mercoledì 25 ottobre 2017

Diario scolastico

Introduzione

Negli ultimi anni ho scritto un dettagliato "diario scolastico". Anche per questo tema comincio a raccogliere in questo post i miei diversi interventi in Facebook. Forse si tratta della cosa più importante abbia scritto. Nel diario cerco di non parlare solo di ciò che penso, ma di ciò che vivo. Ovviamente il filosofo non può distinguere totalmente tra vita e pensiero, ma è bene che accetti la sfida del quotidiano, giacché anche per lui solo nella "piccola via" si può vedere se prende sul serio l'incarnazione del Verbo. 

(28.11.11) ROBERT SPAEMANN IN DER 10. KLASSE. "Man muss sich klar machen, dass Toleranz keineswegs die selbstverständliche Konsequenz des moralischen Relativismus (z.B. "Jeder sollte seinen Belieben folgen und tun, wozu er Lust hat") ist, wie es oft behauptet wird. Toleranz gründet vielmehr in einer sehr bestimmten moralischen Überzeugung, für die Allgemeingültigkeit verlangt wird. Der moralische Relativist kann dem gegenüber sagen: "Warum soll ich tolerant sein? Jeder soll nach seiner Moral leben. Meine Moral erlaubt mir Gewalttätigkeit und Intoleranz" (Moralische Grundbegriffe, München 1999, 21). In diesem Sinn zwischen einem europäischen Relativist, der denkt, dass alle Religionen gleich sind und einem islamistischenTerrorist, der denkt, dass nur seine Religion, die richtige ist, gibt es keine Differenz. Beiden können die "fundamentalistische" Position etwa eines Katholiken (der in der Tat denkt, dass Christus die Wahrheit ist), der glaubt, dass alle Menschen Personen sind und deswegen man sie nicht umbringen darf, nicht verstehen. Nur wer eine fundamentalistische Position vertritt kann echte Toleranz gewähren!

(12.11.2014) Transzendentale Täuschung?
Inganno o illusione trascendentale? 
(Überlegungen nach einer Stunde über Immanuel Kant Philosophie in der 12. Klasse / Riflessioni dopo un'ora di filosofia su Kant nella dodicesima)
1. Questi appunti sono specificamente filosofici, quindi per chi non desidera pensare filosoficamente sono del tutto inutili e non necessari. Per me non sono però un "commento", alla sdc, ma un modo di approfondirla.
1. Diese Überlegungen sind spezifisch philosophisch, also für jemand, der kein Interesse hat philosophisch zu denken, umnützlich und uninteressant. Jedoch sie sind für meine christliche Zugehörigkeit kein Luxus, sondern Vertiefung. 
2. La sdc parla dell'incontro con "quella Presenza che mi fa essere". In che senso questa frase non è frutto di un "inganno trascendentale"?
2. Im Seminar der Gemeinschaft der Bewegung von Comunione e Liberazione, reflektieren wir zur Zeit zu folgenden Satz: Christentum ist Begegnung mit "einer Präsenz, die uns Sein schenkt". In welchem Sinne ist dieser Satz keine "transzendentale Täuschung".
3. L'inganno trascendentale in Kant è una "necessità" della ragione,che vuole pensare in modo globale ed unitario, e non un inganno immorale. Da Reimarus (ma ovviamente lo avevano già fatto molte eresie durante tutta la storia del cristianesimo) a Nietzsche ed oltre in diversi modi si è parlato della Chiesa come fonte di inganno morale. In Reimarus (almeno nell'interpretazione più radicale del suo pensiero) l'inganno era già in Gesù stesso, altri, i modernisti dicevano che l'inganno era nato nella chiesa primitiva: Gesù avrebbe predicato il Regno, mentre la Chiesa avrebbe predicato se stessa; in Nietzsche ci troviamo confrontati criticamente con la "teologia di Paolo" (cioè la teologia della croce contro la vita), che non esprime più il Gesù storico, con cui il filosofo tedesco ha un rapporto ambivalente. Se prevale Dionisio (l Dio della vita e dell'allegria) allora Gesù stesso è l'ingannatore, se no egli si trova in un rapporto di odio e amore e in un'oscillazione tra Dioniso e Gesù. 
3. Die "transzendentale Täuschung" Kants ist keinen moralischen Betrug, sondern eine Notwendigkeit der Vernunft, die global und einheitlich denken will. Von Reimarus (aber freilich das taten auch vielen Ketzer im Lauf der Geschichte des Christentums) bis Nietzsche und darüber hinaus, hat man oft über die Kirche als eine Quelle des moralischen Betruges gesprochen.In Reimarus (mindestens in der radikalsten Interpretation von ihm) der Betrug lag schon in Christus selbst , andere, die Modernisten sagten, dass die Täuschung in der Frühkirche entstanden ist: Jesus hätte das Reich gepredigt, während die Kirche sich selbst verkündet hat. In Nietzsche findet eine kritische Auseinandersetzung mit der Theologie Pauli (sprich die Theologie des Kreuzes contra das Leben), der nicht mehr den historischen Jesus darstellt, mit dem deutschen Philosoph eine ambivalente Beziehung hatte. Wenn Dionysus (er Gott des Lebens und der Freude) mehr betont wird, dann ist Jesus selbst der Betrüger, der mit seinem Kreuz das Leben hasst, wenn nicht dann befindet sich Nietzsche in einer Hass-Liebe Beziehung zu dem Nazarener, in einer Pendelbewegung zwischen Dionysus und Jesus. 
4. L'inganno trascendentale kantiano non è illuminismo primitivo, ma parla per l'appunto di una necessità di "unità" che ha l'uomo pensante a livello psicologico, cosmologico e teologico. Questo ci fa credere di sapere che esista un'anima unitaria (psicologia), di un "mondo unitario" (cosmologia) e di un assoluto unitario (teologia). Cade il senso religioso parlando di una "Presenza che ci fa essere" anche in una sorta di inganno trascendentale? 
4. Die Transzendentale Täuschung Kants ist keine primitive Aufklärung, sondern sie behauptet eine Notwendigkeit zur Einheit hin für den philosophisch denkenden Menschen auf psychologischer, kosmologischer und theologischer Ebene. Das lässt uns glauben zu wissen, dass es eine einheitliche Seele gibt (Psychologie), eine einheitliche Welt (Kosmologie) und ein einheitliches Absolut (Theologie). Fällt das religiose Sinn (Sehnsucht nach dem Absoluten, nach einer Präsenz, die uns Seins schenkt) von dem Giussani redet auch unter einer solche "transzendentale Täuschung"? 
5. Se il carisma di don Giussani fosse questo allora avremmo a che fare con un tale inganno trascendentale. Dall'esigenza unitaria del senso religioso nascerebbe la Presenza. Ma in GIussani e in genere nel cristianesimo l'avvenimento "precede" il senso religioso, lo attiva. Solo in un "incontro", in "avvenimento" è percepibile l'essere che mi fa essere.
5. Wenn das Charisma von Giussanis das behaupten würde, dann hätten wir mit einer transzendentalen Täuschung zu tun. Aus dem einheitlichen Bedürfnis des religiösen Sinnen würde die Präsenz Gottes hervorgehen. Aber in Gussani und im allgemeinen in der christlichen Verkündigung das Ereignis geht dem religiösen Sinn voraus; das Ereignis aktiviert um so zu sagen den religiösen Sinn. Nur in einer Begegnung, nur auf Grund des Ereignisses wird die Gegenwart, die mir Sein schenkt wahrnehmbar und wünschbar. 
6. Con una certa gratitudine possiamo ereditare dalla filosofia kantiana la coscienza della domanda: cosa posso sapere? Quale sono i limiti del sapere? Assolutizzare la sua importazione di "critica della ragione pura" è in fondo una contraditio nell'oggetto stesso della sua ricerca filosofica. Questo vale anche per l'assolutizzazione dell'ipotesi di un inganno trascendentale. Al di la di ciò si può ovviamente porre la domanda se nel sapere non si tiri ogni tanto la linea di demarcazione tra ciò che possiamo sapere e ciò che non possiamo sapere non troppo presto e non troppo tardi, questo però non nella direzione di un inganno trascendentale, ma in quella della riscoperta della "forma" (scopo) aristotelica anche per il sapere scientifico: ma questo è un altro tema. 
6. Mit einer gewissen Dankbarkeit können wir aus der kantischen Philosophie das Bewusstsein für die Frage: was kann ich wissen? erben. Welche sind die Grenze des Wissens. Seine Fragestellung nach einer "Kritik der reinen Vernunft" zu verabsolutieren, wäre eine contradictio in dem Gegenstand selbst seiner Forschung. Das gilt auch für die VERABSOLUTIERUNG der Hypothese einer transzendentalen Täuschung. Darüber hinaus musste noch die Frage gestellt werden, ob in dem Wissen, ab und zu eine Grenzlinie zu früh und nicht zu spät gezogen worden ist, das aber nicht in der Richtung einer transzendentalen Täuschung, sondern in der Wiederentdeckung der aristotelischen Form (Zweck) auch für die Naturwissenschaft: das aber ist ein anderes Thema.


La scuola è ricominciata dopo una settimana di ferie. Entrandoci, nel nostro grande palazzo del secolo XIX, la sensazione di voler fuggire, proprio il contrario di ciò che dice don Giussani sul lunedì come giornata più bella perché tutto ricomincia; immediatamente anche però il pensiero che le circostanze che mi saranno date oggi e in seguito saranno quelle che il Signore permetterà per me, per farmi crescere nel Suo amore. Un pensiero come un'ancora di speranza. 



N. ha tenuto una bella meditazione del lunedì (il tema generale in questo anno è: pensare Dio insieme e in modo nuovo), che viene trasmessa in tutta la scuola, sulla parola "e"; quella che aveva tenuto anche di fronte alla cancelliera tedesca Angela Merkel, quando ero a Milano con le ragazze per lo scambio con la Regina Mundi (era il motivo per cui non era potuta venire in Italia). Il fabula docet era quello dell'inclusione, ma ho dovuto pensare all'obiezione che Karl Barth faceva ai cattolici: di essere la confessione del "et et", mentre il protestantesimo calvinista della prima ora barthiana era quello del "aut aut".



Nella nona abbiamo tra l'altro parlato di "confessione" - il tema del segreto in confessionale accende sempre la fantasia dei ragazzi.



Nel corso di filosofia nella decima ho cercato di spiegare le prime pagine su Omero di von Balthasar in "Gloria. III,1. Il primo grande passo della cultura europea, nell'interpretazione del cosmo, è stato fatto in forza della coppia religione e arte (mito), la coppia religione e filosofia viene dopo. LI ho fatti riflettere sul rapporto tra fantasia (religione e arte nella mitologia) e educazione (religione e filosofia). Mi è sembrato che alcuni si sono proprio impegnati a comprendere. (26.10.2015)

Come sei buono o Dio,
così dice spesso
il mio fratello Charles de Jesus! 
Così voglio dirTi
stasera
con il mio cuore.
Tu possiedi tutto,
l'unica cosa che possiamo donarTi
è il nostro cuore,
che spesso dopo
l'assemblea dei voti
è confuso. Ti prego
per tutti i ragazzi
che noi insegnanti
consideriamo strani!
Quelli che mettono in evidenza
la povertà dei nostri cuori.
Ti prego anche per quei pochi
che sono davvero arroganti.
Ti prego per una giusta decisione
domani con Th.
Ti prego per i colleghi,
che a volte giudico
in modo troppo severo,
che sono stanchi.
Fai che il mio cuore non si chiuda
nel solo sarcasmo.
Ti prego per quei genitori,
che giustificano i figli,
mentre dovrebbero
educarli.
Ti prego anche
per quei genitori,
che pensano che noi insegnanti
siamo pigri.
Ti prego anche per la tenerezza,
non c'é educazione
senza tenerezza.
Ma non c'é tenerezza
senza volontà di guida.
Come sei buono Dio,
che mi permetti di chiudere
questa giornata
senza rancore,
disarmato.

Amen!

(29.10.2015) Mercoledì ho fatto scrivere due compiti in classe: quello dell'undicesima in filosofia sul tema della teleologia e quello della dodicesima in religione sul tema della cristologia. Questo ultimo deve essere corretto per prima perché i voti della dodicesima, l'anno della maturità, devono essere pronti prima degli altri. 
Cominciando a correggere ho letto - nell'ordine come me li hanno consegnati - l'Erörterung (svolgimento riflessivo di un tema) di una ragazza malata di epilessia, che in un altro compito mi aveva già detto che se Dio ci fosse, lei non avrebbe l'epilessia. La cosa che più mi colpisce e che lei usa un "universo linguistico" in forza del quale non può comprendere, almeno ora, cosa le dico. Quando Balthasar spiega che il Logos combatte con il "caos" ha presente forme gravi di disgregazione caotica come l'arcipelago Gulag o i campi di concentramento nazisti o le conseguenze della bomba atomica; lei ha presente il suo caos interiore o il caos nella sua stanza, quindi ovviamente fa fatica a comprendere il pathos di certe parole. Non potendo poi capire cosa significhi che Gesù è Dio è chiaro che intenda il suo "o con me contro di me" come una limitazione della propria libertà. Alla fine della Erörterung dice: io sono un individuo e non ho bisogno che qualcuno mi salvi, quando ho un problema o lo risolvo da solo oppure non lo risolve nessuno. A questo punto ho solo un bisogno, certo non quello del proselitismo: di guardarla come Gesù l'avrebbe guardata ed in vero la guarda.

A un certo punto si è messo a piangere, quando eravamo sulla soglia della stanza del preside. Devo dire che questo mi ha spiazzato completamente. Quindi con probabilità Rossella aveva ragione a dire che il ragazzo si trova in una crisi (la parola usata da Rossella l'ho dimenticata: cono d'ombra, forse). Io avevo pensato piuttosto ad un inizio di arroganza teutonica. Sto parlando di Th. Avevo accennato allo scontro con lui qualche giorno fa. Avevo chiesto la mediazione dell'insegnante di classe. Ma sebbene quest'ultimo gli avesse detto due volte di cercami per parlare con me, Th. non mi ha cercato. Poi oggi prima della lezione, secondo passo nella gerarchia, ho chiesto la mediazione del vice preside, in modo che Th. mi aspettasse davanti alla porta, prima della lezione di latino nel suo corso della nona classe, ma anche questo non l'ha fatto, poi il vice preside è andato in classe ed allora è uscito. Lo sconto, con il mio temperamento, era ormai inevitabile e quando alle mie parole, che non erano certo di grande sapienza pedagogica, che ad una persona come lui, non avrei mai dato un lavoro come datore di lavoro, perché gli manca la competenza umana di sorridere e salutare al momento dovuto, ha alzato le spalle, sono esploso. Mi è stato subito chiaro che non ero più in possesso del mio equilibrio e così gli detto di venire con me dal preside, che si è preso tempo per noi. Le lacrime di Th. mi hanno sorpreso e così ho detto immediatamente scavalcando la soglia della stanza del preside, che non sono venuto per punirlo, ma perché avevo bisogno di una mediazione per spiegare al giovane cosa non mi andava nel suo atteggiamento nell'ultima ora (vedi la mia pagina di diario di qualche giorno fa; schiacciando #Diarioscolasico si arriva immediatamente alle pagine senza doverle cercare - per semplicità l'ho cercato io e si trova ora qui sotto). Gli ho spiegato che se voleva avere il privilegio di non prendere appunti, mentre tutti gli altri li prendono, in una classe per cui la questione della giustizia è così importante, doveva avere almeno la competenza di sorridere, quando avevo cercato di prenderlo leggermente in giro per motivarlo ad obbedire. Dopo questa mia spiegazione il preside gli chiede cosa succede. Lui ormai con le lacrime negli occhi e tanta rabbia ha detto che non avrebbe parlato. Allora il preside mi ha fatto segno di andare. Dopo una mezzora arrivano: Th. è trasformato e ci diamo la mano, anzi ci abbracciamo. Non era mai stato mio allievo, ma lui aveva paura di me per una storia successa tre anni addietro in cui devo averlo sgridato alla fine di un'ora, mentre cercavo una scopa per pulire la classe in cui mi trovavo. Non mi ricordavo per nulla di questa storia. Comunque lunedì possiamo raccontarci dal preside con calma come mai il nostro rapporto non funzionava. Dopo l'abbraccio ha partecipato alla lezione con energia, interesse e in modo costruttivo. Una trasformazione totale. Adesso ho il problema di giustificarmi dal mio collega, l'insegnante di classe, che forse avrà piuttosto il desiderio che avessi tenuto duro nella questione formale contro di lui. Io ho tenuto duro, ma non a questo livello formale (tanto più che avevo minacciato una cosa del tutto non realistica), per questo ho chiesto le mediazioni di cui, perché questa volta, seppure abbia molta esperienza, non me la sono cavata da solo. Sono contento ora per Th., che ha mostrato anche le sue emozioni e sono grato del preside che si è preso tempo per questa storia.
Il passaggio a cui mi riferisco qui di qualche giorno fa: 

"Mi sono lasciato andare ad una "lotta di potere" nella nona in latino 8 i 90 minuti di cui sopra); durante un esercizio Th. si è rifiutato di scrivere l'esito dell'esercizio. Non ho reagito subito, poi gli ho chiesto gentilmente di prendere il suo quaderno e di scrivere. Alla fine quando controllavamo l'esercizio - non uso mai la soluzione perché voglio rimanere attivo nell'esercizio del latino - lui ha controllato ciò che avevo scritto io nella lavagna. Gli ho fatto notare ridendo che era chiaro che controllava il mio lavoro perché lui non aveva scritto niente. Lo guardo, suo sguardo freddo, senza nessun accenno ad un sorriso - lui non sorride mai con gli insegnanti. Certamente dovrò chiedermi come mai non lo fa. Allora gli ho detto in voce meno gentile, che se non aveva questa competenza umana di sorridere mentre gli concedevo il privilegio di non scrivere, doveva prendere il suo quaderno e fare come tutti gli altri. Mi ha trucidato con lo sguardo. L'ho mandato via e ho scritto nel registro di classe, per l'insegnante di classe, ciò che era accaduto. Alla fine dell'ora viene a prendere la sua cartella e non cerca nessun dialogo con me. Incontrando casualmente l'insegnante di classe gli ho detto, spiegandogli cosa era accaduto, che o cerca un dialogo serio con me, non solo formale, oppure convocherò il consiglio disciplinare della scuola. Vediamo come va a finire." (27.10.15)

L. mi racconta alla finde dell'ora di religione della decima, in cui ho cominciato a spiegare Giovanni 9, dicendo che una malattia può essere invece che una punizione qualcosa attraverso cui Dio opera per la mia conversione, per la comprensione dell'essere come dono, anche nel caso in cui non vi sia una guarigione - ho raccontato del modo con cui don Ciccio è maturato con la sua malattia - dicevo L. mi ha detto che suo nonno le ha raccontato, che seppure non fosse credente, due volte nella sua vita, quando temette per la sua vita, avesse pregato. L. voleva sapere perché succede questo. La spiegazione che si trattasse solo di paura non la convinceva. La preghiera è quella chiave che apre una possibilità di senso, una speranza - la parola "speranza" l'ha aggiunta lei, quando ho cominciato a dire come mai suo nonno avesse pregato. Mi ha detto che crede. Le ho chiesto se fosse battezzata? Mi ha raccontato che in famiglia si era parlato di ciò, anche in riferimento alla mamma, che aveva parlato con il parroco del paese, che però le ha risposto, cosa teologicamente corretta, che sarebbe disposto a farlo ma solo in un servizio della parola nella comunità parrocchiale. A questo punto la famiglia ha rifiutato. Le ho spiegato in breve il motivo del parroco, ma le ho detto di non forzare nulla. Ad un certo punto la logica stessa del suo cuore le chiederà questo passo ed allora forse l'obiezione del parroco non le sembrerà più tale e che comunque potrà anche chiedermi aiuto: ci sono infatti diverse forme di festeggiare il battesimo. Qualche anno fa, per esempio, una collega è stata battezzata da un sacerdote del Movimento all'interno del nostro viaggio filosofico religioso nelle Dolomiti. (30.10.2015)



(5.11.15) Offrire la paura
Ieri nell'ora di filosofia mi è riuscito, ma non con i metodi cooperativi di gruppo, ma con una classica lezione frontale, aperta al dialogo con i ragazzi, di spiegare la posizione di Robert Spaemann sull'importanza della teleologia anche per spiegare un fenomeno scientifico e una situazione della quotidianità. Gli esempi che fa sono sempre molto chiari: come piegare l'abbaiare e il saltellare del cane al rientro del suo padrone senza usare la parola "gioia"? Una spiegazione scientifica che cercasse di evitare la parola "teleologica" della "gioia" non sarebbe più scientifica, ma solo più confusa. Per due ore c'era nella classe un grande silenzio e domande ed interventi adeguati. 


Scambio epistolare con il mio preside su una presunta identità troppo cattolica del nostro liceo fondato e diretto, a livello di istituzione nazionale, da pastori luterani e sul mio "futuro" una volta che lui come preside cattolico fra tre anni andrà in pensione. DI lettera in lettera il dialogo è diventato sempre più autentico. Come è buono Dio - così parla il mio amico Charles de Jesus - nel avermi come maestro una persona come don Giussani per cui si può parlare quasi di un medesimo uso delle parole "cattolico" ed "ecumenico". Alle volte mi spavento del mio coraggio "ecumenico", ma so che posso offrire a Dio anche la mia "paura". Come è buono Dio che mi ha dato anche una grande compagnia in mia moglie: la forma del nostro matrimonio come la la forma più chiara e primaria di "ecclesialità" - così ho imparato dal cardinal Ouellet e come sta spiegando al mondo intero papa Francesco. Come è buono Dio anche per l'amicizia con il mio preside.


Tre avvenimenti di questo mese di ottobre, ovvero la logica degli avvenimenti.  (25.10.2016)
Fa parte della spiritualità di CL imparare dagli avvenimenti. Certamente l'incidente di mio figlio, con la macchina distrutta, ma lui e gli altri, nell'altra macchina, sani. Il viaggio in Israele e la venuta oggi di tre fratelli di CL per il fondo Francesco da noi a Droyssig, sono tali avvenimenti da cui il Signore vuole che imparo.
Sui primi due ho già parlato. 

Da due anni "Support International"(SI), un'opera nata nel Movimento, simile all'AVSI, ma molto più piccola, offre alla scuola un fondo monetario con cui soccorriamo ad alcuni casi, con cui né il sistema tedesco di solidarietà in genere né il sistema CJD, di cui la scuola è membro, ci permette di soccorrere. Si tratta di buchi nel sistema, che però sono storie concrete e facce concrete. 
Oggi è venuto S., il nuovo responsabile di SI con due volontari, una studentessa e un avvocato. Il loro messaggio era che volevano continuare l'esperienza del fondo, se ci sono persone, che hanno voglia di portare avanti questa iniziativa qui da noi. 
Avevo invitato ospiti all'incontro un po' da tutti gli ambiti importanti della scuola, il presidente del collegio dei genitori, la responsabile del collegio degli studenti (scusate che non so bene i termini italiani), poi alcuni colleghi, la responsabile economica e il preside della scuola.
La differenza tra i miei fratelli e gli altri invitati era forse il fatto che i miei colleghi sono venuti perché hanno visto che il fondo Francesco risponde davvero a dei bisogni. Alcuni hanno capito, per esempio il responsabile dell'internato, che l'incontro aveva a che fare con Cristo. E con l'amicizia nata da esso tra Konstanze, S. ed io.
Comunque quale sia il livello di coscienza di ciò che è successo oggi pomeriggio e quale sia il futuro di esso - ho chiesto alla fine di pregare per questa intenzione, quando eravamo rimasti in pochi - ho visto come l'amore gratuito che si spende nella concretezza di un azione offre una testimonianza e diventa in qualche modo presenza, tanto più, quanto più è risposta a bisogni esistenti.

(6.11.15)
Due scene di vita ieri nella scuola
Una ragazza turca e mussulmana, A., credo l'unica nella nostra scuola, in cui gli stranieri sono piuttosto vietnamiti (negli anni passati abbiamo avuto alcuni dalla Siria) si siede vicino a me nella caffetteria e un ragazzo, K., della sua stessa classe, la settima (quindi hanno circa 13 anni), il cui fratello si è ammazzato cinque anni fa e lui lo aveva trovato morto nella cantina della famiglia. SI era ucciso con un fucile da caccia del patrigno. Altri poi si avvicinano al gruppo - fondamentalmente si scherza e si fanno delle battute. Il bisogno di vicinanza con un insegnante non è un fenomeno diffuso nella caffetteria. Credo che altri colleghi e ragazzi, con motivazioni diverse, pensino che non si addica ad un insegnante di scherzare così con i ragazzi: ma è giusto? Non dobbiamo ridere con chi ride e piangere con chi piange? 

Serata di incontro con i genitori. È venuta una nonna (credo che J. viva con lei) che mi ha parlato a lungo di Loreto, sebbene lei sia di questa regione e fondamentalmente non "kirchlich" (non appartenente ad una chiesa) come si dice qui. Mi dice che lei si trova bene solo nelle chiese cattoliche. Mi sembrava autentica e che non lo dicesse perché sono cattolico. Con un altro genitore ci diamo del tu - era venuto un anno nelle Dolomiti. Riflessione seria su suo figlio e sulla sua mancanza di diplomazia con alcuni insegnanti. Ma volevo parlare della terza, che è venuta fondamentalmente per la giovane insegnante che fa il "Referendariat" (periodo in cui si impara a diventare insegnante) nella settima in storia da me. Ha desiderato che ci fosse anch'io perché era il suo primo incontro ufficiale con un genitore. Prima frase della mamma: "A S. non le fa più (!) piacere l'ora di storia". Come dire: è colpa tua. Cercando di creare una spaccatura emozionante tra me e la giovane insegnante che ora insegna nella mia classe. Mentre io sono stato alla conferenza dei voti intermedia e so che S. in almeno quattro o cinque materie sta andando molto male a scuola e che quindi il 5 di storia non è il suo unico problema. Sono un esperto in queste situazioni e così pur avendo fatto parlare di più la giovane collega ho spinto il dialogo in una direzione più sensata e costruttiva e senza recriminazioni. Impressionante è però vedere come il modello di Gen 3: chi ha colpa di una certa cosa? funzioni anche oggi. Alla domanda di Dio ad Adamo questi risponde: è stata Eva ed Eva: è stato il serpente. Insomma se la ragazza non va bene a scuola è certo colpa dell'insegnante, che non trasmette il piacere della lezione. Etc...

(7.11.15) "Ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole." (Lc 16,15)
Ieri con successo una collega che aveva fatto i suoi due anni di "Referendariat" da noi, in latino con mia moglie come mentore e in religione con me, ha ottenuto il suo secondo esame di stato. Il primo lo si riceve con il raggiungimento della laurea, il secondo dopo questo periodo di apprendistato. La commissione era composta dalla dirigente scolastica regionale, da i due dirigenti delle materie latino e religione, da un parroco luterano (una donna in questo caso), da noi due mentori e dal preside (in questo caso da un suo sostituto perché era in giro per una questione importante per la scuola). Questo periodo di apprendistato è in sé una cosa buona, anche se io rinuncerei ad un voto finale, ma mi limiterei con la dichiarazione se uno sia adeguato o meno a diventare insegnante di ruolo. È una cosa buona perché il mestiere di insegnante è difficile ed ha bisogno di un processo di maturazione. In questo caso la collega è già madre di due bambine e sta aspettando un terzo e moglie di un pastore luterano. Credo che abbia scelto me come mentore perché la posizione conservativa luterana si trova a più agio con un cattolico che con un luterano liberale (cosa che tra l'altro contraddice la missione ecclesiale luterana all'origine, visto che Lutero non era certo liberale). Come nelle posizioni conservative cattoliche anche in quelle luterane c'é il difetto che si "difendono" sempre da un nemico, comunque la collega è una donna in gamba che si è appropriata del linguaggio pedagogico "tecnico" nel seminario che ha frequentato una volta alla settimana a Halle, senza tradire la propria fede in Gesù. La preparazione del suo lavoro aveva il linguaggio conforme alle aspettative e le due lezioni erano fatte con il ritmo "sacro" della variazione dei metodi con accentuazione dell'attività dei ragazzi, per esempio ieri con una sequenza di lavoro a tappe. In tre tavoli c'erano tre diverse varianti del tema trattato (Gesù e la satira), in un tavolo gli argomenti giuridici, in uno quelli teologici e in un altro quelli più generali. Ad ogni tavolo sedevano 8 ragazzi, che nel ritmo di dieci minuti si sono poi spostati negli altri tavoli in modo di appropriarsi di tutti gli argomenti, che poi sono stati discussi in plenum. Non ho nessun problema né con questo né con altri metodi, ma ho un problema quando si sovra accentua una "tecnica" sull'io/tu/egli/noi dell'uomo. Questo "sguardo tecnico" non può che vendere la menzogna che basta migliorare la tecnica per essere un buon insegnante. Questo problema non l'ho tanto visto nella collega, che si è adeguata alle aspettative, ma nella commissione, sebbene ci fossero al suo interno anche delle differenze notevoli di approccio. Ecco, questa mattina ho pensato leggendo il passo del Vangelo sopra citato, che spesso ciò che viene esaltato da una commissione non è l'uomo che si mette in gioco in questo processo che è l'educazione, ma una tecnica. Interessante che un collega che per esempio qualche anno fa ha preso il massimo dei voti, umanamente non è molto affidabile. Infine lo "sguardo tecnico" ha le sue "vacche sacre": per esempio il pensare che sempre un lavoro di cooperazione con i ragazzi (cioè differenti metodi in cui l'insegnante è solo un moderatore) sia meglio che una lezione frontale e poi secondo me la più sacra delle vacche, quella di pensare che i ragazzi stessi e il loro piacere sia l'unico criterio di azione. Certo come insegna Giussani i ragazzi hanno il compito importante della "verifica" di ciò che viene proposto e sono quel "tu", che devi aver presente come insegnante anche nella sua valenza di "egli" o "lei", insomma che non è solo un "tu" per te, ma anche un per un altro: "egli" è un "tu" per un altro ( genitori, amici) e per l'Altro (Dio), non un tuo possesso. Ma essi non sono, in modo particolare quando sono ridotti al loro piacere il "criterio ultimo" dell'educazione. La proposta educativa è e rimanere il compito dell'adulto, non contro ma per la libertà dei ragazzi stessi.

Mia moglie Konstanze mi ha raccontato di un bambino che nella scuola ha pianto tantissimo, S.: suo padre è in cura per disintossicarsi da una dipendenza alcolica, etc. Dio mio quanto soffrono questi ragazzi a volte già da piccoli. Oggi passerò un ora davanti al Santissimo!

(12.11.15) Una delle cose che mi fa male e quando le persone nella scuola (personale, ragazzi o colleghi) non vedono la testimonianza evidente del mio essere - per grazia - ciò che sono! La "bellezza disarmata" della mia testimonianza. Devo ricordarmi però che non è che la neghino - questo è che mi fa male - ma che non la vedono proprio. Poi devo stare attento allo spirito selettivo della mia percezione. Chi non la vede ed è indifferente non mi tocca, chi la vede ed è colpito sono tanti, ma me ne dimentico. Chi non la vede e mi tratta come un imbecille - pochissimi - invece me ne ricordo. Questo mette il segno nella piaga: sono io che non vedo l'evidenza che tutto mi è donato dal Padre! Che tutto ciò che faccio accade in Lui. Che le circostanze sono un suo dono. Detto con il linguaggio di CL: non vedo che la mia consistenza è la presenza di un Altro. Detto con il linguaggio del Vangelo che usa Charles de Jesus: non vedo che devo essere in ciò per cui mi ha mandato il Padre. Non ha mandato solo il Suo Figlio, ha mandato me! 
Un collega, quello che con grande probabilità fra qualche anno sarà il successore del preside attuale, mi ha detto che nella cittadina di N. da dove vengono molti dei nostri alunni, ci sono una serie di genitori che non sono più contenti con la nostra scuola: vedono in primo luogo un iato tra ciò che c'é scritto nella nostra Homepage o nei nostri depliant e ciò che facciamo. I ragazzi vengono trattati mali da alcuni colleghi, che per esempio quando una prova va male, invece di venir incoraggiarti, vengono offesi facendo notare loro come siano scemi. Si tratta di quelle frasi stupide che spesso diciamo noi insegnanti perché una certa situazione di ignoranza, vera o reale, in una classe, ci fa paura. Po questi genitori dicono che i i voti nelle materie scientifico naturali sono molto bassi. Questo è certamente vero. In queste materie più che in altre regna quello spirito di "esigente serietà" scolastica che forse proviene ancora dalla Ddr. I ragazzi devono corrispondere ad un certo ideale che si ha in testa. La questione è complicata, ma essendo all'assemblea annuale della scuola non ho il tempo di approfondirla. 
Nella mia meditazione introduttiva all'assemblea annuale ho detto tre cose. Sono partito da Lc 21,15: il Signore ci dona le parole adatte al cospetto di un nemico, reale o immaginario, non il nostro continuo contorcerci nell'immaginazione di come andrà un dialogo, per esempio con un genitore o nel prossimo incontro con una classe in cui nell'ultima ora abbiamo avuto un problema. Ho parlato dell'importanza della coscienza che la forza del nostro io non non dipende dal primo che ci critica. Secondo passo dal libro della Sapienza, capitolo 9, in cui Dio viene chiamato: Dio dei nostri Padri e Signore della misericordia. Ho riflettuto sul fatto che queste due cose non sono più evidenti oggi, ma proprio di questo ha bisogno il nostro io. Terzo punto: il nostro io indebolito, "povero in conoscenza". 
Il preside che era appena arrivato dall'Armenia ha tenuto per la prima volta un introduzione esplicitamente cristiana a questi tre giorni di assemblea che portano il titolo "potenzialità e percettive" : sull'importanza del prendere quotidianamente la croce su di noi come insegnanti, a cui tutti chiedono di risolvere problemi che non sono solo quelli causati da noi, ma da un'intera società. Un pensiero interessante mi è sembrato quello della falsa accoglienza dei ragazzi: con la scusa di "accoglierli" si permettono loro cose che non sono capaci a gestire da soli: per esempio l'incontrollato uso degli smartphones.

(13.11.15)  Il mondo come ai giorni di Noè e di Lot (cfr. Luca 17,26-37.)
Charles de Jesus mi invita con una frase semplice di Gesù a ricentrarmi: "mio cibo è fare la volontà di mio Padre." Proprio in giornate come queste, tre giorni di assemblea dei professori, sento tutta la distanza tra me e ciò che accade. Eppure la #sdc ci invita a cercarTi nelle circostanze che sono pensate e volute per me.
La giornata di ieri è cominciata con una bella meditazione di A., una giovane collega, insegnante di religione, proveniente dalla Slovacchia, cui avevo chiesto appunto di farla come coordinatore del profilo cristiano della scuola. Ha cominciato con una preghiera del mattino di Lutero, che mi ha riconfermato in ciò che penso e cioè che il cuore della missione di Lutero era e rimane "cattolico." Poi ha parlato di san Martino raccontando una bella e divertente storia di un ragazzo che non aveva invitato due compagni di classe alla sua festa di compleanno e che invece si presentano ugualmente alla festa. La morale della favola era ovviamente la "condivisione".
Poi comincia il lavoro su potenzialità e prospettive e questo è fondamentalmente "etsi Deus non daretur" (come se Dio non ci fosse), anche se il preside nella sua bella introduzione mercoledì sera era stato esplicitamente cristiano. Ma il mondo, come nei giorni di Noè e di Lot (cfr. il Vangelo del giorno, Luca 17,26-3) fa qualcosa d'altro. Non dico che questo altro sia insensato, ma è per l'appunto altro. 
Una lunga conferenza sulla salute degli insegnanti, come gruppo sociale in pericolo con un grande numero di colleghi che hanno burn out. La presentazione di diversi tipi di insegnanti, in cui ovviamene ci sono anche quelli che non si impegnano e che quindi non si ammalano. La morale della favola è che bisogna impegnarsi, anche con una certa gioia, ma in primo luogo con una certa "distanza". L'amore come dice Balthasar ha ovviamente a che fare anche (forse soprattutto) con la "distanza", anzi direi che "tenerezza" e "distanza" sono due facce della stessa medaglia. Ma la distanza di cui si è parlato ieri è una "distanza tecnica" per così dire. Una "difesa", perché tutta l'impalcatura viene analizzata "tesi Deus non daretur".
Poi si é lavorato sui diversi cantieri in cui nella scuola ci si é impegnati negli ultimi anni per appunto a vedere le potenzialità della nostra scuola, ma anche per determinare delle priorità per le prospettive del futuro. Con dei punti verdi, blu e rossi i colleghi sono stati invitati a mettere il loro voto in cartelli in cui c'erano scritti appunto i nomi dei diversi cantieri di impegno (studio autonomo dei ragazzi, metodi di cooperazione con i ragazzi, nuova organizzazione dell'edificio, piano per la interdisciplinarità, club of Rom...). Il verde metteva in risalto la priorità del prossimo impegno, il blu una secondarietà, il rosso, nell'intenzione della dirigenza scolastica una procrastinazione, in quella degli insegnanti un rifiuto. La morale della favola è stata che gli insegnanti, che sono dei lottatori solitari, hanno fondamentale detto il loro no a tutto ciò che implica un lavoro di team. 
È stata presentata anche una statistica fatta nell'ottava e nella undicesima classe in paragone con altre due anni scolastici. La morale della favola è che nell'ottava classe c'é uno iato tra la percezione degli insegnanti e quella dei ragazzi, che fondamentalmente non si sentono accettati. Ci sarebbe tanto da dire, ma mi limito alla conferma del mio dubbio: ad una statistica puoi far dire tutto ciò che vuoi. La soluzione del problema sarebbe il "rischio educativo", ma per l'appunto il mondo fa altro, come ai tempi di Noè e di Lot.
Alla cena ho parlato a lungo con una giovane insegnante, che si considera una luterana conservatrice e che si sente vicina alla Chiesa cattolica (quella che ha fatto due anni di "Referedariat" con me): suo marito è pastore luterano con una situazione difficile. È parroco di molti paesi con un 75% di stipendio e con la prospettiva di averne solo il 50%. Lamento comprensibile della moglie ed anche lamento che il lavoro del parroco si concentra su tante cose "tecniche" e non sull'annuncio del Vangelo. Tutto vero, ma anche la sensazione, anche qui, che si tratti di una comprensione dell'esperienza "etsi Deus non daretur." Quando le ho fatto leggere, quando ci siamo rivisti dopo, Col 1,23 che avevo incontrato nei Vespri pregati nello spazio dove trova l'ingresso di questo Hotel Wellness stile ex Ddr, ha sorriso: e si il "Regno di Dio" è più ampio del destino di una parrocchia, ha detto. Ma centra, mi sono chiesto io?
Alla sera ho giocato a carte con alcuni colleghi. Tanta simpatia umana (mischiata con un "troppo umano") in gioco e anche un bel modo di vivere le "pause" del lavoro come aveva detto il conferenziere sulla salute. Vorrei scrivere anche di tanti piccoli incontri, ma mi fermo qui. 
Quale è la conseguenza di questo mondo "come se Dio non ci fosse", come ai giorni di Noè e di Lot? Una possibile distruzione incombente, che rivela anche nel mio cuore un certa "speranza" non cristiana che solo una "catastrofe" può salvare questo mondo. Mentre lo può salvare solo la misericordia: "Salva tutti gli uomini dall'ira del Tuo amore, che ci doni, Redentore dell'universo. (San Romanos Melodos, VI secolo). Salva me, così che sia mio cibo fare la volontà salvifica del Padre. Questa è speranza cristiana.

(16.11.15)


 Alla ricerca di un amore gratuito
Uno dei nostri due bidelli, che ora non lavora più, sebbene sia più giovane di me, perché ha la moglie malata, mi ha portato i suoi saluti attraverso la figlia, che insegna da noi e che ha aggiunto che non lo fa con nessuno. Gli avevo telefonato due volte perché chiedere come sta la moglie. 
In una delle consultazioni personali per un ragazzo, H. (quindici anni), di cui ci occupiamo mia moglie ed io al pomeriggio, di cui non posso parlare per discrezione, mi sono trovato a riflettere sulla domanda: che cosa significa amare H.? Potrebbe essere un atto irresponsabile tenerlo nella nostra scuola se non abbiamo la forza di dargli ciò di cui ha bisogno: una compagnia ora per ora. Con Konstanze abbiamo anche riflettuto se accoglierlo a casa nostra? Ma lei è troppo impegnata a livello di lavoro anche pomeridiano, proprio per i ragazzi ad alto quoziente di intelligenza come H. ma non efficienti a scuola ed io sono troppo in giro per la scuola (Italia, Armenia). Domani lo porto con me davanti al Gesù eucaristico.



La nona era molto attenta durante la mia spiegazione dell'articolazione narrativa di Giovanni 9: l'avvenimento, l'interpretazione, meglio le chiacchiere di chi conosceva il cieco nato, la lotta intestina tra i farisei, i genitori, la "confessione" del cieco nato al cospetto dei farisei e infine la domanda di Gesù che conduce alla sequela e all'adorazione. Un gruppetto vuole fare su Gv 9 un piccolo pezzo teatrale ambientato nella nostra epoca. Sono curioso. 

Nel corso di filosofia ho approfondito l'immagine dell'uomo in Omero in forza di un testo di Balthasar (Gloria, III,1): la sua separazione dal destino degli Dei: le eccezioni confermano la regola, il suo essere mortale ("esserci per la morte"), la mancanza di una ricompensa nell'aldilà, etc...Che esplosione di novità la risurrezione di Cristo e in Lui di noi tutti per la storia del mondo, una risurrezione che non è conosciuta né dal giusto di Omero né dal giusto dell'Antico Testamento (solo in parte tarde di esso essa appare come idea o speranza.)

(21.11.15)  La professoressa tedesca Heidemarie Keller, ha tenuto nell’ambito del simposio su famiglia ed educazione, che ho frequentato negli ultimi giorni a Berlino, organizzato dall’istituto di cultura del CJD, guidato dal pastore luterano Andreas Dierssen, un’interessante conferenza dal titolo cultura famigliare e formazione della personalità.
La classe media occidentale genera il 99 % degli scienziati ed intellettuali che producano sapere,ha il primo bambino tra i trenta e i quaranta anni, studia (scuola e università) per 14 e più anni e vive in un contesto famigliare con tre o quattro persone in media. 
La classe contadina, per esempio in Africa, ha il primo bambino tra i 16 e 18 anni, studia per un massimo di 7 anni, ha tra i 3 e gli 8 figli e vive in un contesto famigliare con 7 e più persone.
La classe media occidentale nell’educazione persegue un ideale di „autonomia“ e sviluppa precisi e fino ad un certo punto anche sani limiti del proprio io. Spesso però questo ideale di autonomia si rivela come una „illusione“ Questa cultura globale ed omologa della classe media occidentale porta, se non temperata da una vera identità culturale personale e di popolo a forte scompensi: qui si spiegano anche il numero alto di suicidi. Nella nostra scuola tre anni fa si è ucciso un ragazzo di 15 anni, bello e che andava bene a scuola, con il fucile del patrigno. 
La classe contadina educa invece i suoi figli al rispetto e obbedienza. La professoressa Keller commenta che dai i suoi lavori di ricerca, una tale educazione non è un ostacolo ad una percezione di sé positiva, ma il sé è visto per lo più come „servizio“ alla società. Con 18 mesi il bambino contadino ha imparato ad essere obbediente e pieno di rispetto per gli anziani.
Il bambino di 18 mesi della classe media occidentale ha imparato ad essere psicologicamente autonomo. Questo risultato viene pagato in regola con il sentirsi il „centro del mondo“. Molte difficoltà che abbiamo a scuola è dovuta a questo tipo di educazione che genera dei „principi“, che si devono servire e non uomini, che si comportano con un atteggiamento di servizio. Questa forma mondana dell’ideale dell’irripetibilità dell’uomo, non nasce dall’idea che l’essere sia donato personalmente, ma da questa continua accentuazione dell’importanza del bambino, con cui in dialoghi infiniti per esempio si cerca di capire: cosa sia importante per lui, se davvero vuole fare una cosa, se un certo suo sguardo significhi che forse ha bisogno qualcosa…
Per quanto riguarda i migranti ha detto che se è vero che essi devono orientarsi alla cultura delle persone che li accolgono, è altrettanto vero che non debbono perdere la propria, senza la quale non potranno affrontare con successo e tranquillità la vita e le sue sfide. Essi poi non sono un’unità sociologica. 
Ovviamente la conferenza era ben più dettagliata e con dati ben più precisi di quanto si veda in questo mio riassunto. Mi è sembrato importante parlarne, perché credo che ci sia un „fanatismo“ della classe media occidentale, che non sarà mai in grado di affrontare altre forme di fanatismo religioso, perché fondamentalmente crea una società in pericolo - una società che ha dominato e domina il mondo, ma che si sta suicidando a livello per esempio „demografico“. 
Comunque non si deve demonizzare la prima né idealizzare la seconda, ma cominciare con umiltà un „dialogo trasversale“ (Papa Francesco) che permetta di „giudicare tutto“ e „mantenere ciò che buono.“
PS (22.11.)
Sono grato di avere ricevuto con il latte materno la "nostra cultura contadina". I miei bisnonni Gaetano e Matilde erano contadini veneti, immigrati nell'Istria degli anni trenta. Sono ritornati in Italia, quando Tito è arrivato al potere, prima di quella crisi del consumo, che Pasolini, credo, ha identificato come un attacco alla nostra cultura contadina. Così il modello "rispetto e obbedienza" mi è più caro che quello dell'autonomia. Ovviamente avendo vissuto così tanto lontano dalla patria sono diventato anche "autonomo", ma spero che essa non sia un "illusione", ma la percezione che Dio ha donato realmente a me l'essere, questo essere. Comunque ci muoviamo sempre sull'orlo di un abisso, che può renderci davvero saggi o bestie (Pico della Mirandola, la dignità dell'uomo).

(21.11.15) Un ragazzo, Ch., che dice le "Lodi" con noi e che è andato un pezzo di strada con noi, nel cammino della fede, mi ha detto questa mattina, che sta pensando di farsi battezzare durante il prossimo viaggio nelle Dolomiti. // 2017: non è ancora successo, ma il ragazzo non è andato perduto. 

(23.11.15)  I ragazzi e gli scolari sono gli "indiani" dei nostri giorni. 
Oggi mi è riuscito di spiegare nell'ottava classe, senza arrabbiarmi, cosa posso offrire in "storia" e cosa no. "Storia" la insegno solo quando mancano degli insegnanti di storia. Questa materia è per me come un "hobby"; su alcune cose ho letto molto, altre le conosco appena, comunque avendola già insegnato dalla quinta alla decima, ho fatto per due volte il percorso completo che uno scoalro tedesco fa dalla preistoria ad oggi. Ho detto ai ragazzi, che vorrei prendere come base del mio insegnamento il libro di testo (alcuni genitori si lamentano che vengono adottati libri di testo e poi non li si usa e si lavora invece con tantissime fotocopie), ma che ciò che veramente ho da dare loro è una "spiegazione" di ciò che leggiamo, quasi come un "ponte" tra ciò che si legge e loro, spiegando, in dialogo con loro, le parole e pensieri troppo complicati del libro per un tredicenne e cercando di far capire cosa ciò che leggiamo ha a che fare con noi e la nostra storia (non emozionalmente, ma "oggettivamente"). Ciò che non voglio usare in questo caso sono metodi con elementi di gioco, che presentano spesso la "motivazione" come qualcosa che non centra con l'oggetto stesso del sapere. Non ho la pretesa che tutto ciò che facciamo li interessa a livello di "emozioni", ma desidero un'atmosfera di silenzio ed attenzione, anche laddove loro sono annoiati, perché solo accettando di fare un "percorso" e possibile poco a poco capire quale sia la rilevanza di un tema o di un problema storico. Ho accennato anche al fatto che questo era il motivo per cui, senza alzare la voce, nell'ultima ora di lezione, non mi era piaciuto che due ragazze si scambiassero dei bigliettini mentre spiegavo una cosa. Alla fine della lezione sono venute a scusarsi. 
Ieri è venuto a trovarmi un collega, che ora è professore di Latino all'università e mi ha raccontato che nell'università tedesche alla fine di un semestre gli studenti possono "giudicare" i docenti. Questo in sé non è male, perché vi sono certo docenti che usano invece che la "ragione" il "puro arbitrio" per giudicare e rapportarsi agli altri. Conosco questo professore molto bene, perché è stato alcuni fa il mio docente di latino, quando ho fatto un corso di studio di latino per insegnanti nell'università di Halle. È un uomo molto paziente e che viene incontro ai suoi studenti. Ha però anche un senso alto della sua professionalità, quindi se uno si presenta al seminario non preparato o leggendo una traduzione che ha preso nella rete comincia a chiedere precisamene a chi traduce un'analisi grammaticale e filologica della traduzione che sta presentando agli altri. Alla fine del semestre da questo tipo di studenti riceve giudizi del tipo: il docente mi ha mancato di rispetto. In questo tipo di fatti, come anche da altri che potrei raccontare del mondo della scuola, in cui tanti genitori "difendono" sempre i loro bambini o ragazzi contro gli insegnanti, che a priori non hanno ragione, si vede quel mondo malato della classe media occidentale di cui ha parlato la professoressa Keller al simposio: l'illusoria autonomia dei giovani diventa la "vacca sacra" a cui tutto viene sacrificato, in primo luogo "rispetto ed obbedienza". Certamente non rimpiango maestri che, come diceva il mio maestro delle elementari negli anni sessanta, usavano in classe frasi del tipo: non siete neanche degni di baciarmi i piedi quando li ho sporchi. Ritengo però del tutto irresponsabile anche l'idolatria dei ragazzi e studenti. Se scrivono di essere maltratti da un docente, dovrebbero essere obbligati anche a scrivere in modo dettagliato e preciso, in che modo sarebbero stati maltratti. Qui si vede un errore decisivo della classe media occidentale e che qui equivale con l'abolizione del rischio educativo, che come diceva don Giussani si basa sui pilastri dell'autorità di chi insegna, sulla proposta che fa come adulto e sulla verifica dei giovani. Verifica non è però ciò che pensa la mia "pancia" o più sotto ancora di un certo problema o di una certa persona.
Alla fine della mia lezione di filosofia è venuto uno dei ragazzi, S., che fanno il martedì in un ora libera una specie di "raggio biblico" è mi ha dato un biglietto con scritto: "sei amato", aggiungendo che voleva incoraggiarmi a fare sempre una lezione bella come già faccio, anche se i ragazzi sono inquieti. In questa settimana con il "Pais" (un movimento ecclesiale giovanile di estrazione battista, metodista...), che cura il "raggio biblico" stanno facendo un'azione nella scuola in cui vanno da una persona e l'incoraggiano. Bella idea!


(24.11.2015) Alla fine dell'ora doppia di latino viene da me un ragazzo, N., è mi dice che non ha per nulla capito l'esercizio che abbiamo fatto alla fine della lezione e che non lo potrebbe neppure capire se avesse una tabella davanti agli occhi. L'esercizio: la coordinazione di un sostantivo con un aggettivo secondo la regola della corrispondenza del caso, del numero e del genere. Consul novus! Ad una ragazza potevo spiegare che la corrispondenza del caso, del numero e del genere non è una corrispondenza della forma: consul segue la declinazione consonante e novus la declinazione maschile con l'ablativo in "o". Forse ho un'idea di come aiutare N. ma ciò rivela un problema più generale: quanti ragazzi sono adatte ad un liceo? Certo si può anche capovolgere la domanda: è il liceo, come lo conosciamo, adatto ai ragazzi? Forse non ha senso insegnare il sistema grammaticale "latino", sebbene io sia convinto che se si riesce a comprendere questo sistema linguistico, si è fatto un esercizio per comprendere anche altri tipi di sistemi logici. Il mio amico professore di latino mi ha detto che in alcune università vengono regalati voti molto alti di latino che non corrispondono per nulla alla competenza raggiunta. Ciò viene fatto solamente per ottenere i soldi, che vengono dati alle università solo in dipendenza al successo. Questo mi fa sorgere una serie di domande: stiamo educando una generazione di incompetenti? O sono le competenze richieste dal mondo oggi totalmente diverse e dobbiamo pensare ad una radicale riforma scolastica? Come e cosa imparano le generazioni nate dopo l'inizio della rivoluzione digitale? Non so. 
Da alcune cose che ho sentito che alcuni genitori hanno detto in serate di incontro o dalla reazione di alcuni ragazzi vedo che la questione dei profughi sta dividendo il popolo tedesco in due radicalmente diverse reazioni. Non nego che questa radicale opposizione che non ho mai esperimento in questi 25 anni tedeschi mi fa paura. Un ragazzo, Th., quando ho detto che i profughi possono essere una chance per la Germania in forte crisi demografica è diventato rosso dalla rabbia, sebbene io abbia presentato la mia tesi senza polarizzare e senza dire che tutti quelli che sono scettici nei confronti dei profughi siano per questo eo ipso nazisti.

(27.11.15) Questa mattina nella prima ora ho dimenticato la mia lezione nella nona classe; sono andato a scuola mi sono seduto nella caffetteria, mentre il preside mi cercava dappertutto, mia moglie si preoccupava per la mia scomparsa - non avendo l’I-Phone essa era totale. Mihi I-Phone non est, ergo non sum! Verso la fine dell’ora due ragazze arrivano nella caffetteria e mi trovano, mi guardano con un certo stupore. Mi sono tirato fuori dall’imbarazzo dicendo che pensavo di averli nella terza ora, fatto è invece che li avevo proprio dimenticati. Adesso ho proposto al preside di fare una lezione in un ora libera appena si presenta la possibilità di una supplenza. Normalmente il mio preside prende in modo leggero queste cose, questa volta era un po’ depresso perché ieri sera c’è stato un incontro con i genitori in cui alcuni di questi si sono lamentati di tutto: delle troppe ore che non vengono effettuare per via di malattia o di progetti, per il tono che hanno certi insegnanti, per i voti. Pian piano il discorso tra noi da un certo livello più tecnico si è sviluppato in profondità. Gli ho detto che il Signore ci fa a vedere le cose che non vanno, che non corrispondono al volantino pubblicitario della nostra scuola perché chiediamo davvero aiuto. Fino a quando abbiamo la sensazione di tenere tutto sotto la nostra regia, non ci rivolgiamo a lui in un atteggiamento di reale ricerca di aiuto: in primo luogo per vedere come lui opera nelle circostanze che ci è chiesto di vivere. Che Egli opera è certo, se no il cristianesimo sarebbe solo una favola come Biancaneve. 
Mia moglie mi ha raccontato adesso, andando insieme a passeggio (ci siamo andati subito dopo la fine della scuola perché il sole tramonta dietro la collina già prima delle quattro) dell’atteggiamento polemico degli scolari del corso di latino della decima classe, che viene condotto dall’insegnante che fa il „Referendariat“ da noi sotto la guida di mia moglie, perché ritenevano il compito in classe troppo difficile. Ci sarebbe molto da dire, credo però che in genere in questi tempi tutti siamo un po’ troppo nervosi. Questo nervosismo ha certo anche a che fare con l’arrivo incontrollato di profughi e con la polarizzazione sociale che ciò implica. Nei primi dieci minuti di latino nella nona ho fatto parlare insieme i ragazzi su questo tema: C’erano due voci a favore dei profughi, ma una maggioranza che raccontava storie come quella che in un paese dove abita il nonno di un ragazzo i profughi hanno demolito una casa, che era stata messa a loro disposizione. Il mio vicepreside, con cui ho passato nella pausa alcuni momenti mentre fumava una sigaretta, mi ha raccontato che la moglie, molto impegnata con i profughi per la chiesa evangelica locale, gli ha raccontato che certi profughi non vogliono, per motivi nazionali, avere a che fare con altri, anche tra i bambini non è per nulla ovvio che giochino tutti insieme: „se vengono quelli, non veniamo noi.“
Nella decima classe ho fatto finta di non accorgermi di un’errore nel controllo orale, in modo che il ragazzo prendesse ancora una sufficienza - quando alla dodicesima in religione ho raccontato questo episodio, Ch., il ragazzo che vuole farsi battezzare, si è messo a ridire: Ecco ci eravamo chiesti negli anni passati in latino se in certe situazioni non si fosse accorto di un errore, ora ne ha capito il motivo. 
Ho tracciato in religione una linea dell’atteggiamento di „critica della regione“ partendo dalla teoria dell’inganno di Hermann Samuel Reimarus, nella „Storia della vita di Gesù“ ,all’odio amore per il Nazareno in Friedrich Nietzsche. È necessario che i ragazzi conoscono anche alcune delle critiche attraverso cui il cristianesimo contemporaneo è diventato quello che è: secondo me più coraggioso e „temperato“.

(30.11.15)

Scuola, rituali e liturgia

Ieri ci sono stati nel pomeriggio i due concerti „tradizionali“, per la nostra scuola, dell’Avvento e questa mattina due „presentazioni“, anche per l’Avvento: le none classi hanno preparato qualcosa per i grandi (dalla nona alla dodicesima) e le settime classi per i piccoli (dalla quinta all’ottava). Un giorno come oggi, che è la festa di sant’Andrea non posso coniugarla con una scuola di origine luterana in una zona luterana, anche se sono il coordinatore del profilo cristiano della scuola, sebbene - teologicamente - sarebbe possibile ed importante. L’Avvento o il Natale invece entrano a far parte del programma scolastico. Vivo in una zona tra le più secolarizzate del mondo. Due colleghe, che insegnano musica e storia hanno organizzato quest’anno la struttura centrale sia del concerto di ieri che delle presentazioni di oggi, coordinate dagli insegnanti di classe della settima e della nona. Una „crociera“ era l’idea in cui si presentava il tema del Natale in diverse tradizioni: della Tanzania perché abbiamo un gemellaggio con una scuola luterana nel paese africano, della Spagna perché una collega ha un marito spagnolo, poi della Norvegia, etc. In questa crociera è invitata una „nonna“, interpretata da una ragazza dell’ottava classe, che si „lamentava“ che una volta si festeggiava il Natale in modo diverso e che ci sono anche canzoni e tradizioni tedesche e non solo americane (che a me piacciono). Quando ha poi detto che lei da bambina piangeva quando sentiva „Stille Nacht“, che abbiamo alla fine cantato tutti insieme sia ieri che oggi, si è messa a ridere. Non la critico: ciò rivela letto in profondità solo un fatto. Siamo in un epoca dopo Gesù e senza Gesù! E proprio in questo tipo di eventi si sente tutta la lontananza. Non dico neppure che io potrei far meglio. Anzi come coordinatore del profilo cristiano della scuola potrei intervenire di più, ma non sono fatto così, non sono un’uomo „istituzionale“ e poi avrei paura di ferire le colleghe nella loro professionalità - e chiaramente tutti si sono impegnati. Mia moglie, che ha fatto parte del coro di insegnanti e colleghi che ha cantato ieri nel primo concerto, mi ha chiesto in macchina cosa pensassi e di dire per favore la „verità“. Si era accorta anche lei di questa atmosfera secolarizzata (non solo del balletto che era più sensuale che meditativo) ovviamente, ma anche di una certa mancanza di bellezza, cosa che la rendeva triste - traduco una frase di Luca: ci sarà ancora bellezza quando Gesù ritornerà sulla terra? Sono troppo disincanto per essere davvero triste, ma ho cercato ieri ed anche oggi di „pregare“, in un modo mio particolare, guardando i volti che facevano il concerto e la presentazione: di alcuni conosco i drammi: una ragazza che ha il papà con un cancro al cervello, poi J., di cui ho raccontato la morte della mamma. Ho cercato il modo di tradurre questo sguardo ai ragazzi in una preghiera di attenzione a Dio, Padre di tutti loro e mio! 

Nella pausa mi sono seduto al tavolo con i colleghi, non lo faccio quasi mai perché normalmente nella pausa lavoro o scrivo. Una collega era molto contenta di come avessi notato come suo figlio aveva suonato bene la chitarra.

(1.12.15)  Alla ricerca della „gloria“ perduta?
Con un certo stupore mi sono accorto ieri nel corso di filosofia della decima (sedici anni) come capissero, almeno una gran parte, ed alcuni anche a livello emozionale, la mia spiegazione del passaggio dalla mitologia alla filosofia, seguendo von Balthasar in Gloria III,1 (edizione tedesca, 143). Nello svilupparsi del cuore dell’uomo nella cultura europea viene pian piano persa la luce „dialogica“ verticale della mitologia, la gloria della divinità, come persone, che si irradia sul cuore dell’uomo, intento a comprendere il senso della sua esistenza. Con le esperienze tragiche, espresse anche a livello „teatrale“ (la morte di Antigone, il destino di Edipo…) il cuore deve affaticarsi sempre di più per vedere la „gloria“ originaria. Così è fatto anche il nostro cuore oggi: ha bisogno di una luce, di una gloria, che non può essere sostituita con dei palliativi o delle „maschere sociali“ (il problema di Nietzsche). E di fatto a volte cadano e un giovane, come Maximilian (15 anni) cinque anni fa, pur andando bene a scuola, pur avendo giocato fino a qualche minuto prima pallone con i suoi amici, va a casa e con il fucile da caccia del patrigno, conservato nella cantina, si ammazza. Non siamo più nell’epoca prometeica di chi, per usare le parole di Rilke, parafrasate da Balthasar, di un „amore che si irradia senza uno che Ti sta di fronte nell’infinito creandosi forse un Dio, „che alla fine ci ascolti“ (Rilke)“. Senza quella luce originaria, che Cristo ha „superato“, ma non „distrutto“, rimane solo il nichilismo della testa squarciata di Maximilian nella cantina dei „suoi“. 
Scambio di emails audace con il preside, l’amicizia con il quale è forse, a livello di scuola, il miracolo più grande di questi quattordici anni in Sassonia- Anhalt.

(2.12.15)

Alla ricerca dell'essenziale perduto? (scrivo solo due righe perché ho la sensazione che se no non si può salvare questa nuova aggiunta) 
Come insegnante di fiducia nella scuola un collega mi ha chiesto di parlare con la sua classe su un problema, che è stato discusso in un incontro informale tra genitori la settimana scorsa. Oggi mi sono incontrato con la classe per 90 minuti, dopo le ore di lezione. Una ragazza ha lasciato una lettera in cui minaccia di uccidersi. Dopo il ritrovamento della lettera ha passato alcune settimane in una clinica. La rappresentante della classe (una nona) deve aver fatto alcune osservazioni del tipo che la lettera è stata scritta "solo" per attirare l'attenzione e che non c'é nessuno motivo di farsi dei pensieri. Altre ragazze hanno interpretato questa affermazione come offensiva. Oltre a questo dicono che la rappresentante di classe è troppo dominante (mentre l'insegnante di classe e l'ex insegnante di classe ritengono che sia l'unica che si sia realmente occupata della initiative della classe). Quest'ultima, dopo la citata serata tra i genitori, quando si è vista isolata non ha più salutato le altre. I ragazzi non erano, a parte uno, molto d'aiuto e infatti dopo trenta minuti ho chiesto che andassero. Un ragazzo era già andato per la sua volontà. Poi il dialogo è proseguito con le ragazze. Non voglio raccontare ora tutto nel dettaglio, tanto più che ogni persona ha la sua propria esperienza di tale cose. Solo alcune osservazioni. Non ero contento del mio ruolo di moderatore. Non ho fatto che ripetere le cose che dicevano loro, ma non avevo un atteggiamento d'amore (la "distanza"è una forma dell'amore ed è conciliabile con il ruolo di moderatore), ma di "distacco tecnico". Ho chiesto se volevano solo criticarsi a vicenda e ho proposto loro di formulare dei desideri e che fra una settimana ci possiamo incontrare per vedere come è andata. Tornando a casa leggo nel volantone di Natale di CL una frase del papa: "Se Gesù entra nella nostra vita , non si rimane prigionieri del proprio passato, ma si comincia a vedere la realtà in un altro modo, con un'altra speranza." Con la mia idea di esprimere un desiderio intuivo ciò che il papa dice con questo "non rimane prigionieri del passato", ma mancava in me la speranza, che una soluzione fosse possibile, forse per l'idea filosofica platonica che non si può dare un vero discorso sensato su "doxai" (opinioni). Ti chiedo ora Signore di usare questo piccolo mio servizio come insegnante di fiducia, perché le cose dette siano un impulso efficace perché le ragazze si mettano in modo costruttivo in moto. 
L'ora di filosofia nell'undicesima (17 anni) era troppo astratta. Abbiamo lavorato su un punto importante, ma la prossima settimana devo verificare cosa abbiano realmente capito. Il problema trattato riguardava un modo differente di vedere le cose tra Platone ed Aristotele. Il primo crede che si può fare "scienza" solo se si parla dell'essenziale di una cosa, e questo essenziale è l'idea. Aristotele invece pensa che un medico per esempio non può solo agire in forza dell'idea che ha delle medicina, come arte di curare le persone, ma deve sapere anche "come" si cura una persona. Se affermo che il bello, per usare l'esempio che fa Robert Spaemann, è quello che è in forza della bellezza, non ho ancora per nulla spiegato come si genera bellezza. Se penso al primo punto del diario odierno: per affrontare questo incontro con la classe e il loro problema non posso solo considerare l'idea di una classe ottimale o l'idea di una educazione ottimale, ma devo cercare di consigliare alcune cose concrete, alcune mosse concrete per essere una classe migliore (cioè capace di integrare gli esclusi). Allo stesso tempo però capisco anche Platone con un suo certo sospetto che nel regno delle doxai non si arrivi mai a qualcosa di sensato: tutto ciò che non è "essenziale", non può che dire il pagano Platone nel Fedone 100d, non fa altro che confondermi. Solo che Cristo è l'incarnazione dell'essenziale, che per l'appunto non è un'idea, ma carne.
Nella dodicesima ho cercato di spiegare la differenza tra Rudolf Bultmann e Joseph Ratzinger nell'affrontare la questione del Gesù storico e del Cristo della fede. Il prima relativizza completamente il Gesù storico per sottolineare l'importanza del Kerygma (l'annuncio), quindi del "Cristo della fede". Il secondo invece dice che il Cristo della fede è il frutto dell'avvenimento che è stato il "Gesù storico". Il primo assolutizza il metodo storico critico, il secondo ne fa vedere i limiti, senza per questo disqualificarlo. Alla fine un mio "fabula docet" tutto esistenziale: se dell'avvenimento del Gesù storico non si potesse sapere davvero niente, come pensa Bultmann, se la fede fosse solo annuncio e non un avvenimento che accade ora, beh allora da giovane avrei scelto di diventare induista , nella versione del kamasutra, almeno mi sarei occupato di bisogni reali e oggi da vecchio, buddista, così da imparare una tecnica per non farmi ferire troppo dalla realtà. In direzione del nirvana. Un cristianesimo che mi annuncia "valori" attraverso l'annuncio essenziale del Cristo della fede, non mi interessa, ma fa semplicemente sentirmi in colpa, perché io non corrisponderò mai a quei valori. Se non c'é Gesù che mi aiuta davvero, come realtà non come principio etico, allora preferisco una "tecnica religiosa", che mi aiuti a prendere le distanze da ciò che mi fa soffrire.
PS
Ieri ho detto ai miei ragazzi della dodicesima. Voi siete bravi, mi ascoltate per fino il venerdì alle 13,50 verso la fine della mia seconda ora di religione con loro. Io invece non sono bravo: mi arrabbio con i ragazzi della pubertà nella settima, faccio fatica ad amare il mio prossimo. Di fronte all'annuncio dei valori mi sento solo colpevole e disperato, perché non sarò mai come vogliono i valori. Si sono messi a ridere. Se Gesù, l'Amore gratis, non fosse vivente ed amasse me come sono, sarei solo un'uomo disperato. Mi hanno guardato con occhi sgranati. Alla fine un ragazzo è venuto da me e mi ha detto grazie per il modo vivo con cui ho fatto questa ora di religione.
PS II
Il ragazzo si chiama Jonathan, luterano, suona la tromba molto bene. Lo dico così che puoi ricordarVi di lui nella preghiera. Un luterano che ha compreso, nella mia ora di ieri, molto bene che il cattolico Joseph Ratzinger molto più del luterano Bultmann ha compreso il "solus Christus" di Lutero.

(4.12.2015)
Ieri nell'incontro di preghiera sotto il tiglio della scuola ho detto che noi parliamo del Signore ma non ci facciamo colpire dal suo impeto; una ragazza, metodista credo, ha cominciato a spiegare questa cosa con un "discorso teologico" il cui nocciolo era: ma adesso non è più così, perché lui non c'é. Sentiamo Adrienne nel suo commento a san Giovanni: "Della nostra distanza dal Signore siamo responsabili solo noi perché la presenza del Signore e il suo impeto non è oggi più debole di allora." Se c'è una differenza tra allora ed oggi questa non consiste tanto nel fatto che Egli non c'é più qui sulla terra, ma che Egli non c'è ancora definitivamente, come accadrà nella sua seconda venuta.
Dio ci parla sempre anche attraverso una persona che ci fa arrabbiare. Se ci siamo educati a guardare Cristo in Lei non cambierà nulla anche nell'aridità della delusione o addirittura nella notte in cui non vediamo più un senso. Quando ieri Melvin, 12 anni, che ne ha già viste di tutti i colori (genitori che si sono drogati, che lo anno dato via, madre morta...) ha alzato le spalle quando gli ho detto che mi feriva, che pur avendo datagli la mano, era così irrequieto durante la storia che avevamo ascoltato, era Gesù che mi ricordava: quale peso ha il tuo darmi la mano nella storia terribile che ho avuto? Oggi ci siamo visti in caffetteria e ci siamo abbracciati. Poi adesso ho un'idea di come fare se la prossima volta è così irrequieto.
In questa settimana abbiamo ospitato per due notti un giovane di un altro liceo del CJD (Versmold), che è in giro in un viaggio con il coro della scuola. Una frase mi ha colpito. Konstanze al tavolo stava raccontando come una volta, pensando alla storia tedesca, era rimasta colpita che Hitler era morto solo 22 anni prima della sua nascita, mentre a lei studiando storia, sembrava un avvenimento lontanissimo. Ora parlando della caduta del muro, che ci è così presente a noi adulti, doveva pensare che questa caduta è successa ormai 26 anni fa e che quindi non ci si può stupire che gli scolari pensino a questo evento anche come ad una cosa vecchissima. Per ritornare alla seconda guerra mondiale finita solo 15 anni prima della mia nascita, ho aggiunto al tavolo qualcosa come un grazie a Dio che comunque la sentiamo come un avvenimento del passato. H., il nostro ospite, mi sorprende con un affermazione dal significato: adesso abbiamo di nuovo la possibilità di sentire cosa sia una guerra. Gli avvenimenti di Parigi non lasciano indifferenti il cuore dei nostri giovani.
Questa mattina spiegando nella decima Giovanni 8, 1-11, l'incontro di Gesù con la donna adultera, mi sono accorto di un particolare. Prima di dire la frase famosa: "Va' ed d'ora in poi non peccare più", Gesù restituisce alla donna la "dignità del giudizio", chiedendole. "Donna dove sono?". La donna viene invitata ad esprimersi a "giudicare" a sua volta chi la voleva giudicare. 

Nel volto di una ragazza credente (metodista) della dodicesima classe c'era una certo fastidio mentre spiegavo oggi l' "Ateismo nel cristianesimo" di Ernst Bloch. Eppure proprio questa è la differenza tra una posizione "fondamentalista" ed una "aperta": che atteggiamento assumo nei confronti di ciò che non condivido?

(6.12.15)

Società trasparente

Ci siamo incontrati con i due confratelli della fraternità di CL di Monaco con alcuni giovani per parlare insieme di un filosofo coerano -tedesco, Biung-Chul Han, che ha pubblicato nel 2013 un interessante piccolo libro che porta il titolo di "Società trasparente" (Berlino, 2013). 

Ho proposto una piccola introduzione che posso riassumere con alcune citazioni prese dal libro stesso: 

"Di ciò che gli altri non sanno di me, vivo:" (Peter Handke), 4.

"Un tempo trasparente è un tempo senza destino e avvenimento" (6).

"Pornografia è il contatto immediato tra immagine ed occhio" (6)

"Distanza e pudore non si possono integrare nei tempi accelerati del capitale, dell'informazione e della comunicazione" (10)

Stephan ha sottolineato l'acutezza dell'analisi, sottolineando che un soggetto trasparente è privo di ogni mistero. 

N., la ragazza più giovane, ha fatto notare che c'é una differenza tra "mancanza di distanza" ed intimità.

P., un ragazzo della dodicesima ha parlato di un' intervista che ha letto con l'autore in cui egli  stesso differenzia tra "trasparenza" e "trasparenza". 

R. e Bernhard hanno fatto alcune acute osservazioni a proposito della rilevanza sociale e politica del tema. 

Un bel incontro a cui ha partecipato anche il nostro parroco, che ha regalato a tutti una cioccolato perché oggi è San Nicola. Abbiamo cominciato con un "Angelus" e finito con "Hombres Nuevos." Stefan ha cucinato un "Kaiserschmarn", Konstanze spaghetti al pesto ed un riso con mandarini, carne di tacchino e maionese.


Conferenza su Israele o meglio sulla Terra Santa (27.10.2016)
Con mia moglie abbiamo ieri tenuto nell'ambito di una accademia sorta nel seno della scuola, che coinvolge insegnanti, ragazzi e genitori, una conferenza su Israele.

Mia moglie a ricostruito a partire dall'inizio del sesto secolo prima di Cristo la storia in cui la "Terra Santa" è stata coinvolta. Poi ho preso la parola io commentando alcune foto del nostro recente viaggio in modo teologico. Alla fine ha ripreso lei la parola per ricostruire le linee essenziali dell'ultimo secolo della storia di Israele. 

La parte della conferenza di Konstanze era piena di pathos, anche se trattava di temi storici, di grandi rapporti di potere in cui Israele si è trovato a vivere e soffrire. Alla fine il suo occhio e la sua affezione di madre si è concentrata su quei bambini che con il loro berretto tipico giocano "sicuri" nelle vie di Gerusalemme. 
Alla logica dei potenti, descritta con perizia da mia moglie, una logica che li ha portati anche anche penetrare il Santissimo ebraico e profanarlo, ho contrapposto la "logica di Dio" che nei suoi 33 anni di permanenza nel mondo, ne passa trenta nascosto in una cittadina, che non è neppure nominata nell'Antico Testamento. Ho parlato della mia commozione di fronte alla pietra che nella basilica dell'Annunciazione porta la scritta: verbum caro hic factum est! Delle ore di silenzio passate in essa e della preghiera con giovani e credenti di tutto il mondo.

Ho parlato del mistero di Gerusalemme in cui le tre grandi religioni, che forse in modo non del tutto adeguato vengono chiamate del libro (cfr. obiezione a questo nome di Remí Brague), devono per lo meno convivere. Del mistero di Israele che permane anche dopo la venuta definitiva del Logos di Dio, del mistero dell'Islam che sorge dopo la venuta definitiva del Logos di Dio! 

Ho sentito la presenza di Cristo, che ci ricorda di non fissarlo, in un certo senso, nella carne (kata sarka), perché Dio non vuole essere adorato neppure in Gerusalemme, ma "in spirito e verità". 

Roberto, un piccolo amico di Gesù


Dialogo con una collega - priorità della missione (28.10.2016)
Oggi ho parlato mezz'ora con una collega, che era stata alla conferenza di mia moglie e me sulla Terra Santa. Era stata colpita dalla mia affezione per la pietra in cui a Nazareth c'è scritto: Verbum caro hic factum est. Ma non sapeva perché ero così affezionato ad essa. Parlando con lei mi sono accorto - cosa che lei non ha voluto per nulla nascondere - quanto poco sapesse della storia raccontata nel Vangelo (lei è stata educata con successo nella ex Ddr ad un'assoluta mancanza di informazioni sul cristianesimo). C'è voluto del tempo per spiegare ogni passo, in modo che comprendesse. Lei era molto attenta, a tutto. Ecco dovremmo impiegare più tempo per la "missione" (non per il proselitismo) che in discussioni pseudo culturali con tradizionalisti o ultra progressisti, che comunque sanno tutto sempre già meglio. Allo stesso tempo il passaggio che ho condiviso questa mattina di Benedetto XVI su Simone e Giuda Taddeo ci fa comprendere che per tutti nella Chiesa c'é posto: per gente che sostiene in modo "zelota" la propria identità e per gente come Matteo che collabora con il "nemico". Allo stesso tempo confermo quanto Bruno Brunelli ha scritto come commento sempre a questo testo del papa tedesco: "Questo brano di Benedetto XVI ci indica un preciso modo di guardare il mondo. Ci dice in maniera esplicita che il cristianesimo non può credere sulla prevalenza di una classe sociale su un'altra o di una razza su un'altra. Gesù chiama tutti alla sua sequela.
Se l'annuncio del Vangelo è la nostra priorità, dovremmo quantomeno esimerci dall'ostacolarlo con le nostre teorie. L'implicazione concreta è che oggi pochi movimenti politici/culturali si salvano alla luce di queste cose. Tutti troppo presi a curare interessi particolari . Allora noi cattolici dovremmo aprire un taccuino nuovo e intitolarlo: "Manuale di politica pratica" e cominciare a scrivere: 1. Il cristiano non discrimina nessuno davanti a Gesù che chiama tutti i popoli e tutte le persone a seguirlo".

(8.11.2016)

Cosa sceglieresti se dovesti scegliere tra verità ed amore? 


Droyssig. Con questa domanda ho cominciato il mio corso di filosofia ieri nella decima classe (16 anni). Dapprima hanno ricevuto 5 minuti di tempo per riflettere da soli con un foglio per farsi qualche notizia, poi cinque minuti per un piccolo scambio di idee in coppie o in gruppi, poi la discussione in plenum, che ha rivelato che quasi tutti vedono le due parole come connesse e così inseparabili. In una situazione di "crisi" una parte sceglierebbe l'amore una parte la verità, intesa come "fiducia". Th. ha rimandato alla questione religiosa che Dio è amore (sia per la Bibbia che per il Corano), gli altri hanno discusso ad un livello più filosofico orizzontale.
Alla fine ho tenuto una piccola conferenza sul tema in due passi. Il primo è quello dello stato di fatto - a questo livello ognuno ha la sua idea (meglio la sua opinione) e con le due parole ci sono migliaia di associazioni difficili da coordinare in un discorso. Il secondo è quello del linguaggio filosofico che conferma la connessione vista tra le due parole. Per la parola amore ho distinto tra eros (che non è primariamente sesso, ma essere attratti da) e agape (amore gratuito) e per la parola verità ho differenziato aletheia (ciò che non rimane nascosto) da emeth (fiducia). Ne parla Balthasar in Teologica I.
Li ho sostenuti, i ragazzi, nella idea giusta che le due parole con il loro rispettivo contenuto non possono essere essere disunite, ma ho legittimato la mia domanda, perché la vita non passa a tavolino, ma sempre in una "crisi" (giudizio).
Ho argomentato infine a livello della "perversione" della verità come ideologia fanatica e dell'amore come essere ridicoli. Ho motivato quindi la mia scelta per una priorità dell'amore a questo livello. L'uomo può sempre abusare di tutto, come tra l'altro aveva detto nella discussione in plenum PJ. L'abuso della verità è più pericoloso dell'abuso dell'amore. Se il cuore dell'amore è la gratuità (per questo motivo l'amore pornografico non è amore ma volontà di potenza) al massimo nell'eccedenza o abuso dell'amore mi posso rendere ridicolo. L'eccedenza della verità ha costato invece la vita di milioni di persone nella storia del mondo!


(16.11.16) 


"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23)
Da ieri, in questi due giorni di leggere malattia, sono totalmente attratto da una ragazza, morta a 26 anni, Elisabetta della Trinità (1880-1906), che mi convince, anche per la sua presenza mite. I maschi quando parlano di Cristo sono troppo dominanti. Qui incontriamo un bambino semplice di fronte al grande mistero: la predestinazione. Instaurare omnia in Cristo! 
Elisabetta non consce tutto il dibattito teologico da Agostino fino a Calvino ed oltre sulla predestinazione, ci ricorda Balthasar nella metà del libro dedicata a lei, la prima parte è dedicata alla piccola Teresa. Lei sente Dio come amore che la chiama e vuole rispondere con tutta se stessa. Come un bambino vuole Sstare in questo amore, rimanere - la grande parola di Giovanni. 
Chiedo al Signore che mi inserisca in questo desiderio del Padre, che dona l'essere: instaurare tutto in lui. M. della settima classe, che ha già perso madre e padre per droga, che è stato picchiato da piccolo e che quindi ha un carattere alterato, come J. nell'ottava classe, sebbene per altri motivi (forse una eccellenza incapace di integrarsi nel sistema scuola). Come portare questi due ragazzi ed anche altri nella fortezza stabile di Dio? Chiedo al Signore che rafforzi il mio temperamento, troppo sensibile alle reazioni esterne, perché tutto e tutti siano instaurati in Lui.
Elisabetta vuole diventare lode della gloria di Dio! Essere lode gratuito dell'amore di Dio con tutto se stessi. Quando si mangia o si beve o si fa l'amore o vi si rinuncia. Ciò non é possibile senza un "rinnegamento di se stessi". Lo dice il Signore! 
"In noi stessi non siamo null'altro che nulla e peccato" (Elisabetta). Questo lo sento vero anche quando distinguo peccato e natura. Per quanto questa distinzione sia possibile. Non c'é solo la trasformazione dell'acqua in vino che noi possiamo bloccare (ne ho parlato ieri notte), c'è anche il fuoco che possiamo estinguere. Peccato non è guardare le gambe di una donna, questa è natura, in modo particolare del maschio più concentrato più sui "pezzi" che sul tutto (Recalcati). Peccato è pensare che il Signore non possa bruciare questo sguardo, in modo che diventiamo totalmente consoni a Lui, che le donne le guardava in modo diverso! 
Cominciare a vivere l'eternità ora! Delle due citazioni preferite di Elisabetta di san Paolo a me colpisce primariamente la seconda: 
Romani 8,29-30: Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; [30] quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. 
Qui la "catena paolina" è come una fortezza. Chiedo al Signore che possa agire in questa fortezza - il bisogno di tirare una linea ha a che fare con ciò! 
In modo che sia vera per me anche la prima citazione di Paolo che ama Elisabetta: 
Efesini 1, 4-6: 
"(4) In lui (in Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, [5] predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, [6] secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto".
Il linguaggio è quello tradizionale, più tradizionale di quello di Teresa dice Balthasar, ma quelle parole "santi ed immacolati" mi attirano anche se non ho la più pallida idea di come esse diventino realtà esistenziale in me! La tradizione non è mai un blocco di ghiaccio, è massimo movimento - trad - ire (andare)! 
Nel cuore della Trinità, tutto è santo ed immacolato, tutto è amore gratuito. Non vi è nessuna lotta con nemici, tutto è lode! 
Diventare "lode", questo significa essersi offerti sul monte Carmelo in Israele al cuore immacolato di Gesù e Maria! 
Non si tratta di fuggire dal mondo! Anche se la missione ecclesiale di clausura di Elisabetta è diversa dalla missione ecclesiale per esempio della santa dei profughi, la santa Cabrini. "Il figlio di Dio, la sua madre e i suoi apostoli sono stati con forza nel mondo, con coraggio hanno preso su di sé la missione che Dio aveva pensato per loro nel mondo e l'al di là lo hanno vissuto nell'al di qua" (Balthasar). C'é un modo di volere negare il mondo che ha a che fare con la natura malata dell'uomo, non con Dio! 
Dio è amore gratuito! Il dono dell'essere è espressione di questa gratuità! Tommaso dice: "similitudo divinae bonitatis"! Per l'intercessione di Elisabetta della Trinità ti chiedo di essere già in questo mondo nel grembo della Trinità, che è amore gratuito e di vedere tutto, anche le incomprensioni, anche le offese, anche gli squilibri miei e dei miei ragazzi, come una cosa che può essere sanata dalla Sua Misericordia! 
Chiedo anche che il continuare del terremoto nell'Italia centrale non faccia perdere vista che Dio è fortezza, che il terremoto accade in Dio non fuori di Lui.
In modo particolare chiedo a Dio che tutto il dolore dei bambini venga percepito da loro e dai loro genitori come qualcosa che accade in Dio, che Dio ha pensato fin dall'inizio (non come qualcosa che accade per caso), come un tema per noi incomprensibile della sua "predestinazione"! 


(23.11.2016) Primum vivere, deinde philosophari. 
Con il mio corso di filosofia questa mattina siamo andati dapprima a vedere l'aurora.



Così lontano dai miei ragazzi (27.10.17)

Pregando i Vespri mi venivano in mente i nomi e i volti dei ragazzi dell'ottava coinvolti in una brutta faccenda di alcol e mobbing. Perché non parlano con noi adulti i giovani? Forse perché siamo troppo "distanti" dal loro mondo e dalle loro emozioni. Ho percepito raramente così forte questo "distacco" e la mia incapacità di essere al servizio di quel "ricapitolare in Cristo tutte le cose" di cui parla san Paolo e che aveva così colpito santa Elisabetta della Trinità. Con me al momento sono gentili e fanno abbastanza le cose che richiedo, ma non c'é confidenza neppure con me. Forse perché non ha neppure confidenza con se stessi. La risposta alla domanda: come stai? è sempre positiva. Mica vengono a confidarsi con me. VSSvpM!  

Come mai non potrei diventare dirigente scolastico? (1.11.17)

#Diarioscolastico

Parlando di Platone nella undicesima classe e della sua idea che i filosofi diventano i governanti dello stato ho riflettuto, in dialogo con i ragazzi, sulla frase che da il titolo a questo post.

Non mi è mai piaciuta questa idea di Platone non perché creda che la filosofia debba stare nella torre d'avorio, ma perché la filosofia è sempre solo "ancella", mai "domina". Platone dice che il filosofo per il tempo in cui governa non potrà fare il filosofo e questa è già la prima difficoltà: un filosofo non potrà mai smettere di esser filosofo senza tradirsi.

Ciò non significa che il "potere" sia in sé un problema, lo diventa se non vi è un'altra istanza che abbia la stessa o addirittura una più grande autorità. Non ci si può immaginare che Samuele diventi Davide, ma Samuele rimane sempre in dialogo con Davide e Davide con Samuele.

Nel momento che il filosofo diventa governante perde la sua autorità e diventa appunto quell'altra autorità, la quale non ha più un sostegno.

Questo comincia già a livello di linguaggio: la filosofia non potrà mai cedere a nessuna lingua tecnica senza tradire se stessa. Come ho scritto l'altro giorno in un post in cui citavo un filosofo coreano, Han: L'invito alla motivazione, all'iniziativa e al progetto è più efficace per lo sfruttamento che la frusta e i comandi.

Un dirigente scolastico non potrà non usare il linguaggio tecnico delle motivazioni, competenze, inclusioni, etc. perché lui deve governare la scuola. Il filosofo però potrà avvertirlo che usando quel linguaggio fa una scelta di campo, che tantissimi docenti non possono seguire, perché vedono in gioco la loro identità. Molto interessante nell'osservazione di Han è che permette di capire come mai gli insegnanti sono uno dei gruppi di lavoro con il più alto numero di burnout. Un chirurgo fa un lavoro molto più pericoloso: un suo sbaglio può costare la vita del paziente; una lezione fatta male non costa la vita a nessuno.

Il problema è che l'idea stessa di insegnati motivati e motivanti e di allievi motivati e motivanti non può che portare alla depressione (perché non corrisponde alla realtà fragile dell'esistenza umana). Non è in un certo senso colpa di nessuno. Per cui le critiche di certi genitori: gli insegnanti non devono fare progetti e gite scolastiche, ma insegnare la vera cultura critica serve solo ad esprimere la propria frustrazione cercando un nemico. L'insegnante sta nel mezzo tra genitori che pretendono cose che loro stessi non sono in grado di fare e una dirigenza che dice che sono pigri (non leggono abbastanza...). Il risultato è devastante.



In questi quindici anni ho fatto un lavoro nelle retrovie con le persone che ormai vivono continuamente nella scuola in un "esilio interiore" cercandolo di incontrarli e cercando di capire come mai non potranno mai che comprendere un certo linguaggio tecnico scolastico come una forma di potere, senza però perdere il dialogo con la dirigenza scolastica. Di fatto in questi 15 anni, dove quest'ultima si trovava in un vicolo ceco un mio consiglio l'ha portata avanti. Proprio perché sapeva che non avevo l'intenzione di farle concorrenza a livello di "governo". Proprio perché esso, il consiglio, non era mio, ma puramente "servizio".


10.11.17

Libertà, l' "ultimo" passo - in dialogo con #HansUrsvonBalthasar

In primo luogo è libero Dio, che in Cristo non ci lascia da soli, ma la, dove ci manda, ci sorprende con la Sua presenza, con la Sua già presenza. Come ho spiegato, ieri.

La libertà di Dio non ci permette di vivere di un "tanto fa lui". Ha bisogno di un "piccolo gregge", non elitario, ma che vive dell'amore gratis di Dio.

All'inizio della conferenza annuale, che è cominciata ieri, dei professori tengo sempre la meditazione iniziale; questa volta ho chiesto a Konstanze, mia moglie, di farlo, che ha commentato il numero 97 dell' Amoris Laetitia. Alcuni colleghi erano molto attenti, altri hanno in modo dimostrativo girato la loro testa da un'altra parte. Quando suonano le parole del Vangelo nel mondo, non vi è nessun applauso di massa, anche se proprio queste parole sono così necessarie per tutti. Questo è vero anche per Papa Francesco, che è amato, ma ciò non significa che sia amato per quello che davvero vuole annunciare: Gesù, non Francesco.

La cerchia di persone che si trova vicino al cuore di Gesù e Maria, non è né allora né oggi chi difende un cristianesimo, senza dogmi e liberale. Per questo, finalmente, non mi è mai interessata la teologia di padre Anselm Grün - quest'ultimo non annuncia Cristo, ma un "benessere" per il proprio io psicologico.

Ma la cerchia non è neppure composta delle persone che difendono un'astratta dottrina raffreddata, ma coloro che senza rinnegare la dottrina, vivono in un "amore fraterno e nella Communio sacramentale ed esistenziale la Presenza viva, personale e trinitaria di Dio".

Questo cristiano non ha paura neppure dei progetti di liberazione del mondo, perché sa che la sua fede - donata, non prodotta - ha come oggetto l'uomo intero, la storia e il cosmo che nel terzo giorno verranno accolti nel grembo del Padre!
Sa però, anche se si può, anzi si deve lottare per queste mete che non ci sarà mai un superamento definitivo della dialettica servo padrone (Marx), non ci sarà mai una ricupero completamente sano della propria origine (Freud), non ci sarà mai un superuomo, che non abbia bisogno di riconoscere l'essere come dono (Nietzsche), sa che nessuna utopia potrà rivelarci la forza dell'homo absconditus (Bloch) o che supererà tutte le aggressioni naturali per arrivare ad una natura inibita (Marcuse), sa che l'uomo non arriverà mai ad un benessere psicologico che lo farà necessariamente morire e vivere in pace (Grün).

Il cristianesimo non ha neppure paura della stoa o del buddismo perché con serenità crede nel proprio ideale di libertà, donato da Dio stesso in Cristo, la cui libertà per la morte non mira ad un "nirvana privo di identità individuale", ma scendendo nell'inferno apre ad una speranza personale per tutti!

Resurrexit Dominus vere!

(Fine del mio commento giornaliero al libro "L'impegno del cristiano nel mondo).

(25.11.17) Tre impressione degli ultimi giorni.

Il giudizio di Konstanze (mia moglie), nella sua "laicità" e competenza, ha un ruolo sempre più importante nella scuola: come responsabile del consiglio di disciplina della scuola, come consigliera di molti nella dirigenza scolastica... Ed è amata dai bambini e ragazzi, che lei ama. A parte il mio ruolo come coordinatore del profilo cristiano della scuola, la mia rilevanza "istituzionale" è diminuita negli anni e ne sono contento, come sono contento di essere in dialogo intimo con lei che si gioca in modo così fecondo nella scuola.

Ieri ho dato "ripetizione" di tedesco ad A., che è venuto a piedi dall'Afghanistan fino qui in Germania. Una situazione interessante. Un italiano spiega ad un afghano il monologo di Faust all'inizio dell'opera omonima di Goethe.

Nella dodicesima classe E. mi ha chiesto cosa penso dei rapporti sessuali prima del matrimonio. Ho detto che non è un dogma né averli né non averli. Ho spiegato la posizione del catechismo cattolico ed ho aggiunto che nella nostra regione con 2% di cattolici, 14 % di luterani e il resto di non "praticanti una confessione" (qui si dice "nicht kirchlich") mi basta sottolineare ciò che è evidente alla maggioranza dei giovani. Il sesso è una cosa "seria" che implica diversi fattori e che questi devono essere considerati tutti. Il ridurlo a ginnastica o a obbligo sociale gli toglie quella forza che davvero può aiutare a vivere.

(27.11.17) Due lezioni di filosofia e religione - pensiero "tensionante" in atto.

Il libro di Massimo Borghesi sulla biografia intellettuale di Jose Mario Bergoglio ha cominciato ha portare alcuni frutti in alcune mie attività. Il mio articolo di oggi ne "Il Sussidiario" sulla questione dell'eccellenza nella scuola, cercava di unire il pensiero dell'eccellenza a quello della solidarietà, come "opposti" che si richiamano ed arricchiscono a vicenda. Mercoledì parlerò in parrocchia esplicitamente sulla filosofia del Papa. La cosa che più mi da gioia è che questa lettura mattutina del libro di Borghesi porti anche frutti nella mia attività principale, cioè la scuola.

Nella decima classe (16 anni), nel mio corso di introduzione alla filosofia ho parlato della differenza tra "opposizione" (Gegensatz) e "contraddizione" (Widerspruch). Un ora e dieci minuti intensi di dialogo e conferenza. Sei degli undici ragazzi sono intervenuti continuamente in dialogo con ciò che dicevo. La tesi della mia lezione è che l'opposizione è una chance di fecondità ed è presupposto della vita, mentre la contraddizione distrugge la vita. Abbiamo parlato a tre livelli: quello personale, quello sociale e quello metafisico. 
1. Un'amicizia vive dell'opposizione tra due diversi caratteri, il matrimonio della differenza tra maschio e femmina (ho parlato anche della diversa struttura del desiderio tra uomo e donna in Lacan/ Recalcati). In questi esempi personali si vede come l'opposizione sia feconda se non è ridotta in una contraddizione. Come esempio di quest'ultima ho parlato dell'infedeltà come contraddizione all'amore e non come opposizione feconda, o della spudoratezza come contraddizione alla tenerezza, mentre la severità può essere un opposto fecondo. Un genitore non può essere solo tenero con il figlio, deve essere anche severo. Etc.
2. A livello della società abbiamo parlato della differenza tra il libero mercato e l'impegno sociale dello stato e fatto esempi di come una fecondità sociale viva non dall'estremizzazione di uno dei poli: solo mercato o solo stato. etc. Parlando della differenza tra la politica americana e quella cinese e degli altri continenti ho spiegato la differenza tra una logica sferica che porta alla "contraddizione" e la sfera "poliedrica" che porta ad un'opposizione feconda.
3. Alla fine ho posto la domanda riguardante l'opposizione a livello metafisico. Ho fatto vedere che si può porre il problema religioso op metafisico senza il rinvio ad un "libro": il Corano o la Bibbia che in questo contesto sarebbero visti come corpi estranei al ragionamento che stavamo facendo. L'opposizione tra assoluto e finito, tra mistero ed esistenza diventa invece filosoficamente possibile con un passo interno al ragionamento filosofico stesso: se l'opposizione è feconda a livello personale e sociale, perché non dovrebbe esserlo a livello metafisico? Etc.

Questa mattina avevo tenuto una lezione sulla "modernità" nel mio percorso di modelli antropologici nella undicesima classe (17 anni). Ho annunciato che avrei parlato di Cartesio, della Riforma luterana e dell'illuminismo. Augusto Del Noce e Alberto Methol Ferré erano i filosofi a cui mi sono riferito e a cui mi riferirò la prossima settimana. Il filosofo italiano per quanto riguarda Cartesio e quello uruguaiano per quanto riguarda la Riforma e l'Illuminismo (di cui egli cerca di assumere il momento di verità).
Oggi ho spiegato Cartesio e il suo modo di vedere l'uomo in tre passi: 1. Cogito, ergo sum. 2. La rottura tra res extensa e res cogitans o l'asservimento della prima alla seconda. 3. La differenza tra Cartesio (il pensiero che manipola la materia ) e Aristotele (il pensiero che contempla la materia). Ho fatto vedere pro e contra. Da una parte che in Aristotele la contemplazione dell'essere presuppone l'esistenza della schiavitù, mentre in Cartesio il pensiero serve per superare la schiavitù, cioè il lusso della contemplazione, che ti puoi permettere se qualcuno lavora per te, mentre la manipolazione della materia ha permesso lo sviluppo tecnico e quindi il superamento del lavoro schiavizzante. D'altra parte l'asservimento della "res extensa" ha portato a quelle contraddizioni che stanno minando la nostra "casa comune", così che l'opzione Aristotele diventa ora di nuovo da integrare: l'essere non deve essere manipolato, ma per l'appunto contemplato. Etc. Anche qui sarà importante far vedere che l'opposizione è fonte di vita, mentre la contraddizione di morte e ciò vale anche per l'opposizione di cui ho tratto nel secondo passo della lezione. La tensione tra res extensa e cogitans deve essere salvata come tale e non estremizzata (solo Aristotele o solo Cartesio).

(2.12.17)
C'è una ragazza solitaria nella nostra scuola; questo è il suo giardino ai piedi dell'albero che si vede nella foto (vedi foto in Facebook di questo giorno). Sorride sempre quando mia moglie ed io la salutiamo a scuola. Con mia moglie ha anche parlato di questo giardinetto. Non mi sembra triste, piuttosto molto legata alla sua "terra" e quindi fa difficoltà con i ragazzi del "pensiero unico" e "gloabalizzati". Quando le avevo chiesto se voleva far parte del progetto Erasmus Plus con Francia e Polonia mi ha guardato con stupore ed ha detto subito no, eppure o forse per questo in lei vi è un tesoro nascosto.

(5.12.17)

In Narnia (nel terzo film, che sto vedendo con la nona classe) è impressionante vedere che la battaglia nella nebbia degli incubi non viene vinta solo per la resistenza sulla nave, ma in primo luogo perché Eustachio nella solitudine, dopo essere stato liberato da Aslan dalla sua pelle di drago, porta la spada sulle altre già raccolte e così rompe l'incantesimo della nebbia degli incubi. Non tutte le battaglie possono essere giocate per esempio in pubblico nella rete. Alcune rimangono una questione di preghiera.

Un mio collega a cui regalo da anni il volantone di Natale, non ha voluto quello di questo anno - non è arte, ma una foto in un campo di profughi. Non so bene il motivo, non ho chiesto, perché non mi sembrava opportuno. Per lui l'arte è sempre come una fuga dalla realtà e questa foto non lo è. Ho sentito che ci sono state polemiche in Italia nel nostro povero Movimento dilaniato così sovente dallo spirito di chi sempre contraddice.

(13.12.17)

Basta aver sostenuto anche solo una volta una discussione con un giovane (almeno quelli della mia regione che è una delle più secolarizzate del mondo sono così), anche con uno intelligente, sulla domanda se ci sia un azione che in sé sia cattiva e non solo per me, per comprendere subito che tutte le evidenze sono sparite. Anche un atto come la violenza ad un giovane è una cosa che non va bene "per me", ma non in sé.

(9.1.18)


La filosofia ha bisogno di Dio


Ieri nella lezione di filosofia della decima classe (16 anni) mi viene di intuito (invero la preparo da mesi) di fare una lezione sula filosofia come scienza della "polarità", in primo luogo, quella ontologica tra essere e sostanze (enti). Solo se la filosofia trova Dio può salvare la polarità ultima tra l'essere come dono e il dono stesso. Una ragazza chiede se non mi contraddico con ciò che avevo detto all'inizio dell'anno e cioè che la filosofia è il contrario del proselitismo per una determinata confessione o religione. No, rispondo, perché qui Dio è un'esigenza intima alla filosofia stessa. Poi è vero che è un'esigenza che rimane domanda, perché Dio non lo si può "fare" filosoficamente, lo si può solo incontrare, in una certa modalità (ecco qui ha il suo senso la confessione).

(4.2.18)

Testimonianza offline in terra di missione e di diaspora - un scambio di post sul battesimo

Caro Roberto,
DonGiuss insegnava che il battesimo introduce un mutamento ontologico: mi pare che abbiamo perso la percezione di cosa questo significhi.
Roberto puoi raccontarci qualche episodio in cui hai colto la difficoltà che produceva l'assenza del battesimo (nella terra dove vivi).
Grazie
(...)

Caro (...) , sto partendo per lItalia, arriverò a Casale Monferrato, neve permettendo, questa sera. Ma almeno un piccolo accenno di risposta vorrei darlo. Ultimamente è morto il papà di un bambino dell'ottava classe (14 anni). La mamma è molto impegnata nella scuola. La malattia del papà ha avuto un percorso "bastardo" ed è morto in pochi mesi. Il modo con cui è stata gestita questa morte, con il funerale non cristiano, le frasi romantiche che non tolgono nulla al fatto che è morto, fanno vedere, e questo in milioni di persone che cerco di amore, perché il Signore me le ha affidate, che mi stanno attorno, come esse sono vulnerabili. Come si adattano alla morte, ma con una melanconia infinita. Certo anche Alce Nero dice che è triste quando muore la moglie, ma è triste nella luce del battesimo e della santificazione. Questo tentativo di abbraccio è la testimonianza che do offline con mia moglie da 16 anni!

Roberto, un piccolo amico di Gesù



PS Vivo da 16 anni in Sassonia Anhalt con il 16 % di battezzati (2% di cattolici)







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