lunedì 6 maggio 2019

Democrazia e dittatori nei paesi arabi - una presa di posizione di Michele Brignone

Lipsia/Venezia. Qualche giorno fa avevo condiviso nella mia bacheca in Facebook un post sul tema democrazia e dittatori nei paesi arabi. Pubblico ora nel mio Blog "Diario di Roberto Graziotto", con il consenso dell'autore, il seguente commento, apparso in quel contesto, di Michele Brignone, esperto del mondo arabo, con alcune note in cui coinvolgo anche i brevi interventi di Riccardo Cristiano. 

Caro Roberto,
sono d’accordo anche io con Pepe Egger (1) e condivido il tuo giudizio su Assad e al-Sisi. Sono più in difficoltà se devo dirti come sia possibile declinare dal punto di vista pratico il sostegno alle aspirazioni dei popoli arabi. In Egitto, 
il regime di al-Sissi è a dir poco repressivo, e i suoi appelli alla riforma dell’Islam, su cui ci sarebbe tanto da dire, non cambiano molto alla situazione del Paese. Ma egiziani che io stimo (e che hanno sicuramente un punto di vista particolare, essendo cristiani o liberali) affermano che il sistema messo in piedi dai Fratelli musulmani fosse insostenibile e che non c’erano alternative al rovesciamento di Morsi. Resta vero che opporsi ai Fratelli musulmani non significa necessariamente appoggiare incondizionatamente al-Sisi.
In Siria padre Dall’Oglio (2) ha letteralmente offerto la propria vita (non cambia molto se gli sia stata effettivamente tolta o meno) per la democratizzazione del Paese. Riteneva che l’Occidente dovesse intervenire a sostegno delle aspirazioni dei siriani, e che non intervenendo abbia commesso un grave errore, sia dal punto di vista umano che strategico. Preso atto della latitanza dell’Occidente, padre Dall’Oglio ha ritenuto legittimo che i siriani ricorressero alle armi per provvedere autonomamente alla propria liberazione. Il suo punto di vista non era privo di ragioni: l’alternativa alla morte combattendo Assad sarebbe stata comunque la morte per mano di Assad. Per questo considerava una necessità strategica la riconciliazione tra forze islamiste radicali e le forze democratiche e pensava che i jihadisti avrebbero potuto essere ricondotti in seguito nell’alveo della militanza democratica. Ammesso che questo fosse possibile - io personalmente non lo credo -, fissato l’obiettivo di abbattere Assad era tuttavia prevedibile che Russia e Iran sarebbero intervenuti per sostenere il proprio alleato (3). Detto altrimenti, non so se la Siria non fosse in realtà un caso limite come la Libia, e se dunque il tentativo di abbattere Assad non implicasse in partenza la guerra devastante che poi c’è stata. Quando si è profilata la possibilità di un intervento militare americano, che avrebbe molto probabilmente cambiato il corso del conflitto e che molti oppositori di Assad sicuramente auspicavano, il primo a opporsi (per come poteva) è stato il papa, che ha invitato tutti a una giornata di digiuno e preghiera.
Tra i tanti drammi di tutto questo, c’è quello della differenziazione dei diritti. Assad e al-Sisi garantiscono quelli dei cristiani più di un regime islamista, ma calpestano brutalmente quelli degli altri (anche quelli dei cristiani che si oppongono al loro regime).
Un discorso simile si potrebbe fare riguardo agli Emirati arabi, che sono insieme ai Sauditi i veri grandi becchini delle Primavere arabe. Sono uno dei pochi Paesi musulmani in cui vige un’effettiva libertà di culto non solo per i cristiani ma anche per altre religioni (stanno costruendo un enorme tempio indù), ma la loro capacità repressiva è preoccupante, tanto più che con il loro potere economico-politico-strategico sono in grado di condizionare pesantemente i Paesi occidentali. Forse non ho veramente risposto alla tua domanda, ma tutto questo lo sto scrivendo comodamente seduto su un treno italiano ad alta (si fa per dire) velocità e questo accresce la mia prudenza nel giudizio.


(1) Avevo citato questo giornalista tedesco nel mio post: 

Demokratie ist ein Ideal auch für die arabischen Ländern 
Ich bin mit Pepe Egger (Der Freitag, 25.19) einverstanden: nicht nur die Stabilität der arabischen Ländern, sondern ihr Traum und politischer Kampf für Demokratie (2011) ist ein wichtiger Anliegen. Leute, wie Pater Dall'Oglio SJ, der Syrien von innen her kannte, hat sich für diesen Traum engagiert und ist entführt worden (seit 5 Jahren).
Dass in Ägypten nun der General Abdel Fattah al-Sisi, mit einem Pseudo-Referendum, den arabischen Frühling endgültig bestatten will, verursacht in mir gar keine Freude, auch wenn die Situation in den verscheiden arabischen Ländern genauer zu beurteilen ist, damit nicht unkontrollierbaren Situationen wie in Libyen stattfinden. 
Für Nazi-Typen wie Baschar al- Assad habe ich gar keine Sympathie, über al-Sisi kenne ich zu wenig. Interessant wäre zu wissen, was darüber meine Freunden Riccardo Cristiano e Michele Brignone denken. 
(1) Ecco una traduzione veloce (fatta con https://www.deepl.com/translator) del mio post per loro: 
La democrazia è un ideale anche per i paesi arabi 
Sono d'accordo con Pepe Egger (Der Freitag, 25.19): non solo la stabilità dei paesi arabi, ma il loro sogno e la loro lotta politica per la democrazia (2011) è un tema importante. Persone come padre Dall'Oglio SJ, che conosceva la Siria dall'interno, si è impegnato per questo sogno ed è stato rapito (5 anni fa).
Il fatto che in Egitto il generale Abdel Fattah al-Sisi, con uno pseudo-referendum, voglia ora seppellire definitivamente la primavera araba, non mi rallegra affatto, anche se la situazione nei vari Paesi arabi deve essere giudicata con maggiore precisione, in modo che non si verifichino situazioni incontrollabili come in Libia. 
Non ho alcuna simpatia per "nazisti" come Bashar al-Assad, so troppo poco di al-Sisi. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano il miei amici Riccardo Cristiano e Michele Brignone. 
(2) Nel post di cui parliamo ha commentato Riccardo Cristiano: "Ti ringrazio molto, per la prima volta leggo voci fuori dal circo della disinformazione deformante. Padre Paolo credeva che se le armi per difendersi ai siriani le avessimo date noi e non quelli del Golfo sarebbe stato meglio e aveva ragione, a mio avviso. Era il movimento democratico che doveva assorbire gli altri, non il contrario. Il Papa ha provato a fare l’accordo sul disarmo chimico, saltato per la crisi ucraina e per l’idiozia di Obama. Morsi poi e i fratelli mussulmani hanno perso la grande chance e i cristiani hanno completato l’opera (...).  Bergoglio ha provato il classico contenimento del conflitto, anche perché spinto dai patriarchi, Assad l’ha applicato per finta, ma la crisi ucraina ha smussato la forza del papa, a quel punto Obama ha giocato la carta del tradimento di milioni di siriani, per accordarsi sulla loro morte con l’Iran. 
(3) Caro Michele, capisco molto bene il tuo pensiero articolato; solo su un punto vorrei essere chiaro. La responsabilità ultima della guerra c’è l’ha Assad. E non chi lo combatteva. Dare la vita per la democratizzazione del paese significa dare la vita per il popolo siriano, mentre Assad ha preso letteralmente la vita al suo popolo. Roberto // Caro Roberto, Su questo non sarò io a contraddirti. Assad ha fatto di tutto per trasformare la rivolta contro di lui in una guerra settaria su scala regionale, e purtroppo c'è riuscito benissimo, Michele

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