Il racconto medievale si intitola, nella tradizione italiana, a fronte di quella francese: „la giovinetta che non poteva sentire parlare di fottere senza averne male al cuore“ (Torino, 1980, 365 fg.). Si tratta di una fanciulla che disdegnava tutti i giovani che parlavano di sesso (o perlomeno che voleva che il padre lo pensasse); questo metteva in grande difficoltà suo padre che avrebbe avuto bisogno di un servitore e che non poteva permettersene uno per la sua figlia „orgogliosa, arrogante e sdegnosa“. Ricordo che la storia mi eccito tantissimo, anche se non in riferimento a Vera Bertolino, che per me era la moglie del mio professore tanto amato. Non tanto lo schema generale: la ragazza falsamente vergine e il giovane astuto (che oggi si potrebbe anche capovolgere), quanto forse la descrizione erotica dell’incontro dei due corpi alla sera in cui la giovane permette al giovane di coricarsi con lei, perché anche lui, di fronte al padre, aveva chiesto che non si parlasse di sesso (cosa del diavolo). Del giovane la storia ci offre anche il nome: David. Ma della giovane sedotta non conosciamo il nome, solo una descrizione del suo corpo, di lei che era „molto seducente e bella“: „i piccoli seni, bianchissimi e belli“, „i peli che si drizzavano“ quando la mano del giovane scende „là dove l’uccello entra nel corpo“, commenta il poeta. La giovane paragona i suoi peli con un „prato“; David chiede allora cosa sia la „fossa bagnata e piena“? „La mia sorgente“, risponde la giovane, „che ora non sgorga tutta“; il clitoride viene paragonato con „il suonatore di corno che sorveglia“ la sorgente: „se una bestia entrasse nel mio prato per bere alla mia chiara sorgente, lui suonerebbe subito il corno per farle paura e vergogna“ - immagine meno naturale, forse, dell’organo del piacere femminile; l’immagine del prato era ancora del tutto naturale, ma il piacere viene paragonato nella nuova metafora, con „paura e vergogna“. Dopo di che è il turno di lei „ a tastare le sue cose, finché lo prende per l’arnese“ e a fare domande: „David, cosa c’è qui di tanto dritto e tanto duro che potrebbe forare un muro?“; David risponde: „È il mio puledro, signora, sanissimo e aitante, ma è digiuno da ieri mattina“. Poi la mano „che non è malfatta né corta“ della giovane, „trova le palle villose, le tasta e le rimuove“. Questo punto era molto eccitante, perché nei primi anni del liceo avevo sentito dagli altri ragazzi che una giovane era disposta a leccare le loro palle; io non partecipai a quegli incontri, ma piuttosto come quel monaco buddista (un’altra delle 101 storie zen, che lessi quando comprai il libro) che non tocca una donna che ha bisogno di aiuto, a differenza del suo confratello, ma la porta nella sua fantasia. David spiega che le sue palle sono „due stallieri a guardia del mio cavallo“. Alla fine della perlustrazione, la giovinetta dice: „Fallo pascolare sul mio prato, David, il tuo bel puledro, Dio ti protegga“; poi la storia finisce che il puledro non ha bisogno solo di pascolare sul prato, perché muore di sete: „va’ a abbeverarlo alla mia sorgente, peggio per te se avrai paura“. David fa finta di avere paura per la reazione del clitoride/suonatore di corno e la giovane risponde: „Se ha qualcosa in contrario gli stallieri lo battano bene“. Fanno l’amore quattro volte e „lei ci gode“. Lui anche!
Non so bene perché Vera Bertolino mi fece leggere questa storia, che fa parte dei pochissimi scritti, per quanto mi riguarda, che forse ho letto con una sola mano, per usare l’espressione di Stendhal. Forse me la fece leggere per mettere in luce l’ipocrisia cattolica nel parlare di sesso, o meglio nel non parlarne. O parlarne solo come peccato, a parte nel caso previsto dal catechismo: con una donna sposata. Il film danese, che ho visto ultimamente, „Venus. Nackte Wahrheiten“ (2016, delle registe Mette Carla Albrechtsen, Lea Glob) mi sta aiutando a riflettere sulla sessualità non come mezzo per avere figli, ma per quel „bene“ che è in sé. La sessualità finalizzata ai figli è nella mia vita ben più importante, perché attraverso di essa mi è stato possibile „conoscere“ mia moglie ed avere i doni che sono i miei figli. L’emozione di vedere crescere i miei figli e parlare con loro, l’emozione che dopo trent’anni il dialogo interiore con mia moglie non è finito, non è, nemmeno lontanamente paragonabile ad un emozione sessuale. Allo stesso tempo non bisogna essere ingenui e pensare che il sesso non ti interessi più se hai conquistato una certa maturità spirituale. Anche come anziano si ha il problema di gestire il desiderio sessuale, magari con una difficoltà di raggiungere l’erezione. Etc.
Il film danese presenta un approccio polimorfe al sesso (donne tra i 18 e trent'anni descrivono le loro fantasie, le loro attese, le loro paure e delusioni a riguardo del sesso, anche omosessuale, in diverse forme) (1) che è presente in noi tutti, chi più chi meno, come dimostra il caso McCarrick che pur essendo arcivescovo di Washington DC non ha potuto vivere senza questo tipo di soddisfazione sessuale. Il film danese parla della Bibbia come di un fattore che porta all’inibizione, fino alla paura di guardarsi nudi davanti allo specchio. Ma in vero la Bibbia contiene pagine anche altamente erotiche (sebbene sia chiaro che il desiderio per Bathsheba (2 Sam 11), sposa di un altro uomo, da parte di Davide, non piace a Dio). C’è una frase di Gesù che deve essere riflettuta attentamente, parlando di fantasie polimorfe sessuali: „Avete inteso che fu detto: non commetterai adulterio. Ma io vi dico (!!!; quindi con massima autorità divina): chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.“ (Mt 5,27). Questa frase di Gesù deve essere presa sul serio, ma non in modo fondamentalistico, come di fatto non può essere preso in modo fondamentalistico il verso 28, che segue. Non posso certo desiderare (e non lo faccio) un’altra donna al posto della donna che mi è stata donata, ma lo scopo delle fantasie erotiche non è questo, ma piuttosto, almeno per la nostra epoca „trasparente“ (Byung-Chul Han), un modo per soddisfare anche il dono evidente che è la nostra sessualità e non solo nella funzione della procreazione dei figli. Tanto più quando il bisogno sessuale tra uomo e donna non è simmetrico, cosa che di fatto non lo è quasi mai! La pornografia è una delle forme commerciali in cui è rappresentata la sessualità polimorfa, ma spesso, in modo particolare quella fatta per uomini maschi, è talmente „violenta“ ed usa il corpo della donna come un oggetto da mettere in mostra, che può portare piuttosto all’eiaculazione, che all’erezione del membro maschile. Quindi solo a una soddisfazione parziale. Le fantasie erotiche non sono un modo di desiderare una certa donna o un certo uomo, ma di soddisfare quella esigenza sessuale che fa parte della natura dell’uomo.
Non ho una soluzione del dilemma, ma credo che bisogna chiedere la luce di Dio, anche oggi nel giorno della santificazione di John Henry Newman, per l’ambito sessuale nella sua interezza, che è e rimane dono di Dio e per poter pregare senza ipocrisia: Da Te, o Dio, nostro Signore chiedo la grazia, che tutte le mie intenzioni, azioni ed tutti i miei interessi, siano ordinati semplicemente al Tuo servizio e per la gloria della Tua divina maestà e del Tuo divino amore.
Amen!
La nudità santa del Signore, che per l’appunto muore nudo in croce (cfr. Adrienne von Speyr, Theologie der Geschlechter, Einsiedeln, 1969, 10 (testo dettato nel 1946/47)) e discende all’inferno della nostra violenza, è alcunché che non voglio tradire, tanto più che noi moriamo di fatto „vergini, poveri e obbedienti“ (Padre Wilhelm Klein SJ, padre confessore di Ferdinand Ulrich), perché essa è del tutto essenziale a che la vita, nella interezza dei suoi fattori, abbia un senso. La verginità di Cristo è il massimo della sua corporalità spirituale. Ma la nudità erotica, non è solo peccato - pensare così significa mettere il Dio creatore dietro le sbarre di una prigionia senza senso.
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(1) (14.101.19) A questo livello di sessualità polimorfa si possono trovare eccitanti anche scene o fantasie che non corrispondono per nulla alla logica dell'amore gratuito; le persone sono poi anche differenti, alcune sono più pure di altre; non voglio giustificare nulla, solo prendere sul serio una dimensione che può essere presente anche in chi cerca di seguire l'amore gratuito di Cristo, che non vuole dominare nessuno, ma che viene per noi tutti e per i nostri peccati crocifisso. E cerco in qualche modo di pensare anche una dimensione di presenza di fantasie erotiche, che pur nella loro "irrazionalità", non sono di per sé peccato, ma per l'appunto natura. Senza questo lavoro si apre la porta a tutte le forme di irrazionalità, anche a quelle criminali di sfruttamento sessuali dei bambini. Perché? Perché non ci capisce per nulla come funziona l'uomo reale.
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(25.11.19) "Le Mille e una notte" (uso l'edizione della Einaudi, quarta edizione del 1980) sono una raccolta di fiabe, scritte tra il X e il XIV secolo, del mondo mussulmano ("di egiziana, mesopotamica, indiana e persiana" (Wikipedia)) origine ; trovo molto liberante il modo con cui la dimensione erotica venga integrata in un racconto che presuppone una visione del mondo, che dipende dalla fede in Dio. La fiducia in Dio, la fede in Dio viene più volte confessata, ma viene anche detto chiaramente che se, per esempio Hasan, l'orafo, si trova di fronte a donne nude che fanno il bagno e giocano insieme, è eccitato, sebbene sia, nel viaggio intrapreso, in cerca di sua moglie e dei suoi due figli. "In contemplazione di quelle nudità, i sensi gli si eccitavano: vedeva fra le loro cosce pudendi di ogni genere: ve ne erano di soffici e bene arrotondati, di pingui e carnosi, altri dai labbri spessi e perfetti distesi o abbondanti" (IV, 70). Corrisponde alla struttura del desiderio maschile (Recalcati) che l'uomo guardi a quel "pezzo" tra le cosce. Ma la fiaba di Hasan non dimentica anche l'orgasmo della donna: "Vi introdussi la metà del mio affare ed essa sospirò. - Perché questo sospiro? le chiesi. Ed ella: Per il rimanente" (IV, 22). Se noi vogliamo fare sul serio con una filosofia dei sessi che non sia del tutto prude, dovremmo imparare qualcosa da queste fiabe, anche se ovviamente la gioia divina nel cielo, supererà ogni forma di erotismo mondano (come dice Gesù) ed anche se dobbiamo educarci - anche - ad uno sguardo vergine del volto degli uomini (donne e maschi).
(1.12.19) Per approfondire questo tema della nudità, non possiamo non confrontarci con la posizione dell'Islam sul velo per le donne. Sia Paolo Dall'Oglio che Klaus von Stosch, ritengono che non vi sia, in forza del Santo Corano, nessun obbligo di portare il velo integrale (burqa), mentre invece viene ritenuto un dovere religioso il foulard (hijâb); lo studioso tedesco è forse più sensibile al tema dell'uguaglianza fra uomo e donna che il gesuita italiano, che sottolinea invece la "complementarietà dei sessi" (dicembre 2009 in "La profezia messa a tacere", 111). "Che cosa significa il velo mussulmano? Innanzi tutto è dire che la donna è 'sacra'" e fuori dallo spazio casalingo deve essere protetta. Von Stosch vede un senso "estetico": si copre la propria bellezza per rinviare alla bellezza di Dio. E poi vi è quello "etico", se capisco bene che coincide con quella esposta da Padre Dall'Oglio. Comunque sia von Stosch ci tiene a sottolineare che una molteplicità di interpretazioni giuridiche non solo a riguarda del velo integrale, è un dono di Dio, a cui anche mussulmani conservativi non vogliono rinunciare; solo i fondamentalisti rinunciano ad una tale molteplicità interpretativa, che, come fa vedere Dall'Oglio è da intendere come una reazione di protesta alla società "disincantata" o "trasparente" (Byung-Chul Han).
Per quanto riguarda il mondo letterario delle "mille e una notte" qui il mondo islamico ci tiene a differenziarsi dal monachesimo: "nella religione islamica non vi è celibato monastico e il matrimonio è una delle istituzioni degli Inviati di Dio" (IV, 106). E nelle fiabe le donne a volte non solo non portano il velo, ma vengono ammirate nella loro nudità anche in una situazione pubblica.
Ritengo cosa buona, per esempio, in un periodo come l'Avvento di esercitarsi a prendere sul serio la copertura del corpo mussulmana, per il motivo offerto da Dall'Oglio: "il sacro e comunica sempre un velato segreto". La messa in mostra pornografica del corpo lo rende un "oggetto da comprare" , ma in un certo senso è vero che non le immagini da fuori, ma il nostro intimo è "sporco" - la mia posizione è nota: un eccessivo insistere su questo tema non può che essere compensato che con un altro tipo di esposizione della carne: per esempio nella volontà di potenza; allo stesso tempo ho bisogno di una vera "pace" sul tema, per non perdere quel contatto con la nudità sacra di Cristo che non è fonte di alcuna forma di "concupiscenza".
(2.1.219) Il testo di Isaia (Is 7,1-17) non dice e non può dire: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio", ma che una "giovane donna concepirà e partorirà un figlio"; ora noi cristiani possiamo applicare questo verso a Maria Vergine, ma secondo me non dobbiamo falsificare la tradizione del testo di Isaia. Come ho cercato di spiegare questa mattina nell'ora di religione nella dodicesima a me sembra che la "verginità di Maria" sia un fatto storico che gli evangelisti non negano, sebbene per loro non ci sia motivo, se non di "vergogna", nel parlare di una cosa del genere - la verginità non era un valore per gli ebrei. Questo è anche il motivo per cui Isaia non può aver scritto "vergine". I primi cristiani non hanno potuto negare ciò che era un'esperienza, anche se per loro strana. Questa esperienza o fatto era così evidente che è entrato fin nel Santo Corano, sebbene anche per i mussulmani in genere la verginità non è un valore.
(02.03.20) "Però ho una forte inclinazione erotica e sento un gran bisogno di carezze e di tenerezza" (Etty Hillesum, 6.10.41)
29.10.20
Su una lettera di sant’Ambrogio alla Chiesa di Vercelli
Nell’odierno giorno la liturgia ambrosiana fa „memoria facoltativa“ di Sant’Onorato di Vercelli, vescovo, offrendo come „seconda lettura“ dell’Ufficio delle Ore, una lettera di sant’Ambrogio, che mi ha impressionato alquanto. Con stile forte il santo vescovo milanese invita i gruppi che litigano nella diocesi di Vercelli all’unità e all’elezione del vescovo. E critica con aspre parole due persone che „parlano a vanvera“, le quali „asseriscono che non c’é nessun merito a essere casti, che non ha nessun valore la temperanza o la verginità; che tutti sono giudicati allo stesso modo, che vaneggiano quanti mortificano coi digiuni la loro carne per renderla docile allo spirito“ (Lettera 63, 1-3. 7.8..32-33.40-43: PL 16, 1240-1252). Ambrogio cita il teologo della grazia, Paolo, per far comprendere che questo modo di parlare è irresponsabile e aggiunge: „reprobi sono quindi coloro i quali non dominano il proprio corpo e vogliono predicare agli altri“ (ibidem) (1). Nella cosa stessa sono d’accordo con Sarmazione, Barbaziano e Lutero: non vi è alcun merito nelle cose che dice Ambrogio, ma tutto ciò è grazia. Sono, però, d’accordo con Ambrogio, che non si può parlare a vanvera su questi temi e che non si può legittimare il peccato, perché tutti possono ricevere la grazia della temperanza e della verginità. Ovviamente dopo tantissimi secoli di storia della Chiesa, ma dopo anche alcune riflessioni che ci sono state permesse dalla psicoanalisi e dalla psicologia del profondo (che non sono per me mai l’ultimo criterio di giudizio), non possiamo tenere conto del fatto che noi cattolici con il tema della mortificazione della carne, abbiamo posto pesi sulle persone che non sono sostenibili. Perché la carne ha anche una sua „logica“ che deve essere presa sul serio, se non si vogliono scatenare reazioni terribili. Dall’altra parte la mortificazione non è solo un esercizio, ma è racchiusa nel percorso del proprio corpo che diventa vecchio e che pur desiderando ciò che desiderava da giovane non lo può più ottenere.
Del tutto d’accordo sono con Ambrogio per i criteri di appartenenza (che non sono primariamente uno sforzo della moralità, per quanto importante questa sia): dobbiamo stare in quel luogo santo che è la Chiesa, stare con il Signore e questo non è possibile solamente con parole, ma con un reale „manere“: manere in dilectione sua! Manere con Pietro: „Ibi Petrus, ibi ecclesia, ibi ecclesia vita aeterna“.
(1) Per fare un esempio concreto dalla mia vita come insegnante. Le forze che mobilitano un insegnante non sono solo agapiche, ma anche erotiche; ciò non vuol dire che un insegnante sia legittimato a circuire una ragazza o viceversa. La mortificazione della carne è in una rinuncia ultima, non nella distruzione di quelle forze erotiche che permettono di essere anche un insegnante migliore. Etc.
17.1.21
1 Cor 6,[13]...Il corpo poi non è per l'impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo.
[14] Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
[15] Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?...
[17] Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito.
[18] Fuggite la fornicazione (impurità, dice la traduzione del 2009; si tratta del termine greco "pornèia")! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo.
[19] O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?
[20] Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Il contesto delle parole: il sostantivo pornèia, l'aggettivo pornos, il termine porne, il verbo porneùo rimandano al termine "prostituzione" e non solo in genere al termine "impurità", dice la nota dell'edizione di Bruno Maggioni delle Paoline del 2009. Comunque nella nostra società trasparente e pornografica abbaiamo spesso a che fare con "prostituzione" anche se forse non nel senso antico di un culto quasi religioso.
Il tentativo di questo post di prendere sul serio la dimensione polimorfa del sesso deve comunque lasciarsi interrogare da questa pagina di Paolo, che sentita oggi nella seconda lettura mi ha colpito molto. Fuggite la pornèia! Secondo me è imperdonabile se si usa la spiritualità per legittimare la pornèia. Intendo questo terminenel senso che una lettura semplice di questo passo ci ispira, senza troppe conoscenze esegetiche. Pornèia è in contrasto con la percezione del proprio corpo come tempio dello Spirito Santo. La pornografia vive del carattere polimorfe del sesso. In un film danese che avevo visto alcune ragazze raccontavano come sono state bloccate dalla presa alla lettera di ciò che c'é scritto nella Bibbia. Credo che il moralismo protestante e cattolico sia pericoloso, perché non prende sul serio le necessità del corpo, ma è chiaro che l'obbedienza alla parola di Dio non deve essere messa in questione da queste mie riflessioni. Mi fermo qui, perché al momento non so dire bene cosa vorrei esprimere.
(22.05.21) C'è un modo religioso di parlare di sesso e pornografia che non mi convince, perché salta la dimensione polimorfe del desiderio sessuale; intendo con ciò diverse forme di sessualità che si trovano eccitanti anche se non corrispondono al nostro senso morale - forme che corrispondono al nostro desiderio eccitato che spesso percepiamo nel nostro corpo. Ovviamente non si può pretendere che chi prende sul serio l'essere come dono di amore gratuito giudichi come "buone" forme commerciali e privi di ogni gratuità, anche se spesso nella nostra società trasparente ne siamo dipendenti. La grande sfida che il nostro corpo diventi tempio dello Spirito Santo deve essere presa sul serio, ma secondo me non serve a nulla tutto ciò che criminalizza la dimensione polimorfe del sesso. Chiediamo piuttosto la capacità esistenziale di discernere ciò che aiuta la gratuità dell'amore e ciò che non lo aiuta, senza alcun volo spiritualista.
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