Vorrei far vedere, in questa breve intervento in occasione del 50esimo anniversario della morte della medico e teologa svizzera, Adrienne von Speyr (1902-1967), come senza una persona come lei non sarebbe stato possibile un pontificato come quello attuale. Mi muoverò in modo particolare nell'ambito di riflessioni che ho svolto in questi anni sulla "teologia dei sessi".
„La relazione della Chiesa con il Suo Signore non è fissato e garantito una volta per tutte, viene generato continuamente“ (Adrienne, nel suo commento al Cantico dei Cantici, che ho meditato negli ultimi tempi) - come viene generata anche sotto questo pontificato, che non è "pauperistico", se con questo termine si intende un'ideologia astratta della povertà, ma vive una dimensione ontologica della povertà come generatrice di tutto ciò che è fecondo nella Chiesa.
Il pontificato di Sua Santità Papa Francesco si caratterizza per una semplice comunicazione della logica del Vangelo, ma non è per nulla semplicistico. Le sue scelte sono di un’intensità filosofica, se posso esprimermi così, inaudita. Non ha nulla della „santa ignoranza“, generatrice di un „religione pura e senza cultura“ di cui parla professor Oliver Roy e che spesso si trova al servizio dei potenti di questo mondo (come è stato spiegato ottimamente in uno degli ultimi numeri de "La civiltà cattolica"). Tutto il pontificato di Papa Francesco nasce da una gioia, che ha il nome di „gioia del Vangelo“. Adrienne stessa sottolinea l’identità tra gioia e povertà. „La gioia di Cristo contiene in sé la povertà più completa, che ha donato via tutto“ (Adrienne).
La gioia di Cristo è compiere la missione che il Padre gli ha donato: riportare tutto l’essere, in un movimento per l’appunto dal Padre al Padre (questo movimento è un tema che ritorna continuamente nell'opera di Adrienne, in modo particolare nel Commento al Vangelo di San Giovanni), nel Suo grembo paterno, che dona l’essere finito gratis e che è assoluto amore gratis! Questo è anche il „primerear“ del Santo Padre: la misericordia che egli vuole donare a tutto il mondo, come possibilità di perdono per tutto il mondo e tutti gli uomini, nasce da questo primo dono gratuito dell’essere, che non è stato distrutto completamente dal peccato del mondo. Quando il Figlio con la sua missione redentrice, nella pienezza dei tempi, giunge nel mondo non ci viene per parlare di sé, ma del Padre, fonte prima e senza origini dell’amore gratuito.
Non ci doniamo l’essere - perché questo è del tutto impossibile all'uomo - né ci doniamo la sua redenzione, resa necessaria dopo il rifiuto del dono dell’amore gratis da parte di Dio compiuta nella disobbedienza dell’uomo: lo stesso si mariano, di cui parla Adrienne, è già espressione di un primerear, di una pura grazia per superare quel rifiuto. Da questa „sola gratia“ nasce una responsabilità nella teologia dei sessi e nella della teologia della politica (non "teologia della politica"), che è difesa della pace e della conciliazione tra gli uomini e Dio. Ne parlo tanto per fare due esempi e non rimanere in una considerazione astratta.
Per quanto riguarda la teologia dei sessi:
Come l'essere stesso non è uno "stato", ma un "atto", una cosa analoga vale per l'amore matrimoniale: non è uno stato, ma un azione con un carattere principalmente "feriale". La festa stessa del matrimonio è importante, ma solo come "segno".
L'essere presuppone soggetti (sostanze) che lo accolgono; questo è un grande paradosso perché queste stesse sostanze, questi stessi soggetti sono perché viene donato loro l'essere (il tema è approfondito nella filosofia di Ferdinand Ulrich). Anche il matrimonio come dono d'amore presuppone due soggetti che lo vivano. L'amore presuppone ciò che fa sorgere.
Quando ci si fissa sulla dottrina del matrimonio si corre il rischio oggi di non prendere sul serio la sfida ontologica che ci viene chiesta di vivere: come l'essere preso in se stesso è qualcosa di semplice e completo, ma non sussistente, ciò vale anche per l'idea del matrimonio; anche questa è semplice e completa, ma in sé, come idea, essa non è non sussistente. Le persone sussistono, non le idee. Il fatto che moltissimi dei nostri fratelli uomini contemporanei a noi non capiscano nulla della dottrina cattolica sul matrimonio (indissolubilità del matrimonio, apertura ai figli...) è una grande occasione. L'idea della indissolubilità stessa in quanto idea è non sussistente - o vi sono dei soggetti che la vivono e sono nella loro trasparenza credibili oppure essa diventa solo un macigno da scagliare contro gli altri - come accade nelle tante polemiche di un certo mondo tradizionalista (non tradizionale) di questi giorni.
Ci si può chiedere a cosa serva il catechismo, se tutto si gioca a livello di realizzazione personale? Certamente non ad attaccare chi non lo comprende. Esso è una resa in parole di un'esperienza, che ci permette di esprimere ciò che uno vive non con scopi di proselitismo, ma di testimonianza di una possibilità reale.
Senza la concreta apertura ai bambini di Konstanze (mia moglie) nessuno libro e nessuna enciclica mi avrebbe mai fatto capire cosa essa significhi e quale intensità reale di apertura all'altro in essa sia in gioco.
Che molti nostri contemporanei non la capiscano più non dovrebbe essere motivo di scandalo, ma come dicevo una sfida ontologica da prendere sul serio. Nessuna ripetizione di una verità astratta potrà mai essere credibile - si può fondare anche un ordine religioso ed essere perversi e si può parlare di indissolubilità del matrimonio senza prendere sul serio la reale sfida feriale che in essa ci viene incontro. In ogni sua pagina Adrienne ci invita a superare questa dimensione astratta di ripetizione di una vera dottrina senza carne - nel seguito farò due esempi concreti.
Nella concretezza della vita si può vedere cosa sia in gioco nell'unità di cui si parla nella indissolubilità del matrimonio. Non come sforzo moralistico, ma come una reale esperienza ontologica - anche l'essere non può essere fissato in una gnosi astratta.
Esso è dono che si lancia in un "movimento in cui esso si rende finito“ (Ferdinand Ulrich), come l'idea del matrimonio si rende finita nel vita concreta di due sposi.
Ovviamente sto parlando di un'analogia (solo di un'analogia) tra il dono dell'essere e il dono dell'amore matrimoniale, il dono dell'essere si "rende finito" anche quando un matrimonio per diversi motivi viene distrutto. Ho appena letto nel romanzo di Swetlana Alexijewitsch, Chernobyl. Cronaca di un futuro, il racconto d'amore e di morte di Ljudmila Ignatenko, moglie del pompiere, morto nel 1986 in occasione dell'esplosione di una parte del reattore atomico, Wassili Ingantenko. Alla fine di questo racconto impressionante dice Ljudmila, che allora aveva 23 anni: "Della morte le persone non devono ascoltare nulla. Delle cose terribili...Ma io ho raccontato del mio amore... di come io ho amato". Lei ha amato suo marito di quell'amore gratis che è il dono dell'essere stesso, anche quando le si diceva che lui non era più un uomo, ma un "oggetto infettato radioattivamente". "Io lo amo", dice lei, mi è caro tutto di lui. Il marito morirà in 14 giorni e lei lo accompagnerà senza pensare ai rischi per lei, cosa che le fa piombare l'accusa di avere una tendenza suicida. Poi desidererà un figlio e lo avrà da un altro uomo, che però non prenderà il posto di Wassili. Sarà una madre da sola con il figlio e tutto ciò è anche immagine del dono dell'essere come amore. Moralismi o accette "cattoliche" contro gli altri per difendere l'Idea di matrimonio sono assurde al confronto della realtà. Etc.
Nella „teologia dei sessi“, che sorge quasi quaranta anni prima della teologia del corpo di San Giovanni Paolo II, Adrienne con un stile „fenomenologico“ e per nulla moralistico, come per nulla moralistica è la teologia del corpo di san GP II, riesce a far comprendere come la sessualità stessa può essere vissuta come dono di gioia dell’essere gratuito, senza per questo perdere di vista anche la dimensione di umiliazione che in essa può essere contenuta. Il percorso iniziato da Adrienne negli anni 40 ha avuto un lungo percorso nella Chiesa che riassumerei così:
1. Nei tardi anni 40 dettava Adrienne von Speyr alcune riflessioni sul tema "teologia dei sessi" che Hans Urs von Balthasar raccoglierà sotto questo titolo. Questa teologia dei sessi partiva dall'esperienza sessuale e cercava di riflettere su questo tema in modo teologico, ma senza abbandonare l'esperienza stessa. Essa aveva come motivo il "sesso" e non il "gender" , sebbene l'autrice sarebbe anche molto utile per dire ciò che di sensato a livello cattolico si può dire del "gender" - per esempio sulla femminilità del si mariano, che per è decisiva anche per l'uomo, sacerdote o laico.
2. Con l'Humanae vitae Paolo VI intuiva alcune verità non indifferenti. Nell'aerea tedesca il testo fu criticatissimo, ma un filosofo della scuola di Francoforte, insomma un marxista, Max Horkheimer, lo difese con questo argomento: la pillola contribuirebbe alla morte dell'amore erotico, perché rende il partner sempre disponibile, mentre l'amore erotico vive proprio del differire l'incontro sessuale. Non vi è amore erotico insomma senza momenti di "rinuncia" ad esso. Per quanto mi riguarda l'Humanae vitae ha avuto anche il senso di rimettere la procreazione di nuovo all'attenzione di una società che si sviluppava in un modo solo edonistico. La "Amoris laetitia" ne parla così: 68. In seguito, «il beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, con l’Enciclica Humanae vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita: “L’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. […] L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori» (n. 10). Nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, Paolo VI ha evidenziato il rapporto tra la famiglia e la Chiesa».
(Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, 68)
3. La teologia del corpo di San Giovanni Paolo II ha avuto il merito di porre al centro dell'attenzione di una riflessione sulla sessualità il tema di "amore e responsabilità" e dell'immagine trinitaria del corpo umano e degli uomini stessi nel loro reciproco amore sponsale. Gli epigoni di essa corrono forse il rischio di mettere la riflessione teologica astratta sopra l'esperienza, con la scusa che non si deve cedere alla modalità del mondo. Ne risulta spesso un sistema della paura di perdere non si sa bene che cosa (vedi alcuni interventi del cardinal Caffarra, recentemente scomparso, sulla guerra globale contro il matrimonio), paura che è propria di questo mondo. Anche il Santo Padre Francesco parla di una guerra globale contro il matrimonio (viaggio di ritorno dal Azerbaijan), ma non si fissa a ripetere solo alcuni temi, che sono oggi non comprensibili per all'uomo contemporaneo. L'Amoris laetitia riassume così il contributo di san Giovanni Paolo II: «San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano, la Lettera alle famiglie "Gratissimam sane" e soprattutto con l’Esortazione apostolica "Familiaris consortio". In tali documenti, il Pontefice ha definito la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale (cfr Familiaris consortio, 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità».
(Esortazione apostolica Amoris Laetitia, 69).
4. La "Deus caritas est" di Benedetto XVI ha tanti pregi, per me come filosofo in modo particolare il pregio di aver espresso una parentela intima tra eros ed agape. L'Amoris laetitia riassume così il contributo del pontefice tedesco alla "teologia della famiglia": «Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cfr 2). Egli ribadisce come “il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano” (11). Inoltre, nell’Enciclica "Caritas in veritate", evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cfr 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune».
(Esortazione apostolica Amoris Laetitia, 70)
5. L'Amoris laetitia fa un passo non solo pastorale, ma davvero antropologico. Lo riassumerei così: una filosofia e/o teologia del corpo non può essere un sistema ferreo, perché gli uomini non hanno bisogno di un sistema ferreo ma di una vera compagnia che tenga conto di tutte le gioie e le ferite in cui si trovano a vivere gli uomini concreti. Mai un Papa ha parlato in modo così concreto a persone concrete! Allo stesso tempo sarà necessario non ridurre questo scritto solo ad alcune frasi di aperture pastorale verso le persone che hanno fallito nella loro vita matrimoniale, ma di leggerlo con attenzione in tutte le sue dimensioni, che sono una reale e vero dono per una teologia del matrimonio nel mondo liquido odierno ed un vero dono per gli sposi. Ogni domenica leggiamo qualche pagine in famiglia e ne veniamo continuamente arricchiti. (1)
6. Ritengo che ora sia di nuovo necessario riprendere il modo in cui Adrienne ha affrontato la questione (teologia dall'esperienza dei sessi stessi) rimettendo però anche il tema del piacere come dimensione altrettanto essenziale della sessualità al centro della nostra riflessione, analogamente a come fece Paolo VI con la procreazione. A differenza degli anni in cui è uscita la "Humanae vitae" non abbiamo a che fare con un'epoca edonistica, piuttosto frigida o confusa per un eccesso di trasparenza nel tema di cui parliamo.
Vorrei ora approfondire il metodo con cui Adrienne affronta la "teologia dei sessi".
1.. Come dicevo nei tardi anni quaranta del ventesimo secolo Adrienne von Speyr aveva già presentato una "teologia dei sessi", che ancor più delle riflessioni teologiche dei Papi parte proprio dal corpo umano. Le riflessioni sono molto concrete, per esempio a riguardo della simbolismo dell'atto sessuale prima della gravidanza ed all'inizio della gravidanza. Il paragone con il mistero della Chiesa parte insomma da una precisa riflessione su momenti della vita sessuale. La Chiesa dovrebbe per esempio ricevere la novità sempre nuova dello Spirito del Signore con la stessa gioia con cui la donna riceve il seme dell'uomo. Spesso invece sia la donna che la Chiesa si fermano a ciò che hanno già ricevuto (posizione tradizionalista) senza volere il nuovo. Ovviamente l'analogia del rapporto tra Cristo e la Chiesa e tra l'uomo e la donna è appunto un'analogia e non un'identità, fosse anche solo nel fatto che il rapporto tra i primi è verticale, mentre il secondo orizzontale e reciproco.
2. Papa Francesco è la dimostrazione vivente di quanta difficoltà ci sia nel ricevere il nuovo. Dal punto di vista di una teologia del corpo l'attuale Santo Padre propone un suo "superamento" (non negazione, ma sviluppo) in una teologia della famiglia, che tenga conto del dramma in cui essa si trova e che non può essere sublimato in modo solo teologico. Una teologia del corpo che non sia capace a prendere sul serio la priorità della realtà sulle idee (anche teologiche) diventa una pretesa sul corpo dell'altro. Questo tipo di cattiva idealità riempie purtroppo tante università e pubblicazioni cattoliche sul tema. Per quanto riguarda l' Amoris laetitia ci ha ricordato il Santo Padre: "Notava Schönborn, lo aveva già detto Tommaso d’Aquino nella Summa Thelogiae: il compito della prudenza «non è solo la considerazione della ragione» ma anche la sua «applicazione all’opera» che è «il fine della ragion pratica» («Ad prudentiam pertinet non solum consideratio rationis, sed etiam applicatio ad opus, quae est finis practicae rationis», STh ii-ii-47,3). E questo, spiegavano i teologi del gruppo di lingua tedesca, significa che «bisogna applicare i principi di fondo con intelligenza e saggezza rispetto alle singole situazioni spesso complesse»" (citato in http://www.corriere.it/cronache/17_settembre_28/papa-francesco-accuse-eresia-su-divorziati-riposati-morale-quella-tommaso-d-aquino-56afd01a-a468-11e7-a52f-aac39b30c0f3.shtml.)
"Affrontare le cose; nessuna fuga di fronte alla sessualità" (Adrienne).
#AdriennevonSpeyr, Teologia dei sessi, edizione tedesca, 10-11
Stiamo scrivendo gli anni 46/47 citando questa frase di Adrienne: "Affrontare le cose; nessuna fuga di fronte alla sessualità". L'autrice dice che ciò che sarà presentato in questo libro, Teologia dei sessi, è contro ciò che viene affermato dalla "psicologia corrente". "Vuole connettersi con quel punto in cui Dio ha creato i sessi, a quel punto in cui lo spirito di Dio soffia attraverso tutto ciò che è corporale". Vuole tentare di superare tutte quelle idee ideologiche o pseudo scientifiche che bloccano la sessalità. Idee però che "falliscono se si comincia a scavare un po' più a fondo".
Sento tutta l'urgenza di quel compito, come la sente la Chiesa dopo due sinodi dedicati all'amore, all'amore famigliare, alla letizia dell'amore, per esprimermi con il titolo dell'esortazione apostolica del Santo Padre.
La preoccupazione di Adrienne è in primo luogo pastorale, per questo il libro comincia con un'idea sorprendente, ma molto concreta: un sacerdote dovrebbe assistere ad una nascita di un bambino, come fanno gli studenti di medicina. Così potrebbe comprendere cosa significhi per una donna donarsi totalmente . Il dono di sé nell'atto sessuale è come un simbolo di una radicale dono di sé, come quello che accade in tutta la sua crudezza durante una nascita di un bambino.
Adrienne sa che la sessualità non esaurisce il suo significato nella gravidanza e nel bambino, anche se proprio nella nascita del bambino essa mostra la sua dimensione integrale.
Nella nostra "società trasparente" (Byng- Chul Han) e "pornografica" in cui la sessualità orale è molto evidenziata si perde di vista questa sovrappeso del bambino. Personalmente non ho intenzione di fare il moralista neppure nei confronti della sessualità orale, se davvero non si deve fuggire la sessualità, non si può fuggire neppure di fronte a questo aspetto, ma anche di fronte a questo si dovrà scavare più a fondo. Non c'é dubbio che nella sessualità orale vi è in gioco il "piacere" e forse il maschio che ha un senso meno olitistico di essa e più concentrato ai pezzi di una donna può sentirne più il fascino; ma per tutto, anche per la sessualità orale, vale la domanda se essa è un aiuto ad approfondire quel senso ultimo dell'essere che è il suo essere dono. La donazione dell'essere però non è un "fare", ma un "generare" - mentre la sessualità orale è piuttosto un fare e come tale può essere di impedimento al vero incontro integrale con l'altro. Nella sessualità vi è sempre in gioco anche una dimensione individuale e di percorso personale. Mi ricordo della reazione scandalizzata di una ragazza in una parrocchia quando avevo tentato di problematizzare il senso della sessualità orale. Per lei era una cosa ovvia che essa faccia parte della dimensione sessuale. E ciò vale per tantissimi di noi nella società trasparente. Per questo mi sembra che se ne debba parlare subito, cosa che non fa Adrienne all'inizio del suo libro.
Se dobbiamo andare a quel punto in cui Dio ha creato i sessi troveremo anche il criterio ultimo per giudicare senza affrettare il giudizio sugli altri e su di sé la dimensione sessuale; non potremmo negare come gli organi sessuali stessi sono fatti così che si prova piacere nel loro contatto e che essi non sono solo in funzione della procreazione, ma cercheremo con Adrienne di andare a cercare ciò che aiuta lo spirito, nella speranza reale che lo Spirito di Dio immediatamente ha soffiato se stesso in tutto ciò che è corporale.
Senza prestare attenzione al tutto del fenomeno erotico correremo il rischio di proiettarlo nella sfera mistica e teologica, laddove invece dovremmo farci educare sempre di più da una percezione vergine dello Spirito di Dio.
Per quanto riguarda il corpo l'esempio con cui Adrienne apre le sue riflessioni sulla teologia dei sessi ci ricorda della possibilità ultima insita nella sessualità: dare la vita a ad un altro uomo e in questo modo rispecchiare quella dimensione ultima dell'essere stesso che è dono ed amore.
Oggi con ragione si insiste di più sulla reciprocità del rapporto di donazione tra due uomini di quanto abbia fatto Adrienne (la donna non è solo complementare al maschio, ma è uomo essa stessa) in cui la procreazione e il piacere diventano modalità di rapportarsi come "amore gratis". Nessun uomo è all'altezza di questo amore gratis, ma tutti noi dobbiamo sentire quel compito primario che Adrienne ha cercato di esprimere con un "metodo fenomenologico" a tutto il reale, corporale e spirituale, che vuole superare tutti i filtri: quelli clericali-clericali e quelli clericali-anticlericali per esprimerci con Peguy.
Vorrei fare ancora un esempio preso dal Commento al Cantico dei Cantici". Adrienne von Speyr, Commento al canto dei Cantici, Einsiedeln 1972 (per un reale rapporto d'amore tra l'uomo e la donna, tra Cristo e la Chiesa).
2,
[7] Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché essa non lo voglia.
[8] Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
[9] Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Commenta Adrienne; la donna è concentrata completamente nel suo uomo, mentre quest'ultimo sa dell'esistenza di altre donne. Forse siamo confrontati qui con una differenza fondamentale tra l'uomo e la donna, non meno fondamentale della analizzata differenza di Lacan riguardante la struttura del desiderio dell'uomo e della donna, il primo più concentrato sui "pezzi" del corpo, la seconda più olistica.
In 2, 7 si capisce le altre donne devono sapere "che egli ama la sua sposa e che in questo gioco d'amore non ci di devono essere disturbi". Per questo è importante prendere sul serio la gelosia della propria donna. "Le altre donne devono comportarsi in modo calmo e mantenere la distanza necessaria. Ma comportandosi così ricevono un ruolo, diventano consapevoli, proteggono il rapporto, agiscono a favore di esso". Quindi è possibile un amicizia di un uomo con un altra donna, ma in forza di un chiara "confessione" per la propria.
Questo è importante a livello ecclesiale: "La Chiesa non deve essere disturbata da altri. Per lei è un tempo della decisione. Come colei che si dona al suo Signore non deve conoscere altre donne - altre Chiese, altre possibilità per entrare in rapporto con il Signore - fino a quando non è sufficientemente forte, fino a quando non ha conosciuto l'amore del suo Signore, così che ogni pericolo è passato. Sia chiaro che il mio atteggiamento ecumenico, per me che vivo da 15 anni nella terra in cui è nata la Riforma luterana, nasce sempre e solo da questo aver già conosciuto il Signore nella Sua Chiesa. Posso incontrare con assoluta apertura la chiesa luterana nella mia regione perché non ho mai messo in dubbio il motto di Sant'Ambrogio: Ubi Petrus, ibi ecclesia, ubi ecclesia ibi vita aeterna. Vedo che tante persone criticano la protestantizzazione della Chiesa, sebbene siano loro stessi "protestanti" (sulla confusione poi tra le parole "protestante" e "evangelico luterano" avrei molto da dire). Io posso essere del tutto aperto, perché del tutto cattolico. Per me la Chiesa è sempre e solo la Chiesa romana cattolica, ma con ciò non ho bisogno di un atteggiamento esclusivo, ma di totale "Integrazione". Anche nei confronti di altre religioni, come l'Islam (cfr, Paolo Dall'Oglio SJ)!
Come nei confronti della propria donna così nei confronti della Chiesa vi è un solo grande pericolo: quello dell'infedeltà.
In noi si scontrano la carne e lo spirito; ma la prima per Gesù da sola non conta niente. Dobbiamo chiedere con la più grande umiltà che il Signore ci conservi nell'atmosfera che gli è propria: l'eternità! Solo il Signore può rinviarci, nel rapporto intimo con lui, come compito, nel mondo. Purtroppo noi siamo sempre tentati e lo saremo fino alla morte come uomini e come Chiesa da ciò che Benedetto XVI e Francesco in assoluta fratellanza di spirito hanno ben compreso. Dobbiamo imparare ogni giorno a dire no ad una mondanizzazione della Chiesa, no ad una spiritualità mondana!
Questo è possibile sia nel rapporto tra uomo e donna che in quello della Chiesa con il suo Signore in una prevalenza dello spirito sulla carne. Nel verso del Cantico dei Cantici 2, 9 lo sposo aspetta fuori e guarda dalla finestra. Adrienne ci vede una prevalenza della spirito di distanza. Nell'intimità tra l'uomo e la donna non vi è solo l'atto sessuale, ma le parole, la percezione dell'altro nella sua sfera spirituale. Solo nel Dio trinitario azione e contemplazione sono identici, per noi uomini e per l'aspetto umano della Chiesa non vi è amore senza "distanza" dello spirito, che sola ci permette di non diventare del tutto "mondani" o se volete "carnali". Questo il mondo non lo comprende, è nostro compito conservarlo presente nel nostro pensiero e nella nostra azione.
Riflettendo sul commento al "Cantico dei Cantici" di Adrienne, lei ci invita a fare sempre dei nuovi passi, perché il suo atteggiamento ultimo è quello dell'apertura a ciò che vuole il Signore sempre più grande. Questo è importante in modo che nulla nella nostra riflessione, anche il rapporto tra spirito e carne, diventi un "ritmo puro", che dimentica quel "radicalismo evangelico", che non può essere mai sistematizzato completamente. "Sarebbe bello se la Chiesa percepisse il bussare del Signore anche nel sonno". Aggiungo ancora un aspetto su cui ho riflettuto ultimamente e che riguarda sia il rapporto della Chiesa con il Suo Signore sia il rapporto tra maschio e femmina:
5
[1] Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa,
e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele,
bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete;
inebriatevi, o cari.
[2a] Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Un rumore! È il mio diletto che bussa.
1. La Chiesa dovrebbe essere sempre all'erta, anche quando dorme. "Sarebbe bello se la Chiesa percepisse il bussare del Signore anche nel sonno, anche in tempi in cui non accadde nulla di straordinario. Qui viene descritta una Chiesa ideale, non quella realizzata, ma quella da realizzare" (Adrienne). Per questo si è sempre parlato di "ecclesia semper reformanda". Ne avevamo parlato ultimamente (in un gruppo chiuso dedicato ad Adrienne). "Il rapporto Signore-Chiesa non è stabilito ed assicurato una volta per tutte, nasce continuamente" (Adrienne).
I nostri tempi non sono tempi in cui non accade nulla di straordinario, tanto più in questi tempi è opportuno insistere su una chiesa da realizzare, quella "in uscita" di cui parla il Papa. Una Chiesa disposta a riformare anche il Papato in forza di quel "radicalismo evangelico" che Riccardo Cristiano vede con ragione come ciò che vi è in comune tra Padre Dall'Oglio e il Papa, entrambi gesuiti. La "conversione del Papato" è da intendere come una reale apertura alla Chiesa sinodale, nel dialogo con gli Ortodossi per esempio, ma anche come reale ascolto degli episcopati locali della Chiesa romana e come una vera rinuncia ad una concezione napoleonica e centralista dello stato.
Questo come sottolinea il giornalista italiano è stato anche sempre fecondo per la convenzione del potere politico. L'impegno del cristiano è in primo luogo impegno come cristiano, ma nel mondo!
Una Chiesa che si apre al Signore, che è Logos universale e concreto ma aperto a tutti. In primo luogo si tratta di imparare ciò che padre Dall'Oglio riassume così: "religiosità significa guardarsi come Dio guarda le creature"; questo è un invito a tutti e in primo luogo in un incontro con i fratelli mussulmani a riscoprire la misericordia del Padre!
Il Signore ha sempre e in primo luogo nel suo cuore la comunione con il Padre! Questo è il senso ultimo dell'Eucarestia, sottolinea Adrienne commentando questi versi del Cantico dei Cantici: "Il Signore si rapporta alla Sua Chiesa nella prospettiva della totalità (...) nel centro si trova l'Eucarestia , non dimentica gli altri sacramenti, ma l'intenzione è la comunione" (Adrienne). Cristo offre se stesso a tutta la Chiesa e a tutto il mondo come dono ultimo dell'amore gratuito del Padre! La Chiesa è libera di adorare il Suo Signore in diverse forme e in diversi sacramenti, ma al centro c'è la gratitudine eucaristica per l'amore donato dal Padre a tutti gli uomini!
Davvero a tutti. Padre Dall'Oglio ci insegna a combattere contro la corruzione di Assad, ma ci invita a dialogare anche con le persone che per paura lo sostengono. Il dialogo almeno a livello potenziale è sempre disponibilità ad aprirsi a tutti! Il criterio ultimo di questa apertura è il rapporto del Dio trinitario con se stesso e con i Santi, che sono gli amici del Signore, che la Chiesa non deve solo "imbalsamare", ma davvero ascoltare e che a loro volta si possono serviere di tutto ciò che vi è nella Chiesa, nel senso di quel verso di san Paolo che aveva così colpito la fidanzata di Dietrich Bonhoeffer, Maria von Wedemeyer (cfr. mia bacheca di ieri): “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli”. Figli del Padre misericordioso!
2. Adrienne commenta la prima parte dei versi qui riportati: "La donna in fondo ha più piacere a tutto il resto, l'uomo è più interessato all'atto sessuale stesso" (Adrienne). A differenza di Lacan che fa vedere come la struttura del desiderio maschile e femminile si distingue per una concentrazione maschile ad un "pezzo" della donna, mentre la donna stessa ha un approccio più olistico alla sessualità (cfr. Massimo Recalcati), Adrienne sottolinea la dimensione del dono di sé "totale". Gratia perficit naturam, non tollit! Ciò significa che la differenza naturale di cui parla Lacan gioca senz'altro un ruolo importante nel rapporto tra donna e uomo, ma nella prospettiva "teologica" si fa vedere che l'uomo forse più della donna ha sempre anche un interesse e una responsabilità per tutti gli altri uomini: "l'uomo vive sempre anche in una comunione con altri uomini", oggi in forza del nostro modello di società anche con altre donne. Se è davvero cristiano non perderà mai il senso dell'esclusività del rapporto erotico con la propria donna, ma questa esclusività sarà anche sempre "integrazione". Così la concentrazione stessa all'atto, senza dimenticare il gioco più complessivo dell'atto erotico anche nella fase preliminare ad esso, rimanda, anche se l'uomo stesso forse non ne è cosciente, alla radicalità di un dono totale di sé. Mi accorgo ovviamente che qui ci sarebbe molto da approfondire, ma sono temi in cui si fa un passo alla volta e in cui è necessario rimane in un reale atteggiamento di apertura a quella comunione con il Padre misericordioso di tutti gli uomini di cui ho parlato prima.
Cose analoghe a quanto detto su una teologia dei sessi si potrebbero anche sviluppare per una „teologia della politica“ (2). Adrienne conosce lo scandalo dell’ingiustizia, anche se non riduce, come fa una „teologia politica“ di sinistra, il combattimento contro l’ingiustizia come prospettiva unica per raggiungere la felicità, ma non si mette neppure al servizio di una legittimazione dell’ingiustizia, come adeguata alla natura dell’uomo, come fa una „teologia politica“ di destra.
Nel movimento dal Padre al Padre non vi è spazio per nessuna forma di legittimazione della corruzione politica, anche se il superamento dell’ingiustizia umana non può essere l’orizzonte ultimo di questo movimento, perché difende una giustizia che non si può ridurre ad una pura giustizia umana. L’amore gratis del Padre spera la salvezza di tutti e la offre a tutti, esso non si lascia ridurre ad un movimento puramente umano di lotta per la giustizia, ma guai a chi con la bella parola di un amore gratis, vuole superare la „legge“, cioè la giustizia umana, proveniente dal cuore di Dio: Cristo non è venuto per superare, ma per adempiere la legge!
Come si può vedere in queste poche pagine della mia relazione la Chiesa è andata da Adrienne a Papa Francesco, nel vasto flusso della tradizione e del magistero petrino, in un percorso di apertura sempre più grande e sempre più convincente all’Amore gratis di Dio, seguendo quel motto, che Hans Urs von Balthasar esprimeva con l’ormai proverbiale frase: solo l’amore è credibile (Glaubhaft ist nur Liebe)! Solo l'amore di quel Dio "sempre più grande" cui Adrienne ha dedicato tutta la sua vita!
Note
(1) Sull'Amoris laetitia il Santo Padre ha detto delle cose ai gesuiti in Colombia che sia Adrienne che Balthasar avrebbero accolto con entusiasmo: per esempio sulla "teologia in ginocchio", sulla filosofia che pensa il reale: Vicente Durán Casas si alza per porre un’altra domanda: «Santo Padre, di nuovo grazie per la sua visita. Insegno filosofia e mi piacerebbe sapere, anche a nome dei miei colleghi docenti di teologia, che cosa si aspetta dalla riflessione filosofica e teologica in un Paese come il nostro e nella Chiesa in generale».
Direi, per cominciare, che non sia una riflessione di laboratorio. Infatti, abbiamo visto che danno ha finito col fare la grande e brillante scolastica di Tommaso quando è andata decadendo, decadendo, decadendo…: è diventata una scolastica da manuale, senza vita, mera idea, e si è tradotta in una proposta pastorale casuistica. Almeno, ai nostri tempi siamo stati formati in questa linea… Direi che era piuttosto ridicolo che, per spiegare la continuità metafisica, il filosofo Losada[1] parlasse dei puncta inflata… Per dimostrare questo tipo di cose si cadeva nel ridicolo. Era un grande filosofo dell’epoca, ma decadente, volava rasoterra…
Dunque: la filosofia non in laboratorio, ma nella vita, nel dialogo col reale. Nel dialogo col reale troverai, come filosofo, i tre trascendentali che fanno l’unità, ma con un nome concreto. Ricordiamo le parole del nostro grande scrittore Dostoevskij. Come lui, anche noi dobbiamo riflettere su quale bellezza ci salverà, sulla bontà e sulla verità. Benedetto XVI parlava della verità come incontro, ovvero non più una classificazione, ma una strada. Sempre in dialogo con la realtà, perché non si può fare filosofia con la tavola logaritmica, che peraltro è ormai in disuso. E lo stesso vale anche per la teologia, ma questo non vuol dire «imbastardire» la teologia, al contrario. La teologia di Gesù era la cosa più reale di tutte, partiva dalla realtà e si innalzava fino al Padre. Partiva da un semino, da una parabola, da un fatto… e li spiegava. Gesù voleva fare una teologia profonda, e la realtà grande è il Signore. A me piace ripetere che per essere un buon teologo, oltre a studiare, bisogna avere dedizione, essere svegli e cogliere la realtà; su tutto questo bisogna riflettere in ginocchio. Un uomo che non prega, una donna che non prega, non può essere teologo o teologa. Sarà il volume del Denzinger[2] fatto persona, saprà tutte le dottrine esistenti o possibili, ma non farà teologia. Sarà un compendio, un manuale dove c’è tutto. Ma oggi la questione è come esprimi Dio tu, come esprimi chi è Dio, come si manifestano lo Spirito, le piaghe di Cristo, il mistero di Cristo, a partire dalla Lettera ai Filippesi 2,7 in avanti… Come spieghi questi misteri e li vai spiegando, e come stai insegnando quell’incontro che è la grazia. Come quando leggi Paolo nella Lettera ai Romani, dove c’è tutto il mistero della grazia e vuoi spiegarlo.
Approfitto di questa domanda per dire una cosa che credo vada detta per giustizia, e anche per carità. Infatti, sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’Esortazione apostolica post-sinodale. Per capire l’Amoris laetitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo.
Una seconda cosa: alcuni sostengono che sotto l’Amoris laetitia non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura. Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell’ Amoris laetitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn. Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio… http://www.laciviltacattolica.it/articolo/la-grazia-non-e-una-ideologia/
(2) Analogamente alla differenza tra "estetica teologica" e "teologia estetica" penso alla differenza tra "teologia politica" e teologia della politica". Balthasar ha scritto un'estetica teologica e non una teologia estetica. Massimo Borghesi nella sua "critica della teologia politica" fa vedere come mai sia legittimo scrivere e pensare una "teologia della politica" evitando i sensi unici di una "teologia politica" che non può che diventare fanatica e fondamentalista. Massimo Borghesi: La distinzione di Ratzinger, preziosa, non significa l’apoliticità della fede. Nel caso del cristianesimo la connessione con la storia è essenziale. Questo non porta, però, ad una teologia politica ma ad una teologia della politica. «Nella sua concezione propria la fede cristiana è essenzialmente metapolitica; è politica nelle sue conseguenze. E’ politica in quanto la civitas Dei, secondo l’immagine suggerita dalla Lettera a Diogneto, è anima della polis, vive in essa pur senza identificarvisi, si prende cura del suo bene. Non realizza se stessa, però, attraverso la politica. La sua è una teologia della politica, non una teologia politica. Ciò significa che non raggiunge il politico direttamente ma attraverso la mediazione etico-giuridica. Non realizza l’identità con il politico. Lo impedisce la riserva escatologica, lo scarto tra grazia e natura. La teologia politica, al contrario, è “dialettica”. Per essa il momento teologico si realizza attraverso il politico e il politico tramite il teologico. Nel passare “attraverso”, nel realizzarsi attraverso altro-da-sé, i due momenti vanno incontro ad una metamorfosi. E’ in questo senso che la teologia politica rappresenta una formula della secolarizzazione: del teologico, che identifica la civitas Dei con la civitas mundi; del politico allorché, nel senso di Löwith o di Voegelin, diviene religione politica»[2]. Nel passaggio dalla teologia politica alla teologia della politica il modello dialettico, fondato sull’idea del reciproco “inveramento” tra teologico e politico, cede il posto ad un modello “polare”. Teologia e politica si rapportano in una irriducibile differenza, in una tensione mai risolta.
Per quanto riguarda Adrienne: vedi due passi importanti da "Kostet und seht. Ein theologisches Lesebuch": "Ärgernis der Ungerechtigkeit" (917) e ""Keine rein irdische Gerechtigkeit" (918).
Conclusione:
Sulla comodità ed una certo "accasarsi" nell'amore - in dialogo con #AdriennevonSpeyr
Preghiera (io ho scelto questa, che è fondamentalmente quella che Ignazio di Loyola chiede di ripetere sempre all'inizio di una giornata di esercizi; il santo spagnolo ci tiene che la preghiera sia sempre la stessa, però per te che leggi non deve essere questa mia).
Da Te, o Dio, nostro Signore chiedo la grazia,
che tutte le mie intenzioni, azioni ed tutti i miei interessi,
siano ordinati semplicemente al Tuo servizio e per la gloria
della Tua divina maestà e del Tuo divino amore.
Cantico dei Cantici 5, 2b, 3-6
mia amica, mia colomba, perfetta mia;
perché il mio capo è bagnato di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne".
[3] "Mi sono tolta la veste;
[4] Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
e un fremito mi ha sconvolta.
[5] Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
[6] Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto già se n'era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa.
L'ho cercato, ma non l'ho trovato,
l'ho chiamato, ma non m'ha risposto.
Negli ultimi tempi mi diventa sempre più chiara un'intuizione, che credo si sia rafforzata dopo la visita alla tomba di von Balthasar, che ha per me sempre un grande significato: quello che stiamo vivendo negli ultimi anni, da quando Papa Francesco è Papa, sono le scuse e i "però" del verso 5,3. Il Signore bussa alla porta e la Chiesa si domanda come aprire, visto che si è già tolta la veste o afferma che non si vuole sporcare i piedi, come se fosse necessaria una "veste" per incontrare il Signore che viene...
Il commento di Adrienne riguarda più il rapporto tra la Chiesa e Cristo, che il rapporto tra uomo e donna, tanto più che quest'ultimo è basato su una reciprocità orizzontale, che anche Adrienne vede quando parla del "noi" dell'amore tra uomo e donna, mentre il rapporto con il Signore è sempre "verticale".
Il Signore appare come bisogno di "amore gratis" da parte della sua sposa: "sorella mia, amica, colomba e senza macchia". Questa invece tentenna con le scuse di cui sopra.
Ha cominciato a trasformare l'amore gratis in un diritto che le spetta. Usa i suoi occhi naturali e le sue categorie psicologiche e sociologiche, come ho spiegato qualche giorno fa nella mia bacheca, mentre il Signore esige che Lei risponda subito. Si è accasata in ciò che crede sia suo diritto e non è aperta al Signore che bussa.
Quando la sposa è poi disposta ad aprire la porta il Signore se ne è andato e lei impazzisce o "viene meno" come dice la tradizione liturgica.
Forse ci sveglieremo ed il volto della misericordia sarà nascosto.
Dobbiamo imparare la logica divina, che è "Spirito" da cui nasce l'incarnazione del Logos. La Chiesa deve imparare ad essere sempre più "spirito vigilante" e cercare di imparare a livello spirituale ciò che le viene donato a livello sacramentale: in primo luogo nel dono dell'eucarestia come distribuzione dell'amore gratis. Questo significa "cedere" all'invito ad aprire la porta, invece che trastullarsi nelle proprie pseudo domande e nei propri "però".
Oggi si vede la comodità spirituale come atto di coraggiosa protesta contro Pietro. Che Dio ci perdoni!
Roberto, un piccolo amico di Gesù
NB Se sarà necessario farò poi delle note precise per tutto il mio testo, per spiegare da dove ho preso le citazioni.
Una lettera su Adrienne, il Papa e l'Islam:
Caro Padre (...),
per caso passando per Lucerna ho preso parte alla Santa Messa in onore di Hans Urs von Balthasar, celebrata dal professore domenicano di dogmatica a Lucerna, Müller; ed ad una conferenza che AS ha tenuto su Adrienne.
È stata anche un occasione per pregare alla tomba di Balthasar, cosa questa, che porta sempre molti frutti. Tra l’altro nell’Ora Media, che ho pregato direttamente alla sua tomba, ho incontrato i versi del Salmo 118: „Detesto gli animi incostanti, io amo la tua legge“. Quasi che il maestro mi volesse ricordare che la sua frase: „solo l’amore è credibile“, non è un rifiuto della costanza (!) o un invito alla disobbedienza della „legge“.
Per quanto riguarda la conferenza di A. essa è stata l’occasione per riprendere la figura di Adrienne nella sua interezza. Il richiamo di A. è stato molto forte. Adrienne è la teologa della „totalità“ trinitaria, che pensa e prega un Dio non solo grande, ma sempre più grande. In questo contesto ha posto la questione della fedeltà alla dottrina nella sua interezza.
A. ha insistito anche sul valore del linguaggio di Adrienne, cosa che non mi era del tutto chiara all’inizio, visto che si tratta di dettati. Ma capisco che il linguaggio cristallino di Adrienne certamente fa parte anche dell’espressione della sua teologia. Ha richiamato infine agli stili mariano (la disponibilità di un si integrale a Dio), giovanneo (l’amore che non è contro il ministero petrino, ma che non si lascia ridurre ad esso) e ignaziano (il carattere cavalleresco della sua teologia e la domanda del discernimento degli spiriti a riguardo della chiamata di Dio e della risposta dell’uomo che si profila infine come „Sendung“ e come „decisione“ per essa) della teologia di Adrienne. Sull’impalcatura della conferenza non avevo molto da obbiettare, ma nelle „sfumature“ io non avrei sottolineato alcune cose come ha fatto lui.
In primo luogo, come mi ha poi detto in privato (nella conferenza ha accennato solamente ad una presenza mediale troppo grande dei Papa), pur amando il Papa e ritenendo che le polemiche contro di lui contraddicono un „sentire“ cattolico, ritiene che questo servizio petrino dovrebbe essere vissuto forse più nel „nascondimento“ di quanto sia stato fatto a partire da san Giovanni Paolo II. Io ritengo che ciò contraddica il ministero petrino stesso, che è un ministero di „rappresentazione pubblica“. È vero che il Santo Padre attuale viene dall’Argentina e che alcuni temi (importanza del popolo) sono tipici dell’America Latina, ma in vero il cielo non ci ha mandato questa luce di Papa Francesco per nasconderla. Essere dell’Argentina non è una questione „biografica“, ma „teologica“.
È vero che l’intimità dell’amore giovanneo e mariano non è meno importante della rappresentazione petrina, ma non si tratta di garantire solamente l’unità della Chiesa (cosa certo di per sé importante), ma di far vedere tutta la luce profetica che nasce da quel dialogo, appunto con Pietro, al lago di Tiberiade: mi ami tu? Pasci, abbi cura delle mie pecore. E che ora di fronte a tutto il mondo sta facendo vedere la sua „logica“.
Per quanto riguarda lo stile ignaziano, anche se forse non può essere allineato agli stili „primari“ mariano, giovanneo, paolino… è certamente una modalità con cui Adrianne si è espressa. In privato mi ha detto A. che la figura di Papa Francesco è una figura „teodrammatica“, ma proprio questo avrebbe dovuto dire pubblicamente. Quando dal pubblico gli hanno chiesto se questa missione di Adrienne non è una missione del passato, ha risposto che i libri ci sono e che vengono venduti e che non è così importante se Adrienne sia conosciuta o meno. Ciò è certo vero, ma è anche vero che un tale pontificato „teodrammatico“ non ci sarebbe mai stato senza la teologia e la missione dei nostri due amici del cielo. Questo fa capire anche l’insistenza di alcune cose che ho scritto nella mia presa di posizione scritta per il convegno di novembre in Vaticano.
Anch’io ho posto una domanda. Come mettere in dialogo la totalità trinitaria di Adrienne con la pretesa di universalità dell’Islam - tema questo che vedo che viene pagato con il sangue dagli autori che lo pongono come il padre Christian de Charge (Algerien) o il padre Paolo Dall’Oglio SJ (Syrien). È capace la totalità trinitaria di Adrienne di integrare la totalità islamica? A. ha risposto nel senso che noi cristiani abbiamo da insegnare ai mussulmani cosa sia un reale monoteismo non statico. Paolo Dall’Oglio e Louis Massignon parlano della „lancia del monoteismo di acciaio mussulmano che ferisce la Chiesa secoli dopo il compimento essenziale della salvezza“. Perché accade questo? Solo perché noi cristiani insegniamo qualcosa ai mussulmani? Non credo: piuttosto per ottenere un più di carità, un’esagerazione di amore redentivo“ (Paolo Dall’Oglio citato da Paolo Branca, Padre Paolo Dall’Oglio discepolo di Massignon, in Paolo Dall’Oglio. La profezia messa a tacere, a cura di Riccardo Cristiano, Cinisello Balsamo (Milano), 2017, 158). Questa „esagerazione d’amore“ è certamente „trinitaria“, ma forse la Chiesa ha necessitato di questa „lancia del monoteismo d’acciaio“ per ricordarsi che vi è sempre il pericolo di un „politeismo“ nascosto che sta ferendo il cuore della Chiesa, come nel fenomeno tragico della pedofilia, che ha un carattere ben più massiccio, come si sta vedendo infine anche in Australia, di quanto siamo disposti di ammettere.
L’idea dei tre Angelus pregati per Israele, per l’Islam e per „Sodoma“, che è poi la nostra „società trasparente“ (Byung Chul-Han), praticata da Massignon e Padre Paolo, mi sembra un’immagine molto bella di quella logica, come ha sottolineato A. che non è „lineare“ (il motivo forse per cui papa Benedetto XVI, come ha detto nelle sue „Ultime conversazioni“, non ha un reale accesso all’opera di Adrienne), ma si muove come le onde che arrivano alla spiaggia, di quell’amore sempre più grande ed incarnato, espresso nell’Angelus come quel centro di fuoco del Logos universale e concreto in cui può essere integrato tutto e forse senza una certa rigidità che traspariva dalla conferenza di A. nella contrapposizione tra „bene e male“, che non prende sul serio ciò che la Chiesa prega ogni Venerdì nelle Lodi: „nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre“ e che Paul Claudel ci ricorda nella „Scarpina di raso“ - „anche il peccato“ può servire alla gloria di Dio, se siamo disponibili a ripetere quella preghiera semplice che ci ricorda Papa Francesco: „Abbi misericordia di me peccatore“! Quella misericordia che è il centro anche del monoteismo d’acciaio dell’Islam.
Tuo, con grande amicizia, Roberto