lunedì 23 ottobre 2017

Il mio dialogo con Massimo Borghesi in Facebook

Nel corso degli ultimi anni mi sono confrontato sempre di nuovo con il filosofo cattolico Massimo Borghesi. Piano piano che rivedo i miei interventi li voglio ordinare in questo post. Alcune riflessioni riguardano direttamente il pensiero di Massimo Borghesi, altre filosofi con cui lui si è confrontato. 


I. DIALOGO CON AUGUSTO DEL NOCE / Appunti veloci (2012)
Cfr. Massimo Borghesi, Augusto Del Noce, Genova-Milano, 2011, 57-64 ("Superamento del marxismo e post-fascismo", 1. La "filosofia" di Marx)
1. Ciò che Augusto Del Noce impara da Della Volpe (1945-1946) io lo ho imparato da Ernst Bloch verso la fine degli anni 70 e dal suo traduttore Francesco Coppellotti. Comunismo ed ateismo sono legati strettamente l'uno con l'altro. Però in Bloch l'ateismo stesso è pensato "nel" cristianesimo, non contro il cristianesimo, quindi la posizione di Della Volpe, da questo punto di vista, è un po troppo semplice: "Marx è comunista perché anticristiano" (63). Nel senso di Bloch e Coppellotti (cfr. Prefazione ad "Ateismo nel cristianesimo" del 1970, ripubblicata ultimamente (2008) da Feltrinelli, anche se censurata) la critica alla religione, dall'interno, è presupposto di ogni critica, anche di quella della economia politica. 

2. Come nel caso di Del Noce anch'io ho completamente rotto con la posizione comunista, forse anche per una certa simpatia che essa, nei miei anni giovanili, in questa forma utopica, aveva con l'estrema sinistra violenta. Quindi era anche in gioco la questione della non violenza (sebbene io non abbia mai avuto particolare simpatia per il pacifismo), come lo è stato per Del Noce: "La rottura con la posizione comunista avviene, quindi, a partire dalla fedeltà alla lezione di Aldo Capitini sulla "non violenza".(57).
3. D'altra parte l'attacco al cristianesimo borghese da parte di Bloch, che colpiva il cuore del Cristo trinitario, sebbene non sia con esso possibile un dialogo "integrante" (cfr. "metodo dell'integrazione" in Hans Urs von Balthasar, Gloria IV, 25), lascia aperta la domanda: come è stato visto il cristianesimo che è stato "necessario" criticarlo nel modo con cui fa Bloch: Gesù liberatore da un Padre sadico e violento?

Il Sabato, Trenta Giorni (2012)

Caro Massimo, "Il Sabato", "Trenta Giorni" sono stati il mio primo rapporto con von Balthasar (ha parte le lettere personali) e con Augusto Del Noce. Non sapevo che dietro tutto ciò c'era la figura di questo tuo amico sacerdote. Quando cerco un settimanale o un mensile, cerco proprio questi due giornali. Anche il mio interesse per il giornale della nuova destra tedesca - die Junge Freiheit - è in fondo una nostalgia per l'esperienza de "Il Sabato" - solo che Dieter Stein, per quanto interessante, non è don Tantardini (sia nella prima che nella seconda accentuazione della sua personalità):è un protestante luterano tedesco che cerca nell'identità tedesca stabilità ed ordine e questo gli permette di vedere alcuni temi contro corrente. Ma gli manca il "solo l'amore è credibile", sia nella prima versione profetica che in quella più contemplativa -agostiniana di don Giacomo. Da quegli anni del Sabato ho ereditato un po' di questo "cristianesimo anarchico" (forse nel linguaggio di Balthasar e Schellign si potrebbe parlare di "cristianesimo giovanneo"), senza il quale non potrei vivere e interpretare la mia "esistenza tedesca". Anche questa semplicità di cui parli in fondo alla tua testimonianza mi è cara: in me c'è tanto "mondo", tanta "natura", ma in fondo, grazie Dio, anche tanta "grazia": con semplicità ho sempre accettato l'unione tra Maria, Giovanni, e Pietro, forse, come nostalgia, anche nei miei anni blochiani (1980-1987). Grazie, Roberto

(13.11.13) Una breve nota su una serata a Milano sull'ulitmo libro di Massimo Borghesi sulla teologia politica, che ho scritto nella bacheca di un amica
Massimo Borghesi riesce sempre a creare un grande equilibrio di idee: molto bella quindi la distinzione tra teologia politica e teologia della politica. Per quanto riguarda Bush jr. non sarei così severo - gli intellettuali europei lo sono spesso (in quel caso Derridà, Vattimo, etc..), ma in verità gli USA hanno impegnato la vita dei loro giovani per ordinare un mondo pericoloso, noi in Europa invece per lo più chiacchieriamo. È vero che GPII si è opposto al progetto Bush, ma non per "pacifismo", ma contando sulla grande rete della Chiesa cattolica come lotta non violenta al terrorismo.
Quello che secondo me manca nel libro è un confronto reale con il meglio del marxismo, che è stato lo "spirito dell'utopia" - qui si vedono tutti i limiti del pensiero di Massimo, secondo me, che in fondo pensa sempre nell'orizzonte di un dialogo tra partiti, con attenzione al PD, a me invece sono sempre interessati solo gli eretici (come Ernst Bloch), che il PCI ignorava sistematicamente...
La vera rivoluzione della presenza cristiana non è tanto da fare contro programmi di partito, ma contro l'unica vera degna alternativa: quella dell'utopia. L'utopia di un mondo migliore, cui il cristianesimo risponde con la presenza di Cristo.
Massimo Borghesi: Caro Roberto con Bush jr non si è mai abbastanza severi. La guerra in Iraq con i suoi 130.000 morti, in una catena che continua fino ad oggi, ha provocato l'esodo in massa dei cristiani iracheni ridotti da 800.000 a meno di 400.000. Senza contare che anche da un punto di vista politico è stato un completo fallimento. Come lo dobbiamo giudicare Bush jr? GPII si è opposto perché voleva la "pace" e in quel momento una gran parte di cattolici "papisti" lo hanno lasciato solo e sono andati dietro alla teologia politica teocon. Una resa al potere mondiale semplicemente vergognosa. Per quanto riguarda il peso degli eretici nel confronto a sinistra ti invito a rileggere la parte sulla teologia politica degli anni '70 (Metz, Moltmann) dominata dall'influenza dello "Spirito dell'utopia" di Ernst Bloch. La teologia politica di allora nasce dall'egemonia esercitata dal marxismo gnostico di Bloch.

Roberto Graziotto: Caro Massimo, ovviamente non aspettavo che rispondessi, ma grazie per la tua risposta. Nell'estate del 2004 nella Communio americana avevo scritto: "How Christians Should think about Politics. Reflection in a Time of war" in cui prendevo implicitamente le distanze sia dalla politica teocon, rinviando alla figura dell'agnello immolato, che non immola nessuno, sia dal pacifismo di Derridà e Vattimo. Cercavo una terza via che non fosse né un appoggio acritico a ciò che diceva GPII - sebbene lo abbia sempre stimato per questa sua posizione - , ma anche dal pacifismo degli intellettuali europei di sinistra, che sembravano essere dalla parte di GPII, ma che in fondo non tenevano conto del pericolo reale che era il terrorismo islamistico. Le cose che dici sulla catena fatale di un errore politico in Irak sono, viste da ora, giuste. --- Per quanto riguarda Metz e Moltmann, essi sono solo una versione socialdemocratica di Bloch; in questo non mi interessa lo gnosticismo, ma lo spirito dell'utopia, che forse Bloch stesso con l'edizione del 1923 del libro che porta questo titolo, aveva tradito a sua volta. Tuo, roberto

III. (29.10.15)  L’articolo dell’amico Massimo Borghesi è coraggioso ed è un tentativo grande di leggere la storia a partire dal 2001. La cosa più tragica del cattolicesimo teocon è stata quello di non comprendere la grande missione di una papa dell’Argentina, che già solo per questo fatto, ci permette di comprendere il mondo con una più grande molteplicità del concerto di stati e stati-continente in cui ci troviamo ad agire. La grande novità del papa dall’Argentina però è di parlare in modo convincente di Cristo, non nel senso che solo lui parla di Cristo mentre gli altri papi avrebbero parlato solo di una dottrina, ma nel parlare di Cristo in modo tale, che a parte nell’ambito teocon della Chiesa e del mondo occidentale, invece che una resistenza, normalmente apre il cuore all’ascolto. Il rinvio a Sergio Romano contra Ferrara invece non mi convince: entrambe le letture della storia sono poco differenziate. Per il primo l’America si troverebbe in un tramonto che è solo un sogno degli intellettuali di sinistra, per il secondo questo tramonto invece deve essere impedito con un agguerrito occidentalismo, che solo può salvarci dalla sconfitta. I poli si toccano nell’idea di un tramonto desiderato o che impaurisce. Sono contento della presa di posizione di Blair e gli fa onore aver dichiarato ciò che ha dichiarato, ma a me sembra che non si potesse lasciar impunito l’attacco a New York e Washington. Come cattolico ho sempre letto la posizione di san Giovanni Paolo II come una risposta non violenta al problema esistente del terrorismo islamico e non come una pacifista negazione che il problema ci sia stato o ci sia.


http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2015/10/29/IL-CASO-Ferrara-Blair-la-guerra-in-Iraq-la-fine-di-un-epoca/650884/

IV. Teilhard e la distinzione tra natura e grazia (ottobre 2017)

Caro Massimo, grazie di avermi messo all'erta sul pericolo che il Santo Padre venga accusato di "modernismo". I miei commenti al libro di Balthasar hanno solo la funzione di far vedere che con una lettera lenta ed attenta si capisce cosa egli abbia da dirci. Sto raccogliendo nel mio blog "Diario di Roberto Graziotto" pian piano i mei interventi-frammenti in Fb in questi anni. Si vedrà alla fine se io stesso non debba farmi criticare di "pancristismo" (Teilhard). Tu a volte mi hai detto detto che sono troppo "fromm" nel modo di scrivere. Credo, da quello che sto vedendo raccogliendo i mei frammenti, che mi sia riuscito, pur non essendo un grande filosofo, di tenere la "distinzione" tra "ricapitolare tutto in Cristo" e le esigenze della natura umana ("gratia non tollit naturam"); certo ci sono riuscito nella mia vita, se no, non potrei sopravvivere qui nella diaspora ex marxista. Spero che i miei frammenti non siano solo dilettantismo, ma rileggendo vedo che ho fatto un cammino, in cui la tua filosofia pian piano ha preso sempre più il posto che le merita: legittimata critica del moderno, critica alla teologia politica e l'importanza della distinzione tra natura e grazia che non riduce Cristo ad un vago deismo, che può anche chiamarsi "amore gratis". Tuo con stima e sincera amicizia, Roberto

Dopo la pubblicazione di Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale

All'inizio un maestro comune - Romano Guardini

Caro Massimo, dopo aver letto le due introduzioni, quella del Prof. Carriquiry e la tua, vedo che il tuo cammino e il mio hanno un punto di origine in Romano Guardini, che molto più di Heidegger, è il vero e forse unico maestro di Ferdinand Ulrich. Balthasar è stato il grande amico di Ulrich. La filosofia dell'essere come dono - me ne accorgo leggendoti - ha nella polarità ovviamente il suo ultimo riferimento ontologico, tra chi dona e chi riceve il dono, tra la ricchezza e la povertà dell'atto dell'essere. Ricco perché tutto deriva da quel atto, povero perché in sé l'essere non è nulla. Sono le cose, gli animali e le persone sono. In Heidegger nessuno dona l'essere e quindi la polarità ultimamente, pur in tutta la nostalgia per l'essere perduto, non c'é. C'è un gioco di parole, ma non un vera "Wagnis", rischio ontologico. Con Alver avevo conosciuto anche Alberto Metto Ferré e sono grato di questo incontro con questo maestro dell'America Latina, che sa che cogliere il "momento di verità" di tutto, perché non si trova in una posizione centrista di equidistanza, ma nel vero fuoco che ha animato tutti i grandi della Catholica del XX secolo e che trova ora in Papa Francesco la sua dimensione istituzionale massima: il fuoco della misericordia come ultima ed unica dimensione di "riconciliazione".
Ti saluto, Roberto

(11.11.17) Abbi fiducia in Dio così come se il successo delle cose dipendesse da te; sforzati così come se tu non facessi nulla, ma Dio da solo facesse tutto. (Ignazio) - in dialogo con #MassimoBorghesi

Nel suo libro sulla vita intellettuale di Jorge Mario Bergoglio Massimo Borghesi ci riporta con il suo sguardo attento all'origine della vita intellettuale e spirituale del Papa.

La traduzione "incrociata" presentata qui come titolo del post della famosa frase di Ignazio fa vedere la profondità del carisma ignaziano e anche delle prime mosse del Santo Padre in questo carisma.

Non si tratta della traduzione banale ed anche filologicamente non corretta: abbi fiducia in Dio come se tutto dipende da Lui e agisci come se tutto dipendesse da te.

La traduzione incrociata presenta una "distinzione", come è dovuto da tutti quegli autori che si sono confrontati davvero con Tommaso e non con la scolastica "tomistica", ma non è la distinzione tra due piani: il cielo sopra e la terra sotto.

Fessard e de Lubac sono gli autori di questa primo risveglio spirituale: Ignazio e Tommaso vengono letti nella loro intenzione originaria.

L'impegno cristiano del mondo nasce con il "Suscipe" (preghiera ignaziana) al cospetto dell'impegno di Dio e noi partecipiamo a questo impegno senza saltare né la natura né Dio. Abbi fiducia nell'impegno di Dio per il mondo, ma come se tutto dipendesse da te. Ed impegnati nel mondo sapendo che il tuo contributo è "nulla" e come se Dio facesse tutto.

Questo "come se" ci insegna Massimo Borghesi non ha nulla a che fare con un "come se" kantiano gnoseologico, ma è il tentativo di esprime che quando sulla scelta del mondo agiscono la libertà di Dio e quella dell'uomo, non si potrà che presentare questa azione come un un azione di "opposti", ma "incrociata", come lo è l'amore tra l'uomo e la donna. L'amore non è un "sistema", ma per l'appunto incontro drammatico tra libertà.

I mei autori, Hans Urs von Balthasar e Ferdinand Ulrich mi nano educato a comprendere tutto ciò, forse questo è il motivo per cui, per grazia, non ho mai avuto difficoltà a ricevere il papato di Francesco come un dono!

(12.11.17)

Non si deve dividere "il corpo di Cristo lungo linee temporali" (Papa Francesco) - in dialogo con Massimo Borghesi

Nel suo libro sul Papa appena uscito dalla Jaca Book (ibidem, 1,2) Borghesi schizza il contesto storico dell'inizio della missione ecclesiale di Jorge Mario Bergoglio, nel contesto quindi di Juan Domingo Perón e la Chiesa.

Il testo non è filosoficamente complesso e può essere letto da tutti con facilità. Sottolineo alcune linee di pensiero che mi sembrano molto importanti, ma che non possono e non vogliono risparmiare la lettura del testo.

1. Dal padre domenicano Yves Congar Bergoglio eredita un'idea di riforma della Chiesa che valorizza la tradizione. Senza adorazione eucaristica, rispetto del magistero e del suo insegnamento, senza i santi, etc. non vi è e non vi sarà mai una riforma cattolica della Chiesa.

2. La posizione politica di Bergoglio ha simpatia per il peronismo, ma non né accetta le derive di "teologia politica" né il tentativo di limitare la libertà della Chiesa. Ciò che gli interessa nel peronismo è il tentativo democratico di fare una politica per il popolo.

3. La posizione di Bergoglio non è quella della Teologia della Liberazione e neppure quella del Movimento dei Sacerdoti del Terzo Mondo (MSTM). Gutierrez stesso più tardi supererà la sua posizione di priorità del politico sulla teologia. Questa priorità del politico sulla teologia vale anche per il grande sacerdote del MSTM, Carlos Mugica, di cui avevo già letto molto nel libro di una giornalista argentina sui sacerdoti delle villas in Buenos Ajres. La simpatia per questo sacerdote da parte di Bergoglio, da quello che ho capito io (Borghesi non ne parla nel capitolo che sto presentando), non nasce in Bergoglio perché ne condivida l'atteggiamento politico, ma perché è un sacerdote che si è impegnato con i poveri e con i poveri si è impegnato, fino ad essere ucciso.


4. Nella nota 87 Borghesi cita un passaggio del libro di sulla vita di Bergoglio di A. Ivereigh, in cui si fa vedere che nella Compagni di Gesù degli anni 60, di cui stiamo parlando, vi erano padri che sostenevano diversi atteggiamenti politici. Questo mi sembra importante anche per oggi. Non dobbiamo sostenere tutti le stesse idee politiche, ma tutti dobbiamo essere interessati al fatto che il corpo di Cristo non venga lacerato. Ciò però non è possibile con la famosa "equidistanza" delle posizioni. Il discernimento cristiano non è equidistanza ideologica o filosofica, ma discernimento degli spiriti, che da priorità a Cristo, ma non ad un Cristo rigidamente metafisico che non sappia prendere posizione storica e politica. Da priorità ad un Cristo che è sempre presente storicamente, anche se non si lascia ingabbiare in questa dimensione. Chi giudica così diventa intraprendente e libero nel giudizio (anche nei confronti dei vescovi e della gerarchia ecclesiale per quanto riguarda le posizioni politiche). Sto parlando di quella libertà ignaziana che per esempio ho visto in gioco riflettendo su un altro gesuita e su un tempo storico differente come il padre Dall'Oglio, leggendo questa estate il libro di Riccardo Cristiano.

(13.11.17) L'Europa non è il mondo. Incontro con la filosofa argentina Amelia Podetti - in dialogo con Massimo Borghesi

Il Pontefice stesso riassume bene cosa ci sia in gioco in questo incontro filosofico con una esperta di Hegel non hegeliana: il rapporto tra l'universale e la concreta situazione storica.

Per un pensatore latino americano - la concretezza è riferita all'America Latina, la grande patria e non solo ad un Argentina isolata dal resto - ciò significa vedere il mondo dall'America Latina, chiedendosi quale sia l'anima americana, come Balthasar nel suo dottorato si chiese cosa era l'anima tedesca. L'intervista a Metto Ferré di Aver Metalli è un grande aiuto per capire questo punto.

Un'anima in cui cultura e cristianesimo si incontrano in modo originale. Questa lettura della Podetti e non una dipendenza dal marxismo, come è stato nel caso di tanta "teologia della liberazione", è l'origine dell'attenzione di Bergoglio al tema della "periferia".

Dalla periferia latino americano si poteva correggere una tendenza europea e cioè quella di ridurre la modernità a "tecnocrazia".

Mi sono chiesto come mai, io filosofo nel (non del) mondo tedesco ed europeo, abbia le categorie sufficienti per comprendere l'importanza di questo atteggiamento filosofico "periferico". Nel cuore della filosofia dell'essere come dono vi è la differenza, che Ferdinand Ulrich ha sempre sottolineato, tra "fare" e "generare". Non ho mai creduto che il fare tecnico da solo possa risolvere i problemi del mondo. Vedo nel giudizio della periferia della Podetti un elemento di fratellanza con l'intuizione pensata nel "centro" del mondo o in uno dei "centri" del mondo, la Germania, ma pensato con la "periferia" nel cuore. L'essere come dono non è un essere "ipostatizzato" (fissato nell'etere filosofico quasi fosse una "persona" di cui avere nostalgia), ma un essere che si fa "niente", di quel niente dell'amore gratuito di cui ho spesso parlato.

Da Massimo Borghesi, critico della teologia politica, da Agostino a Benedetto XVI ed ora con questo suo ultimo libro a Francesco, sto imparando l'importanza della distinzione dei piani: la città di Dio non è identificabile con una Chiesa compresa politicamente e la città dell'uomo non è identificabile con lo stato (Hegel). Abbiamo più che mai bisogno delle differenze: laico e sacerdote, popolo e stato, etc.

(13.11.17)

Sul legalismo rivoluzionario di Agostino - in dialogo con Massimo Borghesi

Nel capitolo 1,4 della sua vita intellettuale del Papa Massimo Borghesi ci fa fare un passo che per me, anche nella mia "vita intellettuale" è decisivo.

Si tratta di evitare gli estremi, senza diventare piccolo borghesi. Gli esterni sono la gnosi eversiva di Origine (ovviamente Origine non è solo questo, è anche il padre della lettura spirituale della Scrittura e dei suoi sensi differenti) e la teologia imperiale di Eusebio di Cesarea. Il legalismo rivoluzionario di Agostino sa salvare il "momento di verità" di entrambe le posizioni. Nel primo polo sa vedere il desiderio di autenticità dell'utopia, nel secondo la missione che può avere anche un impero come quello romano, così che la riforma di esso non è alcunché di insignificante.

Il legalismo rivoluzionario della linea Agostino - Peterson - Ratzinger - Bergoglio non identifica mai la civitas terrena con la chiesa visibile e la civitas terrena con "gli altri cattivi" (che sono a volta lo stato, i giornali, etc...). Noi viviamo sempre in una situazione "permixta" in cui chi è dentro e chi è fuori non può essere detto in modo fondamentalista e chiaro. Questa linea di pensiero è allergica ad ogni forma di "teologia politica", che non può che essere fanatica. E propone una "teologia della politica", che come dicevo sa vedere il momento di verità anche negli opposti che si scontrano e che vuole essere orientamento per quella vera comunione e liberazione possibile per gli uomini di fede, in particolare i santi, e di buona volontà, che non pensano che il cambiamento di una struttura porti automaticamente il bene.


Ci sarebbe molto di più da dire ma rinvio al capitolo di cui stiamo parlando e finisco con una nota personale. Sono passato attraverso quella linea di pensiero che va da Origine, Gioacchino da Fiore fino a Bloch e ho imparato a vederne la forza e la distinzione da ogni deriva dittatoriale o in specifico stalinista. Da Francesco Coppellotti (e un po' anche dal padre Parola SJ) ho imparato a distinguere tra il primo Bloch autenticamente immerso nello spirito dell'utopia verace, come autentico è stato negli anni della mia gioventù Coppellotti stesso e le possibili derive staliniste tarde. In questo è interessante che il giudizio su Bloch di Coppellotti e di Hans Urs von Balthasar sono simili. Anche nelle lettere che mi ha scritto il maestro di Lucerna e Basilea mi ha dapprima parlato di Bloch come dell'ebreo errante ed autentico e solo alla fine dell'epistolario come di "uomo cattivo" con cui finalmente non ha più voluto avere nulla a che fare. Dopo la mia fase "utopica" c'é stata come contraccolpo la fase di teologia imperiale con una certa simpatia critica per i teo con americani. Solo gli incontri con Ferdinand Ulrich e negli ultimi anni con Massimo Borghesi mi hanno offerto le categorie di filosofia della storia e della politica necessarie per salvare tutto ciò che in me era in contraddizione.

(15.11.17)

Sulla teologia del popolo di Jorge Mario Bergoglio - in dialogo con Massimo Borghesi
Nel capitolo 1,5 Massimo Borghesi ci permette di comprendere il "luogo teologico" del "popolo fedele". In questo si capisce molto bene che il marxismo non è mai stato una via che Bergoglio avrebbe potuto percorrere come la propria. Il primo Gutierrez, il padre della Teologia della Liberazione, è passato attraverso il marxismo e solo nella sua seconda fase di pensiero, proprio nella teologia del popolo di Gera, Methól Ferré e Bergoglio (tanto per fare i nomi più famosi) troverà un correttivo importante all'idea di liberazione marxista e all'idea di cosa sia la teologia stessa. La liberazione marxista corrisponde ad un idea "astratta" e "globale" che dimentica le dimensioni più autentiche del popolo argentino e latino americano in genere, che non vive di "critica della religione", ma della religione stessa come ultima ragione del vivere. 
Anche nell'ordine gesuita stesso padre Bergoglio rappresentava la terza via autenticamente popolare e cattolica, tra una chiesa che appoggiava il potere politico acriticamente ed una che lo combatteva da un punto di vista per l'appunto marxista. 
Anche oggi i "curas villeros", i sacerdoti di Bergoglio di cui parla nel suo libro Silvina Premat, come padre Pepe o padre Charly, non sono sacerdoti marxisti, ma sacerdoti che lavorano tra e i con i poveri, in forza di una spiritualità genuinamente cattolica (l'importanza di Maria in santuari come Lujan o Guadalupe) e nella fiducia che solo il Padre celeste guida ultimamente il destino dei singoli e del mondo. 
Nello stesso capitolo Borghesi ci fa vedere l'importanza di una teologia della letteratura nel pensiero di Bergoglio e un suo assioma ultimo: l'unità e non il conflitto è l'atteggiamento ultimo del Papa da sempre. Si parla anche della differenza tra teologia e filosofia. 
Per quanto riguarda me. Anche dopo anni di studi di letteratura, teologia e filosofia non ho mai tradito, a partire dal mio ritorno nella Chiesa nel 1987, la fede fatta di rosario, giaculatorie e Santa Messa della mia mamma. O del mio parroco don Paolo Gariglio, con cui ho fatto i primi Esercizi spirituali. Anche i mei grandi maestri, come Hans Urs von Balthasar o Luigi Giussani, sono stati sacerdoti che dicevano il rosario, etc. 
Per quanto riguarda la letteratura ricordo che Balthasar aveva un dottorato in germanistica e non in teologia (questo gli è stato dato honoris causa). In un certo senso Goethe è più importante di Tommaso per Balthasar. Ho letto ciò che egli ha scritto su Goethe nel suo grande lavoro giovanile (L'Apocalisse dell'anima tedesca) e quello che ha scritto nella maturità del suo pensiero in Gloria III,2. Ma poi sono andato a leggere Goethe stesso e non solo ciò che diceva Balthasar su di lui: le mie riflessione sulle "affinità elettive" o sul "Wilhelm Meister" sono le mie, non le sue, etc. 
Con Balthasar ho imparato a distinguere tra filosofia e teologia. A distinguere non come se la realtà fosse a due piani, ma come due metodi per affrontare la stessa realtà. La prima riflette sull'essere come dono nel reale, la seconda riceve dalla rivelazione il suo contenuto primo ed ultimo. 
Infine l'unità - a volte ho degli aspetti un po' di contesa nel mio carattere, ma l'anelito ad un'unità autentica - unità nella molteplicità - è certo anche uno dei polmoni del mio pensiero e della mia vita. 

Etc.

(16.11.17)


I criteri fondamentali del pensiero di Bergoglio 
In 2,1 della vita intellettuale del Papa di Massimo Borghesi ci fa riflettere sui i quattro criteri fondamentali del pensiero del Papa, quando già era giovane provinciale dei Gesuiti: 
1. L'unità è superiore al conflitto.
2. Il tutto è superiore alla parte.
3. Il tempo è superiore allo spazio.
4. La realtà è superiore all'idea. 

Non mi è possibile commentare qui tutto questo capitolo, pieno di spunti molto profondi. Sottolineo solo quattro aspetti.
1. L'unità non è raggiungibile con astrazioni spiritualiste o funzionale. Ci sono dei conflitti che non possono essere superati con un invito al compromesso né con inviti pseudo mistici a non bisticciarsi. Con equilibri solo politici, sociologici, psicologici, insomma riduzionistici, non si arriva al discernimento del vero. Il tutto è superiore alla parte, ma non tutte le parti si trovano ad un'equidistanza dal fuoco dell'amor gratis. Se fosse così non ci sarebbero mai maestri, ma solo discepoli che si trovano in una sorta di equidistanza democratica dal vero. 
2. Non è possibile fare della Catholica una sorta di "ritmo puro" tra posizioni dicotomiche: per esempio, facendo un po' di conversione personale e un po' di cambiamento delle strutture. Ogni epoca ha esigenze precise, e scontri precisi a cui di deve applicare un severo discernimento degli spiriti. Lo scontro tra destra e sinistra nella Chiesa lacera la Chiesa, ma non può essere risolto con un' equidistanza ritmica. Se fosse così non ci sarebbe bisogno di profezia. 
3. L'intelletto, dice Hegel nella "Fenomenologia", vede sempre e solo contrasti che risolve in modo riduzionistico: per fare un esempio: o solo gli indigeni o solo la presenza spagnola. Bergoglio si muove invece con un discernimento concreto che non cade né in una utopia degli indigeni tutti bravi né nell'esaltazione della teologia imperiale spagnola. Questo vale per tutti gli antidoti: solo localismo o solo globalismo, etc. A differenza di Hegel però il "superamento" cattolico non dissolve il particolare, ma lo integra.
4. Bisogna sopportare anche le differenza perché la vera "indifferenza" ignaziana non si accontenta di compromessi politici, ma è sempre discernimento al cospetto del Dio sempre più grande. Anche il dialogo è coinvolgimento nel impegno di Dio con il mondo e non un astratto equilibrio tra posizioni tutte equivalenti. 
Etc.

La necessità degli opposti - in dialogo con Massimo Borghesi (19.11.17)
Nei capitoli 2,2 e 2,3 del libro che sto commentando pagina per pagina di Massimo Borghesi sulla vita intellettuale di Jorge Mario Bergoglio, siamo confrontati con un tema importante, quello della necessità degli opposti, che esplico nei tre citati dal professore italiano:
uomo e donna
ebreo e pagano
contemplazione ed azione, aggiungo ma dovrò spiegarne bene il motivo un'altra coppia citata:

schiavo e padrone.
Gli autori con cui ci si confronta sono: Przywara, de Lubac, Fessard e Alberto Metto Ferré come fonti di Papa Bergoglio. 
I primi tre autori sono gesuiti ed hanno un influsso diretto su Bergoglio, il secondo è tomista latinoamericano sui generis, che il Santo Padre lesse con grande attenzione e che in un certo senso può essere considerato come il "filosofo del Papa" per le coincidenze di pensiero sempre di nuovo sorprendenti.
Non posso avvicinarmi alla ricchezza di questi due capitoli se non con un tentativo sintetico di dialogo che non può considerare tutti gli aspetti nella loro ampiezza. 
Nel pensiero hegeliano le coppie vengono sempre superate in modo sistematico in un terzo che è risultato di uno sforzo del pensiero, nella dialettica cattolica invece, che accomuna questi autori, a differenza di ogni eresia che sopravvaluta un aspetto tralasciando l'altro e gli altri, gli opposti vengono vissuti in una tensione verso il sempre più grande, che è il Mistero di Dio, amore trinitario o gratuito, che solo rivela il senso ultimo di essere uomo e donna, ebreo e pagano, attivo o contemplativo, etc.
Questo atteggiamento, per fare un esempio, permette un reale dialogo aperto con gli ebrei, che sono oggetto di un particolare amore di Dio, anche nel tempo della Chiesa, cosa che questa che rende assurda, secondo me, un tentativo di conversione forzata degli ebrei, anche se Dio è libero di chiamarmi alcuni, quando vuole, nel seno della Chiesa visibile. 
Per quanto riguarda la dialettica schiavo e signore, vista da un pensatore latino americano, essa permette secondo me di comprendere una cosa molto importante. Se alcuni stati si comportano nei confronti di altri come "padroni", ciò non si potrà che capovolgere in un inversione dialettica, proprio come spiega Hegel. La vera alternativa alla dialettica schiavo/ padrone è quella dell'amicizia, in primis di uomo e donna, ma anche familiare e amicale in genere. Questa dialettica dell'amore gratuito non corre il rischio, se è veramente tale, di capovolgersi in un' inversione dialettica. Questo ultimo passaggio è frutto davvero più in dialogo che di una ripetizione di ciò che ha detto Massimo Borghesi. La lettura del suo testo è davvero arricchente e la consiglio vivamente a tutti. Per me è del tutto feconda.

(20.11.17)

L'opposizione non è contraddizione. La grande "aggiunta" nel pensiero di Bergoglio: Romano Guardini - in dialogo con #MassimoBorghesi
Con 3,1 Massimo Borghesi ci fa fare un grande passo nella comprensione del pensiero del Papa: la differenza tra "opposizione" e "contraddizione". 
Romano Guardini è stato per Papa Francesco un arricchimento del suo primo incontro con la polarità nell'influsso diretto di Padre Fessard S.J. ed anche di Methol Ferré. Mutatis mutandis vale per me una cosa analoga: Massimo Borghesi come arricchimento dei mei grandi incontri teologici (Balthasar) e filosofici (Ulrich). Balthasar mi ha fatto capire già in giovani anni che non esiste una "teologia estetica", ma una "teologia dell'estetica" o "estetica teologica". Borghesi mi sta insegnando ad applicare questo insegnamento nel senso di una "teologia della politica" versus una "teologia politica". Ulrich mi ha insegnato la gratuità dell'essere come dono in una esigente ma anche trasparente ontologia, Borghesi mi sta insegnando a capire la storicità di questa intuizione filosofica. 
1. Ciò di cui stiamo parlando è di vitale importanza: "le tensioni non vanno necessariamente risolte ed omologate, non sono come la contraddizione" (Papa Francesco in dialogo con Antonio Spadaro SJ). Sono appena tornato da Roma dove sono stato invitato ad un simposio su Adrienne von Speyr. I due organizzatori, Lucetta Scaraffia e Padre Jacques Servais SJ, hanno un ingresso "opposto" alla dottoressa e teologa Adrienne, ma non "contraddittorio". Questo ha reso il congresso vitale - ne parlerò (del congresso) presto in un articolo per il Sussidiario. Ciò vale non solo per un congresso ma anche per la vita quotidiana e l'annuncio cristiano. Il tema su cui avrebbe voluto scrivere il Papa un dottorato su Guardini. 
2. La differenza tra "opposizione" (Gegensatz) e "contraddizione" (Widerspruch) è importante per una concezione dialogica della communio, in vero di ogni comunità: tra uomo e donna, tra amici, nella Chiesa, nella società... Il male, la menzogna non sono, spiega bene Massimo Borghesi, il "contropolo del bene". Il male è la "negazione del bene".
3. O per esprimersi con Guardini stesso poco prima della morte: "la teoria degli opposti è teoria del confronto, che non avviene come lotta contro un nemico" - cosa che tra l'altro il Signore stesso ci ha vietato in Mt 5 - "ma come sintesi di una tensione feconda, cioè come costruzione dell'unità concreta". Si tratta di una filosofia che in forza del dono gratuito dell'essere come amore non si ingabbia in nessuna dialettica hegeliana tra schiavo e padrone e neppure in quella schmittiana tra amico e nemico, ma vive di quell'opposto che è il cuore ontologico dell'essere stesso: la differenza tra atto del dono dell'essere e la sostanza donata.

(21.11.17)

Romano Guardini e Jorge Mario Bergoglio: l'opposizione e i principi - in dialogo con #MassimoBorghesi

In 3, 2b (cioè fino a quando comunica a parlare della terza tensione bipolare, di cui parleremo domani, Deo volente) Massimo Borghesi confronta testi del filosofo e teologo italo tedesco con testi del futuro Papa, che nascano in occasioni storiche precise, come per esempio il bicentenario dell'Argentina.

In Guardini sono presenti otto tensione bipolari e in Bergoglio tre e vi è in quest'ultimo una attenzione più accentuata alla dimensione sociale. La tabella delle tensioni bipolari in Guardini è presentata da Borghesi alla pagina 124 del libro che stiamo analizzando in questi giorni ed è suddivisa in due sezioni: 1) la dimensione categoria, cioè intraempirica e transempirica e 2) trascendentale. Da questa prendo, solo come esempio, in modo che il lettore possa farsi un'idea, la coppia unità e molteplicità.

Nell'osservazione del reale siamo confrontati sempre con tale coppia e con tutte le altre. I due poli sono tenuti insieme, senza essere confusi, ma neppure senza essere distinti

Più concretamente ad un livello più sociale: i singoli individui di una società sono sostanze originali che non possono essere diluiti in un "collettivo", ma la società stessa non è solo la somma degli individui. Entrambi i pensatori cattolici cercano una via terza che non si identifica né con la via socialista né con quella liberale. Ora che in Cina, si rafforza un partito comunista convinto di essere più forte delle deboli democrazie occidentali, il cristiano farà bene a tenere conto di questa terza via e di non perdersi nei destini dell'uno e dell'altro estremo. Nel concreto visto che "l'unità è superiore al conflitto" si dovrà cercare di cooperare con tutti a partire dalla propria posizione per il bene di tutte le persone. Se uno volesse difendere la propria pozione giusta nel senso di un volere sempre avere ragione contro gli altri, ridurrà la propria posizione stessa in un "particolare", anche se essa avrebbe un potenziale "cattolico" (cioè universale).

Come abbiamo già spiegato nei giorni scorsi: la tensione bipolare non viene risolta nel senso di un superamento hegeliano, ma vissuta in forza di quel pensiero originariamente cattolico del "né distinto né confuso" con cui i Padri della Chiesa hanno cercato di pensare il rapporto tra la natura divina ed umana di Cristo.

A livello politico Bergoglio parla di una tensione bipolare tra "utopia" (nel senso di ideale, non di ideologia) e contesto storico concreto. Per il rapporto tra le diverse tensioni bipolari sono necessari alcuni principi, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi. Per esempio che il tempo è superiore allo spazio, e che l'unità è superiore al conflitto. Senza questi principi la tensione bipolare da opposizione feconda verrà ridotta a contraddizione devastante.

In molti non dialoghi qui in rete si vede come la seconda opzione sta minando il modo di vivere insieme di milione di persone. Ieri nella bacheca di Federico Pichetto vi era una dimostrazione in atto di una "contraddizione devastante" sulla riflessione del giovane sacerdote ligure sulla Bonino e sull'appena scomparso mafioso Riina. Non si tratta di condividere l'opinione di Picchetto, ma di sapersi rapportare a lui o nella condivisione o in una opposizione feconda, etc.

Veri maestri della fede sono quelli che sanno che non vi è un ritmo puro di posizioni contrastanti che si trovano in un centro astratto, ma appunto coloro che sanno tenere la tensione tra coppie bipolari (uomo e donna, individuo e società...) in forza di principi realmente "cattolici" come per esempio: la realtà è superiore all'idea, etc. La realtà non è però alcunché di astratto, ma quella in cui il Vangelo si è incarnato. Questo è il motivo per cui per esempio don Carrón fa bene ad insistere che il cristianesimo non è difesa di "valori cristiani", ma vivere la presenza feconda di Cristo nella storia, anche nella nostra storia personale. Ciò permette di evitare "diverse forme di occultamento della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senna bontà, gli intellettualismi senza saggezza" (Papa Francesco nella EG, 231).

Infine vorrei ricordare il modo logico e mitico insieme in cui il Papa parla di cittadinanza (categoria logica) e popolo (categoria mitica, non mistica). Anche qui si dovrà tenere ferma la tensione bipolare senza cedere alla tentazione del un fondamentalismo. Non bastano discorsi logici (economici, organizzativi...) per capire cosa sia un popolo, ci vuole un mito. Se ci si lascia andare solo a considerazione logiche si arriva al burocratismo (quello che forse giustamente viene criticato nell'Eu), se non si considera il "mito" si cadrà necessariamente in una "mistica" del popolo che abbiamo visto quali conseguenze ha portato nel XX secolo e che può portare ancora oggi. Il mito di un popolo mette in mostra la sua dimensione di liberazione, di bene comune, la mistica è solo "egoismo collettivo" proiettato in forme "fanatiche". Secondo me questo non vale solo per il popolo italiano, tedesco..., ma anche mutatis mutandis pere quello europeo!

(22.11.17)

Per un pensiero aperto e poliedrico - in dialogo con #MassimoBorghesi
In 3,2c, cioè a partire dall'ultima delle tre tensioni polari di Bergoglio, veniamo introdotti da Massimo Borghesi in un plesso di domande molto importanti, che come al solito il Santo Padre esprime in scritti "occasionali", in questo caso un documento per la Congregazione generale dei Gesuiti con il tema fede e promozione sociale. 
L'ultima tensione polare, che ieri avevo lasciato ancora non commentata, è quella tra globalizzazione e localizzazione. Ad essa corrisponde il principio che l'unità è superiore alla parte. Sia a livello politico che ecclesiale viene fatto vedere come i due estremi, quello di una localizzazione folcloristica e quello di una globalizzazione astratta debbano essere evitati. Massimo Borghesi cita sia Guardini che Bergoglio. 
Il Papa stesso cita Guardini come sua fonte per quanto riguarda la comparazione tra la globalizzazione sferica e quella poliedrica, solo la seconda salva le particolarità da un risucchio astratto che semplicemente le annienta (ritorno dopo su questo punto). 
Alla pagina 134 viene offerta una tabella riassuntiva delle tre polarità bergogliane: pienezza/ limite, idea/ realtà e globalizzazione/localizzazione.
Nelle pagine seguenti a questa tabella viene offerto uno schema in forma di una triade che è molto significativo: l'ispirazione dello Spirito (quindi preghiera e teologia in ginocchio), la concettualizzazione del cambiamento suggerito dallo Spirito (quindi il ruolo della mediazione filosofica), ed in infine il confronto dialogo del concetto e dell'ispirazione con la realtà (direi che si tratta qui del buon senso). Quando si pensa la realtà non si può fare che rimanere nella tensione bipolare di cui abbiamo parlato ieri: per esempio vi saranno sempre nella Chiesa persone che pensano che la fede sia più importante della giustizia sociale e viceversa. I due poli devono rimanere in tensione, in modo che la Chiesa sia il luogo in cui una vera ed autentica sinfonia molteplice e pur unitaria sia possibile e reale. La Chiesa non può dare spazio alla "contraddizione" - non si può legittimare mai il male in nome della Chiesa (uccidere in nome di Dio, corruzione, pedofilia...), ma si può nel senso di Agostino /Claudel vedere anche nel peccato, se confessato, un modo per tenere viva la tensione. Meglio una chiesa acciaccata che perfettamente tiepida. Etc.
Molto importante mi sembra l'immagine del poliedro versus sfera. La logica della sfera è una hybris che vede solo un "centro" come possibile, mentre il poliedro offre un'unità, ma i punti di osservazione sono molteplici. Questo vale sia per temi ecclesiali che sociali. 

Per esempio nelle tensioni che ci sono oggi in Europa sarebbe auspicabile una logica poliedrica in cui per esempio le diverse nazioni sono uno dei punti del poliedro. Dalle letture dei giornali si ha sempre la sensazione che la posizione dell'altro sia perversa di per sé. In Germania per esempio si giudica come atteggiamento troppo permissivo nella gestione del denaro certe esigenze mediterranee e in Italia si giudica l'atteggiamento tedesco come "deflazione" per distruggere gli altri. Ora forse sono troppo ingenuo, ma io direi che la base per un dialogo è il non criminalizzare a priori la posizione dell'altro polo. Ovviamente ci sono state epoche in cui uno stato è diventato di per lo strumento del maligno (la Germania di Hitler, l'Unione sovietica di Stalin), ma non è possibile né sensato prendere come paragone situazioni eccezionali per giudicare situazioni che sembrano essere nel limite di una conflittualità democratica. Etc.

(23.11.17)

Sulla necessità di una filosofia cattolica (universale, non primariamente confessionale) - in dialogo con #MassimoBorghesi

Nell’introduzione alla „Teologica I“ Balthasar afferma che non vi è „teologia senza filosofia“. In profondità i due ultimi pontefici sono davvero in „opposizione“, ma non in „contrasto“. Il pensiero di Benedetto XVI è un pensiero teologico ed esegetico, quello di Papa Francesco filosofico ed „evangelico“. Separare l’uno dall’altro vuol dire minare l’universalità cattolica. 

Non solo nel suo saggio del 2011 „Noi come cittadini, noi come popolo“ , ma ancora più nel testo „della conferenza inaugurale per l’anno accademico 1989 (…) dal titolo „Necessità di un’antropologia politica“ Bergoglio fa vedere tutta la sua precisione filosofica e la sua vicinanza a Romano Guardini. 
Per quanto riguarda il mio percorso filosofico in terra germanica questo capitolo 3.4 è di vitale importanza. Direi che senza capirlo non si capisce nulla di me (cosa che si può trascurare) e nulla del Santo Padre (cosa di vitale importanza per la Chiesa). Detto en passant esso fa capire anche l’incredibile umiltà di Papa Francesco, che da fine filosofo non si lega a questa finezza „come se fosse un tesoro“, ma dona se stesso nella forma di un linguaggio semplice e di servizio (una cosa analoga si può dire della presenza di Massimo Borghesi in Facebook).
Il mio incontro con Ferdinand Ulrich ha significato la riflessione sulla bonitas dell’essere, come „simililitudo divinae bonitatis“ (Tommaso d’Aquino). La gratutità dell’essere come dono è similitudo della bontà divina. Il Santo Padre cerca nella sua riflessione ciò che fa „l’uomo buono“ (Aristotele). 

Per comprendere la bontà gratuita dell’essere bisogna superare ogni forma di „strutturalismo“ che crede che  il cambiamento di strutture (scolastiche, politiche etc..) sia sufficiente per fare l’uomo buono. Questa è una sopravvalutazione della quantità sulla qualità personale. Bergoglio dice nella conferenza del 1989, l’anno in cui è caduto il muro di Berlino: in questa concezione „ si ha una riduzione dell’etica e della politica alla fisica. Il bene e il male non esistono in sé, ma soltanto come calcolo di vantaggi e svantaggi“ (Bergoglio in Borghesi, ibidem 138). Questa è tra l’altro la filosofia della maggioranza dei nostri giovani oggi nella Germania dell’est, espressa a livello teorico da studenti con il sintomo Asperger e vissuta da milioni di giovani, che tra l’altro trovano gli Asperger strani, sebbene dicano proprio ciò che loro vivono. 

(Angela Merkel viene tra l’altro accusata di non avere ideali e di vivere la politica solo come vantaggi, insomma di essere una tecnocratica: se fosse così non avrebbe lasciato entrare così tanti siriani nel suo paese).  

Leggendo le parole seguenti e come se Bergoglio aprisse il mio vissuto degli ultimi 15 anni in Sassonia Anhalt. L’atmosfera antropologica e politica da noi, finito il marxismo, è stata quella di una „politica gnostico esoterica legata alla tecnica“ (Borghesi, ibidem 139). Una totale „contraddizione“ - non „opposizione“  - del pensiero che riduce l’uomo a psicologia, sociologia, linguaggi tecnici del vario tipo. Le soluzioni che si cercano di dare al dramma del vivere sono per lo più nominaliste (retoriche…) e perdono l’unica cosa davvero interessante nel vivere:  il mantenimento di un’opposizione vitale (uomo donna, regole e fantasia…). I mei anni tedeschi sono stati, grazie a Dio con l’aiuto di mia moglie e dei miei figli, un tentativo di non essere assorbito dagli estremi: ritorno panteistico e evoluzione utopica, esagerazione delle regole e esagerazione della spontaneità. Solo la mia radice cattolica, per grazia, è riuscita ad evitare questi estremismi legali o esoterici. Solo la grazia della mia appartenenza cattolica ha permesso di superare la più grande tentazione di un filosofo: lo gnosticismo! Il „dover essere culturali“, per lo più come fuga o come gestione di spazi di potere. 

Il Santo Padre sa, come la sapeva Romano Guardini, che ha scritto un libro intero sul „disperato Hölderlin“(141), che le ricadute in un opposto, per esempio il rimpianto dell’antico nelle sua forma panteistica (Hölderlin, Heidegger) o la sopravvalutazione dello spirito dell’Utopia (Adorno, Bloch) sono esse stesse forme di un tentativo di superare il dramma del vivere, forme che però non sono realemente feconde - ed in vero lo possono solo per grazia - perché lasciano quella semplice „espressione di un’interazione reciproca di realtà“ (Bergoglio) che sa tenere in tensione i poli dell’essere, non in modo antinomico e concettuale hegeliano, ma sapendo che l’essere finito è e rimane „secondario“ (R. Brague) a quel fuoco ultimo che è l’amore gratuito del Dio sempre più grande, sempre più piccolo. Continua domani in un nuovo post. 

(24.11.17)

Sulla necessità di una filosofia cattolica (universale, non primariamente confessionale) (seconda parte) - in dialogo con #MassimoBorghesi
Quello che ieri ho chiamato "filosofia cattolica" viene chiamata da Bergoglio "pensiero sineidetico" (cfr. Massimo Borghesi, ibidem, 137- 144). Si tratta del punto 3,4 che ho cominciato a commentare ieri. 
Si tratta di un pensiero che vede "le parti in funzione del tutto" e che come spiegava Guardini nel "problema gnoseologico del concreto" (il capitolo IV di "Der Gegensatz") è un "atto di conoscenza concettuale ed intuitiva ad un tempo". 
Ciò viene sottolineato da Bergoglio in modo particolare in riferimento alla realtà politica, in cui dovremo superare "il razionalismo, ma non come venerazione ad un ritornismo romantico, né di una presunta conoscenza affettiva della realtà, bensì riconoscendo all'intelletto il suo pieno valore: la capacità di ragionare ed insieme di intuire" (142). 
Qui Guardini-Bergoglo ci offrono categorie per comprendere l'attualità politica. Il fenomeno degli identitari, di cui avevo parlato nel blog di Giovanni Marcotullio, secondo me, è appunto uno di questi fenomeni di "ritornismo romantico", che non ci aiutano ad avere quella visione d'insieme "concettuale e intuitiva" allo stesso tempo di cui abbiamo bisogno. Sanno ovviamente usare bene i "simboli" come quello l'occupazione con un messaggio "patriottico" della Brandenburger Tor , ma mettono il particolare (la patria) in un conflitto irrisolvibile con il tutto. 
Come spiegava bene anche Hannah Arendt, la complessità stessa di determinate posizioni che gli esperti in politica offrono dello stesso fenomeno, rendono da parte del "politico" di un'intuizione per mettere appunto il "particolare al servizio del tutto". 
Al cospetto dello scontro che stiamo vivendo tra il liberalismo individualista occidentale e il collettivismo collettivo e comunista (la Cina di Xi Jinping, che vuole sconfiggere la democrazia occidentale malata superandola nei prossimi 50 anni nel suo terreno: il successo economico), con una pseudo terza via del nazionalismo russo, sarà necessario avere un pensiero che eviti tutti questi eccessi (e che a livello realista entri anche in dialogo con) e che trovi nella "solidarietà" quel termine che davvero unisce esigenze del collettivo ed esigenze della persona. Su questo punto San Giovanni Paolo II e Papa Bergoglio vedono nella stessa direzione, come ha messo in evidenza Borghesi nell'ultima nota del capitolo 3,4: "Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mondo, nei vari paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro" (GPII, Laborem exercens, II,8). 

Come farò vedere tra qualche giorno ne "Il Sussidiario" questo pensiero sineidetico è capace anche di spiegare una contingenza attuale del mondo della scuola tedesca che con ragione comincia seriamente a mettere a fuoco il problema dell'"eccellenza".

(25.11.17)

Il potere, la natura e la tecnica. Il percorso del Santo Padre da Romano Guardini alla "Laudato si'" - in dialogo con #MassimoBorghesi
Con il punto 3,5 del libro di Massimo Borghesi sulla vita intellettuale del Papa arriviamo non solo al centro del libro, ma anche al suo cuore intimo. Il pensiero "tensionante" del Pontefice, che ha in Romano Guradini un maestro a cui guardare, si muovo nella coppia uomo e natura, evitando gli estremi: da parte l'antropocentrismo e dall'altra il biocentrismo. 
Proprio leggendo la "Laudato si'" mi ero accorto dell'importanza filosofica del Santo Padre e ne avevo parlato in modo particolare in un articolo del 2015 (10/12) de "Il Sussidiario": "Papa Francesco e l'eredità di Benedetto XVI al Bundestag". Avevo visto l'importanza filosofica del Santo Padre e l'avevo associata al discorso di Benedetto XVI al parlamento tedesco. 
Mi ero avvicinato all'enciclica del Santo Padre con le categorie filosofiche che hanno segnato il mio percorso filosofico, da Ernst Bloch a Ferdinand Ulrich e con la visione dell'essere come dono gratuito di Ulrich ho letto l'enciclica del Papa. Non conoscevo tutto il retroterra filosofico del Santo Padre e quindi non mi ero accorto dell'importanza di Romano Guardini, ma visto che quest'ultimo è uno dei maestri di Ulrich arrivavo, per intuizione, al centro del problema: l'estraniazione della tecnica non viene superata con un'ideologia "biocentrica", ma dall'uomo stesso che aprendosi a Dio vive la responsabilità per la "casa comune", perché anche essa stessa è appunto "essere donato gratuitamente" all'uomo perché l'uomo gratuitamente ne assuma la responsabilità. 
Il capitolo che stiamo meditando contiene tanti punti di riflessione che ovviamente non può essere ripreso nella sua completezza in un post di Facebook.
Tra gli spunti più interessanti trovo un'espressione di Guardini citata nella nota 364 riguardante il rapporto tra persona e stato. Anche in questo caso la coppia si deve aprire alla dimensione di trascendenza e superare non solo l'egoismo della persona singola, ma anche "l'egoismo dell'entità sovraordinata", cioè l'egoismo collettivo dello stato. Nell'attuale momento storico in cui in Germania un partito come l'AfD ha raggiunto il parlamento tedesco (il terzo partito in ordine di importanza quantitativa) con un programma fondamentalmente di "egoismo collettivo" l'espressione di Guardini, ereditata dal Santo Padre negli scritti che abbiamo nominato nei giorni scorsi, è una chiave interpretativa della realtà realmente interessante. 
Siamo confrontati in questo capitolo con un ulteriore passo di approfondimento con un pensiero cattolico come "complesso oppositorum" che cerca e riesce ad evitare ogni fissazione estremista: l'individualismo liberale e il collettivismo statale. E che pone la centralità del "decentramento" sia per la politica mondana che per quella ecclesiale. In riferimento all'ordine gesuita il Santo Padre parla dell'importanza di non centrarsi sull'ordine ma del suo servizio in un'apertura agli uomini e alla Chiesa universale. Si cerca un "potere sopra il potere" tecnico di gestire uno stato, una scuola, un ordine religioso, etc. 
La massima di Ignazio, ripresa da Hölderlin, fa vedere il cuore del pensiero del Papa: "Non corceri maximo, contineri tamen a minimo, divunum est" (Non essere costretto dal più grande, ma essere contenuto in ciò che è più piccolo , questo è divino"). Commenta Massimo Borghesi: "Il particolare assume il suo senso nell'orizzonte universale, epperò, L'universale è percepito come reale solo a partire dal particolare. È la tensione tra spazio e tempo, tra localizzazione e globalizzazione" (145) di cui abbiamo già parlato nei giorni precedenti. Si intravede un modo nuovo di pensare il rapporto tra la globalizzazione e gli stati, tra la Chiesa universale e quella particolare, evitando ogni "meccanismo" formalista che è la morte della "bonitas". come reale bene per tutti gli uomini nel mondo e nella Chiesa. Etc.

(27.11.17)

Il momento di verità nel "nemico", che diventa "amico" proprio nel riconoscimento del suo momento di verità. La figura filosofica e teologica di Methol Ferré - in dialogo con #MassimoBorghesi
In 4,1 del suo libro sulla biografia intellettuale del Papa Massimo Borghesici presenta la figura luminosa ed ampia di Alberto Methol Ferré che in modo geniale, anche in alcune riviste che Bergoglio leggeva regolarmente, ha saputo coordinare in modo fecondo la coppia: Chiesa ed America Latina. 

La Chiesa è un popolo sui generis che non si astrae da altri popoli, ma che in modo geniale vive la coppia dentro/fuori in modo del tutto fecondo. Ne nasce un vero discernimento tra secolarizzazione, reazione e inculturazione. 
I primi due atteggiamenti di pensiero sono troppo vicini o troppo distanti dal mondo moderno, ma in fondo ne assumano in modo acritico la definizione. Il terzo atteggiamento è invece davvero post moderno perché ha saputo integrare il momento di verità di ciò che non da subito vede come la propria identità.

Methol Ferré vede nel Vaticano II la genialità di una Chiesa che ha saputo integrare il momento di verità della riforma luterana e dell'Illuminismo. Cioè l'idea di un sacerdozio universale di tutti i fedeli e l'idea di una relazionale autonomia del pensiero umano, nella sua capacità di giudizio.

Parlo un attimo della prima idea: mi accorgo sempre, dopo quindici anni nella terra di Lutero, come io sia davvero in pace con lui, ne vedo i limiti anche gravi (la sua posizione ultima sugli ebrei, tanto per fare un esempio clamoroso), ma vedo anche nel fratello Martin la sua missione ecclesiale come protesta laicale contro il clericalismo (Methol) ed anche come reale intuizione sul modo con Dio giustifica l'uomo e cioè gratuitamente (Benedetto XVI). Per quanto riguarda il mio dialogo con la riforma luterana rinvio al dialogo che ho fatto con Don Federico Picchetto e che si trova all'inizio del gruppo dei "Contadini di Peguy" o nel mio blog: "Diario di Roberto Graziotto".

Per quanto riguarda la relazionale autonomia del pensiero umano rinvio semplicemente al motto di Tommaso: gratia perficit naturam, non tollit.

(28.11.17)

Sulla differenza tra una "Chiesa fonte" ed una "riflessa". Lo spirito ampio di Alberto Methol Ferré - in dialogo con #MassimoBorghesi
Un primo incontro con lo spirito ampio di Methol Ferré l'ho avuto leggendo l'intervista che gli aveva fatto Alver Metalli e che è stata pubblicata anche in italiano con il titolo: "Il Papa e il filosofo". Nel capitolo 4,1 e 4,2 del libro di Massimo Borghesi su cui sto riflettendo su questi giorni vengo confrontato ancora una volta con questa ampiezza di spirito che sa riflettere sul momento di verità della modernità, sulla Riforma protestante (sacerdozio universale dei fedeli) e Illuminismo (autonomia del pensiero che lo porta anche ad una critica della critica illuminista), sulla rapporto tra Chiesa universale e Chiesa in America Latina, su globalizzazione e popolo e popoli, su Medellin e Puebla, infine sul Concilio Vaticano II. Nel pensiero di Methol Ferré viene - per quanto lo possa un avvenimento - anticipato a livello di pensiero vissuto nella Chiesa e nel mondo il pontificato di Papa Francesco. 
Mi sono domandato come mai un "insegnante di campagna" in una delle zone più secolarizzate del mondo (più della Cina) come me trovi affascinante questo pensiero? Traccio alcuni schizzi che hanno carattere simbolico e chi ha orecchi da comprendere, comprenda. 
Spiritualità del popolo. A differenza della teologia della liberazione, che accetta la critica del marxismo, ma non compie nessuna critica rilevante al marxismo e alla modernità, teologi come Methol Ferré hanno un senso per la spiritualità "barocca", in primis Guadalupe.
Quando papa Francesco ha fatto distribuire nella piazza san Pietro "le coroncine della misericordia" (la preghiera della polacca suor Faustina) una era arrivata anche a me - credo attraverso mia mamma. Il filosofo che sono non ha nessuna difficoltà a "sentire" che ci sono momenti della storia personale e sociale di un uomo, in cui non la filosofia, ma per l'appunto una semplice preghiera che ricorda al Padre, che per la sua (di Cristo) dolorosa passione abbia misericordia di me, di noi e del mondo intero, può portare la salvezza desiderata. Come non ho avuto alcuna difficoltà, con mia moglie, a fare un pellegrinaggio ad Altötting, il grande santuario mariano bavarese, quando non nascevano i nostri figli, o di andare a Medjugorje, quando in un' estate mia moglie non stava bene. La critica alla "Madonna postino" del Papa però non mi ha mai messo in crisi perché io non vivo della/nella gabbia ideologica in cui spesso viene chiusa Medjugorje ed altri fenomeni del genere. Nella mia preghiera personale, Maria è sempre Signora anche di tutti quei luoghi in cui sono successi disastri terribili per l'uomo come Chernobyl (che conosco attraverso la lettura di Swetlana Alexijewitsch) o Hiroshima o Nagasaki. 
Chiesa fonte e chiesa riflessa. Questa differenza è storica e non ontologica. Il Pontificato di un Papa argentino fa vedere, a chi vuole, che ora la Chiesa latino americana è una Chiesa fonte, ma con Methol Ferré non ho nessun bisogno di distanziarmi acriticamente dalla teologia europea, tanto più che europei (svizzeri) come Hans Urs von Balthasar e Adrienne von Speyr, non in forza della loro essere europei, ma in forza della loro fede senza limiti, come essa è espressa nel Suscipe di Sant'Ignazio e pur capaci di integrare anche tutta la cultura europea (non si dimentichi che Balthasar incomincia il suo percorso intellettuale con uno studio del problema escatologico nella moderna letteratura tedesca, ampliato poi nella trilogia "Apocalisse dell'anima tedesca", ripreso infine nella sua opera della maturità "Nello spazio della metafisica") danno frutti in tutto il mondo e non solo nel mondo accademico e con grande probabilità influenzeranno la storia della spiritualità e della teologia per secoli.
Detto ciò il libro di Massimo Borghesi fa vedere come nella figura di Bergoglio il meglio del pensiero europeo (De Lubac, Guardini...) e latino americano (Gera; Methol...) diventano fecondi, diventano appunto quella Chiesa fonte di cui la Chiesa universale dovrà abbeverarsi. Concordo pienamente con il nunzio apostolico negli USA, Christophe Pierre (cfr. Tracce, Novembre 2017) che è un'esigenza di somma importanza comprendere questo pontificato latino americano come fonte per tutta la Chiesa. È un atto di somma genialità che la guida del Movimento di CL, don Julián Carrón, anche nel suo ultimo grande viaggio negli USA e in Canada, si sia messo al servizio, presentando il suo libro sulla "bellezza disarmata" del Pontificato di Francesco. Dice il nunzio: "questo libro ci aiuta a capire Papa Francesco, perché ci da ragioni teologiche e filosofiche per farlo". Ancor più il libro di Massimo Borghesi, ricostruendone tutta la biografia intellettuale, ci permette di capire quale sia la valenza universale e concreta di un Papa, che proprie in queste ore si trova a portare il messaggio d'amore e misericordia in due paesi mussulmani con gravi problemi di profughi: Myanmar e Bangladesch (l'unica cosa che associo a questo nome sono delle alluvioni disastrose). 
Amoris laetitia. Proprio nell'incapacità di comprendere questa esortazione apostolica o anche nel modo in cui viene difesa - a volte fin troppo difensivo - si vede come l'Europa non è al momento una Chiesa fonte. Il Santo Padre non ha nessuna simpatia per lobby e potentati di omosessuali, transessuali (anche se non si sente nessuno da doverli giudicare personalmente) e non è certo un cultore della società liquida quasi che il matrimonio per lui, a differenza di Papa San Giovanni Paolo II non sia più immagine della Trinità. Come ha spiegato il cardinal Marc Ouellet la fonte ultima dell' Amoris laetitia, è il carisma ignaziano che può davvero essere riassunto nelle parole: accompagnare, discernere ed integrare. Con lo spirito ampio di Methol, che ci permette di discernere e creare una terza via tra secolarizzazione e integralismo e vedere il momento di verità di avvenimenti come la Riforma protestante e l'Illuminismo, possiamo "cum grande animo y liberalidad", come laici che non solo vengono accompagnati, ma accompagnano, possiamo comprendere che il tema dell'amore erotico e agapico si gioca nel concreto storico della nostra "epoca trasparente" (Byng Chul-Han) in cui forse un'anima carmelitana di amore tenero per Gesù si nasconde nella vita di una giovane che non entra in Carmelo, che non fa lotte intergraliste contro i rapporti sessuali prematrimoniali, ma che ha un senso del tutto genuino dell'amore gratis, che conosce la forza dell'eros come fonte del vivere e desidera quell'altra fonte ancor più forte di un amore del tutto "vergine", che è e rimane dono gratuito e non produzione delle forze dell'uomo. 
Per quanto riguarda il momento di verità della riforma luterana rinvio ancora una volta al dialogo con don Federico Picchetto, perché esso è al di la di quelle "gabbie" in cui grandi avvenimenti dello spirito vengono visti solo nei loro punti deboli, invece che in quella forza necessaria per cui sono nati e non potevano che nascere.

(29.11.17)

29.11.17  „È antistorico pensare ad un superamento della modernità fuori della modernità“ (Massimo Borghesi) - in dialogo con #MassimoBorghesi
Per non filosofi riassumerei così il capitolo 4.3 del libro di Massimo Borghesi sulla biografia intellettuale di Bergoglio riguardante il rapporto tra Augusto del Noce e Alberto Methol Ferré: esiste una modernità cattolica, che nasce dal cattolico Cartesio e questa modernità sa che il problema della libertà è il criterio ultimo moderno che non può essere „tradizionalisticamente“, „mediovalisticamente“ negato. Questo tipo di „tradizionalismo“ significa ultimamente vedere il „momento di verità“ della modernità, la libertà, come un „nemico“. Certo vi è anche una modernità libertina ed atea che porta ad affermare, anche a livello di „nuovi diritti“ cose che l’animo cattolico sente come non vere. Di queste cose vere si è persa però l’evidenza (come spiega don Carrón nel suo libro „la bellezza disarmata“), che può essere riacquistata solamente accettando la sfida della libertà. 

Il filosofo marxista del diritto tedesco Christoph Menke, che non è citato da Borghesi (è una mia lettura), presenta la storia del diritto europeo in tre fasi. Atene, Roma e Londra. In Atene ciò che veniva considerata la natura dell’uomo veniva trasmessa con il diritto, che aveva una funzione „educativa“: le leggi educavano al vero. Roma (Cicerone) non ha pensato più che fosse possibile educare gli uomini con il diritto: il diritto imponeva la verità sull’uomo, che poteva essere approfondita a livello „filosofico“. Londra conosce solo un Dio: la libertà del singolo uomo. Con questa concezione del diritto nascono anche i „nuovi diritti“. La tesi di Menke è: il prezzo di essi è la perdita del valenza politica dell’agire umano, perché politica è sempre anche riflessione sul bene comune e non solo sulla volontà dei singoli. Kant ci da come criterio della sua filosofia del diritto che non si arrivi ad uno scontro fatale tra le libertà. Menke propone il discorso filosofico come l’unica via per far capire cosa sia il bene per gli uomini e non solo per i singoli uomini. La via cattolica non è quella „tradizionalista“ che vuole imporre con leggi ciò che le leggi nel sistema liberale non possono garantire, ma quella di una testimonianza di libertà che faccia vedere, anche con un impegno giuridico, ma non primariamente, che proprio il pensiero cattolico nella sua universalità concreta è la risposta bella, buona e vera a ciò che l’uomo cerca ed esige. 

All’inizio della modernità Cartesio pone alcune linee di sviluppo, che sono ambigue, ma che possono essere sviluppate in una direzione o anche in un’altra. Il „cogito, ergo sum“ può essere letto nel senso dell’immanentismo e dell’ateismo - l’io come unico garante di veracità. Può essere però anche letto in modo „agostiniano“, che nella sua (di Agostino) concezione del „tempo“ aveva fatto vedere l’importanza della soggettività umana. Non il tempo cronologico oggettivo, ma quello soggettivamente percepito è fonte di libertà. È vero che la distinzione tra res extensa e cogitans può portare ad una radicale manipolazione della natura, che conduce infine alla distruzione della „casa comune“, ma può essere intesa anche come quella giusta posizione di superiorità dell’uomo, che ha superato quell’atteggiamento solo contemplativo di Aristotele, che viveva del „lusso“ dell’esistenza del lavoro degli schiavi, per servirsi della natura per il bene comune. Senza tecnica non sarebbe stato possibile superare la schiavitù. Allo stesso tempo proprio la concezione del tempo „soggettiva“ (non arbitraria) è il correttivo più efficace perché il tempo „oggettivo“ moderno non prenda il sopravvento. 

Balthasar nella sua grande ricostruzione della modernità sa indicare il „momento di verità“ di quella linea „spiritualizzante“, implicita nella distinzione tra res cogitans ed extensa, che ricostruisce da Cartesio a Marx, ma non legge in modo „mediovalistico“ la modernità - di fatto ad Kant ed Hegel contrappone Goethe e non un autore del medioevo. In un intervista disse che Karl Rahner si decise per Kant e lui per Goethe. Qui è una modernità che si scontra con un’altra, capace di integrare anche le dimensioni feconde dell’antichità: Goethe versus Kant und Hegel. La percezione della forma versus la riduzione „trascendentale e soggettiva“ dell’uomo e dell’universo. Chi percepisce la forma è però un soggetto libero. 



Pensare di superare le ambiguità della modernità senza libertà non solo è un atteggiamento che non ha il minimo senso dell’esistenza storica attuale, ma è fine anche negazione di quella dimensione ontologica ultima del reale, che è donazione libera e gratuita dell’essere.

(30.11.17)



"È a livello di esperienza che si deve entrare in rapporto con l'ateismo libertino" (Alberto Methol Ferré) - in dialogo con #MassimoBorghesi
Dopo aver spiegato per giorni nel mese scorso il libro di Balthasar del 1971 sull'impegno del cristiano nel mondo, ora da giorni sto cercando di spiegare il libro di Massimo Borghesi sulla vita intellettuale del Papa (coinvolgendo in prima persona, anche senza perdere di vista la dimensione teorica). 
Nel capitolo 4,4 Borghesi mette a tema un'intuizione ed un'analisi filosofica che accomuna Alberto Methol Ferré e Angusto del Noce come fonti filosofiche di Papa Bergoglio. Mentre nel 1971 Balthasar insisteva ancora sull'ateismo messianico come riduzione secolarizzata del giudaismo, Borghesi ci fa vedere il mondo dopo la caduta del muro di Berlino, nelle sue forme libertine, edonistiche ed opulente di ateismo.


Borghesi via Methol fa vedere il dramma e la soluzione proposta ad esso di persone come Habermas e Ratzinger (la ragione libera e pubblica), che hanno vissuto nella Germania nazista e poi del dopoguerra. Con la sua analisi della società opulenta e libertina, con forme di religiosità vaghe mi fa vedere il mio vissuto degli ultimi 27 anni in Germania (quindici dei quali nei territori della ex DDR). 
Ieri sera ho presentato in parrocchia il libro di Massimo Borghesi a cinque uomini: il mio parroco, tre parrocchiani ed un amico, Jens Müller, che è stato educato ateisticamente. Proprio lui ha detto una cosa che mi ha fatto molto riflettere (1). La Chiesa non deve lasciarsi intrappolare da "Scheingefechte" (battaglie che non identificano il nemico principale), perché il suo unico vero nemico è l'individualismo. Con questa parola stava parlando della società libertina e opulenta. Methol ci insegna a comprendere anche il "momento di verità" di esso - il nostro bisogno di soddisfazione, ma di fatto è solo nell'esperienza di una "chiesa in uscita" che si può vivere senza intrappolarsi nell'infecondità della dialettica nemico-amico, anche se si vede quale sia il nemico principale. 
Il mio parrocco ancora più che gli amici del Movimento, che si lasciano coinvolgere, grazia a Dio, ma sempre con un'ultima riserva, quella dell'etichetta del marchio ciellino, è venuto senza giudizi all'esperienza che organizzo da anni nella Val di Fassa o sul Monte Baldo, in cui vengono appunto i "libertini e opulenti" della società post DDR. Ieri il mio amico ha detto che incontrando la Chiesa in noi due, anche in questa esperienza delle Dolomiti, ha imparato a non aver più sospetti sulla Chiesa. 
Dobbiamo chiedere la grazia di non rimanere intrappolati nei nostri schemi di amicizia e inimicizia per vedere in tutti potenzialmente un amico. 
(1) In verità due: la seconda riguardava la differenza tra il marxismo liberante dell'America Latina e quello statale e dittatoriale della DDR.

(1.12.17)

Globalizzazione e grande patria - in dialogo con #MassimoBorghesi

Massimo Borghesi in 5,1 del libro che stiamo commentando ci fa vedere l’importanza dei due temi che ho scelto come titolo di questo post per Methol Ferré e per Bergoglio. 

Non posso in questo commento in Facebook approfondire tutto ciò che dice Massimo ed in vero questi miei commenti spero che funzionino come „aperitivo“ prima del grande pranzo con il libro stesso, che dovrà essere studiato pagina per pagina, forse facendo anche su di esso la „scuola di comunità“. 

1. Globalizzazione e localizzazione (anche fino alla vita in un quartiere con le sue luce particolari e le sue persone particolari) vengono tenute insieme in forza dei quel pensiero „tensionante“ di cui avevo parlato in questi ultimi giorni. Un pensiero che senza cadere in contraddizioni sa tenere vive le opposizioni per una fecondità futura. 

2. „Grande patria“ non è né il proprio paese né la propria nazione, che sono concetti instabili. I due autori pensano all’America Latina, con un asse forte di Brasile (lingua portoghese) e Argentina con gli altri 8 paesi di lingua spagnola.

3. Entrambi fanno una critica al „pensiero unico“ del liberalismo individualista, che ha tolto dall’interno, la legittimazione politica al marxismo, che da utopia messianica di un „ateismo per amore di Dio“ è diventato „ateismo libertino“. E come tale meno convincente del liberalismo con i suoi dogmi di „mercato che si autoregola“, con un „teismo nebuoloso“ di un „Dio senza Chiesa, di una Chiesa senza Cristo, di un Cristo senza popolo“ propagatore di un „progressismo adolescenziale“. 

Cosa può imparare a livello esistenziale da questo pensiero un uomo che vive in Germania e con figli che anno nelle loro vene sangue tedesco, italiano e ungherese? 

In primo luogo che, mutatis mutandis, anche l’Europa potrebbe pensarsi come una „grande patria“ con un asse Centro/ Mediterraneo (il Nord, la Gran Bretagna si è auto esclusa e comunque non faceva parte del nucleo originario): forse Spagna ed Italia con Francia e Germania. Nell’est non vi è nessun paese che abbia questa maturità politica per appartenere al cuore dell’Europa (non all’Europa, ma alla sua asse più importante). La Polonia, se seguisse san Giovanni Paolo II lo potrebbe, ma anche un Ungheria che vivesse dello spirito del cardinal Mindszenty. A differenza dell’America Latina, che è fondamentalmente cattolica con due lingue, l’Europa ha più lingue ed una situazione „ecumenica“ che deve essere vissuta come chance. La critica alla burocrazia di Bruxelles non deve far dimenticare che esistono ancora cristiani che possono, in dialogo anche con ciò che di fecondo vi è in un ateismo che sia capace di fare un reale „mea culpa“ sul proprio apporto al passaggio dall’utopia messianica, al socialismo di stato al libertinismo liberale, contribuire al „bene comune“. Chiaro ciò lo potranno solo se i cristiani stessi vivranno di ciò che Adrienne chiama „l’atteggiamento di confessione“.  Il „nostro“ vero nemico è quello di non sapere trovare in tutto il „momento di verità“ anche nel liberalismo e nelle sue favole natalizie di Hollywood. 

I miei ultimi anni li ho passati nei territori della ex Germania socialista. Ci sarebbe tanto da dire, in modo particolare su quel fenomeno „sentimentale“ che è l’ Ostalgie (desiderio del prima). Il liberalismo ha fatto di diventare molti dell’est più ricchi ed ha permesso loro di viaggiare dove prima non potevano, ma senza „patria“. Per questo dopo i primi anni in cui non conoscevo ancora nulla di questa realtà ho smesso di fare qualsiasi apologetica dell’ovest più libero. Il liberalismo e il socialismo di stato sono le due facce della stessa medaglia, solo che la prima ha almeno per ora più successo (ma sono entrambe forme di materialismo edonistico). Vediamo cosa succederà con la Cina di Ji Jinping che sfida il liberalismo decadente. Credo che io vedrò l’ultimo atto dal cielo.


Nella storia della DDR l’ateismo messianico dopo aver fatto l’occhiolino allo stalinismo, dopo la caduta del muro, è rimasto nell’università di Tubinga (Ernst Bloch). Il socialismo di stato fino alla fine è stato menzogna controllante i suoi cittadini: un socialismo senza popolo. Il popolo si è arrangiato, quando non si é bruciato sulle piazze per protesta o è stato incarcerato dalla Stasi. I più hanno cercato di fare il meglio della propria vita e le persone che ho conosciuto in questi quindici anni hanno, con le loro differenti biografia, una statura non minore di quelle dell’ovest…. Etc. 

(2.12.17)


Sullo "spirito del dono" (Benedetto XVI) - in dialogo con #MassimoBorghesi
Massimo Borghesi nel capitolo 5, 2 "La Caritas in veritate" di Benedetto XVI tocca alcuni temi che per il filosofo dell'essere come dono sono di importanza vitale. 
A livello di storia della Chiesa fa vedere la continuità tra Benedetto XVI e Papa Francesco su temi che hanno costato la fama di "marxista" all'attuale pontefice e per cui anche Benedetto XVI era stato criticato dai filosofi teocon, Michael Novak e Theodor Weigel. 

Nel capitolo Borghesi ci permette di capire, dapprima in forza di una citazione ragionata della Conferenza dell'Episcopato Latino-americano di Puebla (1979) la differenza tra universalismo della Chiesa ed un' uniformità che nasce dall'ingiustizia e dal "pensiero unico" relativista e individualista. Questa posizione viene ribadita a Apericida in Brasile nel 2007, sotto il pontificato di Benedetto XVI. 
Il Santo Padre Francesco nel suo discorso a Strasburgo e rivolgendosi al parlamento europeo (2014) si trova nella linea di Puebla ed Aparecida e argomenta in forza di quella logica del poliedro di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi. In breve si tratta di un pensiero che accentua a livello di "teologia della politica" la pluralità di centri di pensiero ed azione per evitare quella logica sferica per cui uno si sente come singolo o come nazione al centro del mondo. 
La Caritas in veritate di Benedetto XVI continua questa tradizione latino americana e trova nella "Populorum Progressio" il più diretto (26.3.1967) influsso pontificio sul tema. Solo che Benedetto XVI doveva fare un passo nuovo perché la storia non si é fermata all'anno 1967. Bisogna trovare dei limiti alla globalizzazione che Benedetto XVI vede nel trio: mercato, stato e società civile. Come l'attuale pontefice Benedetto XVI non crede al mito dell'autoregolazione del mercato e quindi ha riproposto "una significativa rivalutazione del ruolo dello Stato", senza criminalizzare la globalizzazione, che ha certamente i suoi vantaggi (comunicazione...) . 
A livello di società civile Benedetto XVI parla dell'importanza della sussidiarietà e della solidarietà. Deve essere "superata" la logica del "dare per avere" (mercato) e del "dare per dovere" (Welfare). Non si tratta solo di difendere certe opere non profit, ma di un vero spirito del dono e della gratuità, come quello di un insegnante che va, perché gli lo dice il cuore, a visitare una sua allieva o suo un allievo nella clinica, investendo tempo e denaro gratuitamente. 
(Non è un caso che Benedetto XVI, per il suo ottantesimo compleanno abbia voluto scrivere di suo pugno una lettera scritta a mano a quel filosofo che più di tutti ha spiegato con precisione cristallina l'ontologia dell'essere come dono).



(5.12.17)

Il sì della Evangelii Gaudium passa attraverso il no all'economia dell'esclusione - in dialogo con #MassimoBorghesi
Il lettore dell'ultimo libro di Massimo Borghesi arrivando al capitolo 5,3 deve fare un grande passo e liberarsi di tanti stupidaggini che vengono dette su questo pontefice. In primo luogo da quella di un pontefice irresponsabile che non conoscerebbe la relativa autonomia delle analisi "civili" e che applicherebbe il Vangelo in modo spontaneo ed appunto irresponsabile.
Detto nel mio linguaggio: il passo da fare è quello da una comprensione dell'amore gratis "come cuneo" in un sistema ad un'opzione ontologica, che trasformi per quanto possibile il sistema stesso. La gratuità dell'essere non è un accessorio, ma il cuore ultimo della realtà. Da qui bisogna tirare alcune conseguenze. 
Una delle tante cose che si dicono sul Papa e che la sua analisi dell'economia esclusiva si basa su ciò che succede in Argentina o nell'America Latina, mentre da noi (USA, Europa) le cose sarebbero del tutto diverse. Vero è che il decennio di governo di Carlo Menem a partire dell'anno della caduta del muro di Berlino, è esemplare per tutto il mondo: in esso si vede che il credo in un mercato che si autoregola e che infine produce magicamente il bene anche per i poveri, esclude quest'ultimi. E i poveri possono essere anche la massa di giovani che sono esclusi dal mondo del lavoro. O la massa di poveri che in quel decennio di cui parliamo sono stati provocati in Argentina. Di questi si occupano i preti di Bergoglio come il padre Pepe o il nostro amico Alver Metalli
Non posso entrare in tutti i passaggi di questo capitolo importantissimo, che dovrebbe essere studiato nelle diocesi, anche in quelle tedesche in cui stanno avvenendo tanti riforme strutturali che spesso sembrano fatte con criteri tecnocratici e di "efficienza" che hanno portato il mondo economico quasi da un'implosione fatale nel 2008. 
Papa Francesco è più diretto della "Caritas in veritate", che pur aveva intuito la necessità di una "nuova ed approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini" (cfr. 209) e questo non è piaciuto a quei pensatori del catto capitalismo come il defunto Michael Nowak, che voleva dimostrare che il cattolicesimo non è fautore di povertà come pensava Max Weber e che la carità sarebbe solo una questione di recupero di derive che non toccano il bene rappresentato dal sistema capitalistico e liberale. 
Il Pontefice invece ci invita ad un sguardo realistico sul mondo globale, che percepisce le differenze nello svolgersi della posizione della dottrina sociale della Chiesa a partire da Pio XI perché sa comprendere quale è il reale nemico ora: è questo non è più uno stato che cerchi di regolare la vita politica, ma una sopravvalutazione della logica economica, come "ragione unica". 
In questo grande contesto si trova anche la critica al relativismo etico. In questi giorni dovevo pensare ad un passaggio dei "Minima morali" di Theodor W. Adorno che mi aveva compito molto quando ero giovane perché pensava insieme logica tecnica lavorativa e l'immediatezza dell'amore. 
"La società borghese insiste sempre e dovunque sullo sforzo della volontà; solo l'amore deve essere involontario, pura immediatezza del sentimento. In questa aspirazione all'immediatezza, che mira all'esenzione del lavoro, l'idea borghese dell'amore trascende la società borghese. Ma in quanto vorrebbe erigere il vero immediatamente nella falsità universale, lo perverte in quest'ultima" (Aforisma 110, nella traduzione di Renato Solmi). Ora la perversione è chiara a tutti. L'esenzione dal lavoro si rivela come esclusione di milioni di persone dal mondo del lavoro, e la pseudo immediatezza si rivela per quello che è "volgarità". 
Si capisce allora che non abbiamo bisogno di filosofi che pregano il "nulla" (1) ma di una reale rivoluzione del pensiero che con coraggio non si faccia sopraffare dai pseudo esperti nelle varie materie. La filosofia è e rimane ancora oggi la vera "ancella" che serve l'uomo nella sua interezza e propone la priorità della politica sulla tecnica. 
La gioia del Vangelo e il suo atteggiamento ultimo di speranza passa anche attraverso dei no, come la percezione della forma di Goethe passava attraverso alcuni no, tra cui quello più radicale allo spirito della rivoluzione francese che aveva perso ogni senso dell'amore gratis che sa essere solidale e rinunciare a se stesso (nel senso di rinunciare alla propria pseudo ricchezza). Ora il no è da dire alla società opulenta ed individualista come analizzata da Augusto Del Noce, Alberto Metto Ferré e Papa Francesco (per citare alcuni). 
(1) Rimando ad un mio piccolo articolo che ho scritto ieri per i "Contadini di Peguy".
"Il filosofo prega il nulla" (Massimo Cacciari)
Lipsia. Ho letto questa citazione in un articolo uscito sul Sussidiario di Niccolò Magnani, sempre sull'intervista del filosofo, ex sindaco di Venezia, sul Natale.
Ho pensato immediatamente a questa frase di Ernst Bloch: "Solo i malvagi esistono in virtù del loro Dio, mentre i giusti in virtù dei quali Dio esiste, hanno nelle loro mani la santificazione del Nome, la possibilità di chiamare per nome quel Dio che in noi agisce e preme, la porta presagita, la domanda più oscura, l'intimo esuberante che non è un fatto ma un problema. E queste sono le mani della nostra filosofia che evoca Dio, le mani della verità come preghiera" (Spirito dell'Utopia, edizione italiana a cura di Vera Bertolino e Francesco Coppellotti).
Sembra che gli atei non possano rinunciare alla "preghiera", ma essa è per un Dio che esiste in virtù dei giusti (Bloch) o per il nulla (Cacciari).
Solo che è lecito chiedersi cosa sia questo "nulla"? Ferdinand Ulrich parla dell' "uso medesimo delle parole essere e nulla". Qui si tratta del nulla della gratuità, quello che rivela anche il linguaggio, quando rispondiamo ad un "grazie": "non fa nulla.
Questo nulla è quello dell'amore gratis, che nasce a Natale, non per "lamentarsi", anche non per lamentarsi che quasi nessuno aveva fatto parte all'evento, ma per donarsi nel doppio senso di gratis et frustra.
Più passano i giorni e meno capisco questa grande difesa del filosofo italiano da parte di cattolici. L'unica cosa che capisco è che questa volta Cacciari non ha usato il suo linguaggio forte e preciso, ma il "lamento" e la "rabbia" e con questo ha colpito nel segno.
Alcune frasi sono anche vertiginose se volete, ma in vero sono "intensità priva di contenuto"(Hegel) o anche ripiene di un contenuto che in vero però per il filosofo italiano è pur sempre meno importante del suo "nulla", che non è quello dell'amore gratis nato nella grotta di Betlemme, ma quello nichilistico di un non fondamento "estetico".
Solo che la vita non è "un sentimento" estetico, come diceva don Giacomo Tantardini e come ci ha ripetuto Bruno Brunelli in una sua bella canzone che si torva anche in YouTube. 

(11.12.17)

"Solamente nella narrazione si può far discernimento, non nell'esplicazione filosofica o teologica, nelle quali invece si può discutere". (Papa Francesco). - in dialogo con #MassimoBorghesi
Ieri, alla vigilia del 50esimo compleanno di mia moglie, le ha telefonato Ferdinand Ulrich. È bastata una sua frase per sentirmi di nuovo a casa, ha detto mia moglie dopo la telefonata. Non conosco nessuno che conosca meglio di Ulrich il linguaggio filosofico teoretico ed ontologico. I suoi libri sono un capolavoro della precisione filosofica, ma non conosco neppure nessuno personalmente che quando parla di fa sentire coi a casa. Questo è il contenuto dell'inizio del capitolo 6,1 del libro di Massimo Borghesi sulla vita intellettuale del papa. Non a caso, sia il filosofo tedesco che il Papa, sono figli di Sant'Ignazio i quali vivono del mistero dell' "indifferenza, che non è menefreghismo, ma vivere come "simbolo" e "rappresentazione": "Colui che segue il Signore, che si mette in tutta indifferenza a disposizione della volontà e degli ordini del Maestro, senza per questo cessare di essere un libero e spontaneo essere umano" (Balthasar, citato in Massimo Borghesi, ibidem 227) è capace di parlare così che si è casa! Il linguaggio usato non è comunicazione a senso unico, ma vero dialogo in cui parole diventano casa. Le comunicazione dottrinarie invece riducano il linguaggio in qualcosa in cui ci si può entrare solamente riducendo il proprio cuore e il proprio desiderio. 
Non è un caso che quando il Papa va negli USA non fa discorsi "dottrinarI", ma parla di simboli- persone:
Lincoln - libertà
Martin Luther King - libertà nella pluralità che non esclude
Dorothy Day - giustizia sociale e diritti della persona
Thomas Merton - dialogo ed apertura a Dio. 
Per mia moglie e me Ulrich è uno di questi simboli- persone: una persona che anche quando non la vedi, non cessa di essere presente e quando parla con te, sa subito dove sei. 
MI colpisce tra i simboli persone del Papa Madre Annulla, che continua a predicare gli Esercizi anche dopo essere stata espulsa dalla Compagnia di Gesù, in un certo senso come Balthasar, che ha tentato fino alla morte di ricucire, anche a livello istituzionale, il rapporto tra compagnia di Gesù e comunità di san Giovanni. 
Perche certe persone sanno parlare così che ti senti a casa? Perché non separano mai bellezza dalla verità, come invece fa il mondo libertino (Augusto Del Noce) e la società trasparente (Byng Chul Han) - questo è tra l'altro il "momento di verità" di esse. Il loro discorso, delle persone che ti fanno sentire a casa, è sempre universale e concreto allo stesso tempo perché vivono del mistero del Logos universale e concreto .

(12.12.17)

"La Pietà è un'espressione qualificata della rivoluzione dell'affetto con cui Dio ha voluto salvare l'uomo".
J.M. Bergoglio- Papa Francesco - in dialogo con #MassimoBorghesi
Questa citazione che si trova nel capitolo 6,1 di Massimo Borghesi su cui stiamo riflettendo da giorni, mentre grazie a Dio se ne parla anche nei giornali (del libro intendo), ci conduce nel centro del cuore cristiano.
Pensiamo a Maria, più o meno cinquantenne, che tiene in braccio il suo figlio che è stato lasciato da solo, come sottolinea sempre von Balthasar, da cristiani, ebrei e romani, con la speranza nel cuore, ma anche con lo strazio di tenere in braccio un figlio massacrato e violentato.
L'indifferenza cristiana, il nucleo centrale del carisma ignaziano, non è menefreghismo, ma impegnarsi con l'impegno di Dio per il mondo. 
Nel mia visita del campo di sterminio di Auschwitz Birkenau ho sentito la presenza di Edith Stein, Theresa benedicta a cruce, che entra nel 1942 nel campo e muore "minima", non più distinguibile dagli altri 900.000 ebrei, più o meno dove c'erano i crematori vicino al bosco. Mi immagino questa donna e filosofa che va stanca, forse con diarrea, verso il crematorio, se fossi stato li mi sarei attaccato con il mio sguardo a lei e l'avrei seguita tremante. 
Non si deve dimenticare che Papa Francesco in tutto ciò che fa, in tutti i suoi abbracci vive dell'indifferenza ignaziana della contemplazione di Gesù Crocifisso. Ci invita con Ignazio a immaginarci (non in modo fantastico, ma semplice) di essere parte di una scena del Vangelo, per esempio quando aiutiamo il buon samaritano a portare il maltrattato nell'albergo, sentiamo la sua voce e ci sentiamo "minimi" di fronte a quest'uomo così coraggioso. Cerchiamo di sentire tutto così, tutto ciò che incontriamo e che ascoltiamo. Mi immagino un po' la piccola Cecilia con le sue chemioterapie e i suoi primi passi nel mondo degli altri bambini, un altro piccolo "prigioniero", P., della sua malattia e che rende la vita difficile anche della sua mamma, ragazze abusate, che cerco di guardare negli occhi o tenerne loro la mano in quel atteggiamento vergine che può donare solo Cristo crocifisso nudo sulla croce. Mi immagino un po' gli ultimi momenti di A. quando nel 2010 nella cantina prende il fucile e si spara...
(#diarioscolastico)
Ho detto spesso che il modo clericale di parlare di sessualità non mi piace, perché non è autentico e non sa nulla né del piacere né della croce. Del piacere di vedere una donna vestita o nuda che ti vuole, ma anche della "croce" perché la sessualità non può dare ciò che promette. In un film che ho visto in Netflix, "autonomia di una scena d'amore", ovviamente ci si può scandalizzare per il fatto che si tratta di un'amore omosessuale, ma in tutta la dinamica e tensione tra "rappresentazione" e "realtà" che viene espressa nel film c'è più mistero della croce li, che in tanti film bigotti su temi cristiani. 
Credo che se si parla di "toccare" nella nostra società "trasparente" e "libertina" non si possa non parlare del tema della sessualità orale che è continuamente rappresentato. Non vi è nulla di umano che sia di per sé e a priori immorale, tanto più che come si legge nel Lancelot di Walker Percy non è per nulla evidente cosa sia "peccato", ma in tutto il cristiano non si distingue perché fa altre cose (se la fa con lo spirito di essere migliore è già di per sé peggiore), ma perché in tutto vedrà che il mistero della croce e della distanza non è superabile. Superato lo è solo nella Risurrezione del Crocifisso che non è trionfalismo, ma per l'appunto quella rivoluzione dell'affetto che si chiama "pietà", anche nel rapporto sessuale come ha fatto notare la Scaraffia nella sua conferenza su Adrienne von Speyr. 
Ed anche la verginità non è e non può essere "installazione" nel lusso di un gruppo particolare, ma vulnerabile mettersi a disposizione con tutto se stesso all'impegno vergine di Dio per il mondo, che finisce sulla Croce e nella discesa all'inferno e da li, sorprendentemente, nel Mistero della Risurrezione, il cui primo passo accade nella grotta di Betlemme.

(13.12.17)


La semplicità del cuore del cristiano - in dialogo con #MassimoBorghesi

In 6,2 Massimo Borghesi ci presenta „la biografia di Pierre Favre di Michel Certeau“. 
Conosco il „memoriale“ di Pierre Favre nella traduzione di Padre Henrici SJ. Vivendo da 15 anni nella terra in cui è sorta la riforma luterana è chiaro che questo autore, così importante per il Santo Padre, mi è totalmente vicino per due motivi, che sono anche quelli del Papa: l’atteggiamento ecumenico e la fede popolare. Una pagina del „memoriale“ mi ha aiutato tanto, anche se forse io l’ho „tradotta“ nella mia esperienza. La terra in cui vivo è anche la terra dell’ateismo, realizzata da 12 anni di dittatura nazista, 4 anni di protettorato di Mosca,  40 anni di socialismo reale, 27 anni di liberalismo „libertino“ (Augusto Del Noce, Methol Ferré) e „trasparente“ (Byng Chul Han). I pastori luterani (insieme con la minoranza di quelli cattolici) con la loro cura della musica e della liturgia hanno saputo tenere viva la fede di una minoranza ed a livello politico hanno contribuito in modo essenziale alla rivoluzione pacifica delle candele, da cui la DDR non ha saputo difendersi. 
Passeggiando nel paese in cui vivo ho pensato alla tante persone che non credono in Dio e l’idea tradizionale del Padre Favre che però tutti hanno un angelo custode mi ha consolato molto. Gli angeli custodi non custodiscono solo i cattolici praticanti, ma tutti. Una cosa analoga vale per i miei allievi. Certo ci si può chiedere dove era l’angelo custode di A. quando si è ammazzato o quando è morta di droga la mamma di un altro allievo. Eppure gli angeli custodi, che guardano sempre Dio, non lasciano i ragazzi e i miei paesani da soli. Mi ricordo che dopo lo sconvolgimento della notizia del suicidio di A. quasi immediatamente e senza sforzi religiosi da parte mia, avevo la sensazione certa che la Madonna era presente in quella cantina. 
Per evitare un’immagine troppo pia di me stesso devo dire che la società libertina e trasparente non è fuori di me, ma in me e che solo per grazia non ho perso la fede. Chiedo con umiltà di non perderla anche nel futuro. Nella cappella ad Auschwitz ho avuto forte la sensazione che nonostante tutto io gli appartenga. E dopo il dialogo con Ferdinand Ulrich, che come il Papa vive di una spiritualità gesuita „mistica“, ma per l’appunto nel senso spiegato da Massimo Borghesi in contraddizione ad „ascetica“) con mia moglie di cui ho parlato l’altro giorno mia moglie mi ha detto: credo che il nostro matrimonio in mezzo a tanti matrimoni che abbiamo visto fallire non è fallito, non per una nostra prestazione, ma per la preghiera quotidiana di Ulrich per noi, cioè per grazia.  
Un’altro elemento che Michel de Certeau sottolinea in Pierre Favre è come dicevo l’atteggiamento ecumenico, la fede che il Signore conserva l’unità che noi uomini mettiamo in pericolo e che solo la santità, a partire da quella del proprio cuore, può dare testimonianza del vero. 
Se ho coltivato una convinzione in questi 15 anni in terra straniera è che le „parole non servono a nulla“, intendo le parole apologetiche e critiche, non perché io non veda la differenza tra la dottrina cattolica (che ovviamente mi è più familiare e che ritengo più vera) e il pensiero luterano, ma perché ora nel nichilismo più oscuro cha abbia mai vissuto il mondo non ha nessun senso tematizzarla a livello di „popolo“, per quello che resta di esso (se uno ha un compito in questa direzione può farci un Oberseminar). È vero che noi  nati dopo la seconda guerra mondiale non abbiamo portato i pesi della catastrofe e di fronte a gente che ha vissuto Auschwitz e Chernobyl siamo „minimi“, ma spesso abbiamo portato il peso del silenzio introvertito e delle aggressioni che hanno subito i nostri padri (sto parlando in genere e non di mio padre). 
Walker Percy nel suo Lancelot racconta di una coppia che si sopportava e addirittura riusciva ad amarsi solo durante un hurricane (uragano), mentre nella pace di una giornata normale non sapeva che dirsi: questo è il peso che ha portato e porta la nostra generazione. DI fronte a questo nulla non vi sono parole che possano arginare il disastro, ma solo il nulla della gratuità (di un gesto o di una parola). Come ha intuito padre Engelbert Recktenwald il vero contenuto cristiano del „Signore degli anelli“, a differenza di Narnia di C.S. Lewis che è più una metafora di misteri cristiani, è nell’annuncio di ciò che Tolkien chiamava la „Eukatastrophe“ („Euvangelium“) - anche nel dramma più grande la grazia non smette di agire e ci supplisce laddove noi, come Frodo, non siamo capaci a gettare l’anello del potere nel fuoco. 

Proprio per questo dobbiamo cercare di essere docili, per quanto lo permetta il nostro carattere, e pregare, per esempio nella coscienza che gli angeli custodi portano a Dio la nostra preghiera. E dobbiamo esercitare sempre la „misericordia“ anche al cospetto di Gollum, che alla fine getta sé e l’anello nel fuoco - che forse scopriremo essere l’ultimo atto di misericordia di Cristo!  

(15.12.17)
Bellezza, bontà e verità non possono essere separate quando si parla dell'essere come amore - in dialogo con #MassimoBorghesi
Con il capitolo 6, 3, "Bergoglio e Hans Urs von Balthasar", si arriva al cuore della mia vita.
Non conoscevo i testi di cui parla Massimo Borghesi
Educare alla cultura dell'incontro, 1999
La sfida dell'essere cittadino, 2007
Noi come cittadini, noi come popolo, 2010
(tanto per citarne tre).
In questi testi Balthasar per Bergoglio è importante o a livello implicito o a livello esplicito. Come dicevo non conoscevo questi testi, ma da subito (insomma dai primi passi del suo pontificato) ho avuto la sensazione che siamo, con Papa Francesco, di fronte ad un Papa eminentemente "filosofico" (ed "ignaziano").
Tutto ciò che dice il Papa nasce da un'ontologia dell'essere come amore, in cui i "trascendentali" (bellezza, bontà e verità) sono uniti e testimoniano il cuore ultimo dell'essere che appunto è dono e non "tesoro geloso". Il suo rinvio alla "povertà" non è sentimentalismo, ma opzione ontologica. L'essere stesso, per esprimermi con il linguaggio di Ferdinand Ulrich, è povero e ricco allo stesso tempo. Povero perché come "tesoro geloso" è solo un'astrazione, ricco perché da questo atto di donazione dipende tutto ciò che è. 
Questa ontologia dell'essere come dono è "distinta", ma non "separata" dalla cristologia. Cristo è il Logos universale e concreto in cui tutto viene ricapitolato. Il suo atteggiamento di "exinanitio" (diventa servo per noi) rivela come l'essere che ci ha donato il Padre è egli stesso fonte di una "exinanitio" (nullifcazione) - Ulrich parla del "medesimo uso delle parole essere e nulla". Non pensa al nulla del nichilismo, ma a quel nulla dell'amore gratis, che è il cuore della bellezza, che è gratuità e che è l'unica risposta all'imperversare del nichilismo. Detto in linguaggio ciellino: è Cristo che salva e rivela il senso religioso e non viceversa. Il mistero di Cristo rivela il mistero dell'essere come amore, che noi con il nostro pensiero non potremmo mai "anticipare". 
Dice Balthasar, ma Borghesi cita anche frasi di Bergoglio del tutto analoghe:
"In un mondo senza bellezza […] anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover essere adempiuto; e l’uomo resta perplesso di fronte ad esso e si chiede perché non deve piuttosto preferire il male. Anche questo costituisce infatti una possibilità, persino molto più eccitante. Perché non scandagliare gli abissi satanici? In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica: i sillogismi cioè ruotano secondo il ritmo prefissato, come delle macchine rotative o dei calcolatori elettronici che devono sputare un determinato numero di dati al minuto, ma il processo che porta alla conclusione è un meccanismo che non inchioda più nessuno, e la stessa conclusione non conclude più. E se è così dei trascendentali, solo perché uno di essi è stato trascurato, che ne sarà dell’essere stesso?" (Hans Urs von Balthasar, 1961).
Appunto che ne sarà dell'essere stesso? Quando esso non è dono allora cosa è? Un'astrazione da rimpiangere? Un tesoro da difendere? Etc. 
Senza l'unità dei tre trascendentali: bellezza, bontà e verità di cui parla in modo profondo Bergoglio nelle opere citate e in altre ancora siamo confrontati con delle perversioni: estetismo (la società libertina e trasparente, cioè pornografica), moralismo (in cui cose "relativamente" importanti divento degli imperativi categorici) e fondamentalismo (nella cristianità e nelle altre religioni). 
Queste riduzioni hanno conseguenze gravi nell'educazione e nel modo di percepire la politica. Etc.
Un insegnante che non abbia la percezione della bellezza di ciò che insegna e della bellezza dei suoi ragazzi diventerà un "tecnico", anche con buone intenzioni ma sarà solo un ingranaggio della macchina rotativa che chiamiamo scuola, università, etc.
Un politico che non sa nulla del mistero polare dell'essere, ricco e povero allo stesso tempo, non avrà alcun senso del bene comune, etc.
Un industria cinematografica che separa i trascendentali scadrà in un estetismo che può forse donarci qualche momento di sollievo e di favola, ma che non ci donerà quella fonte del coraggio di vivere "ultimo" che nasce solamente dal mistero dell'essere come amore.

(17.12.17)


La scelta ignaziana non è mai meramente teorica, ma suppone una dimensione di pathos. (Bergoglio) - in dialogo con #MassimoBorghesi

Con il capitolo 7.1 del libro di Massimo Borghesi sulla "biografia intellettuale" del Papa arriviamo ai nostri giorni e alla discussione sul tema misericordia e verità ed al dibattito sull'Amoris laetitia, che mia mogie ed io leggiamo ogni domenica con grande profitto, prima di dire insieme l'Angelus. 
Ovviamente il Santo Padre sa bene che non è possibile una testimonianza cristiana che separi bellezza, bontà e verità. Sa anche che una verità astratta non aiuta nessuno: 
"Senza la gioia della bellezza, la verità diventa fredda e perfino impietosa e superba, come vediamo nei discorsi di molti fondamentalisti amareggiati. Si direbbe che mastichino cenere anziché assaporare la dolcezza gloriosa della verità di Cristo, che illumina di luce mite tutta la realtà, assumendola ogni giorno così com’è (!!!; RG). Senza la gioia della bellezza, il lavoro per il bene si trasforma in efficientismo cupo, come vediamo accadere nell’azione di molti attivisti fanatici. Si direbbe che si dedichino a rivestire la realtà di lutto statistico, anziché ungerla con l’olio interiore di letizia che trasforma i cuori, a uno a uno, dal di dentro".
Jose Mario Bergoglio, 2011 (non è vero, come ho letto da qualche parte, che i giovani hanno bisogno solo di chiarezza e non di questa luce mite e terapeutica di cui si parla qui. Proprio loro hanno bisogno di essere assunti così come sono).
Sulla discussione sui divorziati risposati non voglio ora entrare perché devo andare a scuola. Consiglio la lettura attenta del capitolo di cui stiamo parlando che fa vedere bene come sia una menzogna che Papa Francesco abbia aperto al "relativismo morale". Egli ha fatto un nuovo passo nella gestione della "disciplina pastorale nella Chiesa" (come ha fatto vedere anche Rocco Buttiglione, un esperto del pensiero di san Giovanni Paolo II), seguendo il cammino di Papa Giovanni Paolo II, ma portandolo avanti di un passo che non nega la dottrina dell'indissolubilità del matrimonio. In forza del fatto che "la scelta ignaziana non è mai meramente teorica, ma suppone una dimensione di pathos", il Santo Padre ci invita ad andare alla ricerca delle concrete persone ferite in rapporti umani che sono più complicati di quanto pensi la "ragione clericale", che non è mai identica con l'amore materno, che è il cuore vivo della "chiesa gerarchica", che Ignazio chiamava per l'appunto nostra madre.

(18.12.17)

L'onnipotenza di Dio è la sua misericordia, testimoniata dallo sguardo della Morenita - in dialogo con #MassimoBorghesi
Ieri avevo cominciato a riflettere sull'importante capitolo 7,1 del libro di Massimo Borghesi. Esso contiene un rinvio ad una profezia di Romano Guardini, che aveva previsto un tempo della misericordia e dell'amore gratuito come unica risposta alla solitudine nichilista del nostro tempo. Contiene il richiamo forte al tema di Balthasar: la gloria di Dio, del Dio fatto uomo e non una diffusa fede può salvare il mondo che "altalena" tra gioie esagerate e paure esagerate. C'è un piccolo libro di Balthasar, che Borghesi non cita - cita con ragione dal primo volume di "Gloria" - che dice che non solo noi vediamo Cristo, ma Egli ci guarda con amore. Le ultime pagine di 7,1 hanno questo tema il guardare con un "sguardo di simpatia totale" (Cesare Pavese). Guardare negli occhi che ci hanno guardato. 
Nel capitolo si fa vedere come Benedetto XVI in un'intervista a Padre gesuita belga Jacques Servais SJ abbia tracciato una linea di continuità da Giovanni Paolo II fino a Francesco sul tema della misericordia. Perché ciò di cui hanno bisogno gli uomini è di uno sguardo di autentico amore gratuito. 
Ad un certo punto nel capitolo si cita Papa Francesco che dice che gli uomini di oggi non solo non hanno il senso del peccato (Pio XII) ma non credono in fondo che esso possa essere perdonato ed è questo forse il motivo ultimo per cui non possono dire di averlo commesso, ma allo stesso tempo, come dice Benedetto XVI, nella sua intervista al gesuita belga: hanno bisogno solo di questo. 
Cosa è il peccato? Il padre Clemens Kascholke SJ in una piccola rivista dei gesuiti tedeschi - di cui ovviamente non parla Borghesi - schizza i diversi ambiti in cui possiamo commettere "peccato": denaro, possesso, bellezza, sesso, potere, influenza, nel senso di egemonia... Rinvia alla figura di un filosofo americano David Foster Wallace (1962-2008) che si è ucciso e che in un suo scritto: "This is water", fa vedere che tutti questi ambiti sarebbe meglio non combinarli con la categoria del "peccato", perché in essi in modo inconscio si compie il nostro modo di percepire il mondo. Un altro americano di cui parlo spesso, Walker Percy, in modo particolare nel suo libro "Lancelot" (1989) pone in modo drammatico la domanda di cosa sia il peccato. Si tratta di un lungo monologo di Lancelot, che si trova in prigione, con un suo amico sacerdote, che è figura di una misericordia debole, quella ideologica del: è male, ma se lo fai è lo stesso. Questa misericordia debole è una caricatura della "misericordia forte" del Santo Padre, che egli vede negli occhi della Madonna di Gaudalupe e di tutte le persone che incontra. In questa misericordia forte il Papa vede il compito dei pastori. 
Ad un certo punto Lancelot chiede al suo amico sacerdote (tocco uno degli ambiti schizzati dal padre Kascholke): cosa dice il tuo Cristo quando un giovane si sveglia la mattina con il suo organo eccitato ed ha bisogno di una ragazza? Non di parole? Ignazio dice che dobbiamo chiedere la grazia della vergogna. Ma è vergogna essere così eccitati da aver bisogno di sesso? Di un orgasmo, in cui perdere il controllo di sé? La risposta di Lancelot, che nasce negli anni 80 nella società trasparente americana non mi convince per nulla. La sua risposta sono i "vecchi cattolici" che avevano il senso della Madonna vergine e della spada per combattere contro la prostituzione generale della nostra epoca (la società libertina di cui parlano Augusto Del Noce e Metto Ferré) . In questo desiderio si nasconde un certo senso di "onnipotenza". Francesco ne propone un altro. L'onnipotenza tenera che è al di la di ogni prestazione: sessuale, di denaro, die bellezza, di potere, etc...E proprio i "vecchi cattolici" sono diventati il problema e l'ostacolo più grande all'impegno di Dio nel mondo ferito. Non aiutano a superare le paure, ma le acuiscono. Devo molto a Walker Percy (1) ma su questo punto è superato (se è lecito identificare la posizione di Lancelot con la sua propria). 
Lascio infine la parola a Benedetto XVI: "nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l'attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente" (citato in Massimo Borghesi, ibidem, 261). Questa è l'onnipotenza di Dio, non diventiamo ostacolo ad essa e chiediamo a Maria: "Madre non sono degno di guardarti, ma fammi sentire la tua voce, fai che io porti a tutti la tua pace e possano conoscerti e amarti" (Claudio Chieffo). 
(1) La comprensione del legame tra astrazione intellettuale e sessuale e in primis la stupenda storia d'amore in "The second coming", in cui due uomini, Allison e Will, si aiutano a curare le loro ferite reciproche attendendo la venuta ultima di Cristo.

(21.12.17)

Sulla degradazione dello stupore - in dialogo con #MassimoBorghesi
In 7,2 Massimo Borghesi fa vedere la connessione tra due santi che mi ha generato. Spesso ho detto che l'abbraccio di amicizia tra Hans Urs von Balthasar e Luigi Giussani nel 1985 a Roma ha generato la mia missione ecclesiale. 
È chiaro che solo con commozione posso leggere queste pagine e parlarne. Tutti i miei commenti al libro di cui sta parlando da giorni sono riflessione personali. All'inizio delle "sorelle in spirito" Balthasar fa notare che la piccola Teresa scrive tutto dal suo punto di vista "soggettivo", mentre Elisabetta della Trinità, riflette teologicamente in modo più "oggettivo". La dimensione oggettiva delle cose di cui sto parlando è il libro stesso di Massimo Borghesi; capisco il limite del mio approccio, ma al momento posso farlo solo così, perché io non posso parlare di cose di cui non ne sento l'autenticità, che " una dimensione del tutto personale. 
Il Santo Padre non conosce solamente superficialmente Balthasar; parla del saggio specifico di Gloria su Ireneo e ne coglie una grande dimensione (a parte che ha citato anche il saggio ancora più specifico del "compito della filosofia cattolica", che conoscono in genere solo i dottorandi in temi balthasariani). Nella monografia su Ireneo vorrei sottolineare due cose. Da una parte la differenza tra avversario diffuso e avversario specifico e personalizzato. Mentre il primo è un problema in primo luogo psicologico, il secondo è una realtà che si incontra e con cui si deve fare i conti e che aiuta anche a chiarire se stessi. Questo avversario è la gnosi "come sistema assolutamente non cristiano di grandissime pretese intellettuali e religiose" (Balthasar) - un sistema perfetto che oggi può anche esprimersi come il vero interprete della dottrina cattolica, una dottrina che non ha nessuno stupore per gli uomini concreti e se alcuni casi diventano "esemplari" lo sono solo come manipolazione ideologica per difendere una dottrina astratta da cui ci si aspetta la salvezza. Questa non è assolutamente cristiana - perché la dottrina cristiana è un uomo, che è Dio: Gesù Cristo! 
Il capitolo fa comprendere il tema del "cuore" in don Giussani. "Il cuore è il nocciolo del trascendente interno, dove gettano le loro radici la verità, la bellezza, la bontà, l'unità che da armonia a tutto l'essere". La concezione dell'essere come dono gratuito ha bisogno di un polo soggettivo di percezione: questo à appunto il cuore, senza il quale anche l'essere gratuito rimane solo una parola astratta. 
Non bastano pensieri astratti per non far degradare lo stupore, bisogna avere un cuore aperto e disponibile. A volte anche una certa durezza (basta leggere tutte le parole di Gesù, che sono sempre misericordiose, ma non sempre gentile) può rivelare questo cuore che palpita per un vero incontro

(22.12.17)

Sull'attrattiva di Gesù - in dialogo con #MassimoBorghesi
Dopo avere parlato dello gnosticismo e del pelagianismo come pericoli per la vita della Chiesa in 7,2 Massimo Borghesi ci porta nel cuore più intimo del cristianesimo - l'attrattiva che Cristo ha su di noi come amore gratis non è fattibile ("causabile"). Il "primerear" del Suo amore per noi non può essere anticipato. 
Non puoi fare una telefonata che aspetti (perché non sempre puoi fare tu una telefonata, a volte devi mendicarla), non puoi costringere qualcuno ad amarti. Il pensiero non può generare questa attrazione gratuita. La vera filosofia cristiana è generata da questa attrazione e non la genera. Perché è il riflesso del più profondo mistero dell'essere che come dono non può essere causato. È "similitudo divinae bonitatis", dice Tommaso d'Aquino. L'essere finito e gratuito è "similitudo" di quell'amore gratis che è Dio anche ad intram. Quando il pensiero "genera" (più precisamente "causa") qualcosa è sempre un'ideologia stancante, un sistema pseudo perfetto che noi sappiamo bene non può aiutarci dove ne abbiamo davvero bisogno, fosse questo bisogno in una clinica mentre il dottore ci dice che sei gravemente malato o in una libreria dove il commesso ti tratta male e devi uscire dalla "gabbia della reazione". 
Quando dal nostro "causare" (fare) nasce la nostra "speranza" allora ci ingabbiamo sempre di più nello sforzo di un'armonia che dobbiamo creare e non possiamo. Questo è il dramma di cui ha parlato don Federico Pichettoin un suo recente articolo a riguardo della collettiva dittatura natalizia.
Il Santo Padre ha appena invitato tutta la curia romana e tutti noi a diventare "mangiatoia" - questa è l'unica cosa che dobbiamo e possiamo fare: diventare mangiatoia, in modo che il bimbo indifeso dell'amore gratis nasca dappertutto e in primo luogo nel nostro cuore - nel rapporto con le nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese orientali e con le altre religioni e con gli uomini di buona volontà. 
Che il mio cuore diventi "mangiatoia"! 
Roberto, un piccolo amico di Gesù

(23.12.17)


Il Gesù che amo e di cui mi sento un piccolo amico è nato a Betlemme e non a Gerusalemme - in dialogo con #MassimoBorghesi
Con il capitolo 7, 3 sulla Conferenza ecclesiale svoltasi ad Aparecida (Brasile) nel 2007 finisco la lettura del libro di Massimo Borghesi, Jose Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Milano 2017. 
Sento un grande respiro e una grande comunione con il filosofo italiano Massimo Borghesi e con il Santo Padre, che ad Apericida porta a frutto alcune delle grandi intuizioni di Luigi Giussani ed in primis la più grande: solo l'attrazione per Gesù è risposta al nichilismo libertino del nostro tempo. Intuizione che aveva già ereditato Benedetto XVI nella "Deus caritas est": "all'inizio dell'essere cristiano non c'é una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona"! 
È questa persona, il Logos universale e concreto che sa integrare tutte le "antinomie": ricco e povero, uomo e donna, centro e periferia...e l'amico di cui ho bisogno. E che mi è stato testimoniato. Che ho visto e toccato. La grande filosofia dell'essere come dono, del pellegrino che vive nella periferia del centro tedesco, in una casa in cui è in dialogo ancora con molti, in cui porta il peso del peccato e del disastro ecclesiale e della sterilità del cristianesimo tedesco ed europeo, in cui soffre per il peccato del mondo, #FerdinandUlrich mi ha permesso di comprende cosa stavo leggendo nel libro di Massimo Borghesi. 
La filosofia è per sua natura "ancella" e non "domina", perché testimonia la più grande polarità ontologica che è quella tra l'essere come dono e le sostanze in cui il dono si fa carne. L'essere astratto è niente! È la copertura ideologica del nichilismo. L'essere donato è niente, ma quel niente della gratuità, rivelato anche dal linguaggio: "non fa niente", "non c'è di che". il niente dell'amore versus il niente del nichilismo. L'essere come dono è percepibile solamente nella sostanza donata (un fiore, un malato, la nostra casa comune, un amico, la moglie...), non è un tesoro geloso da conservare e difendere da un'élite intellettuale. L'essere può essere percepito solamente nel suo movimento in cui si rende finito. Analogicamente al rendersi finito del Figlio, che pur avendo la forma divina assume quella umana. Ad maiorem Dei gloriam! Per la gloria e l'amore del Padre da cui la realtà viene e a cui ritorna (Adrienne von Speyr, Hans Urs von Balthasar). 
La filosofia vede in Maria la sua ultima maestra e mamma, perché in lei non il tanto sapere, ma il "sentire" le permette di essere Theotokos! Colei che fa nascere Cristo, che per amore è salito sulla Croce ed è disceso agli inferi. Tra la Morenita, la signora di Guadalupe che unisce nel suo sguardo gli indios e gli "europei" e la signora di Medjugorje, regina della Pace, c'è anche Maria che ha trovato in due nobili svizzeri gli strumenti per rivelare che l'amore gratis di Cristo non si ferma neppure di fronte al mistero dell'inferno. 
E così si può essere all'assemblea ad Apericida o a Roma, o nei boschi tedeschi o in una scuola fondata da un pastore luterano, in una camera di ospedale o in una villas in un Movimento o in una parrocchia o dove volete e si può annunciare con la propria vita che solo l'amore è credibile. Quello del Logos universale e concreto, fatto carne! 
Roberto, un piccolo amico di Gesù

(11.2.18)

Per un pensiero che non perda di vista l'umano - in dialogo con #MassimoBorghesi
Caro Massimo,
dopo aver letto per intero le bozze elettroniche che mi avevi mandato, ora ho ripreso il libro stampato che mi hai mandato, con la tua dedica personale. Il tuo libro "Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale" è un libro che dovrebbe essere spiegato pagina per pagina a tutti gli studenti cattolici, in modo particolare a quelli dell'università pontificie e in genere cattoliche. 
È di una ricchezza incredibile! Già dall'introduzione, che ho spiegato anche in tedesco in un video per YouTube, già dal primo capitolo su Gaston Fessard SJ si è introdotti passo per passo ad un pensiero che è aperto, che non ha paura dell'umano. 
Un pensiero che ritorna all'origine del Nuovo Testamento e del carisma di Ignazio, senza così chiudersi in un sistema di pensiero che non tanga conto di "luoghi tempi e persone". 
Pensa che oggi è stato un giorno difficile per noi; tre ragazzi della nostra città sono morti in un incidente automobilistico (uno è un nostro ragazzo che fra due mesi avrebbe fatto la maturità nella nostra scuola), in una macchina in cui c'era anche una ragazza che ha vissuto mesi con noi, che però grazie a Dio fisicamente sta bene. 
Ma nel tuo libro si incontra subito un "maestro" con cui si può condividere anche questi aspetti tragici dell'umano.
Perché guarda a Cristo in una communio di altri maestri dallo spessore incredibile: Fessard, De Lubac, Miguel Ángel Fiorito, Hans Urs von Balthasar, Gilbert K. Chesterton - tanto per citare solo alcuni che si incontrano già nel primo capitolo. 
Questo pensiero del papa, antinomico, aperto, cattolico respira di quella ontologia cattolica, aperta, antinomica che sa che l'essere stesso come dono è "semplice e completo", ma "non sussistente" (Tommaso D'Aquino, Ferdinand Ulrich). Semplice e completo perché il dono dell'essere non ha bisogno di aggiunte posteriori quasi che Dio abbia donato l'essere in modo avaro. "Non sussistente" perché è amore gratis che non tiene a se stesso come un tesoro geloso, ma si dona del tutto nelle sostanze, che sono davvero sussistenti anche se in modo relazionale a Dio e non di quella sussistenza infinita che è Dio stesso. Ma di una sussistenza che può partecipare alla vita eterna.
Un abbraccio, Roberto




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