Incominciamo con Adrienne. Oggi, meditando alcuni versi del suo commento al Vangelo di Giovanni, in un "gruppo chiuso" in Facebook a lei dedicato, si è presentato al mio cuore (emozione e ragione) questo criterio:
"(...) Gesù interviene (Gv 6,43) e non vieta la critica, ma la mormorazione.
"Tutto ciò che è naturale nel Signore è anche sovrannaturale e tutto ciò che è privato è anche pubblico" (Adrienne). La critica alla Chiesa deve essere quindi pubblica.
"Così anche nel futuro la critica alla Chiesa dovrà essere pronunciata in modo così forte, che la Chiesa abbia la possibilità di esprimersi su di essa e prendere posizione. La critica dall'esterno esisterà per la Chiesa da l momento in cui è diventata così pubblica che lei può rispondere ad essa. La critica fa parte in qualche modo della vita, ma deve mantenere l'onestà di poterla seguirne il percorso fino alla sua origine" (Adrienne).
Il problema della critica dell'arcivescovo Viganò (cfr. libro di Andrea Tornielli e Gianni Valente) L'ultimo giudizio, Milano 2018) non consiste nel fatto di essere stata fatta pubblicamente, ma che in forza di ciò che omette e di ciò che dice in modo non preciso, non se ne può seguire il percorso fino al punto che la ha originata. È pubblica, ma rimane una mormorazione.
E proprio questo è ciò che il Signore non vuole".
Per quanto riguarda la richiesta di dimissioni al pontefice invece si tratta di alcunché che contraddice il Codice di diritto canonico: "Prima sedes a nemine iudicatur" (cfr. GdG, 102-103). Il Santo Padre, comunque, aveva invitato i giornalisti, nel suo volo di ritorno dall'Irlanda, a studiare con la loro professionalità il dossier Viganò. Questo è stato fatto dai due giornalisti di Vatican Insider. Nel libro il dossier viene letto con attenzione e con attenzione criticato. Non ricostruiamo qui tutti i passaggi, che si devono e possono leggere nel libro stesso.
Sono completamente d'accordo con la posizione che il cardinal Christoph Schönborn espresse durante il caso del suo predecessore, il cardinal Gröer: la "diplomazia" non salverà la chiesa (cfr. GdG, 115). Solo un "atteggiamento di confessione" che Adrienne ci ha insegnato, facendo, nel suo libro su "Tutti i Santi" (Das Allerheiligen Buch, Einsiedeln) confessare anche i santi stessi, può rimettere la Chiesa in contatto con il Suo Signore, con il "primo amore" che ha avuto per lui. E solo chi, come Adrienne, è discesa nell'inferno, come partecipazione al Sabato Santo del Signore, può contribuire alla credibilità della Chiesa romano-cattolica.
La richiesta di "una sorta di impeachment del vescovo di Roma" viene interpretato da Tornielli e Valente per quello che è: "un altro segno di quanto nella stessa gerarchia cattolica vi siano prelati che hanno smarrito gli elementi fondamentali e dell'appartenenza ecclesiale e della natura della Chiesa" (GdG, 78). E questo è vero non solo a livello petrino, come fanno vedere i due autori, ma anche a quello mariano e giovanneo o paolino. Paolo, il grande profeta ed apostolo della Chiesa all'inizio della sua storia, attacca duramente Pietro (Gal 2), quando quest'ultimo fa un passo indietro sulla missione ai pagani, ma non ne chiede le dimissioni. Giovanni (Gv 20) arriva per primo al sepolcro, nella corsa con Pietro, perché l'amore è più veloce nel giudizio che l'istituzione, ma lascia entrare nel sepolcro Pietro per primo. Maria ha detto il suo si, quando non c'era ancora la Chiesa gerarchica dei sacerdoti, ma aspettando lo Spirito Santo si trova, in unità e non in contraddizione con essa.
Ciò che è gioco nella misericordia annunciata da Francesco, ciò che è in gioco nel suo "nuovo mondo" (Antonio Spadaro SJ) è, per così dire una valenza ontologica della misericordia stessa, insomma è in gioco una misericordia che avviene ancora prima della giustizia, ma che non fa nessuno sconto, perché "opus autem divinae justitiae semper presupponit opus misericordiae et in eo fundatur" (Tommaso d'Aquino, cf. S.Th. I, 25, 3, 3). Chi intende la fede, invece, nel senso di una battaglia culturale e per questo nelle nomine vescovile ha appoggiato cultural warriors non può che trovare in Francesco un nemico da eliminare (GdC, 86). Sul potere non si scherza!
Francesco non ha tardato a punire in modo severissimo l'ex cardinal McCarrick togliendogli il berretto cardinalizio e non ostacolando i lavori della giustizia civile, come per esempio fece la Chiesa negli anni settanta, durante gli scandali di Boston.
Il Papa ci ha invitato a considerare la storia e il modo con cui in passato sono stati trattati i casi di pedofilia, ma ha anche detto un radicale no ad un "clericalismo mai più accettabile" (GdG, 108).
Non sono scandalizzato per gli errori nelle nomine di vescovi di San Giovanni Paolo II e neppure della troppa mitezza di Benedetto XVI nel gestire il caso McCarrick, perché anche i santi, hanno da confessare e hanno confessato i loro errori e la loro debolezza nel discernimento o nella gestione di ciò che stava accadendo. Ma tutto ciò mi ricorda il sotto titolo della grande opera di Hans Urs von Balthasar, sul "complesso antiromano": come integrare il papato nella Chiesa universale. Ed oggi è chiaro che si tratta di fare anche una scelta davvero collegiale. Prendere una decisione nell'appartamento senza ascoltare una persona autorevole come il cardinale di New York O'Connor è stato un grave errore.
E pur con tutto il rispetto della Chiesa gerarchica, nostra madre (Ignazio) bisognerà non solo chiedere alle donne di aiutare questa Chiesa troppo maschile nel giudizio sui futuri sacerdoti e vescovi, ma anche vedere che la Chiesa non è solo, né primariamente quella che si vede agire "nel grande palcoscenico del mondo", ma quella che in assoluta obbedienza (e libertà), fa cose straordinarie come Adrienne con i suoi "viaggi" nei lager e in conventi distrutti materialmente o spiritualmente. E visto che appena morto il grande filosofo tedesco, Robert Spaemann, vorrei raccontare una cosa che mi confidò di sua moglie Cordelia: una volta avrebbe avuto la possibilità di essere ricevuta da san Papa Giovanni Paolo II con il marito, ma rimase a casa, dicendo che pregare il rosario a casa, sarebbe stato molto più utile alla Chiesa che quella visita! Mi ricordo ancora la commozione di Spaemann quando me lo raccontò: mia moglie era una rivoluzionaria, disse! E non lo era perché "pia" - perché nella storia della Chiesa con tante parole pie, per esempio quelle pronunciate dal Cardinal Meisner al funerale del cardinal Gröer, si sono giustificate anche tante ingiustizie (GdG, 113-14) - ma perché sapeva che l'anello del potere, alla fine deve venir distrutto e non usato (J.R.R. Tolkien).
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