venerdì 3 maggio 2019

Dialogo su sesso ed eros - per una filosofia dei sessi - Adrian J. Walker - Roberto Graziotto

Lipsia/Washington D.C.(testo corretto, 4.5.19, 6, 52 h) In occasione dell’uscita dell’articolo di Adrian Walker, Nexus indissolubilis. A Balthasarian-Augustinian Meditation on The Spousal Embrace, Washington D.C., 2019, abbiamo condotto questo dialogo che vorrei offrire al pubblico del mio blog „Diario di Roberto Graziotto“. È il dialogo tra due filosofi, uno accademico (docente della Catholic University) , l’altro no (sono insegnante in un liceo tedesco), ma che hanno cercato di esprimersi con semplicità su una possibile filosofia dei sessi.  

Adrian Walker (AW):  Mi dispiace tanto che L. sia rimasta turbata del mio articolo. A volte penso che sia impossibile parlare bene di queste realtà. Forse io non ne sono capace. Ad ogni modo, mi rendo conto del fatto che parlare a un pubblico non-credente richiederebbe un altro approccio più fenomenologico e filosofico. 

Comunque L. ha ragione su un punto, quello dell’orgasmo femminile, nel senso che quest'ultimo sembra “superfluo” rispetto alla procreazione. Ora, sarà anche vero che questo fatto genera una tentazione in chi insiste sulla centralità della procreazione: quella di trattare la donna come una Gebärmaschine (macchina da parto). Ma non credo che questa sia l’unica lettura possibile del fenomeno. San Giovanni Paolo II, se ricordo bene, dedica molta attenzione all’orgasmo femminile in Amore e responsabilità. Forse si potrebbe leggere la “superfluità” dell’orgasmo femminile precisamente come l’espressione dell’eccedenza, dell’abbondanza, che la sessualità esprime in maniera incarnata. La quale abbondanza trova un’intensificazione, anch’essa “super-flua,” nella procreazione.

Roberto Graziotto (RG): Quando il figliol prodigo si trova dai maiali ad un certo punto sorge in lui l'idea che può fidarsi del padre, non ha nessuna pretesa che il padre lo riprenda come figlio, ma fa l'esperienza dell' irreversibilità dell'amore del padre. Nell'orgasmo, che è una "piccola morte" (del proprio controllo razionale) accade questa esperienza del fidarsi dell'altro, del lasciarsi andare. Il Padre celeste ha previsto che noi possiamo fare questa esperienza di fiudcia reciproca nel piacere. Certo la fiducia del lasciare che una vita cresca in te è più grande, ha altre conseguenze, anche per il superamento del proprio sé - nasce un terzo che è una vera libertà, altra da te. Ma se il Padre celeste non avesse voluto questa intimità del lasciarsi-andare nell'orgasmo non ci avrebbe fatto come ci ha fatto. Ora nei secoli questa possibilità per la donna è stata pressoché ignorata. Interessante che San GPII  ne parli.

AW: Hai ragione, Roberto, è così. Ma vorrei precisare che non ho detto che il sesso esista solo per fare bambini, cosicché il piacere della donna non c’entrerebbe se non per accidens. Al contrario, il sesso esiste per la mutua autodonazione. L’atto è, l’ho detto esplicitamente, un co-atto (unitivo e procreativo). Un atto, dunque, che richiede da ciascuno un’attenzione al vissuto dell’altro. L’uomo, per stare alla questione sollevata dalla L., non ha il diritto di pensare soltanto al suo piacere o alla sua fecondità. Deve fare i conti tra l’altro con l’orgasmo femminile. D’altra parte, né lui né la donna hanno il “diritto” alla soddisfazione. La coppia ci prova, ma non si sdegna quando non si verifica. Niente, qui, è machbar (fattibile): né il piacere né la soddisfazione né il bambino. Tutto è rischio, tutto è vulnerabilità. Perché? Perché ciò che conta è la verità dell’incontro, la quale —ecco il mio punto—viene tradita tanto dalla contraccezione quanto dalla strumentalizzazione dell’unione come una specie di tecnica “naturale” per fare figlii. . .

Non bisogna, però, fare un idolo del piacere femminile, come se l’uomo non fosse che la funzione del godimento autonomo della donna. Il superamento del maschilismo non sta nel femminismo, ma nella riscoperta dell’abbraccio, che si rivela luogo d’apparizione dell’essere come dono. La qual cosa è resa impossibile dalla contraccezione. Non perché il sesso sarebbe una Gebärmaschine, ma perché la contraccezione separa piacere e verità, vita e morte, e cerca di rendere l’atto “machbar.” Ma l’abbraccio è l’ultima esperienza della Nichtmachbarkeit (non fattibilità) e dell’unità non dialettica tra vita e morte.

RG: Molto bello! 

AW: Grazie. La rinuncia alla contraccezione permette alla coppia appunto di lasciarsi andare, ossia: di aprirsi a tutta la verità dell’incontro, perché esso sia appunto un incontro sorprendente e non machbarNessun giocatore serio cambia le regole del gioco per assicurare l’esito che desideri. Invece di cambiare le regole del gioco, tu giochi, rinunciando alle tue attese e pretese. A volte il gioco è magnifico, altre volte non lo è. Ma se tu giochi, meglio: se ti giochi, se ti implichi nel gioco così come ti è dato, non importa se sia magnifico o meno, perché sempre sarà vero, reale, autentico.

RG: Konstanze (mia moglie) ed io non abbiamo usato alcuna forma di contraccezione - quindi confermo esistenzialmente tutto ciò che dici. Quando noi ci eravamo appena conosciuti i genitori (che non si fidavano ancora di me) le avevano consigliato di prendere la pillola, che su di lei aveva l'effetto di non aver voglia di alcun contatto sessuale (di qualsiasi tipo si voglia). Di fatto smise  poco tempo dopo di prenderla. Confermo che tu nel tuo articolo parli di un co-atto, ma nell'articolo spesso avevo la sensazione di un „sistema". A volte l'atto sessuale per gli sposi è solo una "piccola forma" di avvicinamento dei corpi, senza escludere nulla, ma neppure pensando sempre a tutte le implicazioni "teologiche". Altre donne, per esempio per via di un'operazione non possono più rimanere incinta; altre hanno avversione o paura del sesso; altri lavorano talmente tanto che non molto tempo per questo tipo di donazione di sé. Eppure direi che anche nel caso che non si possano avere più bambini questa donazione di sé ha il senso di vivere un momento appunto di vulnerabilità, ma anche di piccolo piacere, di fudica reciproca. Per quanto rigurada i metodi naturali, noi li abbiamo imparati ed usati all'inizio del matrimonio, ma per dire la verità a me sembravano anche una forma di controllo "tecnico“.

Ritengo infine importante per questi temi sia la dimensione di riflessione universale (ciò che vale per tutti) sia quella personale (cosa è possibile ai singoli).

Per quanto riguarda la questione omosessuale come pedagogo devo stare molto attento; sono cosciente della dimensione di "colonizzazione ideologica" (Papa Francesco), ma vedo che per i miei ragazzi è importantissimo non condannarla a priori. Io credo che molti di questi rapporti siano dovuti ad uno scompenso psicologico. Per usare le parole di un amico in un messaggio privato: "Sull'amore sessuale il punto è l'homo duplex. L'eros si colloca dentro la tensione tra corpo e anima, tra libido dominandi e amore dell'altra/o. Non può rifuggire la legge del piacere ma la deve volgere in piacere dell'"alterità". Deve, insomma, uscire dal narcisismo immanente all'erotico. Per quanto riguarda l'omosessualità la sua psicologia mi sfugge. Ne vedo la genesi in una relazione affettiva distorta: il padre autoritario o assente/ la madre iperprotettiva e soffocante. Nel caso degli uomini è in genere così. Per le donne (lesbismo) mi pare che decisivo sia il rifiuto della madre e l'identificazione con il padre. Nelle due forme di omosessualità, maschile e femminile, in realtà il rapporto non è paritario perchè si ripristina la polarità maschile (attivo)-femminile (passivo) e questo andrebbe ulteriormente spiegato“ (fin qua il mio amico) - capisco questo tipo di argomentazione, ma allo stesso tempo, per via della speranza per tutti, non posso negare a priori che nel loro donarsi non sia in gioco anche l'amore gratuito che apre alla trascendenza, etc.

AWAttenzione, quando parlo di apertura o di vulnerabilità, non parlo di un atteggiamento conscio. Parlo della natura del sesso, che è capace di presentarsi in mille modi alla coscienza. Non anticipo per nulla sul vissuto. Dico solo che la contraccezione sempre contraddice questa’apertura, anzi che la contraccezione è una tale contraddizione. 

A questo punto, mi viene da chiederti: In che senso avrei fatto secondo te un „sistema" nell’articolo?

RG: Era solo una sensazione per l'insistenza che davi al "ogni atto", ma posso sbagliarmi. Papa Francesco mi ha fatto molto riflettere su questo punto e cioè che le asserzioni filosofiche e teologiche non hanno priorità sull’esperienza. A proposito di quello che affermi sulla contraccezione, ho dovuto pensare alla critica di essa nella „Nostalgia del Totalmente Altro“ di Max Horkheimer. La pillola secondo lui ucciderebbe la dinamica dell’eros, perché l’eros vive anche di procrastinazione ed attesa. Se l’oggetto del desiderio, che poi è un soggetto libero, è sempre disponibile, l’eros muore. 

AW: Molto interessante! Capisco la tua preoccupazione. Ma ci sono cose che nessun uomo decente può permettersi di fare, anche se si deve aver tantissima comprensione per la debolezza umana!

RG: Giusto! Ma per essere un uomo decente io conosco solo un metodo: la grazia!

AW: Sì, senza la grazia, siamo fottuti. Ma rimaniamo portatori del compito di co-incarnare il senso dell’essere (o del sesso) nella carne (o nell’atto). La quale responsabilità si esercita nel lasciarci prendere da quella grazia naturale che già ci viene incontro, incarnata in quel dono che è l’abbraccio d’amore. 

Il punto sul quale vorrei insistere è che ci sono certe cose, certi atti o comportamenti, che sono semplicemente incompatibili con questa grazia naturale dell’amore—non necessariamente al livello delle intenzioni, ma al livello dei fatti reali ed incarnati.

RG: Si, è quello che diceva Chesterton: ci sarà un tempo in cui dovremo combattere per dire che le foglie sono verdi. I fatti reali ed incarnati sono la cosa pu evidente, che purtroppo non lo è più. Vedo tanta confusione in me e chiedo la grazia per me e per gli altri, perché non voglio essere salvato da solo con la mia rosa in mano (de Lubac). 

AW:  Molto bella la tua foto con le foglie verdi. 

Mia foto di una quercia: 




RG: Grazie. 

AW: La contraccezione è il „sistema," è la tecnocrazia denunciata dal Papa.

RG: Su questo pensiamo la stessa cosa. 

AWIn un certo senso, il sesso rappresenta il tragi-comico della condizione umana, nella misura in cui deve rappresentare qualcosa che lo eccede. Chi si sentirebbe in grado di reggere questo compito? Donde le tante tecniche per evitarlo, per risparmiarci questa comica e tragica sproporzione. Qui si vede l’importanza della grazia, che ci rende capaci di accettarci in tutta la nostra insistematizzabile grandezza e miseria.

RGUrsula K.Le Guin diceva, con un certo senso del vero: il sesso è il fenomeno più sottovalutato e sopravvalutato della storia.

AW: Proprio!

Detto ciò, sono convinto che ogni negazione dell’importanza dei singoli atti contradica l’incarnazione, ossia il superamento di sé verso la carne. Come dice san Massimo, l’opera è la manifestazione efficace dell’atteggiamento interiore. Simone Weil diceva che la materia è il nostro giudice infallibile. Non è vero che ciò che diciamo di voler fare e ciò che facciamo sono spesso due cose ben diverse?

RG: Io non nego l'importanza dei singoli atti! Perché in quell'atto, in ogni singolo atto ci si avvicina al mistero "incarnato" dell'essere come dono. La mia esperienza mi dice, però, che vedere in ogni singolo atto un "co-atto" unitivo e potenzialmente procreativo è una forzatura "sistematica" di quello che è possibile, se Ursula K. Le Guin ha ragione con la sua osservazione sul sesso (troppo sotto- e sopravalutato). Certo il sistema tecnocratico è molto più sistemico, ma noi dobbiamo stare attenti a non pronunciare teorie che servono solo alla nostra coerenza (o presunta tale). Quello che dice san Massimo è vero ( l’opera è la manifestazione efficace dell’atteggiamento interiore): ho scritto il lungo racconto, "Libri ed altri ricordi", della mia vita, perché sia alla luce del sole ciò che sono, pur nelle mie contraddizioni (da confessare, non da legittimare). Tutto quello che dico lo dico sempre in dialogo con qualcuno e non perché le mie frasi diventino a loro volto "sistema". Se ho il coraggio di dire alcune cose è perche le so in dialogo, ora per esempio con te. "Ciò che diciamo di voler fare e ciò che facciamo sono spesso due cose ben diverse" - questo è vero sempre. Perché non tutti i singoli atti di gestione dell'autorità nella chiesa, non i tutti i singoli atti intellettuali, non tutte le nostre singole letture, non tutte le nostre lezioni, sono espressione di Cristo. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra (Gv 8). La cosa forse più importante che ho imparato da Papa Francesco, dopo il primerear, che avevo già imparato da Ferdinand Ulrich (il dono dell'essere come amore), è che di coerenza/purezza, per lo più presunta tale, si muore. E si fa morire gli altri.

AW: Aiutami, Roberto, a capire in che senso avrei fatto sistema. In che senso affermare che l’atto, per sua natura, è un co-atto unitivo e procreativo, sarebbe una forzatura? Se questa sua natura dipendesse da noi, lo sarebbe senz’altro. Ma non dipende da noi: si tratta appunto di un dono, il quale ci si dà appunto per natura. Come ci rapportiamo a questo dono naturale è un altro discorso. Faccio un paragone. Noi diciamo che l’uomo vuole l’amore e la verità per natura. Ma questa non è una descrizione del comportamento effettivo di ogni singolo uomo, che spesso odia e mentisce. Dall’altra parte, non si tratta di una mera prescrizione, che al limite potrebbe essere l’espressione di un moralismo crudele. No, si tratta della costituzione naturale dell’uomo in quanto uomo. Perché non si verificherebbe qualcosa di analogo nel caso dell’abbraccio tra uomo e donna? Io parlavo di ciò che l’atto è, di come ci viene dato, non di ciò che ne facciamo caso per caso.

RG: Adrian, in vero spero che l'aiuto sia reciproco; 1. Ovviamente il co-atto in se stesso non è una forzatura; ma la coscienza di questo fatto e cioè che esso sia per natura, oggi non è per nulla evidente. (Tante cose Ulrich le ha capite di me subito e me le ha dette dieci anni dopo, perché sapeva, quanto potessi comprendere davvero, in un certo punto della mia vita; insomma valutava la mia coscienza della verità. 2. In quei tre giorni in cui la donna è feconda, che sono anche quelli forse in cui ha più voglia di sesso, abbiamo il caso di cui tui parli: il co-atto unitivo e procreativo. Quando uno ha praticato per un mese i metodi naturali, sa senza controllare febbre e spessore del muco vaginale, se si tratta di quei giorni; noi questi metodi li avevamo usati per avere un bambino (poi quando non veniva, abbiamo aggiunto un pellegrinaggio ad Altötting). 3. Io volevo solo dire che a livello della coscienza, senza escludere la possibilità di un bambino, si ha a volte un rapporto in cui il desiderio unitivo con la donna sta in primo piano e non l'altro, cosa che tra l'altro ha a che fare anche con il fatto che per una gran parte del mese, la donna non è feconda. Io penso che la prima cosa che dobbiamo chiederci avvicinando l'altro è se sono cosciente che esso è una persona e non un oggetto a mia disposizione. Io parlavo, insomma, della coscienza che siamo capaci di avere della verità - non in modo astratto, ma reale ed esistenziale. Don Julián Carrón sta insistendo molto sulla questione del che fare se e quando "la base e il criterio" non sono più evidenti.

AW: Nell’articolo dico che la coppia dovrebbe pensare in primo luogo all’unione. Anzi, il filo conduttore è l’eros, alla cui dinamica, carnalmente espressa, possiamo e dobbiamo affidarci. Non si tratta di avere una coscienza eroica e totale del significato dell’atto: anche questo lo dico esplicitamente. Si tratta di non interrompere la dinamica dell’eros. Si tratta semplicemente di non dire di no; il sì assolutamente coerente viene, come grazia, dal Creatore e ne percepiamo l’eco appunto nella natura dell’atto e dell’eros che prende forma nell’atto.

RG: Questo è molto bello, ma io non lo avevo capito; ho letto forse con gli occhiali della reazione di L. e poi in inglese, che è migliorato, ma che non è la lingua che conosco meglio.

AW: Grazie. Ora, è vero che certe evidenze non sono più evidenti. La gente ha bisogno di accompagnamento. Ma una parte della strada consiste nel ricordare, nel ricuperare insieme, ciò che significa essere un uomo! È questo, secondo me, che facciamo per mezzo di questo tipo di riflessione. Non si tratta di una legge astratta, ma dell’essere uomini, uomini che non si sostraggano alla loro umanità. La mia analisi della contraccezione vuole metter in rilievo che l’atto di dire di no alla dinamica dell’eros che si apre sempre (e non solo in quei tre giorni) al terzo che trascende la coppia rappresenta una forma di tale sottrazione.

RG: Il cielo ci ha dato un Papa che è davvero un grande aiuto nel comunicare la verità e i teologi che lo criticano di eresia, sarebbe meglio se con grande umiltà si mettessero all'ascolto di questo uomo, che non abolisce nulla della dottrina, ma che sa quello che mi ha sempre insegnato Ulrich, Konstanze, Bruno (un amico di Roma): sapere qualcosa ed agire, sono due piani diversi e ci vuole molta pazienza sia nel ricordare ciò che deve essere ricordato, sia nel momento giusto per dire ciò che deve essere detto.

AW: Sì, è uno scandalo che questi 19 abbiano osato denunciare il Papa! 

RG: Grazie per questa tua affermazione. 

AW Dicevo che bisogna affermare la dinamica dell’eros che si apre al terzo (il cui simbolo reale si incarna nel figlio). Preciso che quello che va affermato è proprio il desiderio vissuto che sorge dal fondo del mio essere hic et nunc. Questo desiderio è risposta alla presenza del Creatore in me e in te. Senza questa affermazione di fondo, non possiamo intrapprendere la necessaria purificazione del desiderio--non per estinguere il desiderio, ma per transformare la sua fiammella vacillante in un incendio di amore.

RG: Nel mio linguaggio: è la risposta all'amore gratuito (il primerear) del Papa, con amore e coscienza del proprio peccato. Tutto il reale è sempre in gioco. 


AW: La vera, micidiale astrazione consiste nel non vederlo.

RG: D’accordo! 

AW: Poi, non è tragico riconoscere che certi atti sessuali sono peccati (la colpevolezza individuale è un altro discorso). Dio è misericordioso!

RG: Qui vedo due problemi: 1. Purtroppo l'uomo contemporaneo non è capace a gestire la confessione del peccato. Pensa subito di essere tragicamente perduto e non amabile. Bisogna aiutare le persone su questo punto; 2. Spesso alcuni pastori (vescovi) hanno usato delle immagini così crude (e biologicamente false), per esempio che la masturbazione è omocidio, che la gente non ne vuole sentire più nulla di questi "radicalismi" (ed io neanche). Come uno sia in grado di gestire una "pulsione" ha a che fare con tante cose, anche con la natura infra umana (che tu riconosci nel tuo articolo), con la storia personale e con la nostra società transparente (Byng-Chul Han). La tua battaglia contro la contraccezione non è un radicalismo, ma sommamente necessaria - come sa anche una femminista intelligente come Lucetta Scaraffia, pur esprimendo anche alcuni casi in cui forse non se ne può fare a meno.  Ciao, grazie che ti sei preso tempo per dialogare con me. 

AW: D’accordissimo sui due punti, che sono collegati: ciò di cui abbiamo bisogno è il volto—il vero, non-idolatrico—del Padre. Grazie, anche a te, per il dialogo! 

Maggio 2019


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