venerdì 7 dicembre 2018

Accadimento e irruzione. Guardini e Giussani - in dialogo con Monica Scholz-Zappa

Lipsia. È una grande occasione poter approfondire il carisma di Luigi Giussani, il fondatore (sebbene non volesse esserlo) di Comunione e Liberazione, in dialogo con una donna. È una grande occasione perché nel Movimento di Comunione e Liberazione, normalmente, si esprimono piuttosto gli uomini. Già il fatto di parlare non solo di Giussani, ma di Giussani e Guardini è un grande servizio, reso da Monica Scholz-Zappa, contro la riduzione a guru del sacerdote lombardo. 

Lo stile essenziale del suo libro su Giussani e Guardini (Milano, 2017, nuova edizione) mi permette di approfondire alcuni nodi su cui penso da anni, su cui lotto da anni interiormente. Si tratta di due pensatori con "forti tensione e domande" e che hanno messo l'accento sul cristianesimo come avvenimento. Per riassumere: il cristianesimo è Cristo stesso (cfr. ibidem, 59). Un avvenimento che per essere percepito richiede "un sentire affettivo dell'Essere" (ibidem, 56).

Il rischio di fronte a certi uomini come Guardini o Giussani è quello di ripeterli, senza, però, più comprenderli. Sono autori in cerca dell'essenza del cristianesimo, perché hanno visto quest'ultimo arenarsi in un certo dogmatismo e moralismo. Ma il solo ripeterli non fa comprendere più il loro carattere esplosivo di accadimento e irruzione, che accade un "bel giorno", per esempio sentendo l'interpretazione del prologo di Giovanni, già sentito centinaia di volte. 

Approfondisco due punti in questo breve post. 

1. Il primo è quello del superamento del moralismo. In un post nel suo blog Bruno Brunelli, che con il fratello Lucio, ha fatto parte di quel risveglio "romano" del carisma di Comunione e Liberazione, negli anni 70, afferma che quando Giussani fece quella critica vi era un certo consenso sui valori - anche se erano formalizzati fino a perdere il loro fuoco. Ora, invece, questi valori non sono più per nulla evidenti, come sottolinea anche don Julián Carrón, l'attuale guida spagnola del Movimento di CL. Ciò significa che forse sarà necessario - senza tradire lo stile ontologico di Giussani o Guardini - riscoprire la bonitas come una caratteristica essenziale dell'essere. Ferdinand Ulrich, alla scuola di Tommaso d'Aquino, parla addirittura dell'atto del dono dell'essere come: similitudo divinae bonitatis. Una certa critica al "buonismo" negli ambiti del Movimento di CL ha qui la sua ragione: ripetendo solo don Giussani se ne è perso il fuoco che mai avrebbe permesso di coprire scandali politici ed economici, per cattiveria o ingenuità essi siano stati compiuti, con la sua critica al "moralismo". 

L'accadimento ontologico della perdita del patrimonio da parte del figliol prodigo in Luca 15, commentato filosoficamente da Ulrich in "Dono e Perdono" (sto traducendo alcune pagine di questo libro nel mio blog), fa vedere, al di là di ogni moralismo, che nel non aver avuto fiducia del padre il figlio perde anche il senso della bonitas del dono dell'essere, che non è un patrimonio, ma per l'appunto l'amore del Padre che dona in primo luogo il mio essere-me-stesso in libertà. Una libertà che mi permette di impegnarmi per il bene, piuttosto che per l'egoismo collettivo o personale. 

2. Nella sua ricerca di un'istanza oggettiva che permetta una decisione che regga la vita e non solo una fase di essa, sia Guardini che Giussani potevano con semplicità pensare alla Chiesa, "poiché quando l'uomo vuole avere a che fare soltanto con Dio , allora dice 'Dio' ed intende se stesso" (ibidem, 63). Non solo per i cattivi giornali, ma per il disastro della pedofilia, è difficile per un uomo del nostro tempo attuale, pensare alla Chiesa come quella "istanza oggettiva". Non è impossibile, ma è più difficile.

Approfondire l'atteggiamento ontologico oggi significa gettarsi a capofitto nel mistero dell'essere come amore gratuito, che ci viene incontro in primo luogo nei santi, ma non solo quelli riconosciuti dalla Chiesa, ma in tutti quei santi che fanno trasparire nel loro agire un'ultima "bellezza disarmata". Penso per esempio alla mia amica contadini che la schiena curva gestisce la terra qui intorno alla nostra casa. 

Un atteggiamento questo che non ha bisogno di porre "l'essenza del cristianesimo rispetto alle altre religioni", come propria priorità, non perché Cristo non sia più la singolare e definitiva rivelazione di Dio, ma perché il Logos universale e concreto, in ogni discussione apologetica, corre il rischio di venire ridotto in un'astrazione. 

A me sembra quasi che nel processo di "finitizzazione" dell'essere come dono d'amore che trova in Cristo la sua ultima e non anticipatile né deducibile singolarità esemplare, senza cadere nel rischio "modernista" (kantiano) di ridurlo ad una sorta di "soggettività trascendentale", ci sia richiesta un'umiltà radicale ed ontologica che può rinunciare ad ogni forma di "mitologicizzazione"  indebita. Anche l'accadimento e l'irruzione possono ridiventare mito che non si è fatto carne. Questo non è un attacco alle grandi opere mitologiche come quelle di Tolkien o della Ursula K. Le Guin, in cui il mito ha la sua "carne" che è la narrazione come creazione di un mondo letterario, ma in quel atteggiamento che rende un uomo in carne ed ossa un "guru", cioè una figura disincarnata. 

Il vero accadimento di Cristo nella nostra vita può avere anche modalità del tutto "nascoste", come appunto ha fatto vedere la teologia di Nazareth di un Charles de Jesus, senza mai salire sul palcoscenico del grande teatro del mondo - dove agiscono i "grandi" della storia. 

Un commento di Bruno Brunelli in Facebook: 

Molto bello, Roberto, grazie. Qui ho capito anche la critica al “guru” specie nella frase “Anche l'accadimento e l'irruzione possono ridiventare mito che non si è fatto carne.” Anche questa critica all’uso del termine “buonismo” è giustissima. Buono è uno degli attributi “divini”: solo Dio è buono, il Buon Pastore, ...
Si dovrebbe invece criticare la cattiveria che oggi dilaga. Ho letto un titolo sul NY Times: “Ideologie, religioni, strane appartenenze...e se fossero solo persone cattive?”

(21.1.18)

3. L'incombenza del "grande amore", cfr. Monica Scholz-Zappa, Giussani e Guardini, 62- 72.

Con un grande lavoro di reale acribia l'autrice consulta l'archivio di don Giussani a Gudo Gambaredo e ci lascia leggere alcune frasi che Giussani aveva trascritto da delle opere di Guardini. Si può intravedere cosi un'intensa fratellanza dello spirito tra i due sacerdoti; alcune frasi sono state usate da Giussani pubblicamente, altre no, ma questo ci permette  di riflettere anche un'interessante prospettiva: cosa pensava il sacerdote della Bassa, quando rifletteva nella sua anima e non solo quando parlava pubblicamente. 
Nel discorso riguardante il "grande amore" un ruolo importante gioca la parola "fatto", che Guardini e Giussani usano per evitare che Cristo e la Chiesa siano ridotte ad una propria "gnosi", ad un proprio "sentimento". Indicare la valenza del "fatto cristiano", però non significa per i Nostri, un percorso umano senza "forti tensioni e domande": per entrambi vale "un'insaziabile ricerca della verità di sé e del senso e significato della fede cristiana" (62). Massimo Borghesi ci ha fatto comprendere l'importanza del pensiero polare in Guardini e cosÌ possiamo comprendere bene che "fatto" e "tensione del soggetto" sono due poli che si arricchiscono a vicenda, come l'istanza oggettiva che è la Chiesa non è un massiccio contro la libertà della persona, ma Ia garante di questa stessa libertà in tensione. Né la malinconia di Guardini né la baldanza di Giussani si lasciano ridurre in una lettura "borghese" della storia e non possono mai essere ridotte ad una "teologia politica". Con questo termine intendiamo una manifesta o nascosta prevalenza o strumentalizzazione della "politica" sulla "teologia" o sul Vangelo stesso. Non da Cristo o dalla Chiesa, ma ultimamente da un'istanza politica ci si aspetta un aiuto per superare ciò che Carrón chiama "la perdita delle evidenze". In Guardini e Giussani, prima di ogni loro analisi del modo di vedere il mondo, vi è una priorità "della gratuità dell'inizio", del "primerear", per parlare con Bergoglio. La frase annotata da Giussani di Guardini: "il faktum stesso della persona, nel più profondo è dono" ci porta nel cuore della filosofia dell'essere come dono (Ulrich), che è e rimane un'ontologia non disponibile ad una riduzione di "teologia politica". Ciò che incombe davvero è la risposta adeguata ad un grande amore e nessun piano politico potrà mai avere una connessione di intimità ultima con questo amore.

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