di un paese; non credo che vi siano coscienze solo individuali, ma il tema deve essere bilanciato in modo equilibrato. Etc. 

(13.12.19; santa Lucia) - Sulla semplicità del cristiano

Nell'edizione italiana vi sono ancora alcuni saggi di Newman (che voglio anche meditare), ma con l'odierna meditazione sono giunto alla fine dell'Apologia, fine che porta la data del 26 . 5.1864, festa di san Filippo Neri, l'unico santo che è giunto fino al cuore "protestante" di Goethe. Ho terminato la lettura con le lacrime agli occhi, per questo santo fratello dell'Oratorio che mi ha fatto tanta compagnia a partire dal 17.10, quando ho cominciato a scrivere questo post. In questa sua compagnia oratoriana Newman ha vissuto e ha desiderio morire, con una grande stima per i suoi amici, che hanno sofferto con lui e a cui non importava "compiere tante buone opere lasciando che io ne avessi il merito"(Newman). "Filippo evitava inoltre il più possibile di avere a che fare con persone con due facce, che non agivano con semplicità e rettitudine in ogni circostanza: I bugiardi, poi, non li poteva sopportare ed esortava sempre i suoi figli spirituali  ad evitarli come la peste" (Bacci citato da Newman).

Forse dovrei prendere anch'io decisioni forti su questo punto: non è possibile fare patti con chi direttamente o indirettamente serve il signore della menzogna. Per quanto poi riguarda il mio cuore cattolico, anche dopo quasi venti anni nella diaspora, vale ciò che Newman ha scritto alla fine della sua apologia: spero di potere essere condotto con i miei amici e la mia famiglia "alla fine, dalla potenza del divino volere, nell'unico ovile, sotto l'unico Pastore", Gesù Cristo! "Noctem quietam et finem perféctum concédat nobis Dóminus omnípotens". Amen! 

(12.12.19 Theotokos aus Guadalupe) 

Catechismo e l'Ottavo comandamento

Stiamo facendo gli ultimi passi di questo lungo cammino in compagnia di Newman; essendo un'apologia della sua vita, in cui è stato accusato di ipocrisia e menzogna, quando è diventato cattolico, insiste molto sul tema della menzogna, riferendosi al catechismo del tempo del Concilio di Trento. "Il catechismo è imperativo per tutti; un particolare autore in fatto di morale non è vincolante per nessuno" (Newman, ibidem 297).  Questa affermazione è certamente vera, ma vi è anche uno sviluppo dei catechismi, per cui è probabile che su alcuni temi il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC, Vaticano 1992) si esprima in modo diverso, anche se non contraddittorio, nei confronti di altri catechismi del passato, che a loro volta si basano sulla "Parola di Dio" e sulla "Tradizione". Ciò che il CCC, 1992 afferma sull'onanismo (per riprendere un esempio che ho fatto ieri), che tiene conto anche di un sapere psicologico, sarà forse diverso di ciò che direbbe sul tema il Catechismo del tempo del Concilio di Trento, usato da Newman per preparare le sue prediche. 

Sul tema della menzogna le citazioni che fa Newman dal Catechismo di Trento sono molto simili a quelle fatte dal CCC del 1992. Quello che è in gioco con la menzogna è la perdita di verità e fiducia nella comunicazione. "Il peggior guaio della menzogna è che tra le malattie dell'anima , essa è generalmente incurabile", afferma Newman. Oggi nella vita personale e comunitaria (anche professionale) e in modo particolare nei social media, vediamo quale catastrofe questo atteggiamento di menzogna (il diavolo è il padre della menzogna", secondo Giovanni) provoca nella nostra vita. La posizione di Newman si può riassumete così: "La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nelle proprie azioni e nell'esprimere il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall'ipocrisia" (Numero 2505 del CCC, 1992). 

Il CCC del 1992 esprime forse meglio che il "diritto della comunicazione della verità non è incondizionato" (CCC, 2488; per esempio non dirò ad un omicida, ad un nazista che cerca un ebreo che ho nascosto che si trova nel mio fienile), anche se entrambi, quello di Trento e quello del Vaticano 1992, dicono che non si deve mentire in tribunale. Mi sembra che nel nuovo catechismo vi sia un equilibrio più grande tra "ciò che deve essere manifestato e il segreto che deve essere conservato" (CCC, 2469). Ovviamente per fare un esempio molto attuale, nessuno vescovo può oggi riferirsi al mantenimento del segreto da conservare quando invia un sacerdote pedofilo in un'altra parrocchia o in un'altra istituzione; deve esserci del tutto chiarezza in tema di pedofilia e tutto quello che ha a che fare con questo tema deve essere affidato anche a tribunali civili. Nel dire questo non ritengo di essere meglio dei fratelli pedofili (non lo ritengo perché ogni peccato ha una dimensione collettiva in cui non si può separare teologicamente (non giuridicamente) tra le mie e le colpe degli altri), ma ritengo che debbano essere giudicati con leggi di un paese in cui vige la stato di diritto.

Sono grato a Newman di avermi richiamato con forza l'importanza dell'ottavo comandamento; pur credendo che sia importante distinguere tra peccati veniali e peccati mortali anche a riguardo di questo tema, voglio nei prossimi tempi essere più attento su questo tema. Dobbiamo tutti imparare a "parlare sì, sì; no, no" (Mt 5,37) ed ad usare della "regola d'oro" "nelle situazioni concrete, se sia o non sia opportuno palesare la verità a chi la domanda" (CCC, 2510). Richiamo anche qui alla necessità del discernimento: quando dico cosa a chi! Infine alla necessità del principio che ci ha insegnato Papa Francesco: l'esperienza e la realtà hanno sempre una priorità sulla teoria. Un catechismo non è una "teoria", ma può essere usato come tale! A questo riguardo mi sembra importante anche l'indicazione di Don Luigi Giussani sull'importanza dell'esperienza, come "intelligenza del senso delle cose" e non come "provare", recepito anche dal magistero della Chiesa, nell'enciclica "Ecclesiam suam" di Paolo VI, che dapprima era scettico su questo concetto: "Il mistero della Chiesa non è semplice oggetto di conoscenza teologica, deve essere un fatto vissuto, in cui ancora prima di una sua chiara nozione l'anima fedele può avere quasi connaturata esperienza" (n. 39). 

(11.12.19; 52. Geburtstag meiner Frau)

Epidemia, disciplina e franchezza del  clero cattolico, la bugia come problema della teologia morale

Sembrerebbe quasi che Newman abbia vissuto solo nel mondo accademico di Oxford senza prendere sul serio la storia (ovviamente ha preso sul serio la storia degli ariani nel IV secolo), ma ciò non è vero; l'Apologia è stata scritta per testimoniare la sua personale sincerità, ma qua e la si fa accenno anche ad eventi storici, come la fondazione di un vescovado anglicano a Gerusalemme, e come per esempio l'epidemia che "inferì in Irlanda tra il 1845 e il 1848, portata in Inghilterra da emigrati irlandesi"(nota 40, pagina 288 dell'edizione italiana). Newman è in questa occasione "fra i soccorritori più generosi" (ibidem, nota 41). Sono anche gli anni  di carestia, in cui anche il clero anglicano, compie atti di eroismo ed ecumenismo (ne avevamo fatto un esempio tempo fa). Questo evento storico nell'Apologia vuole testimoniare il coraggio e la disciplina del clero cattolico, che non può basarsi sull'ipocrisia (accusa che era stata fatta a Newman), ma solo su una vera fede! "La febbre irlandese ha mietuto fra Liverpool e Leeds, una trentina di sacerdoti, e anche più: giovani nel fiore dell'età e vecchi che sembrava dovessero essersi guadagnati un po' di riposo dopo la lunga fatica. Anche un vescovo fu falciato nel nord" (Newman) - una tale sistematica testimonianza di coraggio è possibile solamente se si crede davvero. 

Purtroppo oggi non abbiamo a che fare con "vaghi sospetti" riguardanti il clero cattolico; negli anni 70 nella diocesi di Boston 6 % dei sacerdoti era coinvolta in scandali sessuali, il cardinale impedì il percorso della giustizia; certo rimane anche vero che che il 94 % dei sacerdoti di questa diocesi era innocente e forse anche santa ed è vero - è una notizia di queste ore - che per esempio il cardinal Pell in Australia sembra sedere in prigione innocente e che si devono evitare "giustizialismi", ma certo è che la crisi in cui è coinvolto il clero cattolico (e che ha fatto piacere un uomo come Benedetto XVI) anche qui in Germania non è stata ancora superata e che solo una grande franchezza e atteggiamento di confessione potranno essere davvero di aiuto. 

Per quanto riguarda la teologia morale e l'esempio della bugia che porta Newman: San Alfonso de Liquori afferma e ciò è "innegabile" (Newman) che "un gioco di parole per cui uno è il senso di chi parla e un altro il senso in cui vuole essere capito da chi lo ascolta" sarebbe atteggiamento moralmente lecito. In genere Newman discute anche un atteggiamento di "comunicazione economica", cioè di non esprimere sempre tutto quello che si pensa. Di sé dice di essere molto "inglese" e che questa variante più "italiana" di atteggiarsi alla verità, non lo convince sebbene Alfonso non parla per giustificare sé, ma per salvare delle anime; nei propri confronti era un rigorista. Newman vuole la franchezza, anche se ovviamente ci sono certo occasioni in cui è necessaria la prudenza ed aggiungerei io: non vi è nessun comandamento che obblighi a dire sempre la verità, ma ve ne è uno che ci chiede di non dire bugie. Personalmente penso con Newman e Robert Spaemann: "Indubbiamente mentisce ... chi, mentre giura, ricorre a riserve mentali e doppi sensi perché con le parole indica ciò che non ha in animo, tradendo lo scopo per cui il linguaggio fu istituito, che è di fornire simboli all'idee" (Newman). Il linguaggio è stato istituito per dire la verità. Ciò non toglie che si debba discernere a chi quando dire cosa! 

Per quanto riguarda la teologia morale direi con Robert Spaemann che non ho il problema, che hanno spesso i teologi morali del XX secolo, di adeguarmi a questo mondo; per questo non vi è bisogno di alcuno sforzo: sono adeguato a questo mondo, per il fatto che ci vivo. Il mio unico problema morale è come diventare santo, come chiedere davvero perdono e come discernere cosa sia il peccato da cosa non lo sia. Aver rapporti sessuali prima del matrimonio non è, secondo me, peccato o comunque non lo è sempre, anche se vi sono argomenti per cui sarebbe più opportuno aspettare ad averli dopo il matrimonio. Tenendo conto di quanto so del nostro tempo direi comunque, piuttosto, che sarebbe opportuno lasciare i giovani maturi fare le loro scelte, senza comunicare rigidissimi e sensi di colpa, che rivelano spesso solamente che stiamo compensando in altri ambiti le nostre frustrazioni sessuali. Per quanto riguarda la masturbazione, penso che essa non corrisponda alla struttura dell'essere come dono, sebbene sia lecito pensare che si possa fare anche un dono a se stesso, ma credo che non si possa non prendere sul serio che la natura, data l'esistenza di single e la non necessaria simmetria tra i bisogni sessuali dei partner e degli sposi, e che quindi sia permesso pensare che essa possa rappresentare una via d'uscita lecita moralmente. Credo che si debba sempre ritornare alla radicalità del comandamento di Gesù: amare il prossimo come se stessi ed amare Dio e cercare di fare passi seri nella via dell'amore gratuito, anche con sacrifici reali (mai fantastici) e questo deve essere il nostro criterio per il nostro esame di coscienza. Se  le donne della pulizia aspettano con gioia il dono natalizio di mia moglie ciò significa che lei in questo cammino dell'amore gratuito è più avanti di me; io faccio fatica: per esempio ieri quando un  bambino voleva raccontarmi il suo problema di "giustizia", nel modo con cui altri ragazzi avevano trattato la sua bottiglia, sono stato troppo impaziente. Etc. È possibile che Newman fosse stato di un'altra idea, ma vedo che lui non cerca mai polarizzazioni. 

Per quanto riguarda i teologi della morale che cita Newman, non sono, come quelli di Spaemann, attenti ad adeguarsi al mondo, piuttosto a scrivere così che parroci e confessori possano aiutare il popolo di Dio a non perdere la propria anima ed essere salvato. Io credo che dobbiamo ereditare la categoria di Cristo non solo come sacerdote, ma come "medico celeste" - di un medico abbiamo bisogno tutti, perché tutti siamo nella "disobbedienza" (San Paolo) e perché anche se non sempre pecchiamo, certo non sempre agiamo in modo adeguato o ordinato. Prendiamo i due esempi che ho fatto sopra. I rapporti prematrimoniali potrebbero essere criticati nel senso che si anticipa prima del sacramento ciò che è possibile solo dopo. A questa idea corrisponde l'idea, credo abbastanza maschile, che il sesso sia il punto vertice del rapporto, ma esso spesso è solo una dimensione tra le altre; noi cattolici abbiamo caricato il linguaggio del corpo in modo talmente simbolico che ne abbiamo pre programmato il fallimento. Spesso il sesso è solo un modo di accertarsi che io sono una persona amabile e questo è certamente un bisogno che accade anche prima del matrimonio. Il valore del matrimonio come "sacramento", va annunciato: esso non è solo una "cosa del mondo" (Lutero), ma alcuni teologici vivono delle loro astrazioni, che loro stessi, in altri ambiti, non sono capaci di rendere concrete e pretendono atteggiamenti che non sono possibili, forse non lo sono mai stati, ma certo non lo sono nella nostra società trasparente, senza altre forme di compensazione dei bisogni della carne. Forse nella nostra società è necessario fare un certo cammino prima di gettarsi in questa avventura della sacramentalità del matrimonio, ma gli uomini non sono solo spirito e anima, sono anche carne con le sue esigenze. Cosa significa poi che il matrimonio è un sacramento? Che esso è un segno vitale che i due sposi si accompagnano fino a che morte li divide nel loro cammino al destino, nel loro cammino in cui vedranno Dio faccia a faccia. L'atto sessuale simboleggia questa unione, ma è per l'appunto "solo" un simbolo. L'atto sessuale è anche un desiderio naturale  di avere figli e di vivere il piacere come intimità con l'altro. Quando esso diventa oggetto della riflessione teologica, da parte di persone che tra l'altro sono vergini maschi, viene caricato di un peso che non è sopportabile, sebbene la natura umana non sia totalmente corrotta e così davvero con il corpo si possa almeno un po' simboleggiare, per esempio, l'unione divina tra Dio e il suo popolo. Il sacramento è quella medicina che il medico celeste ci offre per far si che tutte le nostre azioni siano ordinarie alla sua, non alla nostra, volontà santificante. Ne hanno bisogno i peccatori, non i perfetti. Il matrimonio come sacramento non è una performance per perfetti e il suo dono accade quando Dio lo crede opportuno e il nostro assenso accade quando la nostra libertà, con la sua storia, lo rende possibile, per grazia. 

Per quanto riguarda l'onanismo. Io godo dei tempi come l'Avvento in cui cerco di vivere in modo vergine, non credo per nulla che il godimento sessuale sia l'unica forma di godimento, allo stesso tempo, però, per esperienza - volendo essere non ipocrita e sincero - so che il desiderio sessuale vive in modo parallelo ad altri desideri dell'anima e dello spirito e che non essendovi una simmetria dei bisogni sessuali, neppure nel matrimonio come sacramento (che non ha come scopo una performance sessuale degli sposi, ma il loro cammino verso Dio), bisogna trovare un modo per poter dare espressione a questo desiderio sessuale, in primo luogo come desiderio di un orgasmo (figli da soli non si fanno). Le persone sono differenti e non si deve proiettare le proprie modalità di soddisfazione sugli altri, ma l'onanismo è un modo in cui si può esprimere questo desiderio naturale dell'orgasmo. Se un anima semplice, con desideri più puri, è capace di vivere senza onanismo, non deve sentirsi in colpa, ma secondo me non lo deve neppure colui che proprio per ristabilire una certa semplicità e superare la fissazione della carne nel desiderio dell'orgasmo  da sfogo, con la masturbazione, a questo desiderio. Per quanto riguarda i sacerdoti non so dire, ma certo è che anche l'ordinazione, perficit naturam, non tollit

Il caso che esprime spesso Papa Francesco e cioè di una persona che pensa di aver cosi tanti peccati di non aver il coraggio di chiedere perdono mi è estranea, anche se mi posso immaginare che ci siano davvero tali persone: mafiosi, etc. Per questo mi è anche estraneo l'abbraccio tra l'innominato e il cardinale di Alessandro Manzoni. O diciamo meglio, ci sono casi nella mia vita in cui sono stato grato che il Signore abbia perdonato il mio egoismo e non abbia fatto accadere tutto ciò che sarebbe potuto accadere in forza di una mia azione. Allo stesso tempo mi chiedo se non ho dato troppo spazio all'idea psicologica (che spiega e non confessa il peccato), per prendere sul serio il messaggio evangelico. Chiedo aiuto a Dio su questo punto, perché non voglio ovviamente perdere la mia anima. Allo stesso tempo non voglio confessare colpe che non ritengo tali, perché questo sarebbe davvero ipocrisia. 


(7.12.19; Sant'Ambrogio) - Autorità ecclesiale ed intelligenza cattolica

"Si può ragionevolmente sostenere che l'autorità infallibile abbia davvero distrutto la forza dell'intelligenza cattolica?" (Newman). Per rispondere a questa domanda Newman consiglia una "prospettiva storica". 1. Non vi è un conflitto sostanziale tra scienza e teologia: "le scienze laiche sono una novità nel mondo e non c'è ancora stato tempo per una storia dei rapporti fra la teologia e i nuovi metodi scientifici" (Newman). Bisogna anche tenere conto che le scienze laiche stesse, sociali e naturali, sono in continuo movimento (cosa del tutto ovvia visto che si tratta di processi di verificazione e falsificazione, che verificano e falsificano anche questi due concetti stessi). 2. Il "caso Galileo" è un'eccezione che conferma la regola e da quanto ne so io ci si è scontrati sulle idee religiose di Galileo, non su quelle scientifiche. La Chiesa non ha mai scritto una trattato di fisica o di astronomia e mai lo scriverà. 3. I Papi non hanno una teologia dogmatica da contrapporsi ad altri. San Leone Magno è l'unico che su un punto (le due nature, divina ed umana, nell'unica persona di Cristo), ha una rilevanza dogmatica; san Gregorio Magno non ha mai usato la sua infallibilità per questioni dogmatiche; il grande maestro dell'antichità latina è sant'Agostino, un africano, e non è infallibile. 4. L'autorità infallibile della Chiesa non è un censore che impedisce di pensare; agisce sempre molto lentamente e non saltando le istanze legittime (Concili, università cattoliche...); anche sacerdoti sconosciuti o poco conosciuti possono avere un ruolo nella formulazione di un dogma. 5. Pensatori eterodossi come Tertulliano o di stampo greco come Origine hanno influito nella teologia latina e sono stati integrati in essa ed anche teologici che si trovano in stato di scisma come quelli delle Chiese ortodosse vengono ascoltati a Roma con simpatia e con atteggiamento di simpatia. 6. Le nazioni contribuiscono a che la Santa Sede non diventi troppo "italiana" e che la mentalità italiana venga scambiata per quella infallibile. Insomma per finire: accettare l'infallibilità della Chiesa non significa né essere ipocriti né superstiziosi né schiavi che coltivano una ribellione segreta nel cuore. L'infallibilità della Chiesa viene esercitata solamente e lentamente come "freno" e per evitare sbandamenti pericolosi. 

Per quanto riguarda Papa Francesco, che con i suoi viaggi e con la sua presenza sul palcoscenico del mondo, sta diventando un "Magnus", come lo è stato san Giovanni Paolo II o nell'antichità lo sono stati Leone e Gregorio, vale ciò che vale di quasi tutti i Papi: essi non hanno contribuito alla storia del dogma. Papa Francesco non ha fatto alcun cambiamento del dogma; con il suo stile evangelico di attenzione ai poveri ha posto alcuni accenti: la necessità del discernimento (attenzione non solo a cosa si dice, ma a chi lo si dice e come lo si dice); attenzione al dialogo con l'Islam e alla idea della fratellanza tra tutti gli uomini. Attenzione ad una teologia ecologica; in questo è un pontificato complementare a quello di Benedetto XVI, che è stato un pontificato con grandi encicliche teologiche (Deus caritas est...), che come papa tedesco ha curato il rapporto con l'Ebraismo in modo particolare (come ci ha ricordato Angela Merkel ieri a Auschwitz, la memoria di questo campo di sterminio appartiene all'identità tedesca) ed ha posto nel suo famoso discorso nel parlamento tedesco un accento sull'ecologia dell'uomo.

Con i viaggi, a partire da Paolo VI,  i Papi Giovanni Paolo II (penso anche all'incontro di preghiera ad Assisi e non solo ai suoi numerosissimi viaggi), Benedetto XVI e Francesco  hanno contribuito a comprendere sempre meglio cosa sia la "cattolicità" della chiesa, una cattolicità che si fonda sul Logos universale e concreto di Cristo. In Francesco si vede una traccia ignaziana, come per esempio nell'ultimo viaggio in Giappone. Detto questo, però, si può comprendere la "cattolicità della Chiesa" anche stando per tutta la vita nel convento di Lisieux, come ha fatto la protettrice delle missioni, Teresa del bambino Gesù e del Volto Santo. 

(6.12.19. San Nicola) - Liberalismo e autorità ecclesiale 

La posizione di Newman corrisponde al concetto di Massimo Borghesi della "legittimità critica del moderno"; Newman afferma: "non voglio qui criticare in massa quel vasto gruppo di uomini che oggi professano idee liberali in fatto di religione; e che nelle scoperte del secolo, già compiute o ancora in corso , cercano un criterio diretto o indiretto per valutare l'invisibile e il futuro (...) il liberalismo si identifica ormai con tutto il mondo della cultura laica" (edizione citata, 277). Newman ricorda che questo concetto di liberalismo è un concetto in movimento; bastano già trent'anni per averne un'altra definizione. Poi aggiungerei che dipende anche dai luoghi e dagli ambiti del sapere. In generale si potrebbe, forse ancora oggi, riassumere così la posizione liberale: "un profondo e plausibile scetticismo, (...) una manifestazione della ragione umana come viene esercitata dall'uomo naturale". Certo se si considera tutto il mondo si dovranno fare molte variazioni e vi sono paesi come la Cina che usano la "ragione umana come viene esercitata dall'uomo naturale"e  che non sono liberali (né lo vogliono essere) e per quanto riguarda il mondo occidentale vi è stata ed è in atto una riscossa del pensiero reazionario e tradizionalista che ha come nemico proprio questo scetticismo di cui parla Newman, ma anche in questa rivolta tradizionalista è ricolma di elementi liberali, che mettono per esempio in dubbio l'autorità della Chiesa come oggi è e non quella che hanno in testa in forza di determinati principi. 

Per quanto riguarda noi cattolici, si potrebbe riassumere così la critica a Papa Francesco: il papa argentino avrebbe sminuito il valore del papa come "vicario di Cristo" (perché dapprima ha definito sé come "vescovo di Roma"?) ed avrebbe innacquato la responsabilità del Papa nei confronti di Dio, dell'uomo e dei cristiani. Un giudizio del genere nasce solamente da una forma di scetticismo liberale che è il cuore ultimo della rivolta tradizionalista. Detto ciò è importante integrare il papato nel seno della Chiesa Cattolica e non farne oggetto di una lotta, tanto più che Francesco si identifica piuttosto con l'asinello che porta Cristo ed è del tutto d'accordo con la frase di Paolo VI: "più Cristo, meno Papa", senza per questo togliere neppure uno iota al titolo pesantissimo dI Vicario di Cristo: per questo tra l'atro chiede sempre di pregare per lui. E proprio come "vicario di Cristo" che ci richiama il valore della fratellanza di tutti gli uomini e della difesa della nostra casa comune, che non ha nulla a che fare con un annacquamento di responsabilità. 

Per quanto riguarda la scienza, le nuove scoperte e i fatti che essa presenta bisogna tenere conto ovviamente che alcune cose che erano considerati fatti scientifici nel frattempo non lo sono più e che bisogna sempre distinguere tra fatti ed interpretazioni. La scienza è un grande lavoro di verificazione e falsificazioni delle proprie ipotesi e noi cristiani, qualora non siamo noi stesi scienziati, possiamo con pazienza vivere nell'atteggiamento di coloro che sanno che Cristo ci indicherà le vie che dobbiamo percorre e quelle che per ora non sono opportune; come nel caso della logistica di guerra (lo dico solo perché sto leggendo un libro sulla prima guerra mondiale di Herfried Münkler) non si tratta di essere geniali strateghi, ma di evitare errori madornali; l'autorità della Chiesa ci aiuta in questo percorso, senza per questo togliere alla "profezia" il suo compito, anche come invito alla Chiesa a fare un nuovo passo nella riscoperta della verità definitiva del Logos universale e concreto. 

(5.12.19) - "Più Cristo, meno papa", Paolo VI

Per comprendere cosa sia in giuoco nella questione dell'infallibilità della Chiesa dobbiamo metterci al servizio di Cristo e non di noi stessi; così riassumerei la posizione di Newman, a cui non piace parlare di teologia in modo "divulgativo" - questa è la vera catastrofe, pur nella positività del fenomeno, dei "social media": tutti parlano in modo divulgativo di tutto, anche di teologia. Questo mio "diario" non ha alcuna intenzione "divulgativa", ma è la resa pubblica delle mie meditazioni quotidiane. 

Negli scontri teologici è necessaria "prudenza" e "considerazione", secondo Newman; da evitare sono "opportunismo" ed "estremismo", cioè violente difese del giusto, fosse questo giusto anche il Papa, per questo ricordavo la frase di Paolo VI che ho incontrato ieri nella bacheca Instagram di Lucio Brunelli. Nelle mie meditazioni su Newman mi sono accorto pian piano come anche i "bergogliani opportunisti" fanno del male alla missione del Papa: "annunciare Gesù", quasi quanto lo faccia il partito che a livello mondiale è contro Papa Francesco. 

Al tempo di Newman il grande problema era quello dell'autorità della Chiesa in ambiti non direttamente teologici, insomma la sua "giurisdizione indiretta" su argomenti non teologici, per esempio nei confronti delle nuove informazioni, spesso basate sui fatti, delle "scienze naturali". Newman invita tutti alla prudenza: sia quelli aperti a queste innovazioni, sia la Chiesa stessa. 

Per quanto riguarda l'antichità presenta il caso di Origene e afferma che lui non crede che questa grande anima sia andata persa, anche se forse nella diatriba di allora avevano ragione i suoi avversari, che tra l'altro, però, erano anche contro san Giovanni Crisostomo. Newman si chiede: chi si ricorda di quei vescovi e di quei papi che erano contro questi grandi uomini della Chiesa? Nessuno! Ritiene che bisogna avere pazienza, come di fatto Balthasar, per fare l'esempio di un'antica tragedia, riteneva che Antigone avesse esasperato la situazione, senza per questo avere simpatia per Creonte. 

Forse ha ragione Newman ad affermare che gli scontri siano stati nella storia della Chiesa piuttosto a livello di "disciplina" che di "teologia", ma quando nel 1950 Henri de Lubac è stato attaccato era in gioco la "teologia" e cioè se il cuore dell'uomo sia aperto o meno alla grazia gratuita, senza per questo forzarne l'azione: la corrispondenza all'amore gratuito di Dio non obbliga Dio a nulla. De Lubac tacque come consiglia Newman, ma non smise di pensare ciò che pensava, anzi lo perfezionò, come ha affermato Balthasar, e alla fine, quaranta anni dopo, San Giovanni Paolo II lo abbraccia a Parigi, davanti a tutto il mondo. 

Sono d'accordo con Newman che bisogna a volte aspettare; altri potranno nel prossimo secolo fare meglio di noi, ciò che noi intravediamo, eppure non bisogna dimenticare che la Chiesa ha una responsabilità ultima anche per i "profeti" che dicono, forse in modo non  opportuno, ma non per questo non vero, ciò di cui milioni di persone hanno bisogno. 

Infine direi che non tutto ciò che fa la Chiesa è "infallibile", forse per esempio non lo è neppure la canonizzazione di santi, ma su questo tipo di temi bisogna saper prendere sul serio la pietà per chi invece crede che una certa persona sia davvero santa e che forse non lo è, sia l'obbedienza, che noi dobbiamo sempre alla Chiesa. 

(4.12.19; Geburtstag von Rosmarie Szelényi, 1934-1999) L'Apologia pro vita sua è scritta in dialogo con il mondo protestante inglese; questo è un buon esercizio per tutti, per non cadere nell'autoreferenzialità: essere in dialogo con gli altri. Per quanto riguarda l'infallibilità della Chiesa, Newman spiega molto bene di cosa si tratti e di cosa non si tratti: "Le grandi verità della legge morale e della fede apostolica, costituiscono insieme il suo fondamento e il suo confine. Non deve oltrepassarle, deve sempre richiamarsi ad esse (...). E deve sempre professarsi guidata dalla Scrittura e dalla Tradizione" (ibidem, 270). Le novità che vengon promulgate non sono nuove cronologicamente, ma riscoperte di cose che si erano insabbiate. "Non mi può essere imposta nessuna credenza di quella che ho; tanto meno contraria. La nuova verità che viene promulgata, se pur si deve chiamarla nuova, dev'essere almeno omogenea, imparentata, implicita nella vecchia verità, e vista in relazione a quella (...), in tutto questo tempo non ho fatto altro che credere quello che già gli apostoli credevano prima di me". 

Poi con ironia inglese aggiunge: "il numero delle cosiddette "dottrine nuove" non ci schiaccerà certamente, se ci vogliono otto secoli per promulgare una"(Newman). L'esempio che fa è quello dell'Immacolata concezione, su cui anche Padri della Chiesa avevano dubbi (questo ci fa anche capire la reazione del parroco di Lourdes); per esempio San Bernardo (XI secolo; non vi può essere un concepimento umano, senza concupiscenza e peccato) e San Tommaso (XII secolo; non vi è santificazione prima dell'animazione); probabilmente anche Sant'Agostino avrebbe avuto dei dubbi, ma non sulla sostanza, piuttosto "su parole, idee ed argomenti usati". Comunque una volta accertato che Maria stessa ha usato per se stesso questo termine  si sarebbero arresi. Credo che Papa Francesco ci dia la chiave giusta come giudizio: quella del "popolo fedele": "la definizione del 1854 lungi dall'essere un'imposizione tirannica per il mondo cattolico, non appena fu promulgata fu ricevuta col massimo entusiasmo" (Newman). Comunque visto che questa dottrina "non è un peso", Newman, anche in modo molto inglese, ci da il consiglio che il professore di Narnia da ai fratelli che non credono a Lucy, che attraverso l'armadio era giunga a Narnia, e cioè di accettare l'opinione degli altri e non essere sempre così dominanti di pensare che la propria sia quella giusta. 

Il criterio che offre Newman e cioè il giudizio su grandi tendenze giuste ed errate e non su microscopiche osservazioni per esperti teologici mi permette di dire che il "luteranesimo" a differenza di quanto pensi Newman non sia un'eresia; lo è una certa forma di "protestantesimo liberale", ma non è la stessa cosa. Quest'ultimo di fatto è solo l'anticamera dell'ateismo.    

(3.12.19, san Francesco Saverio) Giudizio personale e autorità ecclesiale 

L'autorità ecclesiale ci è stata donata, perché siamo in un mondo in cui vi è un continuo pericolo di non agire secondo la modalità della gratuità dell'essere donato, ma secondo i propri egoismi, personali e collettivi. Ma essa è stata data alla Chiesa "per edificare e non per distruggere" (2 Con 13,10). "Il suo scopo, ed anche il suo effetto, non è di indebolire la libertà o il vigore del pensiero umano nella ricerca religiosa, ma di frenare e controllare i suoi eccessi" (Newman, 269). Il "contrasto" o l' "opposizione polare" dell'autorità permette al giudizio personale di crescere; cosa si deve evitare è solo la "contraddizione". I miei dubbi riguardanti alla via sinodale tedesca non hanno nulla a che fare con una paura di giudizio personale; io credo anche che sia sul tema della sessualità che sul tema della comprensione dell'autorità sacerdotale ci sia un lavoro da fare; piuttosto con Mons. Stefan Oster, temo che in questo percorso sinodale, però, non vi sia un reale approfondimento dei problemi, ma un cedimento su idee "liberali" che non tengono conto della realtà in tutti i suoi fattori, per esempio della "complementarietà dei sessi" che forse è uno degli argomenti più forti per cui non è possibile nella Chiesa Cattolica il "sacerdozio femminile" e che infine temo che passino tra le riforme idee che distruggono la teologia cattolica stessa, quella che la Chiesa nel suo lavoro contro le eresie (cfr. Newman, 269) ha difeso con la sua autorità. In Germania io ho visto, in questi anni, una messa in discussione del "resurrexit Dominus vere" che mi ha sempre messo all'erta sui tentativi pseudo riformatori. Comunque a parte la parrocchia io non non ho in genere più contatti con la chiesa in Germania e le mie informazioni risalgono agli anni in cui ho lavorato come insegnante di Religione, pagato dall'Ordinariato di Monaco di Baviera (1994-2002), in Baviera. Se dovessi esprimermi in modo pubblico dovrei ascoltare di più cosa oggi si sta muovendo nella via sinodale

(2.12.19) Con Newman ritengo che vi sia un' infallibilità di giudizio nella Chiesa Cattolica, "un autorità altissima e prodigiosa inviata sulla terra per affrontare e vincere un immenso male" e con lui confesso: "dichiaro la mia completa sottomissione a questo potere"; anche per questo blog, se ci fossero frasi o pensieri nocivi al "depositum fidei", io mi sottometterò al giudizio della Chiesa (non del primo che si senta autorizzato a parlare in nome della Chiesa), ed aver fiducia che la mia salvezza non viene da ciò che scrivo, ma da ciò che la Chiesa insegna. Allo stesso tempo credo di dover parlare e scrivere, in forza del "sacerdozio di tutti i fedeli" e del battesimo, con "grande animo y liberalidad" e non con un censore che controlli tutti i miei passi. Riterrei - privatamente -  piuttosto che l'infallibilità del Pontefice sia un "opinione teologica", ma essendovi una definizione dogmatica a riguardo (Pastor aeternus, 1870) mi attengo ad essa; con sant'Ambrogio credo, che "ubi Petrus ibi ecclesia, ubi ecclesia vita aeterna". Con von Balthasar ritengo che questo primato di Pietro debba essere integrato nella Chiesa Cattolica, per l'appunto nella sua universalità. A questa autorità e non al nostro pensiero, sebbene quest'ultimo sia alcunché di nobile e grande, è stata promessa la permanenza di giudizio salvifico fino al Suo ritorno! Infine con Hans Urs von Balthasar vorrei specificare: "Non crediamo mai nelle frasi, ma in un'unica realtà che si svolge davanti a noi, per noi e dentro di noi e che è allo stesso tempo la verità più alta e la salvezza più profonda. 
 Credo, p. 26).

Anche se ritengo che il mondo si trovi in una grande crisi (accresciuta fino ad un livello teodrammatico dopo l'incarnazione) non credo, come ho già detto ieri, che la "dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell'umanità"; questa prospettiva è legittima, ma antico testamentaria, in un certo senso tipica del mondo protestante: cfr. l'inizio del libro di Isaia che davvero è una "protesta" ("Guai, gente peccatrice"): 

Isaia 1, [2] Udite, cieli; ascolta, terra,
perché il Signore dice:
"Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.

[3] Il bue conosce il proprietario
e l'asino la greppia del padrone,
ma Israele non conosce
e il mio popolo non comprende".

[4] Guai, gente peccatrice,
popolo carico di iniquità!
Razza di scellerati,
figli corrotti!
Hanno abbandonato il Signore,
hanno disprezzato il Santo di Israele,
si sono voltati indietro;

[5] perché volete ancora essere colpiti,
accumulando ribellioni?
La testa è tutta malata,
tutto il cuore langue. 

Il profeta mette però l'accento sulla giustizia e non sul consenso o meno ad un desiderio impuro in ambito di sessualità, che mi sembra più un problema inglese a partire da Enrico VIII. Oggi poi il disordine sessuale non nasce, generalmente dalla volontà di peccato, ma dal desiderio di essere amato, nel e con il proprio corpo. Nell'esempio di Newman il "raffinato rappresentate di governo" che egli critica, come abbiamo visto ieri: "è giusto, retto, generoso, fidato e coscienzioso".  Ascoltiamo il profeta: 

[21] Come mai è diventata una prostituta
la città fedele?
Era piena di rettitudine,
la giustizia vi dimorava;
ora invece è piena di assassini!

[22] Il tuo argento è diventato scoria,
il tuo vino migliore è diluito con acqua.

[23] I tuoi capi sono ribelli
e complici di ladri;
tutti sono bramosi di regali,
ricercano mance,
non rendono giustizia all'orfano
e la causa della vedova fino a loro non giunge. 



(1.12.19. 1. Avvento) La pagina che ho meditato questa mattina arriva al momento giusto per cominciare l'Avvento di questo anno del Signore 2019. Su un punto la Chiesa non può fare alcun compromesso, "non conosce mezze misure, né riserve strategiche, né discrezione, né prudenza: "Dovete nascere di nuovo" (Gv 3, 7)".  Chiedo al Signore con tutta semplicità, di rinascere di nuovo. 

Ma se è vero che "ogni vera conversione deve avere inizio alle sorgente del pensiero" (Newman), allora devo fare anche alcune obiezioni all'amatissimo san John Henry. Non sono d'accordo con lui su questo punto: "la dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell'umanità" (Newman, 264, edizione italiana citata). Questo non è l'inizio; Balthasar dice che Goethe ha saputo dire alcuni no ben precisi, per esprime il suo si; questa saggezza umana non è specificamente cristiana. All'inizio sta una atto di reale tenerezza per l'uomo (quello che stiamo vedendo all'opera nel grande palcoscenico del mondo nell'operare di Papa Francesco), per tutti gli uomini. Uno sguardo di totale simpatia per l'uomo, per esprimersi con Cesare Pavese. Ovviamente vi è una legittima sfida al nemico anche nella posizione cristiana - basta leggere i Vangeli per essere confermati in questo punto; in vero, però, non lo stato attuale dell'umanità, ma lo stato attuale della Chiesa è ciò che mi preoccupa davvero. Infine penso con Ferdinand Ulrich che la confessione del peccato  è possibile non percependo il peccato, ma perché siamo amati dal Padre.  

Sono invece d'accordo con Newman che "la Chiesa non insegna che la natura umana è irrecuperabile": il "sola gratia" non deve essere confuso con una dichiarazione della natura umana come "totaliter corrupta", non ho bisogno di Cristo perché sono totalmente corrotto, ma perché metta in me in moto quel suo amore gratuito che a volte è sepolto sotto tanto materiale psicologico e sociologico. Sono d'accordo con Newman che la natura umana "non è un impasto di malvagità irrimediabile, ma che ha la promessa di un grande destino  e che anche ora , nell'attuale condizione di eccesso e di disordine, ha una virtù e una bellezza sue proprie". Sono d'accordo con lui che anche cose necessarie come "la predicazione e l'insegnamento" di una dottrina non sono l'atto primario della Chiesa; ciò che prima di tutto conta è la nostra apertura al cielo che direttamente vuole comunicarci una "forza spirituale" che viene dall'alto. La "grazia rigenerante" è un dono diretto di Dio! 

Per difendersi dall'accusa che gli è stata fatta di preferire una "mendicante pigra, cenciosa, sporca e fanfarona , purché fossa casta, sobria, serena... ad un raffinato rappresentante della legge e del governo", Newman cita Mt 21, 31: "I pubblicani e le donne di malaffare entreranno nel regno di Dio prima di voi" capi dei sacerdoti, ma credo che si debba fare un passo ulteriore a quello che fa Newman. Newman non ha il ductus fondamentalista di un San Cipriano di Cartagine quando dice che il "consenso ad un desiderio impuro è generalmente un atto più odioso della menzogna" ed ovviamente con ragione ci ricorda le parole del Maestro: "chi guarda una donna con fine disonesto ha già commesso, in cuor suo, adulterio con lei". Allo stesso tempo, però, non si può oggi ignorare, in modo particolare nella nostra "società trasparente" (Byung-Chul Han), tutto ciò che sappiamo sulla struttura del desiderio del maschio (Recalcati) e sulla presenza di una sessualità polimorfa anche se si prega, medita etc.  e per quanto  riguarda la "pornografia" le immagini non sono tutte uguali. Vi sono alcune che sono meno violente di altre, altre che portano in evidenza quel desiderio sessuale che non è "totalmente corrotto", ma espressione di un desiderio di vivere e di essere amati. Certo dobbiamo "rinascere di nuovo" e rinunciare a tutto ciò che non ci permette di essere un puro strumento della sua volontà salvifica, ma quello che dice Newman sulla natura che non è totalmente corrotta vale anche per quei pubblicani e donne di malaffare che siamo noi tutti, quando ancora lo siamo! Accudendo ai porci il figlio prodigo riceve in dono la grazia rigenerante che viene dall'altro! La possibilità del "castigo eterno" è certo un punto del credo, ma la "speranza per tutti" è la struttura ultima dell'amore cristiano. Ogni fondamentalismo sulla questione del desiderio sessuale si capovolge dialetticamente, secondo me, in una ricerca di compensazione nell'ampia tabella dei desideri della carne: voler sempre aver ragione, volere tanti soldi, volte potere, volere il riconoscimento di tutto ciò che facciamo (esempi che fa Agostino). Newman è un'anima davvero pura e gli chiedo di non lasciarmi solo nel mio cammino nella nostra società trasparente ed anche se sono disposto a confessare e non a legittimare il peccato, vorrei anche esprimere alcuni miei dubbi su certe insistenze e fissazioni  nella Chiesa, di cui non è libero neppure san John Henry. 


(30.11.19; Sant Andrea) Guardando il mondo "vedo uno spettacolo che mi riempie di sgomento indicibile" (Newman). 

Non sta parlando dello sguardo ontologico sul mondo, della "retta ragione" che vede in tutto il dono gratuito dell'essere, uno sguardo che porta "a credere in Dio"; ma della "ragione storica" che vede quel processo mondiale (in Europa, in modo particolare la regione in cui vivo; in Cina, aggiungo io, in cui il "marxismo" resiste) di "pura e semplice incredulità in fatto di religione" e che vede dappertutto (USA, Russia, Siria...) una "volontà di potenza, di guerra e distruzione" terrificante. E poi il dolore innocente, il dolore fisico, etc. La presenza di questa violenza nel nostro cuore, etc.  Tutto ciò rende per Newman molto ragionevole l'ipotesi di un "peccato originale"  e molto difficile, a livello della ragione storica, non della sua coscienza, credere che ci sia davvero Dio:  "se c'è un Dio, e Dio c'è (come sa Newman nell'intimo della sua coscienza; rg) il genere umano deve essere implicato in una terribile disgrazia originaria". Quale è la soluzione di questo grande teodramma che vede Newman e che vediamo anche noi? Vede lo sforzo di tante persone che non son cattoliche, ma di fatto pensa che solo la Chiesa cattolica, con la sua idea di "autorità", è la risposta a questo dramma: non la Bibbia da sola, che può essere fonte di conversione di singoli, ma se si prende sul serio il criterio dell'"esperienza", solo l'autorità della Chiesa cattolica può salvare l'uomo, senza per questo negare che la "libertà di pensiero" sia una delle doti naturali più grandi che ha l'uomo. Questo pensiero sull'autorità infallibile e concreta di Roma non è una difesa di una "schiavitù degradante", ma l'invito alla presenza liberante concreta di Dio nella storia, la mano che Dio ci offre, così che con ragione un vaticanista agnostico, come Riccardo Cristiano, afferma: o Bergoglio o barbarie. Di fronte alla violenza del mondo possiamo solo offrire la "stoltezza della predicazione" (Paolo) in primo luogo di Pietro, ma anche di Paolo, Giovanni e Maria, come principi viventi oggi! Newman parla nel contesto dalla "apologia pro vita sua", ma schizza uno scenario che si apre a tutto il mondo. Noi, quasi duecento anni dopo di lui, vediamo nell'autorità infallibile di Pietro una piccola grande speranza ed è proprio questa autorità infallibile che ci apre a tutto il mondo della "fratellanza umana", del dialogo con le altre confessioni cristiane, del dialogo con l'Islam e con il Buddismo, al dialogo con tutti (anche con tutte le potenze politiche) e all'attenzione alla nostra casa comune (difesa tra l'altro anche da una ragazza svedese, Greta Thunberg). Sorprendentemente, no in vero non vi è nessuna sorpresa, nessuno obbedisce, tutti producono solo caos che aumenta l' anarchia, tutti pensano che nei loro progetti possano fare senza di questa "mano che il cielo ci tende": quasi tutti, tanto più chi astrattamente difende l'autorità, seguono solo se stessi. In questo contesto la Chiesa ci propone la santificazione di Newman ed io mi sono messo subito al lavoro!  

(29.11.19) A partire dalla sua conversione nel 1845 Newman non ha più da riferire una storia delle sue opinioni religiose, ma solamente la sua "posizione spirituale".

"Dal momento in cui divenni cattolico, naturalmente non ho più da narrare una storia delle mie opinioni religiose ... non ho più avuto variazioni da registrare; più nessuna ansietà del cuore. Ho goduto una perfetta pace e tranquillità; non è mi è più venuto un solo dubbio" (Newman). Posso dire, a questo livello teologico, lo stesso di me: anche dopo quasi venti anni nella terra della Riforma e dell'ateismo (o perlomeno agnosticismo) non ho mai messo in dubbio la dottrina cattolica; né per Newman né per me si tratta di una sicurezza psicologica, intellettuale o morale in tutto, per me ancora di meno, ma non ho messo mai in dubbio la mia fede. Newman è stato "prudente" e "semplice" nel senso spiegato da san Giovanni Crisostomo (Om. 33,1.2): pur di salvare la fede abbandona tutto ciò che non è d'aiuto (prudenza) e  semplice, cioè non vendicativo nei confronti di coloro che gli avevano fatto del male. Essendo un professore di Oxford, più ancora di me che sono un maestro di villaggio, ha ancora un senso delle difficoltà intellettuali che certamente alcuni elementi della dottrina cattolica implicano; per esempio quale concetto di "sostanza" (ciò che è) e quale concetto di "fenomeno" (ciò che appare) sono necessari per spiegare la dottrina della transustanziazione? Ancora meno di lui sono in grado di spiegare questo tipo di difficoltà o dare ragione di una loro "evidenza" o "mancanza di evidenza", ma non ho mai messo in dubbio la fede nella presenza reale di Cristo nell'ostia, dopo che è stata consacrata.

E poi di fatto, come dice Newman, la vera grande difficoltà è l'esistenza stessa di Dio: "eppure è quella che si imprime con più forza nella nostra mente". Questa serenità nell'assenso non significa che non si percepiscano anche superstizione ed ipocrisie ed anche "la massa enorme di peccato", anche da parte di persone che sono sante, aggiungo io, alla scuola di Adrienne von Speyr. O per fare un esempio più semplice: posso avere una percezione meno entusiasta della rilevanza storica del viaggio in Polonia di Giovanni Paolo II nel 1979, senza per questo mettere in dubbio che una tale figura luminosa di Papa nasceva dallo stesso assenso a quella Chiesa e alla sua dottrina, accettata con semplicità. Certo vi sono anche altri tipi di conversione nella Chiesa Cattolica, come quella di Adrienne von Speyr, che hanno gli stessi elementi di assenso semplice eppure aprono anche prospettive di "discesa nell'inferno" e di "presenza del cielo in terra" che non erano possibili nel mondo protestante e che portano anche il senso di un "è troppo", ma questo fa parte della "sinfonia della verità" (Balthasar). 

Ed anche se non so spiegarne fino in fondo il rapporto tra teologia (a partire dalla Bibbia e dalla tradizione cattolica) e filosofia (come domanda radicale di senso), non ho mai visto tra queste due dimensioni del sapere, dopo il mio "ritorno" nella Chiesa nel 1988, un'alternativa. Pensare radicalmente e assenso della/alla fede sono due poli opposti, ma fecondi, di una medesima "posizione spiritale".  

Chi ha seguito queste mie meditazioni giornaliere su Newman, sa che io intendo tutto ciò in modo fortemente ecumenico. Newman da cattolico ci tende, per esempio a dire, che nel Credo anglicano vi è un reale assenso al Dio trinitario.

(28.11.19) Sobrietà dopo la conversione

Non metterò, come faccio di solito, questo nuovo pezzo della mia meditazione su Newman nella mia bacheca in Facebook; se uno ne avrà bisogno lo troverà qui. Per me in questo passaggio di Newman nella Chiesa romana vi è tanta intimità che in vero non ne sento neppure il bisogno che  uno ci dia un'occhiata. La Chiesa Cattolica è per me l'unica casa, nei suoi primi passi in essa per Newman si tratta di un momento di solitudine e di congedo: lascerà Oxford, la sua università, in cui aveva pensato di vivere e morire, per sempre o meglio vi ritornerà trentadue anni dopo. Lascerà il suo rifugio Littlemore. Risponde al cardinal Charles James Acton, che gli aveva scritto: "Io confido di non aver mai avuto altra mira se non obbedire al mio senso di dovere (...) e per quanto io desideri ... servire umilmente la Chiesa cattolica, tuttavia le mie capacità saranno, temo, una delusione, rispetto a quel che si aspettano, sia i miei amici personali, sia per coloro che pregano per la pace di Gerusalemme. Se potessi chiedere a Vostra Eminenza un favore, sarebbe quello di moderare tale attesa... pur pensando che sarebbe bene se potessi persuadere altri a fare come ho fatto io, mi sembra di avere abbastanza da fare a pensare a me stesso" (Newman, 25.11.1845); questa lettera è stata scritta esattamente 174 e tre giorni fa e raggiunge il mio cuore. A Roma qualche tempo dopo riceverà l'ordine sacerdotale e celebrerà la prima Santa Messa. Dopo si stabilirà a Birmingham. 

Nel prossimo capitolo della "Apologia" Newman parlerà della sua posizione spirituale dopo il 1845 che cercherò di meditare, come ho fatto finora questo lungo cammino che lo ha portato nella Chiesa cattolica, perché la vicinanza al santo inglese mi da tanta forza, anche se sono in un momento di profonda crisi, che non si vede all'esterno, almeno credo, ma come dice Etty Hillesum, da essa non ci si può tirare fuori con il pensiero, per quanto esso sia nobile e importante. Ma neppure lo si può con il ripetere all'infinito le frasi della scuola di comunità; confido che il Signore non mi faccia cadere nella confusione e attendo i suoi segni. 

(27.11.19) Certezza

Con le lacrime agli occhi leggo ciò che Newman scrisse qualche ora prima di entrare nella Chiesa a cui appartengo da sempre; di fatto anche nei sette anni dello "spirito dell'Utopia"(1981-1988) non feci alcun passo formale per non appartenere alla mia unica casa - che comunque in Italia, a differenza che in Germania non sarebbe stato neppure possibile, visto che l'appartenenza alla Chiesa non è legata all'obbligo di pagare le tasse. Le lacrime agli occhi credo sgorgano perché questo uomo ha resistito con un senso di dovere al limite delle forza umane, in una Chiesa che da un certo punto in poi ha ritenuto scismatica, per non turbare nessuno, perché questo uomo non ha fatto mai del "proselitismo", ma ad un certo punto sapeva (aveva la certezza) che i "cattolici romani", sono di fatto "i cattolici" (li chiamai arditamente "cattolici" e basta"). Credo che la formula del Vaticano II sia più saggia di quella antecedente - nella Chiesa cattolica romana si realizza la Chiesa di Gesù, piuttosto che la Chiesa cattolico romana è la Chiesa di Gesù, ma anche dopo quasi 20 anni nella terra di Lutero io non ho mia cessato di pensare che Lutero stesso non ha mai smesso di essere "cattolico" - le sue tirate violente contro il Papa fanno sorgere il sospetto che solo una persona che lo ha amato, poteva essere così delusa. Anche quando vado nel "Servizio della Parola" con la comunione nel giorno della Riforma del mio confratello luterano evangelico Michael Greßler non dimentico mai il Santo Padre e il mio legame con Pietro. 

A differenza di altri cardinali odierni Newman non avrebbe mai preso una decisione di diventare cattolico o di fare polemiche con la propria chiesa "perché messo in disparte" e lui  fu davvero "violentemente" messo in disparte; era un uomo umile per cui né essere il vicario dell'importante parrocchia St Mary in cui venivano formati i futuri sacerdoti anglicani o essere professore di Oxford non erano la sua ragione di vita ultima.  La Sua ragione di vita ultima era Cristo! Così il suo desiderio di essere "accolto nell'unico ovile di Cristo" nell'autunno del 1845 mi riempi gli occhi di lacrime. 

Oggi la Chiesa ci fa riflettere nel "breviario romano" su un passaggio della seconda lettera di Pietro 2,1-9 in cui si dice di Lot: "quel giusto infatti, per ciò che vedeva ed udiva mentre abitava tra loro (le città di Sodoma e Gomorra) si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie" - certo per Newman la Chiesa d'Inghilterra è stata anche un luogo di grazia e non paragonabile a Sodoma e Gomorra, ma le ignominie dette sul suo conto lo hanno certo fatto soffrire non poco. Anche nell'unico ovile di Cristo molto di ciò che è successo in questi ultimi anni assomiglia a "Sodoma e Gomorra" e in un certo senso è ancora peggio, perché noi avremmo dovuto conoscere Cristo; anche santi uomini si sono sbagliati nel loro giudizio, così che uno come Theodore McCarrick potè diventare arcivescovo di Washington DC, ma grazie a Dio sono stato educato da Adrienne von Speyr a non prendere scandalo dai peccati dei santi - l'unica cosa che bisogna fare con i peccati e confessarli e comunque "siamo tutti nella disobbedienza" (Paolo nella lettera ai Romani) e senza la Sua grazia non vi è salvezza. Quindi l'importante è seguire l'avvertimento di Cristo: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore" - come quei falsi profeti che hanno chiesto le dimissioni del Papa, perché si sarebbe coinvolto in scandali che invece ha cercato di combattere. 

(26.11.19) Fatti e senso del dovere

Newman non agisce mai per "simpatie" - certo è triste se perde la stima di persone che lo stimavano, ma più di tutto sente un senso del dovere se ciò che pensa e fa è causa di turbamento e scetticismo. Alla fine, però, quello che davvero conta per lui, lo esprime così: sapendo che la sua Chiesa si trova nello scisma è per la sua salvezza necessario che egli passi alla Chiesa di Roma? Completamente nella tradizione di Tommaso Moro si chiede: "posso io (è una domanda personale, non rivolta ad un altro ma a me stesso), posso io salvarmi nella chiesa inglese? Sarei salvo se morissi stanotte? È peccato per me non passare ad un'altra confessione?" Newman non ha alcuna preferenza per la Chiesa di Roma e non conosce quasi nessuno in questa Chiesa. Ama il suo ambiente universitario di Oxford e i ricordi ad esso legati. 

Pur nella grave situazione da "giorno del giudizio" in cui si trova la Chiesa di Roma non mi trovo in questa situazione di Newman: la Chiesa di Roma realizza la Chiesa di Gesù ed è espressione della Chiesa Cattolica, sebbene per ciò è stata necessaria la discesa all'inferno di Cristo stesso. Il più grande dono alla Chiesa del ventesimo secolo è stata la riscoperta del "Sabato Santo" (la confessione del peccato non solo sulla Croce, ma nella discesa nella melma dell'inferno). Tutto ciò che non tenga conto di questo per me non ha nessuna rilevanza, ma è una questione di appartenenza nella Chiesa e non di passaggio ad un'altra, anche laddove vedo che un'altra ha per esempio una cura della musica più profonda della mia. 

Nel 1844 Newman aspetta dei fatti esterni a lui che lo aiutino a prendere la decisione giusta.

(25.11.19) "Credo che nessuno abbia mai avuto amici buoni come i miei" (Newman)

Quando l'altro giorno ho scritto che Newman non ha un senso per il valore dell'amicizia e dell'ospitalità mi riferivo al mondo islamico e non a quello cristiano; insomma la mia frase era limitata a ciò che stavo commentando del Padre Paolo Dall'Oglio SJ; Newman ha un grande senso dell'amicizia e un modo del tutto delicato di occuparsi di loro. Nel tempo antecedente al suo diventare cattolico romano non vuole turbare nessuno, tanto meno un caro amico che stava morendo, John William Bowden, che morì nel settembre del 1844, quindi un anno prima della conversione di Newman. Vede che nella Chiesa anglicana vi è la grazia di una vita serena e di un morire sereno e ne ringrazia Dio: l'ultima cosa che gli verrebbe in mente è di turbare il suo amico, con le sue insicurezze sulla Chiesa anglicana: "perché avrei dovuto turbare quella dolce e serena tranquillità, quando non avevo nulla di offrirgli in cambio?" Mi vergogno di aver criticato una trasmissione che i miei nonni vedevano con grande gioia (un quiz di Mike Bongiorno), perché ora so che non avevo nulla da offrirgli in cambio. Ciò che lo turbava era questo: e se cambiassi di nuovo idea dopo essere diventato cattolico? Mi sono già sbagliato una volta nella mia idea di cosa sia una vera chiesa cattolica. Sono più o meno le parole che usa. Alla morte del suo amico piange sulla sua bara, perché sperava di trarne (dalla sua morte) "luce" per la sua decisione se passare o meno a Roma. Sa che Dio gli donerà una certezza, ma sa anche che vi è una tranquillità che se è pur è lecita al suo amico, non è lecita per lui. Raramente ho sentito di una persona che sia stato così in dialogo con i suoi amici come Newman. 

(24.11.19) Lettere ad un amico per spiegare la sua decisione di lasciare la parrocchia universitaria St. Mary

Newman prova un grande legame con i suoi amici e cerca sempre di spiegare a loro le sue posizioni. Le tre lettere che presenta nell'Apologia ad Henry Edward Manning ne sono un segno. Dall'estate del 1839 fino al mese in cui scrive queste tre lettere, l'Ottobre del 1843, la sua posizione interiore e teologica è del tutto chiara: "Più la Chiesa Inglese mi si dimostra intrinsecamente e radicalmente aliena dai principi cattolici, più trovo difficile difendere la sua pretesa di essere un ramo della Chiesa cattolica"; o ancora più precisamente: non ha lasciato St. Mary per impazienza, "ma perché penso che la Chiesa di Roma sia la vera Chiesa cattolica e che la nostra non faccia parte della Chiesa cattolica, non essendo in comunione con Roma; e sento perciò di non potere onestamente, esercitare più il magistero della nostra Chiesa". 

Una volta che questo e chiaro per Newman è anche chiaro: "non potevo oppormi ad un'espressione così unanime dei vescovi, rafforzata per di più dalla solidarietà o almeno dal silenzio di tutte le categorie di fedeli, laici ed ecclesiastici. Se mai si è dato il caso di un singolo maestro messo in disparte, anzi virtualmente messo al bando di una comunità questo caso è il mio." Purtroppo questo caso nel XX secolo si è ripetuto più volte: penso ad Henri de Lubac, a cui fi vietato di insegnare nel 1950, ad Hans Urs von Balthasar che non fu invitato al Concilio Vaticano II, ad Adrienne von Speyr, che pur essendo il dono più alto nel XX secolo del cielo alla Chiesa e al mondo, viene ignorata o trattata come una prostituta. Grazie a Dio, Pietro, cioè Giovanni Paolo II si scusò direttamente o indirettamente con tutti e tre. 

L'amico non è in grado di accompagnare Newman in questa situazione "teodrammatica": "La tua lettera mi ha fatto più male al cuore e mi ha causato più numerosi e più profondi sospiri di tutte le lettere che ho ricevuto da un pezzo, benché possa assicurarti che da ogni parte dove mi volto, trovo molte occasioni di sospiri e di fitte al cuore". 

Ieri ho scritto un post polemico ed ironico (forse sarcastico) sulla diva giornalista cattolica Costanza Miriano, perché degli amici mi avevano scritto che aveva tenuto a Milano una conferenza in cui citava e tradiva nel profondo il "senso religioso" di Don Giussani. Dapprima ho cercato di dire agli amici di non occuparsi di lei, ma poi ho pensato che non posso tenermi fuori dalla mischia nelle mie meditazioni, e così sono sceso nell'arena; in quell'arena in cui si vede che nel nostro Movimento non vi è alcun "governo" del mondo della rete. Non provo nessun odio per questa diva del giornalismo cattolico che neppure conosco, né ne sento invidia: non tradirei mai la mia libertà e i miei boschi per fare una vita come fa lei, di conferenza in conferenza. Solo il Santo Padre mi potrebbe chiedere un tale sacrificio e certo lui non lo farà - adesso si trova nel cuore della storia del mondo, in Giappone, con un coraggio incredibile: andare la dove la storia del mondo ha presentato il suo cuore bestiale e distruggente: Hiroshima e Nagasaki. 

Le reazioni al post sono state quelle che mi aspettavo: se insulti il Papa, nessuno dei miei confratelli e consorelle, lo difenderebbe con tale ardore, ma guai a toccare questa diva (più subdola di Antonio Socci e per questo senso più pericolosa; ma in vero non saprei scegliere tra i due). Di quello che lei scrive a me non interessa nulla, tanto più che in modo subdolo dice sempre tutto (quasi) e il contrario di tutto, ma quando si avvicina al nostro carisma, provocando una disobbedienza di fatto a chi guida la Fraternità oggi, la mia pazienza ha un limite. Vi è un giornalismo pseudo cattolico (purtroppo anche un mio amico non è innocente su questo punto) che ha distrutto la possibilità di seguire in obbedienza il vescovo di Roma e la guida della Fraternità. Non si tratta di non rispettare diversi stili teologici ed ecclesiali. Il mio grande maestro svizzero ne ha presentati sempre tanti, laicali ed ecclesiali, ma si tratta di dire con chiarezza ciò che sta accadendo nel Movimento e nella Chiesa: una disobbedienza ultima nei confronti di Pietro! Questo è il motivo ecclesiale per cui ieri sono intervenuto con durezza. E su questo punto non cederò, anche se mi dovessero ferire ancor di più. 

(Wetterzeube, 23.11.19; in questo giorno mio padre compie 84 anni) Parlare mediante azioni.

A parte quando tengo il mio corso di ecclesiologia nella dodicesima classe non rifletto molto sulla "Chiesa". Il mio corso ha un'impostazione ecumenica e cerco di spiegare le diverse dimensioni ecclesiali: quella petrina, quella paolina, quella mariana e quella giovannea. In questo periodo in cui sto meditando sulla vita di Newman, sulla sua "apologia" per la prima volta in modo sistematico la mia meditazione è del tutto ecclesiale, eppure in quella modalità che mi è propria, quella del "singolo", che può forse essere accusato di "egoismo religioso", che però non ha se non un rapporto di lontanissima analogia con quello personale o politico. Newman - siamo orami arrivati a quel intervallo di tempo in cui tra l'autunno del 1843 e quello del 1845 ha rinunciato al privilegio sacerdotale ed è laico - spiega bene di cosa si tratti: "il mio era un caso di 'medico cura te stesso'. La mia preoccupazione era per l'anima mia. Alla mia ragione sembrava assurdo convertirsi in gruppo. Io volevo andare verso il mio Signore da solo, a modo mio,  o meglio a modo Suo" (Newman). A questo si aggiunge la sua riluttanza ad essere visto come "capo partito": "per una sorta di eccessiva delicatezza non potevo sopportare di veder fare una cosa ad altri solo o principalmente per il motivo che l'avevo fatta io". 

Prima della "sottomissione" alla Chiesa cattolica di Roma nell'autunno del 1845 (l'anno tra l'altro della grande carestia), due anni dopo aver rinunciato alla parrocchia di St. Mary, si trova a vivere un intervallo di due anni, appunto dall'autunno del 1843 a quello del 1845, come "laico nella Chiesa d'Inghilterra": "frequentando regolarmente i servizi religiosi e astenendosi da ogni contatto con i cattolici, i loro luoghi di culto e quei riti e costumi religiosi , come l'invocazione dei santi". Newman non è un uomo che fa passi veloci, ma che agisce  e parla con le azioni. Nel 1843 compì due azioni che erano del tutto importanti: ritrattare le sue violenti critiche alla Chiesa di Roma e rinunciare alla parrocchia St. Mary. Non è un uomo a cui piaccia la confusione né mettere in crisi gli altri, tanto meno ama "appartenere a due religioni contemporaneamente". 

La prospettiva del "vino di amicizia" come quella che Padre Paolo Dall'Oglio presenta nel 2007 (cfr. La profezia messa a tacere, a cura di Riccardo Cristiano, 113), in un brano sul monastero di Der Mar Musa) è estranea a Newman (anche se quest'ultimo ha un senso di legame con i suoi amici), ma per me è importante e non è per nulla frutto di "confusione". Anche il Padre Dall'Oglio "parla con le azioni": non bere il vino davanti ai mussulmani; bere con loro piuttosto "il vino dell'amicizia e dell'ospitalità"; spiegare gli affreschi cristiani della Chiesa del Monastero, dove sono illustri i misteri della fede cristiana; accendere candele. Permettere che nel monastero si pregasse la preghiera canonica islamica: cioè quella obbligatoria, da distinguere da quella volontaria. 

Le pagine che Klaus von Stosch dedica alla preghiera islamica, salāt, nel suo libro "Herausforderung Islam" (2017, 85-89), sono di grande aiuto per comprendere lo spirito di questa preghiera, la sua forza e forse anche i suoi limiti (il modo di essere cristiano è più libero e se penso a mia moglie, direi più o meno le cose che dice von Stosch di sua mamma: non prega eccessivamente, come per esempio faccio io con il breviario o il messale, ma crede fortemente in Dio e ama il suo prossimo). Io sottolineerei che questa preghiera dell'Islam fa muovere tutto il corpo verso Dio. La direzione è importante, ma non decisiva. La Kaaba in Mecca è un luogo di preghiera fondato da Adamo e ricostruito da Abramo ed Ismael, il contenuto non ha alcun particolare significato, il "vuoto" come mistero della presenza di Dio sembra essere l'essenziale; importante è anche la preghiera comunitaria, ma padre Dall'Oglio sottolinea che può essere anche individuale. La sottomissione a Dio è importante, ma Dio nell'Islam non è solo Qualcuno di fronte al quale ci sottomettiamo o ci gettiamo a terra, "è allo stesso tempo in noi e compie in noi i movimenti di preghiera" (Stosch). Quando un mussulmano tocca con la fonte la terra compie quel movimento di "abbassamento" senza il quale non è possibile incontrare il Dio misericordioso (certo lo si può fare anche in "spirito e verità", ma non dobbiamo dimenticare che noi siamo carne). Quando una volta ho potuto pregare da solo nella cappella in Eisenberg e mi sono sdraiato sul tappeto con tutto il corpo a terra, non guardando il cielo, ma appunto la terra, ho sentito quel senso di abbandono in Colui che può tutto in noi! Credo che sarebbe necessario pregare insieme, maschi e femmine, con tutto il corpo come fanno i mussulmani (insieme come fanno i mussulmani, maschi e femmina insieme non lo fanno ancora quasi mai). In questi giorni dai benedettini in Wechselburg ho trovato molto bello che ci fosse anche una donna che pregasse regolarmente e attivamente il breviario benedettino e quando ci si alza, da seduti, per inchinarsi al "Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo" è tutto il corpo in movimento. Come nell'abbazia ad Heidelberg era bello questo movimento comunitario e compiuto precisamente: ci si alza dopo l'asterisco dell'ultimo verso e ci si risiede dopo il "ed ora e sempre". 

(Wechselburg, 22.11.19) Decisioni concrete in forza di decisioni teologiche. 

Nel 1843 Newman prende anche una decisione forte dal punto di vista del lavoro ed economica: le sue dimissioni dalla parrocchia di St. Mary, dovuta all’attacco continuo dei vescovi. Newman si trova nella dimensione teodrammatica (la lotta teodrammatica, secondo Balthasar, è quella tra libertà di Dio e quella dell’uomo) di dover decidere tra l’obbedienza ai vescovi e l’“obbedienza“ a Dio, che passa attraverso il suo „giudizio“. È una lotta teodrammatica che dura due anni e passa attraverso una mossa della speranza: „Se ho fatto un po’ di bene alla Chiesa, chiedo, come ricompensa, questo favore al vescovo: di non insistere su una misura dalla quale credo non verrà nulla di buono. Ma ad ogni modo mi sottometterò a lui“.  La tregua durerà poco e l’ulteriore mossa sarà: se il vescovo attaccherà il Tract 90, quello in cui Newman interpreta cattolicamente gli „Articoli anglicani“, sopprimerà il Tract, ma si dimetterà da St. Mary.  Ma il tutto si muove lentamente nella direzione (mossa definitiva)  che Dio aveva previsto e che Newman alla fine compirà (il passaggio a Roma), perché non gli sviluppi dogmatici romani, ma la Chiesa d’Inghilterra, secondo lui, si trova nello „scisma“. Un ultima mossa (prima di quella definitiva) sarà quella di „riportare i problemi dottrinali alla storia, la teoria ai fatti“, in modo particolare con un progetto di pubblicazioni sui santi inglesi. La diga si rompe ugualmente; Newman cerca di rispondere alla domanda sul come mai non può stare in silenzio e deve partecipare pubblicamente alla vita della Chiesa. La risposta è chiara ed è per noi nell’epoca digitale di vitale importanza: „devo fare del mio meglio  per tanta gente, sia ad Oxford che fuori. Se non facessi nulla io, troverebbero modo di farlo gli altri“. 

Questo implica per me una riflessione importante a due livelli; quello della mia appartenenza al Movimento di Comunione e Liberazione e quello del mio lavoro nel CJD fondato da un pastore luterano nel 1947, anche se io non ho in nessun caso una posizione esposta come quella di Newman a Oxford, ma in „Nazareth“ non si è e non si era neppure in una posizioni esposta, eppure sono state certamente prese decisioni „teodrammatiche“, per quanto riguarda la Nazareth storica d Gesù noi conosciamo quella durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. 

Per quanto riguarda Comunione e Liberazione: io non ho neppure lontanamente un raggio di influenza come quello di Newman, ma quello che so del Movimento significa per me che non vi è stato e non vi è un „atteggiamento di confessione“ per quello che ho chiamato il „sistema cl“ e a cui, secondo me, non può essere ridotto il „carisma di cl“ che è ancora vivo (per esempio nella storia dei „Contadini di Peguy“). Ho lasciato una volta la Fraternità perché pensai che la mia specifica missione ecclesiale, che in qualche modo ha a che fare con l’amicizia di don Luigi Giussani (carisma benedettino) con Hans Urs von Balthasar (carisma ignaziano), non poteva realizzarsi nella fraternità; in un’esperienza forte, credo del 2010, alla tomba di von Balthasar a Lucerna, mi è sembrato di comprendere, nella preghiera, che non era desiderio del cielo la mia uscita e sono rientrato. Le riflessioni di don Carrón mi sembravano allora come un annuncio di risurrezione; non ho perso questa stima, ma mi sembra che vi siano nel Movimento attuale gravi mancanze di governo e non solo per quanto riguarda i Memores Domini. I miei timidi tentativi di rendere i responsabili attenti (visitor, responsabile della Fraternità) a ciò che pian piano venivo a sapere hanno portato solo al silenzio agghiacciante di chi non ha la minima idea di cosa sia „chiesa in uscita“ o a „telefonate tra amici“ che hanno reso la vita di alcune persone del tutto invivibile nelle loro comunità. Infine vi è una tendenza „tradizionalista e reazionaria“  (riguardante la politica, l’interpretazione dell’Islam e la „teologia del corpo“, per fare alcuni esempi) nel Movimento che non permette una reale sequela di Papa Francesco, sia nel dialogo con l’Islam sia nelle sue intenzioni più evidenti (fratellanza tra tutti gli uomini, ecologia dell’uomo e della casa natura, attenzione preferenziale ai poveri). Per me si pone la domanda concreta se pagare ancora il fondo comune. Una lettera a don Carrón, che guida la Fraternità in tutto il mondo, anche in forza degli „esempi“ che egli continua a fare agli Esercizi e nelle giornate d’inizio d’anno mi sembra del tutto inutile. Al momento non partecipo più a nessun gesto ufficiale. Il mio rapporto con Support International e.V. si basa sul fatto che vedo in esso una vera fedeltà al carisma di CL e per il rapporto personale con Stephan Scholz.

Per quanto riguarda il CJD (Christliches Jugenddorf):  il CJD attuale non ha nessuna „teologia“ per cui non rappresenta per me un problema „teodrammatico“, anche se qui dai benedettini vedo la differenza radicale che vi è tra lo spirito della „Catholica“ e quello del CJD; comunque è bello che una collega luterana ed una cattolica nella nostra scuola (è un loro merito, anche se io sono da anni il responsabile del profilo cristiano) abbiano iniziato questa esperienza di dodicenni (80 % dei quali non battezzati) qui nel convento dei benedettini a Wechselburg (Sassonia), per una due giorni; io vedo come l’anima dei bambini, anche se non di tutti e non continuamente, ha davvero un senso per lo spirito di bellezza della Catholica, nella sua dimensione „gregoriana“!  I conflitti che ci sono in questi tempi con uno dei responsabili del CJD, che non risiede a Droyssig, non hanno che fare con la „teologia“, ma con l’organizzazione del tutto centralista (pochissima sussidiarietà) del CJD attuale e forse sono un problema della guida centrale e non della persona di cui sto parlando. 


(21.11.19) „Non è forse un dovere , invece di cominciare dalla critica, buttarsi generosamente in quella di forma di religione che la provvidenza ci ha messo d’avanti?“ (Newman)

Chi ha seguito le mie meditazioni newmaniane ormai sa che il santo inglese non è un tipo da „proselitismo“; l’anno 1843 segna una profonda crisi che passa attraverso due avvenimenti. Il primo è oggetto della meditazione di oggi: „In febbraio feci una ritrattazione solenne di tutti i duri attacchi contro la Chiesa di Roma“. In primo luogo addolora Newman di aver parlato pubblicamente delle sue critiche a Roma. Anche se Newman è più cauto di me, che nell’epoca digitale dico quasi tutto pubblicamente (ovviamente non segreti privati che riguardano altri), ritiene di non aver potuto far altro: „dire pubblicamente quel che credevo era una necessità di difesa, nella controversia“; ciò non toglie che Newman faccia anche auto critica, in quel „atteggiamento di confessione“ che lo caratterizza: „ho anche motivo di temere che quel linguaggio fosse imputabile, in non piccola parte, ad un carattere impetuoso, alla speranza di riconoscere l’approvazione di persone che stimo, e al desiderio di respingere da me l’accusa di romanismo“. 

Tutti noi abbiamo bisogno che le persone che ci stimano approvino ciò che facciamo o scriviamo, vale anche per me, anche se io spesso sono troppo „ingenuo“ per farlo conseguentemente; per esempio ieri all’uscita del mio articolo sui trent’anni dopo la caduta del muro ne „La Nuova Europa“ mi sono accorto che insistevo sullo stesso tema del nichilismo come don Julián Carrón alla giornata d’inizio anno del Movimento di Comunione e Liberazione, ma la mia fonte non è lui; l’espressione „ghiaccio sottile del nichilismo“ viene da von Balthasar. E la mia idea che l’egoismo collettivo sia una forma del nichilismo ha carattere ontologico: solo l’amore gratuito ha sostanza, tutto il resto è niente. 

Un’altra preoccupazione di Newman è che la sua uscita dalla Chiesa anglicana contribuisca indirettamente alla crescita del liberalismo teologico che ha voluto combattere: „mi ero buttato con tutta l’anima a combattere il principio antidogmatico; eppure stavo facendo più di qualsiasi altro per la sua vittoria“. „È difficile tenere un inglese sul piano dogmatico“ ed ora con il suo cambiamento non poteva che mettere in crisi chi si era fidato di lui; ma ill castello di carta della „via media“ tra cattolicesimo e anglicanesimo non poteva che essere distrutto, la vera ed unica alternativa è quella tra cattolicesimo e ateismo (il liberalismo teologico è solo il primo stadio dell’ateismo, per Newman). 

Per un uomo come Newman che ama l’obbedienza deve essere stato anche terribile non poter più obbedire al suo vescovo anglicano - ho dovuto pensare al dramma che hanno vissuto Adrienne von Speyr und Hans Urs von Balthasar, quando Balthasar ha lasciato, per obbedire al cielo (Ignazio), l’ordine tanto amato. Nel suo diario, Cielo e Terra III,  Balthasar scrive alcune pagine pro e contra questa decisione: i motivi „contra“ sono più di una pagina, pro è solo una riga: obbedire ad Ignazio. 

Per quanto riguarda i „punti delicati“ riguardante questa decisione del trapasso si trovano: la supremazia della Scrittura, che trova una totale conferma nei Padri della Chiesa; la transustanziazione, perché pensa che non sia presente o non presente a sufficienza nella Chiesa primitiva. Etc. 

Wechselburg (dai Benedettini), 20.11. 19 Sullo sviluppo della dottrina della Chiesa

Tocchiamo ora un punto molto forte, che con ragione Newman chiama: „un avvenimento filosofico importante“, quello dello „sviluppo della dottrina della Chiesa“. Per Newman non esiste una posizione „evangelica pura“ o „ortodossa pura“. Benedetto XVI ne ha parlato recentemente in un’intervista con il Padre Jacques Servais S.J., che ripresi, per „Tracce“, in una mia intervista al padre gesuita belga. Tutto è in movimento nella Chiesa, perché lo Spirito Santo è una forza in movimento, per nulla statica. Negli anni tra il 41 e il 45 per Newman significa: 1. „Basandomi sui Padri“ Newman pensa che gli anglicani si trovino in „in uno stato di colpevole separazione“; „alla luce del vangelo“ è possibile quello sviluppo del dogma che è accaduto nella Chiesa di Roma. 2. Tutta l’argomentazione di Newman si basa sull’idea o sull’ipotesi che la Chiesa nello Spirito Santo ha una guida divina, che le permette di arrivare, nello sviluppo del dogma, fino a quell’inversione di cui parla Benedetto XVI: la nostra epoca chiede una „giustificazione di Dio“ (nel senso di un genitivo oggettivo, non soggettivo).  3. Tra „ateismo e cattolicesimo“ vi è un’alternativa inconciliabile; non esiste nessun „ateismo nel cristianesimo“ (Ernst Bloch), e tanto meno un „ateismo nel cattolicesimo“: „sono cattolico perché credo in un Dio… credo in me stesso, e trovo impossibile credere nella mia esistenza (della quale sono sicurissimo) senza credere anche nell’esistenza di Colui che vive come un essere personale, onniveggente ed assoluto giudice nella mia coscienza“ (Newman). Il „sum“ dell’esistenza dipende quindi da un „credo“, non da un „cogito“. Credo in Colui che ha donato l’essere gratuitamente e per questo è anche giudice della mia coscienza, direi con le mie parole. Il dialogo con gli ateisti non può essere fatto in una via di mezzo, che non esiste, come dice Newman, ma appunto come „cattolici“ (e come cattolico posso comprendere quella „concatenazione di argomenti“ cosi cara a Newman). 4. La differenza tra la certezza matematica e quella religiosa viene descritta da Newman in modo geniale; la prima è una certezza che si basa su „dimostrazioni“, la seconda su una „decisone“ che parte da una „probabilità“, ma che arriva ad un risultato non meno „certo“. Come insegna Borghesi, l’ateismo è anche frutto di una „decisione“, non di una „dimostrazione“. Aggiungerei che il compito del filosofo consiste anche nello stare attento che nelle dimostrazioni non si infiltrino delle decisioni: in questo senso la filosofia non è più la „regina“ delle scienze, ma almeno la loro „ancella“. 

In vero sono un po’ stupito che sia passato il mio articolo ne „La nuova Europa“ - di fatto se lo si pensa fino in fondo è una critica a Sua Santità san Giovanni Paolo II o se non a lui direttamente certo a coloro che lo hanno interpretato solo in senso anti comunista. 

(19.11.19) Liberalismo e modernità. 

Ci si potrebbe chiedere come mai io pensi che la critica al liberalismo teologico di Newman sia collegabile con l'idea della "legittimità critica del moderno" di Massimo Borghesi. Ma in vero gli atteggiamenti di Newman e di Borghesi sono due poli che devono essere tenuti in un dialogo fecondo e di fatto, non a caso, Borghesi parla di una "legittimità critica" e non di una legittimità tout court. E poi vi è l'esistenza storica che non può essere saltata: scrivere ad Oxford quasi duecento anni fa, non è la stessa cosa che scrivere oggi in un contesto di globalizzazione del populismo sovranista. Questa differenziazione storica va tenuta presente per tutti i temi; è possibile nell'Inghilterra di Newman criticare certi forme di devozione che quasi contraddicono il dogma, mentre oggi nella America Latina è possibile, seguendo Papa Francesco, valorizzare una devozione popolare che non sia stata ancora clericalizzata. La sinfonia cattolica vive di polarità feconde tra gli strumenti e non di una noiosa monotonia degli argomenti tutti uguali.

(19.11.19) "Figlio dammi il tuo cuore" - niente deve porsi tra Dio e la sua creatura

Non solo perché scrivo prima di andare a scuola (e non ho tanto tempo), ma proprio per un dover di "lentezza" nella meditazione, devo procedere ancora più lentamente nella meditazione delle pagine di #Newman. Ogni passo è decisivo. La persona che più di "chiunque altro "fece qualcosa per la sua conversione, il dottor Russell, non diceva nelle sue visite estive "una parola in teme di religione"; "lo lasciava in pace". Gli ha regalato qualche libro, da cui in vero, Newman impara che ci sono devozioni "che non erano universalmente accettabili nello stesso mondo cattolico"; uno può amare Maria, ma lo può fare in modo diverso da come lo fa un italiano. Mi ricordo delle difficoltà iniziali che mia moglie Konstanze nata ad Heidelberg aveva con la preghiera del Rosario (in modo particolare con l'obbligo di pregarlo per salvarsi; Ferdinand Ulrich come al solito l'aiutò anche su questo punto). Ed in genere ci sono "delle devozioni che vanno bene per l'Italia e non per l'Inghilterra" o non vanno bene per quella persona che tu sei.

Da Ulrich abbiamo imparato con tutta la radicalità possibile, sebbene egli abbia una mariologia che è piuttosto un'antropologia ontologica, che non vi è "aliquid inter Deum et creaturas" (Tommaso D'Aquino); abbiamo imparato il "solus cum solo" ignaziano: "In ogni circostanza tra l'uomo e il suo Dio, è sempre un faccia a faccia". Questo è il passo che dobbiamo e devo fare e che sto facendo in questo tempo meditando con Newman (in questo post) e con Agostino (post sul "De civitate Dei" in questo blog): "Solus cum solo". È il passo che mi sta facendo fare, anche nei confronti dell'Islam, Padre Paolo Dall'Oglio."Dio solo crea; Dio solo ha redento; davanti al suo sguardo terribile (o misericordioso come ci insegna Papa Francesco, quasi due secoli dopo; rg) scendiamo nella morte; la visione di lui è la nostra eterna beatitudine" (Newman). Lo studio degli Esercizi di sant'Ignazio, che sono il motore ultimo di tutto il pontificato di Papa Francesco (altro che idolatria!), hanno impressionato molto Newman: "Anche qui - in una materia che riguardava il più puro ed immediato di tutti gli atti religiosi, il rapporto tra Dio e l'anima, in un tempo di esame, di pentimento, di buoni propositi, di ricerca della propria vocazione l'anima era sola, cum solo". Non si tratta di "distruggere" tutto il resto, ma di santificarlo ed innalzarlo. L'insistenza in cui in CL si vuole che si guardi a certe opere (per esempio ora la scuola Cometa a Como) distoglie dalla domanda essenziale: dammi il tuo cuore o Figlio, a Droyssig o a Como, non vi è alcuna differenza. Ed anche se una testata importante americana ha parlato dell'esperienza della Cometa, non è per nulla detto che essa sia per un tedesco "salvifica".

Per quanto riguarda la Beata Vergine Newman comincia a comprendere: "tutta la scena del pallido, tenue e lontano cristianesimo apostolico è vista in Roma come attraverso un telescopio o una lente di ingrandimento. Ma l'armonia dell'insieme rimane immutata. Perciò è ingiusto isolare un'idea romana, come quella della Madonna, da quello che può dirsi il suo contesto". Quando nel 2010 si uccise Maximilian, un ragazzo di 15 anni della nostra scuola, nella cantina di casa sua, con il fucile del patrigno, pensai che dopo il colpo, Maria gli fosse stata accanto (lo pensavo io come italiano, forse più che come cattolico), ma è chiaro che lo sguardo terribile e misericordioso di Dio è l'unico sguardo a cui ci vuole educare Maria! È l'unico sguardo che contiene la speranza ultima, per tutti!

(18. 11.19) Il "proselitismo" scava un abisso tra le Chiese e non corrisponde mai alla volontà di Dio

È impressionante trovare in Newman la critica al proselitismo, che ci ha insegnato Papa Francesco in questi anni (2013-2019). Siamo ancora negli anni 1841 e 1842, in cui in alcune lettere o in abbozzi per tali lettere Newman ci da una vera è propria lezione di "ecumenismo": 1. In primo luogo lui è contrario ad ogni azione "repentina" o "agitazione" con lo scopo di forzare un'unità tra la Chiesa d'Inghilterra e quella di Roma. 2. Non si metterà al servizio di nessuna forma di proselitismo, perché crea un abisso tra le Chiese e cercherà che il più possibile di persone lo imitino. 3. Il "sospetto e la diffidenza" che in Inghilterra si ha per la Chiesa di Roma non verrano superati con degli "avvicinamenti dottrinali". 4. Roma dovrà superare alcuni ostacoli e lo può fare solo lei, che sono la causa di questa diffidenza. 5. Newman ama la sua Chiesa e vuol far di tutto (dicembre del 1841) perché lei cresca, "ma non a spese di Roma" e sa che le diffidenze nei confronti della Chiesa di Roma verranno superate - ma non nell'ambito della sua vita - se Roma farà qualcosa contro ostacoli bene precisi: un culto esagerato della Madonna, la dottrina della transustanziazione, un atteggiamento politico che si allea con l'Anticristo e che Newman vede nella dimensione della mancanza di "legge" del liberalismo teologico. Per tutto questo non sarà possibile "soppiantare la nostra Chiesa d'Inghilterra nell'affetto della nazione inglese". Il che non vuol dire che non sia autocritico nei confronti dalla storia del protestantesimo: "lo spirito di ribellione alla legge è cominciato con la Riforma e il liberalismo ne è il diretto discendente" 6. Impressionante è l'invito a vedere l'altra Chiesa con gli occhi con cui lei si vede, in modo che vi sia un reale atteggiamento di amore ecumenico: "io amo la mia Chiesa e la vostra ed amo l'unità". Non crede in quegli anni nell'infallibilità di Roma, ma crede che l'unità sia un "dovere". 7. "Non è con dotte disquisizioni, o acute dispute, o cronache di miracoli che si può conquistare il cuore dell'Inghilterra. Lo possono conquistare solo gli uomini che 'si dimostrano', come l'apostolo, come 'ministri di Cristo'" (novembre del 1842). Solo una chiamata dall'alto, non un atteggiamento politico, può conquistare il cuore di Newman. Nella sua Chiesa Cristo è presente e fin che Egli è presente, perché dovrebbe andare in un altra Chiesa? "Perché dovremo cercare altrove la presenza di nostro Signore, quando Egli c'è l'assicura dove siamo?" (1842).

In questi anni la mia lotta contro il sistema politico all'interno di Movimenti ecclesiali (in modo particolare nel mio, ma qui nella nostra diocesi di Dresda, valgono argomenti simili, anche per i Focolarini), un sistema politico che riduce a ricordo più o meno devoto il carisma iniziale, aveva come scopo ultimo proprio il motivo di Newman: solo una testimonianza dall'alto può convincere gli uomini.

La mia devozione a Maria è molto istintiva: ho sempre pensato che il suo mantello mi/ci protegge. Ma quando nella Coroncina prego alla fine di ogni decade un certo luogo mariano - Guadalupe, Fatima... a cui io aggiunto anche luoghi come Chernobyl, Hiroshima e Nagasaki, non dimentico mai il contenuto della Coroncina stessa: "per la tua (di Cristo) dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero. Per me Maria non è una semidea, ma l'uomo come lo ha voluto originariamente Dio Padre. E che nel Movimento di CL l'invio dello Spirito Santo venga chiesto per l'intercessione di Maria, corrisponde a quello che c'è scritto nel NT (Vangelo di Luca).

Per quanto riguarda l'ostia, non sono un teologo. So che Stefan Oster ha scritto un libro sul tema, ma non l'ho ancora letto; cerco di evitare di prendere l'ostia nelle mani, perché so in qualche modo che il Signore, presente nel pane, non può essere oggetto delle nostre "manipolazioni". E poi perché penso che le mani che servono al nostro godimento culinario e/o sessuale, per quanto esso sia "naturale" (e non solo e non primariamente peccato),  possano servire ad accogliere il Santissimo. 

L'atteggiamento ecumenico di Newman vale, mutatis mutandis, anche per il dialogo con le regioni e ancor più con gli uomini di appartenenti ad altre religioni. La frase del documento di Abu Dhabi sulla fraternità di tutti gli uomini (Francesco, Al Tayyeb), sulla differenza come voluta da Dio come "una sapiente volontà divina con la quale Dio ha creato gli esseri umani”, non è frutto del "liberalismo teologico" (criticato da Newman) come negazione della legge, ma è espressione di una legge ontologica ultima, quella della "tessitura dell'unità umana" (Raniero La Valle), immagine trinitaria. 

(16.11.19) Perché nel 1841 Newman non poteva ancora diventare cattolico romano?

Ci sono alcune lettere importanti del 1841, a dei conoscenti cattolici romani, in cui Newman riassume i suoi criteri di giudizio, in primo luogo per non diventare romano cattolico, ma in genere per comprendere cosa sia l'atteggiamento ecclesiale per lui. 1. L'unità cattolica della Chiesa gli sta molto a cuore, ma non crede che nel suo tempo essa possa essere raggiunta e in genere non crede che possa essere raggiunta senza sacrifici da parte di tutti i rami della Chiesa cattolica, di cui quello romano è appunto uno dei rami. 2. Solo una questione dottrinale, non una disciplinare (la pubblicazione o meno di certi scritti) potrebbero convincerlo a porre resistenze ad un vescovo. L'obbedienza ecclesiale è un criterio ultimo per chi come Newman cerca di agire primariamente in forza della "ragione" e non del "sentimento". 3. La fedele alla dottrina è vista da Newman come l'anima del movimento. Questo è vero anche oggi, ma bisogna tener conto che oggi, per tantissimi, la dottrina non significa proprio nulla. Per la maggior parte delle persone nell'epoca secolarizzata una frase sulla trinità equivale ad un'una che annunciasse solennemente che degli elefanti azzurri stanno volando verso l'orizzonte. 4. Per riprendere il tema dell'obbedienza: nella tradizione anglicana l'obbedienza al vescovo è equivalente all'obbedienza al papa. Una diocesi singola è la Chiesa integrale: la comunione tra le diocesi è un dovere, ma non equivale alla sostanzialità della diocesi singola. 5. La "protesta" del protestantesimo esiste, perché la Chiesa romana ha fatto e fa cose che non sono accordabili con il Vangelo e con la tradizione. Essa non è insomma senza motivo. 6. Non accetta il passaggio individuale ad un'altra Chiesa, perché esso sarebbe un cedimento al soggettivismo "liberale". 7. I nostri peccati possono impedire o rallentare ciò che la provvidenza ha previsto. Possono insomma intralciare il percorso "naturale" previsto dalla provvidenza.
Come si vede si tratta di uno stile del tutto diverso da quello di certi teologici e vescovi che sanno solo criticare la Chiesa degli altri.

(15.11.19) Fedeltà alla Chiesa d'Inghilterra e non "romanista clandestino" - gli anni di Newman prima della conversione.

"La mia fedeltà fu tuttavia interpretata in malum partum" - questo perché, per parlare con il linguaggio di una mia studentessa della dodicesima classe, la gente ha una terribile incapacità di mettersi nei panni degli altri. Newman riassume il suo atteggiamento nei dieci anni prima della conversione: dapprima ha voluto fare "l'interesse della Chiesa d'Inghilterra, a scapito della Chiesa di Roma"; poi desiderò di fare "l'interesse della Chiesa d'Inghilterra, senza danno di quella di Roma"; infine perse ogni speranza per la sua Chiesa, ma non provò nessun desiderio di danneggiarla, anche se non aveva alcun voglia di farne i suoi interessi. Per questo suo atteggiamento paga in modo molto duro: rinuncia al sacerdozio anglicano ed ad ogni beneficio ecclesiastico, pur non lasciando l'università. Un passaggio definitivo alla Chiesa di Roma non era ancora possibile, per la questione della venerazione della Beata Vergine e dei Santi. erra La definizione "romanista clandestino" lo ferisce, perché non è il termine giusto per una persona che pian piano diventa una persona "che fa l'interesse della Chiesa di Roma, credendo di fare quello della Chiesa d'Inghilterra".

Ieri parlando con una collega, che riflette sulla Chiesa in modo molto ideologico, ho concesso (e poi me ne sono pentito) che la Chiesa romana è un ramo della Chiesa cattolica - questo è stato certo anche un passaggio-momento delle opinioni religiose di Newman, che non ha identificato da subito la Chiesa di Roma con Chiesa cattolica, ma in vero - vedremo come ne parlerà Newman nel corso della sua "Apologia" - la soluzione del Vaticano II mi sembra ottimale: la Chiesa di Roma non è, ma realizza completamente la Chiesa di Gesù Cristo. Comunque (dire certe cose subito non aiuta) nel discorso con la collega si trattava del "Credo" usato in una Chiesa cattolico romana di Lipsia in cui il sacerdote ha fatto pregare la comunità parrocchiale con il termine tradizionale "credo la Chiesa cattolica"; la collega era scandalizzata, perché pensava che questo uso fosse discriminatorio delle altre confessioni; il sacerdote ha spiegato poi che "cattolica" vuol dire "universale" e con questa spiegazione la collega era d'accordo, ma in vero ciò non basta, perché la Chiesa romana realizza davvero in sé questa cattolicità e solo così può entrare in dialogo anche con altre confessioni. Il Logos è sempre universale e concreto!

(14.11.19) Prudenza e decisioni solitarie

Siamo ancor negli anni 1841-1845, Newman è ancora anglicano è vive a Littlemore con una piccola comunità, per cui sente una responsabilità morale e teologica. Precisa alcuni punti importanti: 1. Solo con la fedeltà alla dottrina cattolica (non ancora romano cattolica) è possibile superare le fazioni. Noi viviamo quasi 200 anni dopo e in Europa la "dottrina cattolica" non è forse nemmeno presente nelle facoltà teologiche (almeno quelle tedesche), per arrivare ad essa, possiamo solo passare attraverso la "presenza" e la "testimonianza" di Cristo; ma la "dottrina" non è altro che una "resa in parole" (Auswortung) di questa "presenza". 2. A forza di insistere che lui o altre persone non sono davvero anglicani, non si fa altro che catapultare i "criticati" fuori dalla chiesa d'Inghilterra. Se poi le critiche diventano un fenomeno di "massa", il tutto diventa ancora più grave. Se Newman non fosse retto da Dio, sarebbe crollato. 3. In Littlemore Newman invita alla "prudenza" ed ad alcune persone che gli chiedono un parere, lui dice che devono pregare, essere in solitudine e silenzio e prendere decisioni "da sole". 4. La comunità che si è formata in Littlemore ha certo "sentimenti affini", ma ciò non elimina quanto detto nel punto tre. 5. Più volte Newman insiste sulla sua sincerità e afferma che se le persone lo conoscessero di persona, non penserebbero di lui che sia non sincero. La mia esperienza personale lo conferma, ma vedo con quale fatica, anche persone che ti conoscono personalmente, se tu non corrispondi ai loro schemi, facciano per comprenderti.

(13.11.19) Littlemore - un luogo di preghiera

Dopo gli attacchi dei vescovi è il tempo della curiosità dei media - quello che desidera Newman è "la cortesia di darmi tempo e lasciarmi tranquillo"; mi ricordo quando tantissimi anni fa Antonio Socci cercò di raggiungere Ferdinand Ulrich, e quest'ultimo gli disse che non aveva nulla da dire ai media, neanche a quelli cattolici. Cosa avrebbe dovuto dire Newman sulla sua crisi d'identità anglicana? Cosa avrebbe dovuto dire del suo trasferimento a Littlemore? "Certo era difficile per me dover dire ai redattori di giornali che ero andato là per pregare....Chi mai si sogna di far delle confidenze al mondo intero? Eppure venivo considerato insidioso, furbo, insincero se non volevo aprire il cuore al tenero interessamento del mondo" - quanto dolore e quanta ironia in queste frasi.

Ed oggi che nell'era della rivoluzione digitale miliardi di persone, ed anch'io "apre il cuore al tenero interessamento del mondo" (di fatto di cosa si tratta in un blog fatto bene, se non di questo?), siamo nella stessa situazione di Newman; nei miei dieci anni in Facebook hanno attratto l'attenzione degli altri le miei foto e qualche post in cui mi sono esposto "polemicamente": chi ha davvero interesse al dialogo con il mio cuore orante e filosofico? Ovviamente so distinguere tra Oxford e Facebook, ma che uno si apra o non si apra, di fatto siamo sempre nel "sospetto" che uno invece che il suo cuore metta in mostra chissà quali interessi di protagonismo sballato. Io non ho paura degli uomini, per questo ho messo in mostra me stesso in questi dieci anni e come dice Newman citando Virgilio, se davvero qualche paura c'è la ho: "Di me terrent, et Jupiter hostis" (Gli dei mi spaventano, e l'ostilità dii Giove").

In modo davvero sincero e commovente Newman si chiede: "Ubi lapsus? Quid feci?" (Dove era la colpa? Che cosa feci?" (Shakespeare, Enrico VIII?"). In un film reportage sulla nostra scuola dall'inizio ad oggi, cioè dal XIX secolo ad oggi, la direttrice dei pionieri comunisti (prima della nostra scuola cristiana. c'era una scuola socialista degli apparati governativi dei giovani), si pone anche una tale domanda: che cosa ha fatto di sbagliato? Avrebbe educato i giovani alla pace. Anche se a me lei non sembrava così sincera come Newman, si tratta di una domanda legittima.

Il vescovo di Oxford gli scrive se volesse davvero fare a Littlemore un monastero simile a quelli romani? Ha simpatia per Newman, ma su questo punto deve chiedere un chiarimento, perché un tale progetto implicherebbe "una evidentissima violazione di ogni disciplina ecclesiastica da parte sua (di Newman), ed una imperdonabile negligenza e trascuratezza dei mei doveri da parte mia". Il vescovo di Oxford pensa che sia una questione del suo "governo" stabilire la verità. Newman risponde gentile e sincero: quello che io faccio a Littlemore riguarda "me solo" ed alcune persone per cui io sento la responsabilità morale, non disciplinare: "non vi è nessun "monastero in costruzione' (così si era espresso il vescovo), nessuna 'capella', nessun 'refettorio'; vi sarà solo appena una stanza da pranzo o un parlatorio".



(12.11.19) "Non in dialectica complacuit Deo salvum facere populum suum" (Sant'Ambrogio, De fide, I, 42)

Negli anni dal 1841 al 1845, dopo il Tract 90 (gli articoli anglicani del XVI secolo devono essere interpretati in modo cattolico), di cui abbiamo già parlato, nasce la seconda parte del movimento di Oxford, che più esplicitamente vuole forzare la spinta verso Roma. Newman non vuole e sottolinea "nego di aver mai detto, intenzionalmente, qualcosa che danneggiasse in segreto la Chiesa d'Inghilterra allo scopo che altri lo sottoscrivessero incautamente". Certo Dio può convertire una persona in modo fulmineo (San Paolo), ma la via di Newman è stato un lungo cammino della sua anima, in cui lui non ha voluto forzare nulla dal punto di vista "logico", solo logico: "avevo una grande antipatia per la logica sulla carta (...) si ragiona con tutto l'essere, nella sua concretezza"; la "logica" non avrebbe mai potuto accelerare il suo assenso romano. Questo tipo di accelerazione porta ad eccessi ultramontani e antiliberali, che pur nella critica al liberalismo teologico di Newman, sono solo delle forzature "dialettiche" e contro di esse Newman cita la frase di Sant'Ambrogio che ho riportato come titolo di questa meditazione. 

Il che non vuol dire che Newman non abbia visto con chiarezza che la figura di San Leone Magno dava un colpo mortale al suo argomento dell'antichità a favore della Chiesa anglicana. I vescovi in Calcedonia avevano detto con chiarezza: "Pietro aveva parlato per bocca di Leone" (cfr. nota 23 alla pagina 196 dell'edizione italiana della Morcelliana(Jaca Book). "Alla lettura della lettera dogmatica di Leone i vescovi avevano esclamato: "Questa è la fede dei Padri, questa è la fede degli Apostoli. Così crediamo noi tutti".

Offro un breve Excursus su Leone Magno attraverso una mia breve meditazione scritta nel giorno della sua memoria il 10.11.

Oggi è la "memoria" di San Leone Magno (papa a partire dal 440) che aveva impressionato Newman per aver mantenuto "salda ed integra la fede". Il "breviario romano" ne presenta una pagina (Discorso 4, 1-2) che spiega la struttura gerarchia della Chiesa, ma che sottolinea anche che "tutti noi siamo uno in Cristo". Leone distingue tra il compito specifico del sacerdote e il sacerdozio di tutti i fedeli, ma anche quest'ultimo, che per Alberto Methol Ferré è il punto chiavo della Riforma luterana, viene presentato dal santo papa in modo geniale: come la "funzione regale" della sottomissione del corpo all'anima - il linguaggio è platonico, come spesso dai Padri, ma non per questo non cristiano, come sottolinea Balthasar; "governare il corpo" è forse qualcosa che dopo Freud ha altra caratteristiche che prima di lui, ma è pur sempre un tentativo di governo che fa parte dell'uomo ragionevole. Come una "coscienza pura" è pur sempre una delle mete più alte del cristianesimo, senza per questo scadere in una mania "fanatica" di purezza. Newman ci tiene molto per esempio alla sua "sincerità". 

Molto bello è anche il motivo di San Leone del legame con la Santa Sede "come motivo di grande gioia" e non di un peso; Leone non lega nessuno alla sua "povera persona", ma alla "gloria del beato Pietro apostolo". 

Quale è la meta di questo rinvio alla Chiesa gerarchica? Null'altro di quanto esprime un autore del secondo secolo, che viene presentato dal breviario romano come lettura patristica della domenica trentaduesima dell'Ordinario: Cristo volle e potè salvare tutto ciò che andava in rovina. Senza di Cristo la nostra vita sarebbe solo morte.

(11.11.19) Un no radicale al proselitismo romano. 

Tra le cose che più mi hanno impressionato e mi impressionano in questo viaggio lento nell'opera di Newman "Apologia pro vita sua" è che lui non arriva a Roma per una sorta di "proselitismo romano", né mai ha praticato lui stesso "proselitismo romano" nei confronti degli altri. Il suo unico tentativo fino agli anni 1841-1845 è stato quello di aprire la Chiesa d'Inghilterra a dei temi che avevano il diritto di stare in essa: in modo particolare la devozione alla Beata Vergine Maria. Riteneva che fosse un errore lasciare a Roma ambiti come le confraternite, le devozioni particolari, la devozione per la Madonna, la preghiera per i morti, le belle chiese, etc. Non ha mai avuto simpatie per le pratiche "politiche" (con Massimo Borghesi potremmo dire di "teologia politica") della Chiesa di Roma.

Quello che lo ha sempre rattristato sono state le "accuse vaghe", perché da esse non ci si può difendere; quando negli anni 41/45 il Movimento si apre a nuove persone (più radicali), si trova nel fuoco tra i vecchi amici e i nuovi, sa che quest'ultimi avrebbero bisogno di una guida e di una disciplina, sa che questo "compito spettava chiaramente a me, che avevo tanto influito nella loro formazione. Altrettanto chiaro, dopo tutto quello che ho detto, è che io ero proprio il meno adatto che ci fosse ad una simile impresa". Perché? Forse per la sua tentazione di dire "troppo".

Per quanto mi riguarda posso dire che dopo 17 anni nella diaspora (con una percentuale di 80 % di non battezzati) solo una persona ha chiesto il battesimo e che io, a parte forse i primi anni, in cui non sapevo ancora nulla della regione in cui ero, non ho mai voluto essere un "occupatore" (quello che ha le idee migliori...). Ed anche a proposito di questa donna che ha chiesto il battesimo non so bene se l'incontro con noi (Konstanze e me) sia stato davvero decisivo.

Ieri nella riunione annuale di Support Internationale e.V. a Monaco di Baviera ad un certo punto, alla presenza dei vecchi amici di Cl e del nuovo preside della mia scuola e del responsabile dei genitori, che avevo portato con me, mi sono accorto ancora una volta, che io dico "troppo". I vecchi amici si accorgono della passione con cui parlo, ma la capiscono? I due rappresentanti della scuola che avevo portato si sono accorti che c'è, in quello che dico, una motivazione pedagogica che ammirano, ma che non credo la capiscano. Di fatto, spero, come sempre, che Maria non tolga il suo mantello sopra il mio essere, che forse sconvolgerebbe i più.

(9.11.19. Dedicazione della basilica lateranense.) "Non angustiamoci e non anticipiamo nelle nostre previsioni una discordia quando al momento presente andiamo d'accordo" (Newman). 

Nel 1841 Newman aveva il sospetto "che il mio anglicanesimo potesse alla fine spezzarsi" e che forse si trovava già fuori dalla Chiesa anglicana, ma non è il tipo di persona che affretta i processi. Dobbiamo anche noi avere pazienza e non voler anticipare i processi, per la nostra fede nella provvidenza di Dio. Newman non è uno che stimi "una persona che, in seguito a qualche azione dei vescovi, lasciasse la chiesa su due piedi". Per quanto riguarda loro Newman dice: "chi ha sempre coltivato dei sentimenti di lealtà verso i superiori, o li obbedisce con la massima devozione o protesta con il massimo zelo", come ha fatto Newman quando la Chiesa d'Inghilterra ha voluto aprire, per scopi "politici" e non "teologici", un vescovado a Gerusalemme. Non protesta per un pericolo che non c'è ancora, ma per una decisione sbagliata esistente.

In forza dei suoi studi sull'eresia nei primi secoli della Chiesa Newman sa ormai che la Chiesa anglicana si trova dalla parte degli eretici; la "via media" ("il considerare l'antichità e non la Chiesa attuale come oracolo di verità...") che ha cercato di difendere negli anni precedenti per salvare la sua chiesa non funziona più, così cerca con una teologia biblica delle 10 tribù (1 Libro dei Re 15sg.) di Israele che si sono staccate da Giuda e da Davide di legittimare la chiesa anglicana. Come le 10 tribù non sono state costrette a salire a Gerusalemme "un anglicano non era affatto obbligato a lasciar la sua chiesa per quella di Roma anche se non credeva che la sua chiesa facesse parte dell'unica Chiesa. Il tempo urge è così in quattro sermoni del novembre e dicembre del 1841 parla - cosa che non aveva mia fatto in un sermone, che secondo lui serve a comprendere la Parola di Dio e non a parlare direttamente di attualità - dell'angoscia attuale in cui si trova e in cui si trovano amici e lettori dei tracts. Il suo intento, con la teologia delle tribù separate da Davide, è di calmare le acque e di fidarsi della provvidenza di Dio. Ma ormai le acque non sono per nulla calme, perché "per molti, invero, dire che l'Inghilterra aveva torto equivaleva a dire che Roma aveva ragione". Infine anche gli amici sono sconvolti ed uno gli scrive: "Credo che nessuna comunicazione da me ricevuta prima mi abbia mai tanto sconvolto come la tua lettera di stamani". Perché? Perché di fatto Newman metteva in dubbio un punto su cui un protestante è totalmente convinto: meditando e studiando la Scrittura, gli scrive l'amico "mi colpisce la somiglianza fra i principi romani nella Chiesa e la Babilonia di san Giovanni".

E noi che oggi in questa Chiesa ci viviamo, dopo i tanti scandali, sappiamo che questa somiglianza con la Babilonia di san Giovanni non è cosa astrusa. Dopo aver letto il "giorno del giudizio" (Valente, Tornielli) devo dire che se non avessi incontrato nella mia vita persone come Adrienne ed Hans Urs (con la loro teologia del sabato santo, che papa Benedetto XVI riprese in parte meditando a Torino sul sudario di Cristo), non avrei mai potuto rimanere in questa melma di peccati di perversione sessuale e di potere - non perché io sia puro, ma perché in essi molti sacerdoti e laici avevano superato ogni limite di decenza. Come Newman e forse ancor di più so che corro il rischio alle volte di "dire troppo" e quindi di aiutare forse alcuni, ma di sconvolgere altri. Devo ricordarmi di essere più paziente, senza perdere il zelo testimoniato anche nel Vangelo di oggi nel rito romano: Gv 2, 13-22).

Per quanto riguarda CL il continuo ripetere le stesse cose, rinviando alla presunta positività della nostra esperienza mi irrita, ma su questo ho già scritto tanto e per ora taccio.

Cerchiamo di seguire san Paolo: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio che siete voi" (1 Cor 3, 16- 17). San Cesario di Arles (470-543) ripete la stessa verità: "riordiniamo le nostre anime così come vorremmo trovare il tempio di Dio" (Discorso 229, 1-3) e questo non per una mania di purezza, ma per poter assaporare la Sua presenza salvifica.

(8.11.19) Nella storia delle sue opinioni religiose dal 1841 al 1845 Newman dice di essersi sentito in quegli anni come sul "letto di morte" della sua appartenenza alla Chiesa anglicana, ma anche sul letto di morte si può essere testimoni di una vita intensa e soprannaturale. L'impegno di questo uomo "non contemporaneo" (Ernst Bloch), che vive nel quarto secolo la sua presenza nel diciannovesimo secolo, per la "Chiesa una, santa, cattolica e apostolica" è per me di vitale importanza, perché anche se non in modo"esclusivo", ma "integrativo" credo che nel dogma dell'"extra ecclesia nulla salus" vi sia un momento di verità che non va perso nello sviluppo necessario del dogma stesso.

Newman è un "inglese", che proprio per questo non può rinunciare al "buon senso e alla mentalità pratica". Dopo il colpo degli attacchi dei vescovi e dopo l'abominio (Mt XXIV, 15) della "costruzione politica" del vescovado di Gerusalemme, non può ancora passare alla Chiesa di Roma, anzi "non pensavo affatto di abbandonare la Chiesa di Inghilterra", ma per lo meno sapeva che "se l'Inghilterra poteva stare in Palestina, Roma poteva stare in Inghilterra". Cosa gli impediva di passare a Roma? "Non potevo passare a Roma , finché Roma permetteva che si attribuissero alla Beata Vergine e ai santi degli onori che in coscienza io ritenevo incompatibili con la gloria suprema ed incomunicabile dell'Uno, Infinito ed Eterno". Questo senso dell'incomparabilità dell'Unico ed Eterno Dio lo rende un Padre della Chiesa, come con ragione ha sottolineato il cardinal Marc Ouellet. il "De civitate Dei" di Agostino, per citare un altro Padre della Chiesa, non è una difesa di una Chiesa, ma dell'Uno, Infinito ed Eterno Dio e così della sua "città"! Per questo l'Islam è una storia che ci riguarda, perché è testimonianza dell'Uno, Infinito ed Eterno Dio misericordioso! Il "moribondo" Newman sa che la Chiesa d'Inghilterra non può competere con Roma nella questione della cattolicità ed apostolicità, ma sa che è una Chiesa viva e santa, nel suo meglio. 

Newman non ne parla (almeno fino al punto in cui sono arrivato), ma vorrei ricordare un avvenimento del 1845, a cui mi ha reso attento un amico: "A proposito del rapporto fra cattolici e anglicani. Ho visto una puntata della serie Victoria, sulla regina di Inghilterra negli anni di Newman. In questa puntata si parla della carestia in Irlanda del 1845 che fece un milione di morti e causò l'emigrazione in America di 2 milioni di irlandesi. Il telefilm racconta molto bene il forte dibattito fra gli anglicani se si dovesse o no aiutare i cattolici irlandesi. In particolare parla di un pastore anglicano-irlandese Robert Traill (https://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Traill_(Irish_clergyman) )
Costui ruppe le diffidenze e si mise a lavorare con il parroco cattolico trasformando la sua casa in una mensa per poveri" (Bruno Brunelli). Questo è certamente una testimonianza della santità della Chiesa anglicana. 

Newman è uno studioso e parla di Melezio, vescovo di Antiochia (dal 360) che come dice una nota dell'edizione italiana che sto usando nella controversia sull'arianesimo, è "difeso da san Basilio ed osteggiato da San Gerolamo e papa Damasio" - come si vede due santi possono avere su una persona un giudizio del tutto diverso. Sarà confermato come vescovo per la sua santità ("dolcezza, mansuetudine e gentilezza") - Newman non è più convinto che la Chiesa d'Inghilterra non abbia tendenze eretiche, ma almeno sa che è una chiesa viva e santa e per ora ciò gli basta. Tanto più che la grande legge del dovere e della coscienza lo tiene ancora nella Chiesa anglicana, anche se forse dovrà rinunciare al sacerdozio, perché non può essere sacerdote di una chiesa che gli impedisce la sua missione voluta da Dio e da "nostro Signore": "interpretare gli articoli anglicani in senso cattolico". Così il suo problema non è passare a Roma, ma "dobbiamo occuparci di noi stessi - per diventare più santi, più capaci di abnegazione, più semplici, più degni della nostra grande vocazione". Chi pensa al dialogo tra le Chiese come una composizione politica, parte dalla fine, ma le "riconciliazioni politiche sono un fatto esterno, superficiale e ingannevole". Il primo passo è sempre la nostra santificazione, ma è chiaro che senza un rinuncia chiara ad ogni forma di sopravvalutazione delle soluzioni politiche e senza un reale atteggiamento di confessione da parte della Chiesa romana, per un uomo che segue la sua coscienza come Newman non è possibile il passaggio a Roma!

(7.11.19) Con la questione del vescovado di Gerusalemme, che la Chiesa anglicana aveva voluto nella Terra Santa per motivi politici e di prestigio (secondo il giudizio di Newman), comincia per il santo inglese quale via di grazia che lo porterà nel seno della Chiesa romana: Newman chiama questa sua presa di posizione come "l'inizio della fine". Della fine della sua permanenza nella Chiesa anglicana. Dobbiamo ben distinguere la dimensione storica del problema e ciò che noi tutti possiamo imparare dall'atteggiamento di Newman. Con questo vescovado di Gerusalemme, pensa Newman, la Chiesa anglicana non è più un ramo della Chiesa Cattolica, ma fa entrare al suo ingresso l'eresia, senza chiedere a chi entra nella Chiesa di confessare i suoi errori. Anche l'eresia può essere occasione di riflessione, ma non entrare nel grembo della Chiesa e quando vi entra, con il suo pericolo continuo di scismi, siamo al cospetto della tragedia pura.  

Ora, possiamo discutere se ciò che Newman ritiene eretico lo sia davvero (anche luteranesimo e calvinismo lo sono secondo lo studioso di Oxford); sono stati fatti tantissimi passi nel dialogo ecumenico. Ma certo è vero anche oggi: una chiesa che agisca per motivi di solo prestigio e efficacia politica smette di essere la Chiesa "una, santa, cattolica e apostolica" o un ramo di essa. Quando nella Chiesa è all'opera una "eterodossia presente", come lo è il liberalismo teologico, che di fatto quasi sempre finisce in miscredenza, il teologo non potrà che "protestare" (questa è l'unica protesta legittima, anche se viene portata avanti contro dei vescovi. Questa protesta viene fatta in modo solenne, "per scaricare la propria coscienza" in una lettera al suo vescovo l'11.11.1841.  

Il lavoro di Gianni Valente e Andrea Tornielli ci ha fatto vedere che il suddetto "liberalismo teologico" nella sua forma di "tradizionalismo reazionario" (Cfr. Il giorno del giudizio, Piemme Novembre 2018) è entrato nel seno della Chiesa e si è espresso nelle lettere aperte di Mons.Carlo Maria Viganò, anche per errori di scelta di un vescovo per motivi politici e di prestigio da parte di Roma (al tempo di San Giovanni Paolo II), penso al caso dell'elezione come arcivescovo di Washington D.C. di Theodore McCarrick nel 2001, voluta nell'appartamento papale (detto questo per me rimane chiaro che Giovanni Paolo II è un santo, anche santi fanno errori). Grazie a Dio, i Papi Benedetto XVI (meno efficacemente) e Papa Francesco (efficacemente) hanno preso di distanza da questo morbo nella Chiesa: un liberalismo libertino della carne, nato forse, come contraccolpo, di un'idealizzazione della carne stessa.  

Per quanto riguarda la via sinodale tedesca sotto la guida del cardinal Reinhard Marx direi, in forza della mia esperienza in Germania, che dura ormai da quasi trent'anni, che essa potrebbe (se diventano vincenti gli eccessi) rafforzare l' ingresso del "liberalismo teologico" nella Chiesa in Germania in cui saremmo confrontati con un' "eterodossia presente" (Newman) che coinvolgerebbe non solo il sacerdozio femminile (tema questo che non può che essere fonte di un ulteriore scisma), ma anche la messa in discussione del "surrexit Dominus vere"!

Anche sul rapporto con le altre religioni alcune delle posizioni di Newman sono superate, per il fatto che i santi (Charles de Jesus, Christian de Chergé, Paolo Dall'Oglio...) stessi hanno aperte vie che prima erano chiuse, ma vero rimane il giudizio ultimo di Newman: non si può tollerare a lungo errori nella Chiesa senza danneggiarla; solo bisogno identificare gli errori veri.

(6.11.19) Non c'è dubbio che al mia dialogo interiore con alcuni autori si è aggiunto con grande forza quello con John Henry Newman. Nel 1841 la sua intenzione di tutta una vita: la chiesa anglicana non deve perdere il suo rapporto con l'antichità cristiana, si approfondisce in questo principio: interpretare gli "articoli anglicani" (ne abbiamo già parlato: si tratta di quegli articoli del XVI secolo che volevano "fissare" l'identità della Chiesa anglicana) non nel senso di chi li aveva scritti, ma nel senso della dottrina cattolica. Perché? Una chiesa anglicana solo "protestante" non ha alcuna possibilità di difendersi contro il liberalismo teologico che stava invadendo l'Inghilterra e che ora ha invaso il mondo (da sinistra e da destra); il liberalismo teologico, o il protestantesimo liberale, però, non è altro che "miscredenza", con cui non è possibile dialogare, perché vuole minare, di fatto, le basi stesse della fede cristiana. Fa parte di questa sua cattolicità, prendere sul serio il giudizio del suo vescovo. Anche la pubblicazione del Tract 90 nel febbraio del 1841, in cui veniva espresso in modo chiaro il suo intento, non è stato condannato dal vescovo.

A differenza di Oxford io agisco nel silenzio della "falegnameria di Nazareth" (Droyssig, Wetterzeube) - nessun vescovo si occupa di me, anche se ne conosco alcuni. Il mio dialogo interiore in questi anni si è mosso, però, nella direzione del documento della fratellanza di tutti gli uomini, sottoscritto da Papa Francesco e dal Grand Imam Al-Tayyeb. Questo documento, da parte cattolica, non sarebbe mai nato senza le pagine sulla pace con tutti gli altri popoli del Concilio Vaticano II (per esempio "Gaudium et spes", 78; 88-90). Non è questo mio anche un intento liberal protestante? No, non lo è, perché in forza della "miscredenza" non sarebbe possibile alcun dialogo, né con l'Islam, né con il buddismo (Luigi Giussani), in vero neppure con un agnostico sincero. Con grande simpatia ho guardato anche al "sinodo dell'Amazonia", in cui l'ultimo passo della dottrina sociale cattolica, come ha mostrato Lucio Brunelli in un suo articolo recente per 'L'osservatore romano", cioè l'enciclica verde di Papa Francesco, la "Laudato sì", diventa feconda per una regione particolare della terra (l'Amazonia) e per tutto il mondo.

Io non so l'arabo purtroppo, il mio amore per l'Islam passa attraverso due santi, il secondo già canonico: Padre Paolo Dall'Oglio SJ e Padre Christian de Chergé ed era già cominciato con il mio incontro interiore con Charles de Jesus. Secondo me la cattolicità che ha così affascinato Newman oggi significa anche il dialogo con le grandi religioni del mondo, per cooperare alla pace e alla difesa del creato, ma anche e soprattuto per servire l'unico vero Dio!

(5.11.19) Ringrazio Dio per la santificazione di Newman

Sento in questi giorni una compagnia forte, quella del santo di Oxford, di ci testimoniano qualcosa questi aforismi che sto componendo sulla sua "apologia de vita sua". La sua lotta contro il liberalismo teologico, che crede di essere l'unica forma razionale di cristianesimo è per me liberante. In primo luogo liberante per tutte quelle forme di "bergoglianesimo" senza Bergoglio - tutte quelle persone che dimezzano il Papa e lo appoggiano per i loro interessi teologici o ne sono poi delusi, perché come ha fatto vedere Massimo Borghesi, nel libro che ora presenta in America Latina (Cuba, Cile) e che è tradotto in tante lingue: il Papa non è un liberale (nel senso di protestantesimo liberale), né un teologo della liberazione. Il Papa sottolinea solo l'autorità del Vangelo che non deve essere ridotta ad alcuna altra realtà (movimenti inclusi), Newman sottolinea l'autorità dei Padri della Chiesa, che nell'essenziale non si contraddicono per nulla, ma sono una reale sinfonia, opposta come lo può essere un violino e un contrabbasso, ma mai contraddittoria, sempre complementare.

Newman è un uomo dal cuore nobile che non ha mai amato essere nella mischia di gente che si massacra in pseudo discorsi; egli cerca sempre il momento forte, anche negli avversari. In questi dieci anni in Facebook ho imparato molto, anche a stare nella mischia, ma non ho nessuna intenzione di fare parte di quelle dispute che hanno solo un senso: dare voce a quello spirito demoniaco che sempre contraddice.

Newman non ha neppure nulla in comune con quei cardinali e vescovi reazionari e tradizionalisti che sono solo l'altra faccia del "protestantesimo teologico" - non è un caso che la lettera di mons. Viganò sia una lettera di protesta. Non crede ovviamente ad una negazione del dogma, ma certamente ad un suo sviluppo, come fece vedere qualche anno fa Benedetto XVI in un'intervista con il padreJacques Servais. Forse il cardinale che più gli assomiglia oggi è Marc Ouellet, che più volte ha dichiarato, anche pubblicamente, il suo amore per Francesco, anche se con una posizione forse più "conservatrice". Comunque non esiste nessun teologo serio che non sia "conservatore" (Henri de Lubac).

Quando come teologo ci serve della ragione, lo si fa sempre e solo come introduzione al Mistero (Luigi Giussani), quindi con quella modalità che Romano Guardini chiamava "opposizione polare e feconda" e che Hans Urs von Balthasar esprimeva con un movimento "gegenläufig" della ragione (un movimento a partire da due poli opposti), ma non contraddittorio.


(4.11.19) Sull'onestà e sull'appartenenza di Newman (e sulla mia?)

Dopo l'estate del 1839 Newman riflette su un unico cambiamento: se lasciare o meno St. Mary, la parrocchia di cui era responsabile; ne parla con un amico. Quali sono i suoi dubbi? 1. In primo luogo la lealtà nei confronti della Chiesa anglicana, che egli non si sente più di garantire. I suoi insegnamenti, anche se non mette ancora in dubbio totalmente la cattolicità dei 39 articoli anglicani, di cui abbiamo già parlato, ma che certo non si sente di difenderla a spada tratta, portano al cattolicesimo. Non tanto per gli argomenti (ci sono pochissime persone che prendono decisioni per argomenti) ma per la simpatia che Newman prova. 2. Lui ha sempre usato la parrocchia per scopi universitari e non conosce davvero i suoi parrocchiani.

Il Santo Padre Francesco in una recente predica ha insistito che non serve far parte ad un movimento, se non si ha la carta di identità del Vangelo (aiutare chi soffre), per cui direi che né un un movimento né una parrocchia (tengo conto di ciò che GP II aveva detto a riguardo, come due possibili vie della sequela di Gesù) non hanno la stessa valenza dell'appartenenza alla Chiesa tout court. Ho già lasciato una volta la fraternità di CL (mi sembrò allora che non ci fosse spazio per la mia missione particolare) e ci sono ritornato per una esperienza forte alla tomba di von Balthasar.

Questo ritorno mi ha permesso di fare l'esperienza forte dei "Contadini di Peguy", e di vivere un amicizia forte (non solo online) con il nucleo primitivo di questa esperienza. L'approfondimento di questa amicizia, però, mi ha aperto una visione sconcertante su errori di CL (non confessati a sufficienza) che portano le perone più oneste al margine della vita di CL o fuori di essa. Anche se poi qualcuno ritorna, ma con un senso di eccessiva "devozione al capo". Io non ho nessun mandato da parte di CL di approfondire la mia linea. L'unico organo con una certa autorità a cui ho fatto parte è la "diaconia allargata", ma l'esperienza ora è finita. Cerco di mantenere un rapporto vivo con alcune persone, ma la differenza si fa sempre più evidente: loro vivono di una impostazione culturale di CL legata ad un anticomunismo dell'era stalinista, che a me non serve per vivere ora nella diaspora.

Sebbene io ritenga che ci sia più valore caritativo nel parlare con persone al margine della vita di Droyßig (anche con un barbone) o con studenti di cui so la storia (morte della mamma) che in una azione caritativa, cerco di mantenere vivo il rapporto con l'esperienza di Support International (AVSI tedesco). Qui nella scuola ciò significa l'esperienza del "fondo di denaro di Papa Francesco", con cui abbiamo aiutato persone deboli. La prossima settimana porto a Monaco di Baviera il mio preside e il responsabile dei genitori - vediamo cosa dicono loro di questa esperienza. Una prospettiva dal di fuori è interessante per vedere dove ci si trovi.

Comunque visto che l'apparenza al Movimento non è della stessa valenza del possedere o meno la carta d'identità del Vangelo (lo dice il Papa, non io) per ora lascio perdere una approfondimento di questa questione.

Per quanto riguarda la questione della cattolicità: un mio amico pastore luterano, nella funzione religiosa con eucarestia nel giorno della Riforma (31.10.) ha celebrato e predicato in modo tale che non è possibile mettere in dubbio la sua cattolicità ( non quella romana, ma quella della Chiesa universale) - ma anche lui nella predica usa la formula teologica strana del "credo la chiesa cristiana" (io sono rimasto in silenzio e non l'ho pronunciato, ma visto che lui ha inviato esplicitante tutti all'eucarestia ci sono andato). Questa forma (la chiesa cristiana) è assurda, perché il motivo per cui è sorta non può che essere quello del distanziarsi da Roma e così di rendersi automaticamente "particolari". Newman spiega molto bene come mai la cattolicità della Chiesa anglicana, almeno prima facie, non implica un assenso a Roma. Il suo primo passo (dopo l'estate del 1839) è stato proprio quello di cercare di dimostrare che i 39 articoli anglicani erano, non nell'intenzione di chi li aveva scritti, ma in sé, cattolici).


(3.11.19) È segno di un'estrema mancanza di amore il continuo maledire ed imprecare

Cosa fa dopo il colpo dell'estate del 1839 Newman? Il nuovo santo inglese è un uomo della ragione: fermo, franco, coerente e vero; per questo motivo non accade ancora nulla; non vuole essere monofisita, non vuole essere eretico, ma ritiene vero il vecchio percorso: rimane fedele ai principi del dogma, del sistema sacramentale e dell'antiromanismo. Le obiezioni contro Roma sono diventare più precise e di fatto riguardano l'atteggiamento politico di Roma e nella figura di un irlandese (Daniel O'Connel) il cedimento al liberalismo.

Adrienne von Speyr nella solennità di "Tutti i santi" diventava romano-cattolica, non credo per motivi molto diversi da quelli di Newman: l'incontro con von Balthasar le permette di nuovo di pregare il Padre Nostro. Il meglio del "protestantesimo" lo eredita e di fatto tanti dei dettati di Adrienne riguardano la Bibbia (sola scriptura); questi commenti sono ripieni di quei principi del dogma e dei sacramenti a cui anche Newman è stato sempre fedele. Adrienne avrebbe poi permesso a Newman già in quegli anni dei dubbi di capire che la questione del purgatorio, dei santi etc. può essere presentata in modo del tutto conforme al dogma.

Non esiste nessun santo acriticamente liberale; per questo dopo aver letto un Twitter di Vito Mancuso ho scritto oggi nella mia bacheca: "Pensare che la risurrezione della carne sia una favola irragionevole e senza alcun fondamento è semplicemente non cristiano." Per questo e per altri motivi l'opera di Massimo Borghesi sul Papa, che fa vedere che il Papa non è né un teologo della teologia della liberazione né un pensatore liberale, è di vitale importanza.

I santi vivono della luce del Vangelo ed hanno una sola identità, quella delle Beatitudini e quella del "grande protocollo". Ascoltiamo Francesco:

"L’identità di questa gente che si radunava qui per celebrare l’Eucaristia e per lodare il Signore, è la stessa dei nostri fratelli di oggi in tanti, tanti Paesi dove essere cristiano è un crimine, è vietato, non hanno diritto. La stessa. L’identità è questa che abbiamo sentito: sono le Beatitudini. L’identità del cristiano è questa: le Beatitudini. Non ce n’è un’altra. Se tu fai questo, se vivi così, sei cristiano. “No, ma guarda, io appartengo a quell’associazione, a quell’altra…, sono di questo movimento…”. Sì, sì, tutte cose belle; ma queste sono fantasia davanti a questa realtà. La tua carta d’identità è questa [indica il Vangelo], e se tu non hai questa, non servono a nulla i movimenti o le altre appartenenze. O tu vivi così, o non sei cristiano. Semplicemente. Lo ha detto il Signore. “Sì, ma non è facile, non so come vivere così…”. C’è un altro brano del Vangelo che ci aiuta a capire meglio questo, e quel passo del Vangelo sarà anche il “grande protocollo” secondo il quale saremo giudicati. È Matteo 25. Con questi due passi del Vangelo, le Beatitudini e il grande protocollo, noi faremo vedere, vivendo questo, la nostra identità di cristiani. Senza questo non c’è identità. C’è la finzione di essere cristiani, ma non l’identità.

Questa è l’identità del cristiano. La seconda parola: il posto. Quella gente che veniva qui per nascondersi, per essere al sicuro, anche per seppellire i morti; e quella gente che celebra l’Eucaristia oggi di nascosto, in quei Paesi dove è vietato… Penso a quella suora in Albania che era in un campo di rieducazione, al tempo comunista, ed era vietato ai sacerdoti dare i sacramenti, e questa suora, lì, battezzava di nascosto. La gente, i cristiani sapevano che questa suora battezzava e le mamme si avvicinavano con il bambino; ma questa non aveva un bicchiere, qualcosa per mettere l’acqua… Lo faceva con le scarpe: prendeva dal fiume l’acqua e battezzava con le scarpe. Il posto del cristiano è un po’ dappertutto, noi non abbiamo un posto privilegiato nella vita. Alcuni vogliono averlo, sono cristiani “qualificati”. Ma questi corrono il rischio di rimanere con il “qualificati” e far cadere il “cristiano”. I cristiani, qual è il loro posto? «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio» (Sap 3,1): il posto del cristiano è nelle mani di Dio, dove Lui vuole. Le mani di Dio, che sono piagate, che sono le mani del suo Figlio che ha voluto portare con sé le piaghe per farle vedere al Padre e intercedere per noi. Il posto del cristiano è nell’intercessione di Gesù davanti al Padre. Nelle mani di Dio. E lì siamo sicuri, succeda quel che succeda, anche la croce. La nostra identità [indica il Vangelo] dice che saremo beati se ci perseguitano, se dicono ogni cosa contro di noi; ma se siamo nelle mani di Dio piagate di amore, siamo sicuri. Questo è il nostro posto. E oggi possiamo domandarci: ma io, dove mi sento più sicuro? Nelle mani di Dio o con altre cose, con altre sicurezze che noi “affittiamo” ma che alla fine cadranno, che non hanno consistenza?" ‬ (CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA PER LA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Catacombe di Priscilla in Via Salaria
Sabato, 2 novembre 2019).

Contro questa identità, che è l l'identità dei santi combatte la quarta bestia della visione di Daniele:

7, [7] Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna.

Commenta la Bibbia delle Paoline nell'edizione del 2009 a cura di Gianfranco Ravasi e Bruno Maggioni: la diversità della quarta bestia sta nella sua origine non orientale, ma occidentale. Il riferimento storico preciso qui è meno importante (Alessandro Magno), ma la connessione politica di questa bestia è decisiva.

Newman è un uomo libero che non desidera un'autorità che voglia dominare la fede - 2 Con, 1, [24]: Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi.

Non diventa cattolico romano perché vuole essere dominato da un altro; si accorge che tutte le sue imprecazioni e maledizioni contro Roma non portano alcun frutto, tanto meno per l'Inghilterra, ancora di meno per se stesso. Molte sono pregiudizi. Il più grande pregiudizio lo mette da parte ancora prima di quella estate: la Chiesa di Roma non è l'Anticristo, piuttosto esso si trova nel "genius loci" della città pagana che ha anche generato imperatori come Nerone (dico io).

Per quanto riguarda Pietro, ma in vero ciò vale per tutti i credenti. "Il Vicario di Cristo deve sempre sembrare al mondo un Anticristo(...). L'esistenza di quella calunnia rientrava quasi nelle note caratteristiche della Chiesa." La grande tragedia oggi è la scoperta sconcertante che tradizionalismo e liberalismo sono le due face della bestia con le dieci corne!


(3.11.19) Ho appena scritto alla Redazione dei "Contadini di Peguy": 


Sto seguendo l'indicazione di Roma, la santificazione di Newman, che è un conservatore che non ama il liberalismo teologico, come di fatto non lo amo neppure io, anche se forse in alcune posizioni posso sembrare liberale (teologia dei sessi), ma non lo sono per nulla: io faccio notare ciò che mi dice l'esperienza, anche con "liberalidad", ma appunto quella ignaziana, non quella liberale (sto parlando di teologia, non di politica, che mi interessa solamente di secondo acchito). Con questo confronto con Newman sto arrivando ad un punto che avevo già toccato quando scrissi il racconto della mia vita intellettuale (Libri ed altri ricordi); il tradizionalismo reazionario alla Ruini è solo l'altra faccia del liberalismo teologico; è interessante che un teologo liberale acritico (anche se alcune cose mi piacciano) come Vito Mancuso abbia una certa simpatia per Ruini. Chi si attacca alla corda della Catholica (Vangelo, Pietro, Dogmi e tradizione) non arriva mai a quegli estremi. Un saluto, r PS Ecco un twitter di Mancuso: "Il cardinal Ruini è contro i preti sposati. Non ha tutti i torti: fare il prete richiede un impegno di h24 e anche il marito non è un mestiere semplice. La soluzione della crisi vocazionale non è l'abolizione del celibato: è il sacerdozio femminile"; è interessante che il liberale Mancuso dia ragione a Ruini su questo punto, invertendo la gerarchia dogmatica: il celibato dei sacerdoti, che è sicuramente alcunché di prezioso, ma non dogmatico, diventa un dogma; il sacerdozio delle donne che contraddice il dogma, una possibilità. Su un altro punto invece Mancuso ha ragione: "Logico che Ruini appoggi Salvini, chi altro dovrebbe appoggiare "Ruini"? Rappresenta quella parte, da sempre maggioritaria, del cattolicesimo italiano fortemente conservatrice, e non solo italiano". Ma anche in questo punto Mancuso come Ruini si tengono fermi alla categoria ultima: conservatore/ non conservatore. Questa non può però essere la categoria ultima per i motivi che ho detto sopra: Vangelo, etc.

(2.11.19) L'estate del 1839 - "Vien meno la mia carne e il mio cuore, ma Dio è la forza del mio cuore" (Newman)

Non riesco a ricostruire precisamente la cronologia del tempo della controversia romana, di cui ho parlato ieri, e di questa estate del 1839. "Io avevo messo da parte la controversia romana da da più di due anni" - la frase mi ha stupito, visto che essa ha un'influenza negli anni 1836, 1838, 1841; comunque credo in quello che dice Newman a riguardo di questa estate: "Non ho motivo di supporre che il pensiero di Roma mi sfiorasse neppure lontanamente".

Cosa succede in questa estate? Un avvenimento! Per chi è filosofo o teologo l'avvenimento può essere anche una lettura o un periodo di studio. Ogni giorno che passa mi sto accorgendo sempre di più che questa lettura di Newman, nata per la sua santificazione, e per la frase del cardinal Ouellet, che si tratta di un nuovo Padre della Chiesa, sta penetrando il mio essere in modo molto profondo.

Newman si approfondisce nello studio dell'eresia monofisita (stiamo parlando del V secolo) e quello che scopre lo atterrisce: "vidi il mio volto in quello specchio: era il volto di un monofisita". Una "somiglianza spaventosa": "i principi e i procedimenti degli eretici di allora erano quelli dei protestanti di oggi. Lo scopersi quasi con terrore". Lo scoperse studiando il suo cavallo di battaglia: l'antichità cristiana!

Che cosa è in gioco? Un atteggiamento ecclesiale di chi è "sempre pronto ad adulare il potere civile" e "il potere civile mirava a sempre nuove annessioni, cercando di togliere di mezzo l'invisibile e sostituendo l'opportunità alla fede".

È anche la storia di oggi con la sconcertante scoperta, che persone che teoricamente sono d'accordo con le posizioni del Newman che ama i Padri della Chiesa e l'antichità cristiana, la usano contro il Papa, l'unico che abbiamo: Francesco!

Per Newman si pone l'alternativa: stare con i santi o con gli eretici, che possono essere coraggiosi come quelli che lui cita nel periodo dalla casa dei Tudor (https://it.wikipedia.org/wiki/Sovrani_d%27Inghilterra#Tudor_(1485-1603) ; 1485-1603) - un periodo turbolente del conflitto tra cattolici e protestanti. Poi un'amico gli fa leggere una frase che è il "colpo" di cui parlavo nei giorni precedenti: "La chiesa universale nei suoi giudizi è sicura della verità" (securus judicat orbem terrarum). Questo vale per Sant'Agostino e non per i donatisti! Vale per san Leone o sant'Atanasio e non per i monofisiti o per Ario. Se la Chiesa d'Inghilterra o la Chiesa degli USA di oggi si staccano dalla Chiesa universale, tanto peggio per esse!

Il "colpo" diventa meno doloroso e per un certo periodo di tempo dimenticato, ma il desidero di Newman è chiaro: non disubbidire al cielo! Alla pace che dona la santità e la preghiera è sincera: illumina giorno per giorno i nostri sensi (vista, udito, gusto, tatto, ascolto) in modo che ci sia gradito il tuo giudizio! "Vien meno la mia carne e il mio cuore, ma Dio è la forza del mio cuore".

Oggi come allora la Chiesa universale non stai mai contro Roma anche se Agostino in tutta la "Civitas Dei" non cita mai Roma (affermazione di Balthasar), per una questione chiara: la tomba di Pietro non è un privilegio "mondano" e la Chiesa universale può essere difesa anche ad Ippona. Ma con sant'Ambrogio, vescovo di Milano, possiamo dire: ubi Petrus, ibi ecclesia; ubi ecclesia vita aeterna!

(1.1.19; solennità di "tutti i santi") È la chiesa sempre invisibile nel suo tempo e solo la fede la percepisce?

Prima di riflettere sull'estate del 1839 (su quel "colpo" che accade in quelle vacanze estive), Newman nella storia delle sue opinioni religiose dal 1839 al 1841 presenta i contenuti della controversia con Roma negli anni 1836, 1838 e 1841. In gioco non è il ruolo del Papa come "centro dell'unità e fonte di giurisdizione", anche se veniva criticata "la pretesa peregrina di dominare le altre Chiese". "La controversia verteva sulla fede e sulla Chiesa. La posizione anglicana veniva vista, nei suo punto forte, come la difesa dell'antichità e apostolicità della Chiesa; quella romana, nel suo punto forte, come difesa della cattolicità ed universalità della Chiesa. Le obiezioni anglicane si possono riassumente in questa: la Chiesa romana accetta pratiche idolatriche riguardanti il purgatorio (pene sensibili) e i santi e la Vergine (che verrebbero idolatrati). Le obiezioni romane si lasciano riassumere in una: la chiesa anglicana si sarebbe isolata dalla fede della Chiesa nel mondo.

La grandezza di Newman consiste nella sua onestà, non compresa, né da amici né da avversari: 1. la posizione dell'avversario deve essere presentata in modo chiaro; 2. la presentazione dell'avversario deve essere presentata nel suo punto forte, non solo in quello debole; 3. si deve evitare la superficialità che consiste nel sottovalutare l'avversario. 4. non si devono turbare i propri fedeli. Riassunto: "l'onestà è la migliore politica".

Alla fine di queste controversie rimane stanchezza e tristezza: per chi è onesto come Newman, dopo tutto il dibattere si sente un vuoto che porta Newman al rifugio nell'idea spiritualista: "Dopo tutto, la Chiesa, è sempre invisibile nel suo tempo e solo la fede la percepisce". Il momento di verità di questa posizione spiritualista, secondo me, consiste nel fatto che il cuore di Gesù, che possiamo avvicinare solo con la fede, è il garante ultimo dell'unità della Chiesa, ma questo atto di fede accade in una comunità visibile. Come la comunione con tutti i santi, che per parlare con san Bernardo (Discorso 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5, (1968) 364-3689 non hanno bisogno di noi né sono oggetto di adorazione, ma ci aiutano ad adorare l'unico Dio ed amare il prossimo, accade in quella storia particolare (parrocchia. Movimento...) che Dio ci ha donato e che è del tutto visibile, in primo luogo nel volto di alcune persone.

(31.10.19) Una posizione moderata come equilibrio tra contraddizioni non è "cattolica"

Stiamo ancor riflettendo sulla vita di Newman nella primavera del 1839, prima ancora di quel "colpo" che accadrà nell'estate del 1839. Dovremmo fare ancora alcuni passi formali (non in questo post) per capire che cosa Newman pensasse della controversia romana allora, ma negli ultimi momenti, prima del colpo, ci da alcune indicazioni precise per come egli volle combattere sia il liberalismo (di cui abbiamo già parlato e che per Newman è uno "stato transitorio", che prima o poi si eliminerà da sé diventando scetticismo o miscredenza esplicita) che il puritanesimo.

Questo punto del "puritanesimo" per me è importante, perché lo ho incontrato qui nella terra di Lutero nelle posizioni diversamente "evangelicali". Non è questa la vera battaglia da combattere in un "tempo dopo Gesù, senza Gesù" (Peguy), quella vera oggi è quella tra i clericali laici e quelli religiosi, al tempo di Newman, ad Oxford, quella tra "verità cattolica e il razionalismo", ma allo stesso tempo mi ha preso alcune forze, perché con i "puritani evangelicali" hai la sensazione che sono vicini alla posizione di Roma, ma non lo sono. È una posizione "nebulosa". Manca di "basi intellettuali", di un "idea intrinseca"; è un labirinto di parole in cui si cita in continuazione Gesù, ma piena di contraddizioni: si è giustificati dalla sola fede, ma la fede da sola non giustifica, la grazia non dipende dai scarnanti, ma senza di essi non vi è grazia, i vescovi sono di istituzione divina, ma anche senza di loro si può essere chiesa. Qui non abbiamo a che fare con una polarità feconda, ma semplicemente con contraddizioni.

Ed anche quando queste contraddizioni vengono coperte da un abito moderato, questo abito non le rende cattoliche. Ed anche la via media di Newman non sarà praticabile, sebbene essa non fosse contraddittoria. Siamo alla primavera del 1839 come dicevo, ad Ottobre del 1839 Newman scriverà già al di là di questa supposta "via media".

Non sono d'accordo con Newman che lo spirito di Lutero è morto, diciamo che si trova raramente attivo - oggi è il giorno dalla riforma ed andrò al servizio della Parola del mio confratello ed amico pastore luterano Michael Gressler , che non ha una posizione "puritana", neppure "romana", ma certamente "cattolica" ed "evangelica" (non evangelicale), nel senso di Newman: un uomo che ama la liturgia e la musica, ed in cui lo spirito di Lutero è vivo.

Sono d'accordo invece che lo spirito di Ignazio è vivo, lo è in modo particolare in Papa Francesco. E sono del tutto d'accordo che non si devono fare previsioni per il futuro - "da quanto Agostino, quel gran luminare, risultò l'ultimo vescovo di Ippona, i cristiani hanno imparato a non arrischiare profezie su 'come' la provvidenza e (o?) porterà a termine ciò che ha iniziato" (Newman). Come ho accennato altre volte, io credo con Padre Dall'Oglio che l'Islam è il modo con cui la provvidenza sta portando a termine ciò che aveva iniziato con Agostino: una teologia, quella del grande Padre della Chiesa latina, che più di altre ha messo in evidenza che la confessione di Dio non è un accozzaglia di contraddizioni, ma il superamento dell'egoismo personale e collettivo. Per comprendere questo si dovrà capire che la teologia dell'esclusione si trova in un atteggiamento di fecondità polare nei confronti di quella dell'elezione: Abramo, nostro padre e padre degli ebrei e dei mussulmani, non si è occupato solo del figlio eletto, Isacco, ma anche di quello escluso: Ismaele. Non bisogna mai dimenticare che Agostino stesso ci ha detto che non è possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori della Catholica.

(30.10.19) Più vere sono le dottrine, più corrono il rischio di venire pervertite. Newman

Ogni movimento ecclesiale suscita anche degli "eccessi", questo viene spiegato dalla legge teodrammatica (Balthasar) suscitata dall'avvenimento di Cristo stesso. Più vero è quello che accade, più suscita un contro-movimento, che nel caso di Cristo stesso, singolarità assoluta di Dio (Parola singolare e assoluta di Dio), significa l'ultimo contrattacco del diavolo.

Per Newman ciò significa. "Ho la ferma convinzione che quegli eccessi fornissero una grandissima scusa a chi era geloso di noi o ci temeva, come furono pietre d'inciampo a chi simpatizzava con le nostre dottrine" (Newman)

Cosa voleva il Movimento trattariano? Testimoniare "l'innata bellezza e maestà del sistema del cristianesimo primitivo nel suo insieme". Alcuni difesero a spada tratta questo intento e questi principi, diventandone "avvocati altisonanti e volubili, parlandone tanto più liberamente in quanto non li credono profondamente radicati nella verità divina ed eterna". Questo è un punto decisivo: quando si difende una verità come se essa dipendesse dalla nostra difesa, non si crede realmente che essa sia radicata nella volontà di Dio! Newman commenta: noi non vogliamo l'appoggio di queste persone. Ancor di più: crediamo che alcune persone ci abbiano ritratto per gelosia o altri motivi, ma crediamo anche che vi siano persone che ci hanno criticato che sono davvero oneste. "Che cosa si può chiedere di più ai predicatori di una verità trascurata, quando ammettono che certe persone che non accettano la loro predicazione sono migliori e più sante di altri che le accettano?" Queste ultime non erano "responsabili del tumulto e del fango che accompagna qualsiasi grande movimento spirituale. Più vere sono le dottrine, più corrono il rischio di venire pervertite".

Non bisogna mai dimenticare che la "verità è sinfonica" (Balthasar), non si deve mai dimenticare che ci sono quattro vangeli, non uno. Che vi è una legittima varietà di carismi e di scuole nell'unica Chiesa. E che il succedersi di varie fasi di una dottrina e lo sviluppo di essa non ne mette in dubbio la sostanziale identità. Come non si mette in dubbio l'unico Cristo!

Per Bergoglio si possono dire cose simili. Cosa vuole il Papa? Testimoniare l'innata verità e bellezza del Vangelo! Ma ci sono stati e ci sono "bergogliani" che approfittano del movimento ecclesiale suscitato dal Papa per dire e sostenere dottrine che non sono cattoliche. Chi si è messo in prima linea a sostenere il Santo Padre: Padre Antonio Spadaro SJ, Massimo Borghesi, Lucio Brunelli, Gianni Valente, Andrea Tornielli, etc. ed anche nel suo piccolo i "Contadini di Peguy" avranno fatto anche certi errori e contribuito involontariamente a certe "eccessi", ma certamente non hanno mai voluto mettere in dubbio che il Santo Padre è espressione di ciò che vuole l'unica Chiesa, che ha le sue origini in Dio e il cui sussistere (della Chiesa) non dipende dalla nostra difesa. Il Papa non vorrebbe una cosa del genere.

Le polemiche contro il cardinal Marc Ouellet per la sua posizione sul celibato, anche se forse è possibile non avere la sua posizione, non tengono conto che ci sono certi conservatori (non tradizionalisti reazionari) della tradizione apostolica latina, che hanno compreso il senso ultimo del pontificato (attenzione ai poveri e alla natura nella sequela di Cristo morto e risorto), anche se non fanno proprie certe battaglie che rischiano totalmente di mettere in dubbio la tradizione apostolica latina stessa.

(28.10.19) Quando finisce un compito nella Chiesa

All'urto causato dal "tract" 90 sono dedicate le ultime pagine del capitolo dall'apologia di Newman dedicato alle sue opinioni religiose dal 1833 al 1839.

La condanna da parte del vice cancelliere e dei capi dei College, per la modalità adottata, ha il carattere di una condanna senza precedenti ad Oxford, conosciuta anche da strati sociali non intellettuali ed accademici. Si tratta del tract in cui Newman leggeva ed interpretava gli articoli e le omelie anglicane in dialogo con la Chiesa cattolica romana e che venne definito un "far fuoco contro la venerabile Chiesa nazionale".

In vero Newman è ancora convito degli "errori dominanti" (pratiche popolari superstiziose, accettate o non condannate) di Roma, ma non sa bene più cosa lui creda. Si trova nella "Schwebe", in un movimento oscillatorio tra la Chiesa anglicana e quella di Roma, che deve essere precisata ed interpreta "l'urto" come una tale possibilità di discernimento.

Sa distinguere tra chi lo attacca in forza di principi "sinceri ed onesti" e chi lo fa con "un'anima impietosa"; è contento dei pochi amici che lo difendono, ma non pretende che lo facciano, perché l'esposizione è troppo forte. Crede che il suo compito non esista più; il "movimento trattariano" (in riferimento agli opuscoli, tracts) sembra essere finito.

Quello che lo spinge a fare ciò che fa, in rispetto dell'autorità del vescovo di Oxford, che non gli è nemico, è difendere "gli interessi sacri che il Signore d'ogni grazia e di ogni potere mi ha affidati"; non ha nessuna tentazione di protagonismo: "Ho agito perché non agivano gli altri, ed ho sacrificato una quiete che apprezzavo".

Non posso leggere queste pagine senza un paragone con me, pur sapendo che tra il grande santo di Oxford e me vi è una differenza grandissima di statura (e di santità) e che il luoghi in cui io agisco: il Movimento in Germania, Ia mia scuola o Facebook non hanno una valenza nazionale e non sono paragonabili con la università di Oxford.

Per quanto riguarda il Movimento di CL ne sono già uscito una volta e non voglio ripetere l'errore, tanto più che l'esperienza alla tomba di Balthasar che mi ha riportato nella Fraternità la considero vincolante. E forse porta luce nel deserto di qualcuno. Anche se ho amici, anche tra i responsabili (e tra i vecchi: Mereghetti, Farina), che mi prendono sul serio c'è di fatto su tutto ciò che è la mia missione un silenzio agghiacciante. Quando ho cercato di fare alcuni passi per chiarire le ingiustizie che vedevo, alcuni amici, forse con cuore sincero, non hanno capito, altri non mi hanno preso sul serio, i miei timidi avvicinamenti a don Carrón, traducendo pagine e pagine di Ulrich, dopo un riscontro positivo sono finiti nel silenzio. Alcuni amici li ho messi in difficoltà ed hanno subito a loro volta, un atteggiamento simile a quello del mobbing. Da qui la mia decisione di non far parte di gesti pubblici (diaconia allargata, Esercizi, giornate d'inizio, sebben legga con attenzione i testi).

Cosa mi preme (premeva)?

1. Il sistema politico con cui è stato fatto il Movimento e viene fatto ancora non è mai stato davvero e in modo conseguente "confessato" - è solo cambiata l'agenda. Persone che sono state lasciate da sole e che vengono lasciate da sole, lo sono ancora.

2. Nel modo in cui don Carrón guida il Movimento, sia per quanto riguarda la realtà offline che per quella online, è preciso nel seguire il Papa e nel ricostruire cosa davvero pensasse don Giussani, ma manca di precisione di governo.

3. Ci sono delle iniziative che vengono fatte e pubblicizzate nel Movimento che sono reazionarie, in modo particolare per quanto riguarda la "teologia dei sessi".

4. Non vi è un chiaro giudizio sulla crisi che sta provocando il mondo tradizionalista (non tradizionale) e reazionario nella Chiesa a livello mondiale e che ha portato agli attacchi sconsiderati contro Pietro, che tantissimi di CL nella rete e non sostengono. Da qui le non chiarezze politiche di tanti che hanno portato a simpatizzare per Matteo Salvini.

5. Non vi è un chiaro giudizio sulla priorità di Cristo, anche nei confronti del carisma.

Davvero posso dire con Newman: non ho più fiducia in me stesso e non so se ho ancora un compito ecclesiale nel Movimento. Quello nella parrocchia, quello scolastico e nella famiglia invece è chiaro.

(27.10.19) Contro il "papismo" e gli "errori di Roma"

Newman si sente a casa sua nell'ambiente universitario di Oxford: "Le api per istinto di natura amano il loro alveare e gli uccelli il loro nido". Egli sa, però, che il successo del movimento dei "Tracts" non rimarrà inosservato: "più cresceva il successo, più si avvicinava l'urto".

Un vescovo pronuncia una leggera insoddisfazione con i tracts e Newman non si ribella: "anche la parola più leggera di un vescovo pronunciata "ex cathedra", è pesante". Il vescovo non insiste sul suo "potere di giurisdizione", cosa che meraviglia Newman, ma questi, da buon seguace di Cristo, sa che l'obbedienza pesa di più che la diffusione dei propri libelli (o del proprio blog, per parlare anche dell'oggi): se il vescovo avesse voluto il ritiro dei tracts, Newman avrebbe obbedito.

Il confronto teologico che Newman farà in quegli anni è il confronto con degli articoli di fede e delle omelie anglicane del tempo della riforma e dell'inizio del Concilio di Trento, che sono testi confessionali anglicani su cui ogni teologo anglicano doveva confrontarsi ed obbedire. Non entro nel dettaglio di queste pagine importanti della storia delle sue opinione religiose dal 1833 al 1839. In gioco erano tre cose: 1. l'insegnamento cattolico dei primi secoli; 2. i dogmi formali di Roma; 3. le effettive credenze e tradizioni popolari, accettate o sopportate da Roma. La posizione di Newman è molto differenziata; nel confronto con gli articoli e le omelie anglicane vuol far vedere che il dialogo con Roma è possibile. Ogni confessione ha le sue debolezze: per esempio i protestanti parlano di una salvezza per sola fede, che non si trova in Paolo e che è negata da Giacomo, confondendo "fede" con "grazia", non per questo sono disonesti, come Newman non si sente disonesto nel suo dialogo con Roma. Il vero "nemico" degli articoli e delle omelie anglicane non è il Concilio di Trento e le sue formule dogmatiche, che non era ancora concluso, ma la supremazia politica di Roma e le superstizioni popolari, tollerate da Roma (il fuoco del purgatorio, come esempio).

Ieri parlando con un luterano onesto del 1979 e del viaggio di Papa Giovanni Paolo II in Polonia come possibile inizio della caduta del muro di Berlino, questi mi faceva notare che senza Helmut Kohl e Michail Sergejewitsch Gorbatschow, dieci anni dopo, la caduta non ci sarebbe stata. Mentre i laici e forse i luterani tendono a sottovalutare il ruolo del papa polacco, i cattolici tendono a sopravvalutarlo. Riflettendo su ciò, mi è venuto in mente che di fatto alcune decisioni come quella di nominare Theodor Edgar McCarrick (2001), che veniva direttamente dall'appartamento papale, hanno carattere di "errore sistemico" e non "casuale"; anche se l'opera di Giovanni Paolo II è certamente una "terza via", né comunista né capitalista, egli nelle sue decisioni concrete, prese decisioni "capitaliste". Questo sbilanciamento di un papa polacco certamente santo, fa vedere quali problemi sono connessi con una supremazia "politica" di Roma.

Poi per quanto riguarda quella che Rafik Schami chiamerebbe la "superstizione romana" e che Newman in quegli anni chiamava gli "errori romani" contro cui combattevano gli articoli e le omelie anglicane, direi, pensando all'oggi, che vi è una sopravvalutazione cattolica di fenomeni come Padre Pio (che certamente era santo) o Medjugorje (che solo Papa Francesco ha preso di mira, con la sua ironia sulla Madonna postino), che non fanno bene alla Catholica, né all'ecumenismo. Io credo che vi sia un nocciolo di verità e luce negli eventi di Medjugorje, ma vedo anche come in queste posizioni "popolari" si nasconda un potenziale di grande disobbedienza a Roma e di una sottovalutazione dell'importanza della "ragione".


Non tutti i fenomeni soprannaturali - come quelli che Balthasar ci ha raccontato della vita di Adrienne - sono superstizione, ma l'accento deve rimanere sull'annuncio: non gli angeli che ha visto Adrienne, ma il suo commento al Vangelo di Giovanni, sono essenziali!

NB. Omelie anglicane. Newman ne riassume i contenuti in 26 punti: i testi biblici di Tobia e Sapienza sono da considerare "Parola di Dio infallibile"; importanze della Chiesa primitiva e dei Padri della Chiesa (in modo particolare: Agostino, Crisostomo, Ambrogio e Girolamo); importanze dei Concili, di cui sei sono riconosciuti da tutti: Nicea, Costantinopoli, Efeso, Calcedonia, etc.; la Cena del Signore come balsamo di immortalità; l'Ordine e il Matrimonio come sacramenti (mentre per Lutero il Matrimonio è "una cosa del mondo"; l'anima dei santi nella gioia del cielo; le opere di misericordia per purificare l'anima; l'importanza ed efficacia del digiuno e della preghiera; la possibilità di scomunicare un imperatore potente. Etc.

(26.10.19) Sul breviario romano

"Quel caro e familiare compagno che mise il breviario nelle mie mani è sempre nella Chiesa anglicana" (Newman). Nel 1836 Newman compone il "Tract" numero 75 sul "Breviarium Romanum". Quello usato da Newman è la "collezione di salmi, inni, lezioni, ecc. che costituiscono l'Ufficio divino della Chiesa romana, pubblicato a Roma nel 1568, sotto Pio V", come spiega una nota dell'edizione italiana della Morcelliana e della Jaca Book. Anche i suoi amici protestanti si spaventeranno all'uscita dell'opuscolo sul tema, ma Newman ci tiene a dire che gli è stato messo nelle mani da un anglicano stesso. Newman ne parla come "un meraviglioso, affascinante monumento della devozione dei Santi".

Anche se non senza interruzioni è certo una delle forme di preghiera che io ho più praticato. Ci sono stati degli anni in cui la mia fonte di preghiera più grande è stato il commento al Vangelo di Giovanni di Adrienne von Spyr. In questo momento sto meditando il "Messale quotidiano. Letture bibliche dei nuovi lesionati CEI (nei tre cicli inseriti dopo il Concilio Vaticano II, prima vi era un solo ciclo, quello usato ancora oggi sostanzialmente dai luterani). L'edizione che uso è quella della San Paolo del 2010, che ha delle brevi ed efficaci introduzioni per ogni lettura. La "liturgia delle Ore" da me usata (qualche volta ho usato quella di Comunione e Liberazione) è quella con imprimatur del 1975 (in questo momento ho il quarto volume sotto mano, in cui si trova la 29esima settimana dell'Ordinario) che viene "considerata 'tipica" per la lingua italiana. Oltre ad una familiarità con salmi e santi, offre una grande scelta di testi dei Padri della Chiesa e in questa nuova versione anche di alcuni testi del Concilio Vaticano II. Per me è stata un occasione per conosce sant'Agostino.

Questo tipo di testi "romani" sono stati e sono per me non solo fonte di preghiera, ma anche di fedeltà alla Chiesa di Roma. Per Newman sono stati un modo di conoscere meglio la Chiesa romana. Quando quattro amici del nuovo santo inglese vollero tradurre i quattro volumi del breviario (Newman non era d'accordo), Pusey, il professore di Oxford di cui abbiamo già parlato, riteneva che ciò sarebbe stato possibile se il testo fosse stato "expurgated" - suppongo, ma non lo so, bisognerebbe farne uno studio, che certi santi, forse come Thomas More, non fossero graditi alla Chiesa anglicana.

(25.10.19) Newman e Padre Dall'Oglio - sulla reale presenza della benevolenza di Dio

Nel 1838 in un opuscolo, che io conosco solo dalla citazione nell'Apologia, Newman approfondisce il tema della della "reale presenza eucaristica" in collegamento con un'idea a cui era "stato affezionato per tanto tempo: la negazione dello spazio tranne come idea soggettiva della nostra mente" - la donazione eucaristica del suo corpo accade ora, perché la differenza tra il suo tempo e il nostro non è una questione di "cronologia"; lo spazio, quello cronologico oggettivo, così importante per la nostra vita di lavoro e di commercio non esiste come entità assoluta. Il dramma del nostro tempo è di prenderlo come tale e per questo siamo continuamente stanchi ed esauriti. Entrare in se stessi è anche una questione di "sapore" del tempo. Non so per Newman, ma questa idea "soggettiva" del tempo, che ereditiamo da Agostino, mi sembra una categoria positiva: ne abbiamo bisogno per non essere risucchiati dal tempo oggettivo capitalistico e per metterci in contatto con l'unica fonte di vita definitiva: il pane di Cristo e il suo sangue.

Sempre nel testo citato ieri di Padre Dall'Oglio del 2007, il grande gesuita, rapito ormaii cinque anni or sono in Siria, scrive: "Ebbene, se quando Abramo riceve da Melchisedec l'offerta del pane e del vino sappiamo leggere i segni eucaristici, perché quando Abramo dà ad Agar acqua e pane non sappiamo riconoscere i sacramenti della Chiesa? Tra l'altro questa misteriosa assenza di vino che ci parla molto chiaramente di Islam" (citato in Paolo Dall'Oglio. La profezia messa a tacere, a cura di Riccardo Cristiano, Milano 2017, 108). Ma se non i sacramenti della Chiesa, perché non pensare almeno ad un gesto sacramentale di benevolenza che potrebbe esserci utile anche laddove non è possibile offrire il sacramento in senso stretto?

Excursus: Riflessione sull'Islam (Agar e Ismael)

Come faceva notare padre Paolo Dall'Oglio SJ nel congedare Ismael e Hagar Abramo lo fa donandole "pane e un otre d'acqua" (Gen 21, 14). Il padre gesuita lamenta con ragione il fatto che nessun Padre della Chiesa abbia visto il valore sacramentale di questa azione. Questa sera vorrei sottolineare il fatto che Dio si occupa lui stesso di riempire l'otre quando e vuoto e ripete la promessa: "farò di lui (Ismael) una grande nazione"(21, 18).

Gia nel capitolo 16 e 17 siamo confrontati con questa seconda elezione, che di fatto è un "esclusione" (voluta da Sara ed Abramo, ma più da Sara nel capitolo 21), ma pur sempre sotto la protezione di Dio. Nel capitolo 16 Dio invita Agar a ritornare da Sara, ma dapprima le viene fatta questa promessa:

Gen 16,
[9] Le disse l'angelo del Signore: "Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa".

[10] Le disse ancora l'angelo del Signore: "Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine".

[11] Soggiunse poi l'angelo del Signore:
"Ecco, sei incinta:
partorirai un figlio
e lo chiamerai Ismaele,
perché il Signore ha ascoltato la tua afflizione.

[12] Egli sarà come un ònagro (un asino);
la sua mano sarà contro tutti
e la mano di tutti contro di lui
e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli".

Agar è colpita da questo intervento di Dio è si sente come colei che vede Colui che vede (!6, 13)!

Vi è poi la descrizione del patto tra Dio e l'uomo nel segno della circoncisione ed una preferenza del figlio Isacco, ma ciò non toglie che
Gen 17,
[20] anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e molto, molto numeroso: dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione.

[21] Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo".

[22] Dio terminò così di parlare con lui e, salendo in alto, lasciò Abramo.

Questa prima preferenza di Dio per Israele nella linea Abramo-Sara-Isacco non potrà mai essere dimenticata - Dio non cambia idea come ci ricorda San Paolo (Rom 11). Ma la grandezza dell'Islam (la linea Abramo-Agar- Ismael) si trova già in queste pagine: la benedizione di Dio vale anche per l'Islam!

(24.10.19) Nei suoi "Sermoni universitari" (1838) Newman cerca di spiegare il rapporto tra fede e ragione, nel senso di trovare una "base essenziale della fede religiosa, anteriore alla distinzione nei vari simboli di fede". Questo lavoro è "serio e necessario", ma nel nostro tempo della globalizzazione deve essere fatto non solo con i "simboli di fede" cristiana. Nei giorni scorsi ho sottolineato l'importanza der ritorno ai Padri di Newman (egli vuol far vedere che il suo percorso che lo porta a Roma non viene da influenze esterne, ma dal lavoro della sua mente e dalle sue amicizie anglicane), ma ovviamente anche i Padri non ha scoperto tutto ciò che è possibile scoprire nella Bibbia e che Padre Dall'Oglio ha spiegato in un'introduzione del 2007, ad una rubrica sul dialogo islamo-cristiano. La "sete di Ismaele" era il titolo di questa rubrica: "Se imparassimo a leggere il mistero della Chiesa nell'esclusione e non solo nell'elezione, allora le cose si illuminerebbero con un'altra luce (...) Ismaele è buttato sotto un arbusto nel deserto: come non pensare alla croce? Agar - questa donna carica del figlio, che porta il peso del figlio - si nasconde dietro il suo velo di sofferenza: si può non pensare a Maria sotto la croce? Ma nessuno dei Padri della Chiesa ci ha pensato, perché quella era maledetta".

#Breviaforismi

(23.10.19) Esiste ancora la Chiesa cattolica unita? 
#Newman è una mente fine che si è identificato con la tradizione medievale dell'università di Oxford. Fino al 1839 la sua posizione ecumenica ha tre principi: il dogma, il sistema sacramentale e l'anti-romanismo (cioè una posizione avversa alla Chiesa di Roma). Ritiene necessaria una "protesta", "con dolore, non con esultanza". Bisognerà capire bene quale sia il motivo ultimo di questa protesta, che cerca una "via media" tra il papismo e il protestantesimo, anche se si accorge che questa posizione è più teorica che un avvenimento reale. Questa via media ha un "sincero desiderio di cooperare con Roma i ogni cosa lecita". 
Non posso entrare nello specifico, ma credo che si possano ereditare alcuni elementi, che sono validi ancora oggi, per una reale teologia ecumenica. 1. Bisogna evitare ogni posizione estrema, ogni polemica violenta con criteri politici. 2. Non dobbiamo migliorare l'altra chiesa, ma la nostra: "guardiamo in casa nostra". 3. Vi è stato un periodo in cui la chiesa greca, quella di Roma e quella anglicana (aggiungerei anche quella di Wittenberg e poi tutte le altre chiese: armena, copta...) "era stata una" - il tempo del Vangelo e dei Padri della Chiesa. A danno della "verità" e della "carità" ci sono state divisioni - ma la verità dell'amore gratuito di Dio non è mai stata distrutta; io lo spiego così: nel cuore di Gesù la Chiesa è ancora una, santa e apostolica! Newman dice: "ciascun ramo (greco, romano, anglicano) si identifica con quella Chiesa primitiva e indivisa, e nell'unità di quella Chiesa aveva unità con gli altri rami. I tre rami concordavano "in tutto fuorché" (corsivo nel testo di Newman) nei loro successivi errori accidentali". 4. Newman fa un primo elenco di cose comuni, non suffficienti, perché ve ne sono ben di più. Ascoltiamolo: 
Viene accettato lo stesso credo (quello apostolico, quello di Nicea e quello di Atanasio)... per salvarsi è necessario credere in certe dottrine. Per esempio nella dottrina della Trinità, dell'Incarnazione e della Redenzione. Del peccato originale. Della necessità della rigenerazione (non si può confessare Cristo e poi non trarne alcuna conseguenza, come sottolinea anche Adrienne nel commento a Gv 7,12). Della grazia soprannaturale dei sacramenti. Della successione apostolica. Dell'obbligo della fede e della obbedienza. Dell'eternità del futuro castigo. 
Da Hans Urs von Balthasar, Benedetto XVI e Papa Francesco imparo a temperare, non a negare questi punti d'accordo: possiamo giungere a Cristo per un attrazione, non per uno sforzo morale o dottrinale, ma alla scuola di Cristo, nel tempo a noi necessario, impariamo anche le dottrine di cui parla Newman, non solo nella teoria, ma come avvenimento. In modo particolare da Balthasar imparo che l'eternità del futuro castigo e la speranza per tutti non sono una contraddizione, ma una polarità feconda. Da Padre Paolo Dall'Oglio e da Padre Christian de Chergé imparo a coniugare questi punti con un dialogo con l'Islam. Da Papa Francesco la "fraternità di tutti gli uomini". 
Una particolare attenzione vorrei dare infine alle "Lettere sulla giustificazione" del 1837, un'opera complessa, da quanto capisco da una nota nell'"apologia", in cui si discute un problema all'interno del protestantesimo e cioè se la "sola fide" sia uno "strumento primario di salvezza" o uno "strumento dopo il battesimo". Nel 1837 Newman sosteneva più (!) l'idea di Melantone che di Lutero. La posizione di Lutero (fide justificat sine et ante charitatem) sarebbe un provocazione che non deve essere presa alla lettera; chi giustifica è Dio, non la fede o le opere, quindi ciò che conta è il "sola gratia", insegna Melantone. Così espressa è forse simile alla posizione di don Tantardini (Agostino), che comunque soleva dire, come ho imparato da Massimo Borghesi, che non "tutto è grazia", ma "tutto diventerà grazia".

(22.10.19) Per tentare una prima sintesi, di quello che sto imparando leggendo la prima e la seconda parte della apologia di Newman: egli non arriva alla Chiesa di Roma saltando la teologia anglicana. Vi arriva approfondendo quest'ultima nella lettura dei Padri della Chiesa. Non credo che vi sia un accesso alla Chiesa di Roma, senza un legame con i Padri e le Madri della Chiesa (per me la più importante è la von Speyr). Allo stesso tempo proprio come Newman non ho simpatia per una educazione autoritaria, che come ci ha insegnato Luigi Giussani non prende sul serio la libertà e l'esperienza - che non è riducibile a sperimentazioni, ma che ha una sua base empirica che non possiamo non prendere sul serio. Infine mi lega a Newman la necessità dell'uso della ragione.


(21.10.19) Riflessioni su un Movimento ecclesiale

Nella storia delle sue opinione religiose dal 1833 al 1839 di Newman ci sono alcune pagine che mi hanno fatto riflettere sia sul grande Movimento di Comunione e Liberazione, alla cui fraternità io appartengo sia sul piccolo movimento qui in Facebook che porta il nome di "Contadini di Peguy". Io rimano ora legato a ciò che dice il nuovo santo inglese, poi ogni persona faccia, se vuole, i suoi transfer. In genere direi che la critica al liberalismo teologico che attaccava la "vecchia ortodossia" è il problema specifico per cui sorge il movimento di cui faceva parte Newman, ed anche se i "Contadini di Peguy" hanno lottato contro una certa forma di tradizionalismo politico, sono e rimangono un movimento cattolico alla sequela del Papa che non è un "liberale", anche se ama la libertà. Ora la parola a san John Henri.

Egli non si considera come capo partito, "ma solo come uno degli autori di punta" del movimento. Narra questa storia del movimento dal suo punto di vista, senza la pretesa di giudicare gli altri e senza credere che il suo punto di vista sia l'unico.

Per essere capo partito bisogna non solo "innalzare un popolo", ma "guidarlo"; Newman non si riteneva capace di governare un movimento, perché gli mancava quella serietà e convinzione di sé propria di un capo partito. Di fatto lui ragionava troppo nel senso del "vivi e lascia vivere". Anche nella serie di cose pubblicate nei "Tracts" passavano cose che non si trovano in una familiarità necessaria con il suo pensiero, se avesse voluto esterne la guida, l'autorità. Solo con l'entrata nel Movimento del professor Edward Bouwerie Pusey (1800-1882) arriva nel movimento una personalità che si oppone seriamente e senza troppi dubbi intellettuali agli attacchi liberali ad Oxford. Il criterio che Newman da per questa guida influente (come professore di Oxford era molto influente) mi sembra però decisivo: "l'intima amicizia e la familiarità quotidiana con le persone che avevano iniziato quel movimento. Aveva uno speciale diritto al loro attaccamento, quel diritto che nasce dalla presenza viva di un affetto fedele e leale" (edizione italiana citata, 91). Secondo il mio modesto parere questo tipo di attaccamento non lo si può avere da un pulpito davanti a 20.000 persone, né lo su può avere in un luogo digitale come è Facebook.

Il capo partito Pusey, "valeva da solo tutto un esercito", era di animo "fiducioso, ottimista; non aveva paura degli altri; non era tormentato da dubbi intellettuali (...) aveva fiducia nella propria posizione" - era capace di richiamare tutto il movimento a "più sobrietà, più serietà, più attenzione, più senso di responsabilità". Era capace di far sorgere anche un grande progetto che nel caso specifico si trattava di una biblioteca in cui venivano tradotti i Padri della Chiesa, con lo scopo di fare vedere che la Chiesa è semper reformanda, ma non necessita un liberalismo teologico che la distrugge.


(20.10.19) Nella storia delle sue opinioni religiose dal 1833 fino al 1839 Newman approfondisce la sua critica al liberalismo teologico; con questa lettura non rinnego nulla di ciò che ho imparato da Massimo Borghesi sulla "legittimità critica del moderno", ma approfondisco appunto la parte "critica". 1. In primo luogo non vi è una fede senza dogmi. Il liberalismo teologico agisce come "principio antidogmatico"; una tale concezione distruggerebbe la fede della Chiesa. La lettura dei Padri della Chiesa è l'antidoto giusto per evitare questo pericolo. Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, sono stati per me l'introduzione a questo pensiero. Ai Padri ho aggiunto alcune madri: in primo luogo Adrienne von Speyr.

2. La Chiesa non vive in primo luogo di opinioni teologiche, ma dei sacramenti. La visibilità della Chiesa è in primo luogo quella sacramentale. Il "sistema episcopale" e in primo luogo il vescovo come persona, sono il modo in cui Cristo ci raggiunge oggi. La valorizzazione teologica dei laici contri i vescovi (legati al Papa) è un'assurdità. Anche l'idea sinodale non può essere contro il sistema episcopale.


(18.10.19) "Come impedire al liberalismo di entrare nella Chiesa?" (Newman)

Nella mia lettura della "Apologia pro vita sua" di Newman, appare una domanda, già prima del 1833, ma che procede anche nel capitolo delle sue opinione religiose fino al 1839, che mi coinvolge molto profondamente: "come impedire al liberalismo di entrare nella Chiesa?" (edizione italiana citata, 58). Questa domanda deve evitare gli estremi dell'apatia e dell'apprensione. Ovviamente implica anche l'approfondimento di cosa sia per Newman il liberalismo. Ci ritorno su; in quegli anni Newman contrapponeva liberalismo a riforma. Quest'ultima ha come termine di paragone la Chiesa primitiva, il primo invece il cosa si pensa oggi.

Con Newman ritengo che la "Chiesa cattolica ed apostolica" non possa essere risucchiata da tendenze liberali acritiche: per questo non ho per nulla simpatia per certi bergogliani, che secondo me non capiscono nulla di Bergoglio e capisco l'angustia interiore che un amico come Adrian Walker ha nel vedere quale potenza in Germania abbia una persona ambigua e mondana come il cardinal Marx.

Cosa intende Newman per liberalismo? Ascoltiamolo: "La libertà di pensiero in sé è un bene; ma apre la strada ad una falsa libertà. Ora, per liberalismo io intendo, la falsa libertà di pensiero ossia il pensiero che si esercita in un campo dove, per la struttura della mente umana, non può raggiungere nessun risultato soddisfacente, ed è perciò fuori luogo. In questo campo rientrano i principi di qualunque genere; e tra questi, i più sacri ed importanti sono da considerarsi le verità della Rivelazione. Il liberalismo commette l'errore di assoggettare al giudizio umano quelle dottrine rivelate che per loro natura l'oltrepassano e ne sono indipendenti; e di pretendere di determinare con criteri immanenti la verità e il valore di preposizioni la cui accettazione si fonda esclusivamente sull'autorità esterna della Parola di Dio" (ibidem, 305)

Anche se io sono convinto che il metodo sinodale sia l'unico metodo per integrare il papato nella chiesa universale (cattolica e apostolica), la via sinodale tedesca è stracolma di criteri solo immanenti e mondani, che se fossero presi sul serio porterebbero a negare tutto ciò che è essenziale alla Chiesa, in primo luogo il "resurrexit Dominus vere"!

Credo che nelle questioni come il celibato, che non sono dogmatiche, sia necessario prendere molto sul serio l'esperienza, senza però dimenticare che il Signore ultimo della verginità è Cristo stesso.

Nelle sue opinioni religiose fino al 1839 Newman offre anche uno sguardo su alcuni errori compiuti nel gestire il movimento di Oxford di riforma della Chiesa. Buono è il personalismo di questa iniziativa versus ogni forma sistematica; problematico il fatto che l'intelligenza ed ironia di Newman, a volte troppo diretta, hanno offeso anche persone che invero sarebbero state amiche della riforma. Mi riconosco in tutto in queste debolezze.

I "Contadini di Peguy" di fatto agiscono per lo più ognuno attento alle proprie cose; Facebook non è "luogo" sufficiente per unire la loro opera. La stessa difficoltà aveva Newman con il suo movimento (mutatis mutandis), perché le persone non si trovano tutte in quel "luogo" che era Oxford.

È certamente un segno di buona visione ecclesiale che il Movimento di Comunione e Liberazione, sotto la guida di don Julián Carrón, abbia riflettuto sul tema dell'autorità, che per l'appunto non è un tema "liberale", nella ultima giornata d'inizio anno.

Il mio dialogo intimo con l'Islam, sulle orme di Padre Paolo Dall'Oglio, Padre Christiane de Chergé e dello stesso Papa Francesco è anche integrabile in questa critica del liberalismo, ispirata al cardinal Newman.

(17.10.19) Già dalle prime pagine della apologia  di Newman, nella storia delle sue opinioni religiose fino al 1833, imparo tantissimo. In primo luogo vedo che il suo cammino al cattolicesimo non passa, in quegli anni, attraverso l'influenza diretta della Chiesa di Roma, ma dal suo confronto con i Padri della Chiesa e in modo particolare con la Chiesa di Alessandria. Tanto più egli comincia a criticare il suo liberalismo giovanile, tanto più si riavvicina ai Padri. Se posso fare una critica all'interessante filosofo italiano Vito Mancuso, credo che essa consista nel fatto che il suo liberalismo, per quanto legittimo, sia troppo poco critico. Vedo invece in Massimo Borghesi una via critica di appropriazione del liberalismo. 

Per quanto riguarda i miracoli la posizione di Mancuso è chiara: dopo i grandi miracoli del tempo del NT, non è probabile che essi si ripetano. Newman invece dice, pur nello sviluppo del suo pensiero su questo tema, che è necessario un discernimento sui veri (da accettare) e falsi (da rifiutare) miracoli (posizione del 1826), sul loro maggiore o minore grado di probabilità (1842). Io la penso così. Quello che Adrienne von Speyr ha vissuto e che Balthasar ha riportato mi rendono più vicino alla posizione di Newman. 

In genere dai Padri della Chiesa imparo da Newman che "il mondo esterno, fisico e storico, era solo (toglierei per quanto riguarda il mio pensiero il "solo";rg) la manifestazione ai nostri sensi, di realtà che lo sorpassavano. La natura era una parabola; la Scrittura una allegoria, la letteratura, la filosofia e la mitologia (!!!rg) pagana, rettamente intese, erano soltanto una preparazione al Vangelo" (edizione italiana citata, 54). 

Traduco per me: non solo l'AT, ma tutto il pensiero umano è in cammino verso il Vangelo. La rivelazione del Vangelo non distrugge la rivelazione che accade nella natura, ma la integra. Etc. Dai Padri possiamo imparare l'equilibrio tra l'universalità della cultura e la singolarità di Cristo, a non vedere tra questi due poli una contraddizione, pur essendo la singolarità di Cristo un di più non deducibile dalla cultura umana. Dire infine che la natura è parabola non significa degradarla. 

Ciò che Newman insegna sugli angeli lo trovo anche molto importante, anche per chiarire il rapporto tra natura invisibile e visibile: " Ogni alito di aria, ogni raggio di luce...sono per coi dire l'orlo della veste degli angeli". Ciò non significa che la luce o l'aria non siano in sé importanti, ma quel "in sé" non li distacca dal mondo invisibile degli angeli, che guardano sempre Dio. Per Hölderlin la luce ha carattere divino (Romano Guardini). Newman è meno "teologico" in questo di Hölderlin, ma ci ricorda che non esiste mai una "natura pura", perché essa è invece "dono". 

L'idea degli spiriti delle nazioni - angeli non del tutto caduti, ma neppure santi, è affascinante. Cosa dire per esempio dell'angelo della Turchia?

(16.10.19) Negli anni fino al 1833 Newman comincia a coltivare anche amicizie stabili e che lo arricchiscono profondamente. Il problema teologico che aveva era quello di un assenso reale alla fede.(1) Come nasce una convinzione? Come si distingue da un'opinione? Come distinguere verità e superstizione? In quel periodo scrive frasi molto belle, come questa: 
"Il vangelo è una legge di libertà. Siamo trattati da figli e non da servi; non siamo sottoposti a un codice di comandamenti formali, ma chiamati come persone che amano Dio e desiderano compiacerlo" 
Allo stesso tempo, questi frasi ad effetto non lo convinco del tutto, anche se le ha scritte lui, "perché non scendevano fino alla radice della difficoltà". Si trattava per lui, che ha una mente scientifica e filosofica, di arrivare fino ad una certezza di uguale estensione e intensità "delle più rigorose dimostrazioni scientifiche". 
Allo stesso tempo, però, di avere "tolleranza delle credenze, opinioni e congetture di altri"; a parte nel caso che si trattassero di "superstizioni". 
In questo tipo di problemi vedo in Newman una delle fonti di Luigi Giussani nel suo "Percorso". 

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(1) In vero aveva anche un secondo problema che si può riassumere così: " i fenomeni materiali sono allo stesso tempo i tipi e gli strumenti di realtà invisibili". Una questione per me molto importante e decisiva, per chi, come Luigi Giussani, da un valore teologico all'esperienza.

(15.10.19)

Cosa dire della storia delle opinioni religiose di Newman fino al 1833? 
Il futuro santo cerca un suo stile e un suo percorso; impara da tanti, anche temi importanti nell'ambito cattolico, come la successione apostolica (dapprima con fastidio) o il valore della tradizione. Da alcuni prende le distanze, anche se era legato a loro. Non vi è certo un "piano cattolico" in questo percorso e neppure un preciso sviluppo: avvicinamento al calvinismo ed abbandono di esso, etc. Avvicinamento alle idee liberali per quanto riguarda l'università e il rapporto tra stato e chiesa, ma tutto è ancora in statu nascendi.

Il giovanissimo Newman aveva il problema dell'"elezione" e come chi è influenzato dai calvinisti pensava di essere eletto per sempre e perseverare fino alla fine in ciò. Supererà poi questa impostazione, pur riconoscendo in essa i primi passi verso Dio. Vi è una lotta ultima nel cristianesimo e non solo nel calvinismo tra la città di Dio e quella delle tenebre. Lo specifico cattolico è far si che essa non cada in un contrasto fanatico. Dovremmo essere molto lieti di quella critica che ci fece Karl Barth: siamo la confessione del et...et. Sarà importante capire la struttura polare e non contraddittoria di ciò.

(14.10.19)
"Devo dare la spiegazione di tutta la mia vita", guardando "la mia esistenza nel suo insieme" - solo in questo modo Newman  credette di poter rispondere ai suoi critici; lo stesso pensiero ho avuto quando ho scritto il lungo racconto della mia vita "Libri ed altri ricordi" nel mio blog: di fronte alle critiche che vedevo sorgere nella Chiesa, non contro di me, ma contro il Santo Padre, di fronte alla contraddizione di amici che ora erano diventati nemici, potevo rispondere non con punti separati, ma solamente con tutta la mia vita.


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