giovedì 3 ottobre 2019

Nel trentesimo anno della caduta del muro - in dialogo con Durs Grünbein


Lipsia. Oggi è la festa dell'unità tedesca, nel trentesimo anno della caduta del muro. Fra qualche settimana dovrà uscire un mio articolo ne "La nuova Europa", in cui cerco di fare il punto della situazione, dopo 17 anni passati in una delle regione che appartenevano alla ex DDR, un paese che non esiste più (Christa Wolf). Prendo sul serio la critica di Christoph Hein al film "La vita degli altri", che offre un'immagine del tutto non differenziata della DDR. Non voglio, però, in alcun modo, presentarmi come uno che legittima il socialismo reale. Solo decostruire immagini falsi o quasi che si hanno spesso in testa e nel cuore. E prendere sul serio la critica del comportate da "conquistatori" che molti dell'ovest hanno avuto dopo l'unificazione tedesca.
Nell'articolo non cito un autore che invece mi sta dando molto: Durs Grünbein. Non volevo attutire lo shock della critica al film di cui sopra. Il suo romanzo su Dresda "Die Jahre im Zoo" (gli anni nello zoo), Berlino 2017, in modo diverso da autori come Christoph Hein o Christa Wolf, presenta una critica sottile della DDR.
Ho scritto ieri in Twitter:
Womöglich ein paar Seiten Grünbeins über die Indianermanie in der DDR sind viel kritischer als eine nur teilweise berechtigte Einordnung des ehemaligen Staates in der Welt des Stalinismus (Die Jahre im Zoo, 208-223).
Forse alcune pagine di Grünbein sulla mania per la cultura indiana nella DDR sono molto più critiche di una classificazione solo parzialmente giustificata dell'ex stato nel mondo dello stalinismo (Die Jahre im Zoo, 208-223).
Forse ancor più che la mania per la cultura indiana, il comportamento che si aveva (nella scuola e nello stato) nei confronti di chi voleva essere solo, dice molto di uno stato moralista che con durezza ha giudicato ogni forma di solitudine, anche dovuta all'essere figli unici ed ad un certo sviluppo psicologico dell'individuo. Vi è un "dono triste della solitudine" che mette in crisi tutti i "sistemi collettivi", statali o ecclesiali che essi siano. Solo che in questa solitudine si può coltivare un senso della bellezza, per esempio per le farfalle, che altri non hanno e in modo particolare per quella farfalla tutta speciale che porta il nome: Trauermantel (mantello da lutto). Si tratta della Vanessa antiopa (Nymphalis antiopa).
Con il criterio della solitudine come dono, però, non si può solo criticare la ex DDR, ma anche moltissimo di ciò che viviamo nella nostra società liberal capitalistica. Ed anche molto di quei "sistemi ecclesiastici" che si auto incensano nella loro incurabile auto referenzialità.
Durs Grünbein (nato nel 1962), vive a Dresda e e Roma ha anche il senso dell'appartenenza; non è il promulgatore di una solitudine elitaria; se fosse così non avrebbe scritto un romanzo in cui tutta una città e la sua storia (particolarmente belle sono le sue pagine sulla stazione ferroviaria di Dresda) si presenta come storia di un popolo alla ricerca del senso della vita.

PS (4.10.19)

Stiamo celebrando i trent'anni dalla caduta del muro; un avvenimento che per noi (la mia famiglia) ha significato un'altra vita: da 17 siamo al di là del ex muro di Berlino (al di là, nella prospettiva dell'ovest); "La Nuova Europa", come ho detto sopra, mi ha chiesto di scrivere un articolo sul tema; esso è diverso totalmente da quello di chi ricorda solamente la dittatura passata. Le loro critiche contro lo stalinismo fanno parte di quel modello oppositivo di cui è infestata la rete, anche nel contributo di tanti cattolici. Opporsi ad un paese che non c'è più (Christa Wolf) fa ridere. Mia moglie con lo stalinismo ha perso tutto: titolo nobiliare, posizione sociale alta, villa nella "grandiosa" (Durs Grünbein) Budapest. Ovviamente si deve fare memoria dei morti al muro di Berlino, ma essi non sono tutta la realtà della DDR nella complessità dei suoi aspetti. Con Grünbein sono capace anch'io di essere critico, ma lo lascio fare a chi ci è vissuto nello "zoo" della DDR. Gli anni nello zoo, li chiama Grünbein, nella riserva indiana (per una mania di club indiani esistenti a migliaia nella DDR): lui si sentiva, nel 1978, come il prigioniero in una gabbia, che arrivava fino al mare baltico. In un viaggio di quell'anno nella grandiosa Budapest fa esperienza della "libertà", da dimenticare, però, per ritornare nello zoo e poterci vivere. Quando c'era bel tempo, per chi arrivava al mare, si poteva vedere un'isola della Danimarca, simbolo della nostalgia dell'ovest. Luigi Giussani ci ha dato i criteri, con il suo amore per la letteratura (Leopardi, Pasolini), di rendere il nostro giudizio meno oppositivo, più sottile (giudizio in cui lo stesso a volte è ingabbiato). Io non sono meno critico dei critici della DDR, ma lo sono con 17 anni di esperienza alle spalle e con tante letture, etc. Oggi possiamo viaggiare, ma come dice Kafka, il vero viaggio, quello che ti allontana totalmente dalla tua famiglia, può accadere anche rimanendo a casa. In questi giorni sento fortissimo il desiderio di rompere totalmente con CL (quella della rete e di alcune comunità), standoci dentro. Allontanandomi dai soliti temi, per aprirsi a quelli che Benedetto XVI, Francesco o la straordinaria sorella Dorothy Stang ci propongono: amore del creato, senza iperboliche analisi su un possibile ecofascismo, amore per i più poveri, per quanto ci è possibile incontrarli qui da noi.

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