In "the second coming" c'è un dialogo del personaggio maschile principale, Will Barett, che è impressionante. Un dialogo con un cappellano episcopale, che ama il dialogo ecumenico, ma che è infastidito da questa domanda che gli viene posta da Will per ben tre volte: crede in Dio? Il cappellano è infastidito non solo dalla domanda, ma anche dal sorriso indefinibile di Will. Credo di essere una persona come Will, da un certo punto di vista: uno che infastidisce, che è un po' squilibrato. Per questo motivo non mi cerca quasi mai nessuno, se non per cose funzionali. Quasi mai mi cerca qualcuno gratis.
Molti tradizionalisti penserebbero che questo cappellano episcopale (l'importanza degli uomini per la fede, il dialogo ecumenico...) assomigli alla svolta "antropologica" che Papa Francesco sta dando alla Chiesa cattolica, ma non è così. Il libro è stato scritto nel 1980 e la situazione era del tutto diversa. Una specie di pseudo umanesimo ecumenico che nascondeva una reale mancanza di fede in Dio - di questo non si può accusare papa Francesco, che tra l'altro non viene dal sud degli USA, ma dall'Argentina.
Io ho bisogno di confrontarmi con l'idiota del Sud (il titolo della prima parte di questo romanzo di Walker Percy) perché vivo in una situazione simile a quella di Percy, anche se ovviamente la Germania dei nuovi Länder non è la Luisiana o il sud degli USA - in comune però vi è l'esperienza spiritualmente destabilizzante di una società consumistica e capitalistica in cui è difficile identificarsi con il proprio lavoro (quando il lavoro diventa l'unico orizzonte della propria vita esso diventa di per sé disumano). Piuttosto si desidera in modo nascosto la catastrofe, di cui però spero che Dio ci possa sempre liberare: grazia a Dio Dio è più grande del nostro cuore e dei nostri squilibri. Con Will ho in comune la domanda: crede davvero in Dio, anche il mio interlocutore ecclesiale, anche chi fa una scuola cristiana? etc.
È davvero una ironia del destino che la risposta ci possa venire al momento solo dal papa argentino, che non vuole un pseudo umanesimo, ma uno sguardo di simpatia totale per l'uomo concreto in forza di un Dio che è del tutto simpatia, cioè misericordia.
Roberto, un piccolo amico di Gesù
Che fare quando si ama la morte? - In dialogo con #WalkerPercy
Lipsia. Nella mia lettura di "The second coming" mi ha colpito questa frase di Walker Percy: "Cosa si può fare se si è nati con un amore per la morte e tutto ciò che ha a che fare con la morte e non si hanno nemici?".
Il contesto è drammatico perché Will, il personaggio maschile principale, sta ripensando al suicidio del Padre e al tentato omicidio del figlio, a cui rinuncia solo all'ultimo momento.
Lascio per ora questo aspetto e cerco di dire cosa mi fa venire in mente questa frase scritta alla fine degli anni settanta. C'erano allora "nemici" e c'é ne sono oggi, ma per lo più, anche se gli attacchi terroristici in Europa crescono, non sono dietro l'angolo ed anche se lo sono, noi abbiamo un "nemico" ben più grande: il vuoto nichilista dentro di noi!
Non ho nulla contro un'analisi anche dura degli errori dell'Occidente nella politica coloniale diciamo a partire dagli anni 50 quando venne demonizzato il premier iraniano eletto democraticamente Mohammed Mossadegh, infondo solamente perché le sue decisioni di politica economica erano contro gli interessi degli inglesi (mia fonte per questa asserzione è Michael Lüders).
Ma vi è un modo di parlare pseudo cattolico di terribili scenari politico mondiali che non corrisponde, se posso giudicare il tono con cui viene espresso, ad un'analisi appropriata con tanto di fonti, ma ad un nascosto amore per la morte. Anche il richiamo pio alla Madonna o ai Santi che dovrebbero proteggerci non mi toglie questa strana percezione.
Come non ho alcuna simpatia per un argomentare cattolico contro la pornografia (pur essendoci certamente aspetti della nostra società trasparente e pornografica che possono essere criticati con ragione), perché secondo me non vede per nulla il desiderio tutto naturale che si nasconde anche dietro la pornografia ( il desiderio di godere della potenza del corpo), così non mi piace il tono catastrofico di certe analisi. Ovviamente non sto dicendo che chi le scrive così abbia la percezione del problema che sto cercando di esprimere, ma a me sembra innegabile.
Di fronte al fatto che il padre di Will, ottimo cacciatore, non colpisca all'ultimo momento il figlio, Will si chiede: "Era amore o mancanza di amore?"
Questa per me è la domanda principale per tutto: ciò che scriviamo è espressione d'amore o di mancanza di amore? Non si può cristianamente scrivere anche ciò che è vero senza porsi questa domanda sull'amore o sulla mancanza di amore. L'amore per la morte non è una forma di questo amore di cui parlo: è un pseudo amore. Vi è più vero amore nella pornografia che in questa violento amore per la morte che è anche una forma di "penetrazione", di "chiavare". Invece che avere un pene in bocca si ha un fucile in bocca e tutte le nostre analisi catastrofali rivelano solo questo: "un atto logico, un atto estremo del chiavare se stessi, del tagliare la corda del mondo crudele, la penetrazione ed unione del metallo freddo dell'arma nella carne calda tremante e morente, un ultimo "venire" in modo che uno non venga più, cellule del cervello che falliscono e poi vengono soppresse, che sbocciano volando in aria" (Walker Percy). Lo "sborrare" (eiaculazione) pornografico è al confronto - un po' fa schifo - ancora abbastanza naturale.
Che fare? Buona letteratura per l'estate come i libri di Walker Percy possono essere d'aiuto, ma credo che in vero solo la sequela umile di Cristo che ci si presenta sempre di nuovo con il suo amore vergine e gratis, nei sacramenti (Don Milani ha sottolineato molto il valore di confessione e eucarestia) e nella compagnia/amicizia (Don GIussani) ci può aiutare ad amare la vita e l'amore vero, di cui tutti abbiamo bisogno per essere gioiosi! Il dono dell'essere è sempre garanzia di gioia! Anche nel dramma! Anche nella tragedia - che Dio c'è ne liberi (della tragedia).
Roberto, un piccolo amico di Gesù
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