giovedì 16 maggio 2019

Come non essere infatuati della propria storia - un confronto con la storia particolare che vivo. Riflessione su CL

Lipsia. "Con questa duplice supplica: “non abbandonarci” e “liberaci”, emerge una caratteristica essenziale della preghiera cristiana. Gesù insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa. Infatti, la preghiera cristiana non chiude gli occhi sulla vita. È una preghiera filiale e non una preghiera infantile. Non è così infatuata della paternità di Dio, da dimenticare che il cammino dell’uomo è irto di difficoltà. Se non ci fossero gli ultimi versetti del “Padre nostro” come potrebbero pregare i peccatori, i perseguitati, i disperati, i morenti? L’ultima petizione è proprio la petizione di noi quando saremo nel limite, sempre." (Papa Francesco, nella catechesi romana di ieri (15.5.19).

Ogni volta che leggo Tracce, la rivista internazionale di Comunione e Liberazione, vengo confrontato davvero con una "vita che allarga la vita" (Editoriale, Maggio 2019), ma anche con una infatuazione della paternità di don Giussani; mentre il Papa ci avverte che non dobbiamo essere infantili (cosa molto diversa dall'essere filiali) e infatuati della paternità di Dio (!) in tutto il servizio intitolato "America, Americhe" si incontrano persone che sono così entusiaste di Don Giussani da dire frasi ad effetto, che ovviamente non voglio mettere in discussione - questo sarebbe arroganza - ma che non giungono fino in fondo al mio cuore, pur essendo anche in alcuni casi molto utili. Il servizio presenta il viaggio di Alberto Savorana negli USA (dieci incontri in undici giorni) davvero straordinario e da cui ho imparato alcune cose importanti. E poi un viaggio di don Julián Carrón nell'America Latina in occasione della "Assemblea responsabili" tenuta in Brasile dal 29 al 31 di Marzo. 

Cerco di mettere ordine nelle cose che più mi hanno colpito. In primo luogo una frase di Helen Alvaré, professoressa di diritto negli USA: "L'esperienza di essere attratta verso Dio (1), con la domanda che questo fa sorgere, ha plasmato la mia persona". Proprio in questi giorni con il libro di Massimo Borghesi su "Ateismo e modernità" e con uno di Henri de Lubac sulle vie di Dio, ma ancor più con il desiderio di vivere un po' di silenzio alla sera, libero dalle serie di Netflix (che guardo per guardare cosa guardano i mie giovani e per vedere come suscitare in loro un desiderio che abbia a che fare con il loro cuore), mi parlano di un grande desiderio: quello di incontrare Dio come una presenza che salvi la mia vita. Una presenza da invocare, per non rimanere rinchiusi "nelle note a margine di una sconfitta" (Nadeem Aslan), come spesso è la nostra vita.   Ciò che mi è piaciuto nella professoressa Helen Alvaré è il suo desiderio di autenticità: lei è del tutto cosciente di come la Chiesa negli USA si sia impantanata in una storia da cui sarà difficile uscire. Vede in Giussani un maestro del "dialogo" e dell' "obbedienza", da riscoprire in "piccoli gruppi locali, movimenti, parrocchie o gruppi universitari" (Tracce, 27), quindi un maestro che ci insegna ad uscire dalla melma in cui ci troviamo. Greg Erlandson, giornalista, specifica, senza richiamarsi alla professoressa, che che è importante vedere queste piccoli gruppi non come "rifugio" (Tracce, 29), non come "intimità religiosa" - questo sarebbe "congregazionalismo ideologico" di stampo protestante che non "allarga la vita. 

Di grande aiuto è stato per me anche una frase di Timothy O'Malley, direttore didattico: "Prima di tutto il cattolicesimo deve passare da un un rigido conservatorismo alla riscoperta del vero senso di ciò che questa istituzione  - la Chiesa - è in primo luogo. La Chiesa in realtà è un incontro con l'avvenimento di Cristo". Anche nella mia realtà tedesca, la Chiesa si trova in una gabbia degli estremi: da una parte un progressismo che non vuole sapere più nulla della tradizione della Chiesa (con la richiesta del sacerdozio per le donne, etc.) e dall'altra un conservatorismo così rigido che vede "nemici" o "problemi" dappertutto (un conservatorismo che mette in grave difficoltà l'esperienza viva del carisma): nell'Islam, che magari si presenta con un certo rispetto, ma facendo vedere come la Chiesa sa meglio chi sia l'uomo e chi sia Dio (cosa che in un certo senso è vera, ma non è lo mai per la persona come ciò fosse una sua proprietà, una sua ousia, invece che un dono del tutto inesprimibile); vede problemi nella omosessualità: anche in questa esperienza si vede in primo luogo un difetto, un problema da curare e non una domanda che viene rivolta a noi eterosessuali. "Molto di ciò che Giussani faceva era un esperimento", afferma con ragione O'Malley. Io vedo poche persone che nel Movimento "esperimentano", vedo molti che ripetono frasi. Per me che vivo da 17 anni in una delle regioni più secolarizzate del mondo e in cui mi gioco tutta la mia vita, cercando Dio -  di Te a sete l'anima mia, te desiderávit caro mea, in terra deserta - ho dovuto, con mia moglie e i miei figli, "esperimentare" tutto; o dovuto rinunciare a battaglie ideologiche, per raggiungere con fatica il cuore di alcuni. Alla festa della fondazione della nostra scuola è venuto, qualche giorno fa, un amico di Monaco di Baviera, responsabile della Fraternità nella capitale bavarese, Stephan Scholz: ciò che mi ha colpito è stata la sua attenzione, ho avuto la sensazione che non fosse venuto con un discorso da farmi, anche se ha tenuto la conferenza principale della festa, che era un rinvio a storie concrete di persone da lui incontrate in Libano, in Irak, etc., ma per incontrarci, curioso del nostro esserci, della nostra esistenza in questa esperienza spesso estrema, perché del tutto secolarizzata, in cui ci troviamo ad agire. 

Non so se sia possibile incontrare persone che non deludano, come si esprime Savorana, che ci tiene a dire, e questo gli fa onore, che negli undici giorni ha vissuto da famiglie e non in Hotel, potendo così sentirsi a casa in una "assoluta continuità con l'esperienza che vivo a Milano" (Tracce, 17); non so se Scholz ha vissuto nelle ore che ha passato nella nostra scuola e nella nostra casa un' "assoluta continuità" con l'esperienza che vive a Monaco, ma è davvero necessario quel "assoluto"? Assoluto è solo Dio e il Papa ci ha invitati il 7.3.2015 a decentrarci da quella "assolutezza" del carisma. Non so neppure se sia possibile in un viaggio di undici giorni, con dieci tappe, "tenere gli occhi aperti" come gli ha detto Don Carrón prima del viaggio: quali esperienze del Movimento si incontrano con un tale velocità di cambiamento di tappa? Certo la necessità di presentare un libro suo portare a fare anche questi tour de force, ma sono davvero necessari per seguire Gesù, anche se si incontrano persone davvero straordinarie? San Alberto Hurtado si esprime così: "Alcuni trovano solo in una vittoria per il cattolicesimo il successo politico. La cosa cruciale per loro è il successo di una mossa politica, la vittoria di un partito, lo scambio di un ministro, la nomina di una professoressa..... Altri apprezzano un'impressionante fiaccolata, un grande Meeting, la creazione di una rivista... Tutto ciò serve (!), ma non è l'essenza del cattolicesimo". 

Tra le cose che ha espresso don Carrón a San Paolo in Brasile mi ha colpito in modo particolare una frase che ho messo immediatamente nel gruppo "I Contadini di Peguy": "Se la politica non torna ad essere educativa, sarà difficile che cambi e vada nella direzione che desideriamo" - lo vedo in questi giorni, prima delle elezioni comunali ed europee nella mia bacheca di Facebook - come è difficile liberarsi da parole populiste e dialogare davvero insieme e come sono stupire le persone quando ciò un po' accade. 

Infine ritorno all'inizio: se Cl vuole essere una reale una esperienza di "una vita che allarga la vita", si dovrà davvero cominciare con un reale "atteggiamento di confessione": molte persone, quelle più autentiche, sono speso deluse perché nella rete e in alcune comunità, guidate da persone per periodi di tempo (25 anni) fuori da ogni senso ecclesiale, non incontrano una novità che davvero esperimenta, in una connessione vitale tra obbedienza e libertà, novità e tradizione, ma solo quel "sistema cl" di cui spesso ho parlato nel mio blog e che a parte negli amici più cari, genera piuttosto imbarazzo e silenzio - non quello santo, ma il mutismo di chi non sa come incontrare questo cuore irrequieto che sono e rimango, anche dopo la lettura di Tracce. Non abbandonarci Padre, liberaci dal male! 

PS È per me un segno di infatuazione della propria storia come vengono citate le frasi dei grandi sul Movimento. Per esempio la famosa frase di Balthasar, quando Giussani gli disse di ammirare il suo lavoro: "Si, ma lei ha creato un popolo"; a parte che vorrei sapere che cosa si nasconde quel "si" nell'originale tedesco o francese che sia; Balthasar ha detto certamente la verità (come tra l'altro l'ha detta Giussani), ma era un uomo anche estremamente umile, che reagisce ad un complimento con un altro complimento. Ma Il Signore non ci fa incontrare questi grandi solo perché sentire l'ammirazione che hanno per noi. 

PS (17.5.19) Ho letto con attenzione e lealtà ieri alcune parti del numero di maggio di Tracce; il risultato di questo "ascolto" leale si trova in questo post, scritto ieri, come si vede ho imparato molto. Non c'è nessun bisogno di leggere le cose che scrivo, perché io stesso devo imparare che la rinascita dell'io e il disinteresse per il proprio io sono due facce della stessa medaglia. Se, però, qualcuno vuole avere a che fare con me non potrà avvolgersi in mutismo in riferimento a ciò che ho scritto qui; ovviamente ognuno ha i suoi tempi e tutti abbiamo molto lavoro (il fatto che io riesca a conciliare un'attività lavorativa forte con una presenza forte in rete, è un dono e non un merito) e quindi uno è libero di non leggere ciò che scrivo e sentirmi ugualmente come amico. Ma chi in modo arrogante e senza la minima capacità di ascolto crede di poter dar un giudizio veloce su questo post ha interrotto la amicizia con me (non io, ma lui l'ha interrotta). Gli auguro un buon viaggio nel suo cammino, ma lo prego anche di non ferirmi con banalità e volgarità a cui non ho intenzione di dare alcuna risposta. Che io abbia una amicizia e una preferenza particolare per questa storia, lo su può vedere anche solo dando un'occhiata veloce ai titoli del mio blog e che tenti di testimoniare la risurrezione di Cristo nel mondo in cui vivo, credo lo si veda abbastanza. Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam!  

(1) Aggiungo qui una meditazione che ho condiviso il 18.5.19 in un "gruppo chiuso" in Facebook dedicato ad Adrienne von Speyr, che spiega cosa sia un'attrazione cristiana di Dio: 


"Dio ha chiamato l'uomo peccatore ed ha parlato con lui" (Adrienne)

Tutto comincia con un "primerear" (Papa Francesco), in modo particolare la preghiera:

"La preghiera non è una parola rivolta dall'uomo a Dio, ma un dono che Dio ha fatto a noi uomini nella sua Parola" (Adrienne). Alle volte gettarsi a terra, per sentirlo è più preghiera che mille parole. Anche quelle del "breviario" non sono parole spontanee, ma parole di una elezione, che supera le nostre scelte.

Anche la preghiera può essere ridotta ad una forma di "autoconvincimento" (Don Giacomo Tantardini) (come l'appartenenza ad una certa comunità) - quest'ultimo è il contrario del sentire il silenzio di Dio, dell'essere inserito nel Suo silenzio.

Ovviamente non può esserci una chiamata alla preghiera di un convento di clausura per autoconvincimento, ma anche la preghiera del laico nel mondo finirebbe molto presto, se fosse autoconvincimento.

Sento in questo tempo molto forte il desiderio che Egli parli, non che io parli. Il desiderio che Egli mi esponga a quel dialogo che vuole fare con me.

Nel capitolo quinto del suo libro Suor Cristiana Dobner,  Nella via mistica di Adrienne von Speyr. Un tentativo di fenomenologia teologica, Torino 2019, parla dell'origine della preghiera, anche di quella contemplativa in cui si lasciano "ambiente, amici, abitudini, parentela" per essere esposti al silenzio di Dio ed al suo manifestarsi come Dio trinitario - non come un nome, ma come una realtà. Non si tratta di una fuga dal mondo e dalla storia, ma un mettersi a disposizione dell'Unico!

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Aggiunte 27.5.19

I.

Considerazioni sul Carmelo e su Comunione e Liberazione 

In dialogo interiore con Suor Cristiana Dobner, carmelitana, imparò che anche nel movimento ci sarebbe da fare quel passaggio alla “piccola via” che è stato compiuto dalla piccola Teresa di Lisieux, mentre spesso, nel Movimento, regna un voler rimanere tali e quali come si era all’inizio, in forza della personalità psicologica grande di Don Giussani. Ma la forza psicologica di Don Giussani non è la vera forza. La vera forza è quella della sua missione. Per essere davvero santi bisogna arrivare al punto che Don Giussani kata sarka (secondo la carne: psicologicamente, sociologicamente) non sia più il nostro pensiero dominante. La sua missione ecclesiale, cioè il suo modo di vivere oggi il “sentire cum ecclesia” deve essere messo in primo piano. Quando ho di nuovo il computer poi approfondirò questo pensiero.

II.

Considerazioni sul Carmelo e sul Movimento di Comunione e Liberazione - un approfondimento 
Io sono del tutto d’accordo con chi pensa che Don Luigi Giussani non ha vissuto quella che un amico chiama “inversione della personalità cristiana” (Bruno Brunelli). Tale inversione accade quando Dio viene usato per scopi politici e il prossimo selezionato in forza di criteri come l'egoismo personale e collettivo o la paura. 
E sono anche d’accordo che per Don Giussani la “missione” è più importante che la “politica”, con questo intendo che il contribuire alla presenza della Chiesa nel mondo è più importante, che un qualsivoglia progetto politico. Questo atteggiamento missionario (non ha nulla a che fare con il proselitismo) è quello che io esprimo qui con la con la parola “sentire cum ecclesia”. 
Quello che non è chiaro nel Movimento, però, secondo me è questo punto: anche la grande personalità come quella Teresa d’Avila per il Carmelo, o come quella di Don Giussani per il Movimento, può diventare un motivo per oscurare quello che veramente interessava al cielo mandandoci Don Giussani o Santa Teresa d'Avila. 
Questo è ciò che ho cercato di dire nel post precedente sul tema e che è apparso in questo gruppo di preghiera dedicato ad Adrienne, perché molti di questi pensieri hanno origine in lei. Io non credo che Giussani sia “innocente” (come non lo è nessun uomo) in relazione a questa cosa su cui stiamo riflettendo, in spirito di preghiera e non di polemica. Non perché lui sia cattivo, ma perché la sua personalità, a livello psicologico, è talmente forte che ha corso il rischio, Giussani morto, che poi gli altri ripetano le sue frasi o cerchino di vivere solamente di questa forza senza saperne più il cuore. 
Il cielo corregge queste "riduzioni del carisma o della missione" per esempio inviando al Carmelo la piccola Teresa. Di fronte alla sfida della quale, dice Adrienne, alcune o molte suore carmelitane citano solamente la grande Teresa, senza cogliere il passaggio (la correzione) che il cielo richiede al Carmelo. Questa è una cosa simile a quella che succede oggi nel Movimento. Il fatto che molti non capiscono nulla di Papa Francesco significa questo: manca il "sentire cum ecclesia". Manca cioè la cosa che più interessava a Don Giussani, anche se si citano altri papi.
Infine nel Movimento è in corso un imborghesimento che accade in forza della inversione della personalità e della riduzione della missione (sentire cum ecclesia) a politica di cui abbiamo parlato prima. 
Che il cielo invii un don Carrón o i Contadini viene visto da molti, in modo particolare dai primi, che vogliono che nulla cambi, come pericolo. Perché anche i Contadini sono un piccolo segno del cielo. E lo saranno sempre di più se, si sentono come una "piccola via" nella grande via iniziata dal carisma di Don Giussani, vivendo di quell'atteggiamento di fondo, che è un entrare in dialogo con gli altri - non un dialogo continuo, perché questo può diventare legittimazione del male - "con il cuore puro e l'intelletto purificato, senza alcun desiderio particolare e senza alcuna volontà di dominio", perché solo così "il Signore verrà in mezzo a noi e ci fornirà i chiarimenti necessari" per affrontare la vita passata, presente e futura (cfr. Bartholomeos I, Gloria a Dio per ogni cosa, Magnano, 2001, 31).
In dialogo interiore con 

Cristiana Donner, Nella via mistica di Adrienne von Speyr, Torino 2019, 42-45)



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