Parenzo. "Il Vangelo non sostituisce le decisioni e le istituzioni umane" (Balthasar, Teodrammatica II, 1, 77, edizione tedesca). Questo giudizio di Balthasar corrisponde a quello del padre gesuita italiano Antonio Spadaro: "Se dal Vangelo non si possono dedurre ricette politico- sociali, è chiaro che però il Vangelo giudica queste ricette" (La Pira e Acutis, l'anima che manca, Famiglia cristiania, 28/18). L'autore della teodrammatica cerca di farlo comprendere - il giudizio ultimo del Vangelo - in una lunga e profonda riflessione sull'ermeneutica teodrammatica, che rappresenta il cuore del Vangelo: l'incontro e a volte scontro tra la libertà di Dio e quella dell'uomo.
Un Vangelo che sa interpretarsi, insomma che sa comunicare le regole che permettono di capirlo, senza rimanere bloccati nelle secche di una lunga rielaborazione delle possibilità "trascendentali" (pertinenti alla soggettività dell'uomo) di comprenderlo. Esiste una "regula fidei" che esprime l'interezza e il sempre di più della Rivelazione, che non può essere ridotta a quel "ispessimento dottrinale" di cui parla Pierangelo Sequeri o detto nel linguaggio di Balthasar "nel dato oggettivo del Credo", ma neppure identificata con "l'atto di fede soggettivo del singolo" (cfr Teodrammatica, ibidem 89). In gioco è l'Amore sempre più grande e sempre più gratuito che si rivela nel Logos incarnato. Questo Logos giudica tutte le ricette, anche quelle politiche e ci dona lo sguardo della fede per comprenderlo.
Quando Balthasar nella Teodrammatica (ibidem 88-89) parla di una perdita di sostanza e peso che a volte capita nell'interpretazione liberale ermeneutica della Bibbia non intende difendere l'ispessimento dottrinale tradizionalista, ma la libertà di Dio che si rivela in un amore sempre più grande. Nei tre esempi che fa (cfr. Teodrammatica, ibidem 86sg.) - attesa apocalittica del ritorno del Figlio dell'uomo, nascita verginale di Cristo da Maria e i miracoli di Gesù - non è in gioco la difesa dottrinale di questi avvenimenti, ma la considerazione, pur nella legittima riflessione esegetica, che in una certa ermeneutica liberale di questi temi si può perdere di vista l'incarnazione stessa dell'amore di Dio. In vero oggi nella nostra epoca teo con si dovrà dire che anche una certa ermeneutica tradizionalista ha lo stesso effetto.
Come Carlo di Gesù Balthasar non è interessato a riduzioni politiche, "amministrative, associative, gruppali dell'autoedificazione ecclesiastica"(Sequeri, Charles de Foucauld, 42); è interessato davvero a quella logica di Nazareth in cui l'Amore divino sa agire anche per trent'anni nel silenzio e nella presenza ostile dei parenti. Balthasar e la sua comunità non hanno vissuto in una povertà assoluta come Carlo di Gesù (basti pensare alle case in Basilea e sul Righi), ma su un punto vi è una vicinanza assoluta "la testimonianza evangelica nei luoghi- limite della non conoscenza" del Vangelo stesso, che possono trovarsi nel deserto in Algeria o Marocco, ma anche nella Svizzera o nella Sassonia Anhalt dove mi trovo ad agire da più di 15 anni.
Il Vangelo non è una sintesi teologica o politica che sia: gli opposti si possono trovare in sospensione: legame con il Mistero di Nazareth e coraggiosa testimonianza evangelica offline o online. Una sintesi sarebbe sempre "teologia politica", "teologia estetica", "teologia logica" ed essa ridurrebbe quella unità della forma che Balthasar cerca in un conformismo, convenzionalismo che gli sono del tutto estranei.
"Solo l'Amore è credibile", solo questo amore sempre più grande con cui vogliamo essere in grande famigliarità, è il criterio che impariamo dal Vangelo e con cui vogliamo giudicare tutto: dai porti chiusi ai cuori chiusi del nostro quotidiano, con quella libertà che ci permette di porre anche domande forti, come abbiamo fatto leggendo Massimo Recalcati contro il "fantasma sacrificale" (da non confondere con il "sacrificio simbolico" che è riposta adeguata al Mistero d'Amore) - vi sono sacrifici, personali e collettivi, che sono frutti di fantasie perverse, religiose e perverse, e che non possono esserci richiesti, semplicemente perché sono impossibili da realizzare e non hanno nulla a che fare con il Mistero che dona l'essere, ma appunto sono frutto di una fantasia perversa ed egoistica. (1)
Noi cristiani siamo davvero liberi di riflettere su tutto perché la Norma di Cristo (l'Amore gratis) non è uno strapotere e neppure uno restringimento della libera riflessione umana, che per l'appunto sa discernere tra "fantasma sacrificale" e "sacrificio simbolico" e sa discernere su tante questioni umane, pur in quel rispetto ultimo dell'Amore sempre più grande del Vangelo che trova "nella disponibilità del Figlio alla volontà del Padre" (Teodrammatica, ibidem 77) quella forma unica (non convenzionale) d'amore ed obbedienza a cui ci ha invitato a riflettere il padre Spadaro, rimandando alle figure di Giorgio La Pira e Carlo Acutis, in un "Italia che non sa più cosa sia la compassione, rimbambita da fake news e paralizzata da paure ed egoismi".
(1) Su questo aspetto del "contro il sacrificio" di Recalcati ritornerò nei prossimi giorni perché qui è rimasto un po' troppo in sospeso.
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