Lipsia. Il grande contributo filosofico dei libri di Massimo Borghesi su Jorge Mario Bergoglio (che ho studiato attentamente) e Romano Guardini (che sarà prossimamente oggetto del mio studio) è quello di aver posto l'attenzione sulla differenza tra "opposizione" e "contraddizione". L'opposizione è alcunché di fecondo, la contraddizione no. Per esempio l'opposizione tra universale e particolare è alcunché di fecondo se i due poli si arricchiscono a vicenda, mentre se uno dei due poli risucchia l'altro e lo annienta non lo è. La priorità dell'universale sul particolare non è da intendere nella modalità della "contraddizione", ma in quella della "integrazione".
L'opposizione ontologica prima ed ultima è quella tra essere e nulla. Vi è forse una priorità dell'essere sul nulla, ma non nella modalità della contraddizione. Nella filosofia di Ferdinand Ulrich e in particolare nella sua tesi del "medesimo uso delle parole essere e nulla" o ancor più nell'"essere la medesima cosa dell' essere e del nulla" ho visto questa integrazione dei poli.
Ieri leggendo una bella recensione del libro di Massimo Borghesi su Romano Guardini di Roberto Persico ho fatto in Facebook alcuni commenti che vorrei riportare qui:
La domanda che per me rimane aperta è questa: Hans Urs von Balthasar pensava che Erich Przywara, pur dicendo di non aver mai scritto neppure una riga filosofica che non originasse da un confronto serrato con questo filosofo gesuita geniale dell'analogia entis, fosse caduto, nella mediazione tra i poli, in un "ritmo puro", che non teneva conto della drammaticità dell’esistenza storica. Ora sono molto curioso di leggere questo libro di Borghesi, per vedere se in Guardini ci sono dei percorsi che superano il ritmo puro. La simmetria pura. La grandezza di Bergoglio consiste nel fatto di aver superato questo ritmo puro. Non ha ereditato solamente l’estetica dell’essere ma anche la sua drammaticità.
Una domanda simile vale ovviamente anche per la filosofia dell'essere come dono di Ferdinand Ulrich: vi è tra l'essere e il nulla un "ritmo puro" che non prende sul serio la drammaticità, la "teo-drammacità" dell'esistenza storica?
Nei mie commenti - scritti con 39 di febbre - cercavo di avvicinarmi ad una comprensione di cosa intuivo, con due esempi, uno storico ed uno filosofico:
Esempio storico
Claudel dice con ragione che Lutero è “necessario” (un santo non è sempre necessario) quindi a partire da quel punto i laici, cioè il popolo profetico e sacerdotale, non possono essere più semplicemente integrati con una ritmo puro tra gerarchia e laici. Questo del popolo sacerdotale è uno degli elementi che Alberto Methol Ferré identifica come "momento di verità" in Lutero. Questo momento di verità è "necessario".
Che a sua volta, a livello storico, Lutero abbia peccato spesso di “clericalismo”, tradendo la sua intuizione originale, non toglie nulla alla verità di essa (a parte che la Chiesa romana stessa in quell'epoca ha tradito la povertà evangelica). La gerarchia romano cattolica deve scoprire la sua anima ultima mariana, di servizio. Deve insomma nella Chiesa accadere una specie di corsa sportiva, ma non agonistica, tra chi serve di più. La mediazione di Giovanni, il discepolo dell’amore gratuito, sarà necessaria (intendo tra il polo mariano e quello petrino sacerdotale). Giovanni significa il luogo dei laici consacrati, ma non solo, anche di quei laici che nella famiglia puntano tutto sulla gratuità dell’amore. Un’allegoria di questo lo si può trovare in Arwen und Aragon (Tolkien).
Non avendo il libro di Massimo Borghesi qui in Germania ho dato un’occhiata al libro della Monica Scholz-Zappa, che avevo comprato a Rimini, quando era uscito, su Giussani e Guardini e ho visto come la esistenza storica è stata davvero uno dei poli importanti della riflessione di Guardini.
Esempio filosofico
A livello filosofico non c’è neppure un ritmo puro tra la donazione dell’essere e la sostanza donata. La sostanza donata, dice Tommaso, è presupposta, non cronologicamente, ma come senso, al dono stesso. Perché l’amore presuppone sempre ciò che dona. Quindi da un certo punto di vista pur essendoci una priorità dell'atto del dono sulla sostanza questa non può essere intesa come "dominio" perché la donazione dell'essere ha un solo scopo, il sorgere gratuito della sostanza.
Per quanto riguarda i poli essere e nulla rinvio a ciò che ho scritto in altri post: il nulla di cui parla Ulrich non è il nulla nichilista, ma quello della gratuità dell'essere , che viene donato "pro nihilo". La drammaticità storica di questa integrazione polare consiste nell'essere l'unica risposta davvero reale contro il dilagare del nichilismo. I filosofi sono tentati di "presupporre" questo momento come ovvio, mentre Ulrich lo "propone" in un reale tentativo ontologico di discernimento degli spiriti. Nel mio blog sto traducendo alcune pagine del "dono e perdono" di Ulrich per far vedere proprio questo aspetto: come far si che l'opposizione tra essere e nulla non diventa una contraddizione devastante?
Commento di Massimo Borghesi
Caro Roberto, finalmente rispondo alle tue meditate riflessioni che tu "osi", con raro coraggio, esporre su Fb! E' vero, la distinzione di Guardini tra opposizione e contraddizione è fondamentale. La contraddizione (Wiederspruch) non è l'opposizione (Gegensatz). Sul piano etico bene e male sono contraddittori e non già opposti. L'idea che bene e male siano poli della vita - non c'è bene se non c'è il male - è il grande equivoco del Romanticismo, sia sul piano estetico che su quello dialettico (da Hegel a Marx). Allo stesso modo l'Essere e il Nulla sono contraddittori, come la vita e la morte. Ulrich può presentare la complementarietà tra essere e nulla perché, come tu dici, conferisce al nulla un significato diverso da quello ontologico. Così almeno lo intendo. In Heidegger, al contrario, la morte diventa una cifra essenziale per l'autenticità della vita. Il negativo, come in Hegel, è condizione del positivo. Per quanto riguarda l'osservazione di Balthasar su Przywara, essa vale anche per Guardini, ma non già per Bergoglio. Come mostro nella conclusione del mio volume su Guardini in lui il livello psicologico-dinamico del sistema degli opposti non riesce ad ancorarsi a dovere con quello ontologico. Di qui il "ritmo puro", l'oscillazione perpetua e questo nonostante Guardini leghi il polo dinamico a quello della "forma". In Bergoglio il modello di pensiero si muove tra Blondel , attraverso Fessard, e Tommaso (attraverso Balthasar). Il pensiero "tensionante", l'inquietudine agostiniana dello spirito, è pro-vocata dalla contemplazione del bello-bene-vero che tralucono dall'Essere reale. Bergoglio integra le polarità guardiniane con quella di idea-realtà laddove la realtà è sempre, antidealisticamente, superiore all'idea. Così viene valorizzata la lezione tomista non in antitesi ma come complementare rispetto a quella agostiniana. Questa è una grande lezione di metodo che merita di essere compresa e sviluppata.
Caro Massimo, grazie per la tua risposta e per la tua presa sul serio della critica riguardante il "ritmo puro", che di fatto nega o non esprime adeguatamente la drammaticità dell'esistenza storica o la superiorità della realtà sull'idea. Sono totalmente d'accordo con il tuo giudizio, espresso nel tuo commento, ma vorrei specificare che la scelta di Ulrich non è al di fuori dell'ontologia. Se si lasciano il bene e il male solo nella constatazione della loro contraddittorietà non vedo come si possa arrivare alla misericordia, che è il tema per eccellenza di Bergoglio. Ulrich spiega bene, senza cadere nella tentazione romantica o dialettica, commentando la parabola del figliol prodigo, come la sua (del figliol prodigo) perdita di tutto sia - non per dialettica ma per grazia - già il primo passo della conversione operata dalla misericordia divina. Il nulla nichilistico della perdita del patrimonio e il nulla della misericordia non sono né distinguibili né mescolabili (non so bene la parola italiana). Faccio ancora un passo sull'essere la medesima cosa di essere e nulla e poi ti metto una citazione di un passo di Ulrich che ho tradotto ieri, per confermate quanto dico sul figliolo prodigo. Come dicevo, questa complementarietà tra essere e nulla è il modo con cui Ulrich eredita la definizione di Tommaso in De Veritate 2: esse est aliquid simplex et completum, sed non subsistens! Non sto parlando del ipse esse subsistens, che è Dio, ma dell'essere finito. La genialità del pensiero di Ulrich consiste nel fatto che non ci si limita a constatare che che l'essere è il contrario del nulla nichilistico, ma che dentro ad esso - per grazia, perché la misericordia è il primerear dell'essere - , si è innestato un altro nulla, quello dell'amore gratuito che permette di superarlo. Si è innestato non è l'espressione giusta, ma posso solo lentamente avvicinarmi a ciò che penso. La contraddizione attiva del nulla nichilistico versus l'essere può essere superata solamente perché prima di tutto vi è una identificazione tra l'essere è il pro nihilo dell'amore. In questa nostra storia in cui sembra che tutto sia destinato al nulla nichilistico, nella sua forza corrosiva intuita da Michael Ende nella "Storia infinita", accade per grazia che la perdita di tutte le evidenze si riveli essa stessa essere grazia e non problema. Ecco la citazione di Ulrich:
Per questo la perdita del suo patrimonio nel "paese lontano" non è solamente l'esecuzione della legge mortale del suo avere, non è solamente la conseguenza eseguita della sua proprio auto punizione (a causa del suo comportamento nei confronti del padre e di se stesso), ma linguaggio vivo della misericordia del padre ed un primo segno della conversione del figlio, che si sta preparando nel segreto, attraverso di essa. Nel mezzo della mancanza-di-perché perversa che si gioca nella dimensione spazio temporale è all'opera (non divisibile da questa, ma neppure mischiata ad essa), per grazia, la mancanza-di-perché dell'amore misericordioso.
La pura perdita del patrimonio, questa forma dell'essere-povero nel senso del non-avere-più non è per nulla identico con la povertà creaturale dell'essere-figlio. Essa raggiunge, nella prima fase della conversione crescente, solo il vuoto mortale della ricchezza-che-si-getta-via. Questa tenterà tuttavia continuamente di riprodursi con un voler-avere. Con il non-avere, con il mero aver-fame, con l'essere vuoto come fatto, la sua brama non è ancora per nulla morta. Per fare il salto verso la povertà dell'essere, verso l'essere-vuoti per amore, cioè nella pienezza della libertà, è necessaria una trasformazione: passando per la morte e la resurrezione dell'amore incarnato.
https://graziotto.blogspot.com/2018/11/4-il-ritorno-fatale-della-storia.html
Caro Roberto , per rispondere a Ulrich (e a te) ci vorrebbe un trattato. La contraddizione tra Essere e Nulla è la contraddizione tra la vita e la morte. Questa è una contraddizione che non può essere sciolta o alleggerita da nessuna dialettica. Al pari di quella tra bene e male. Il Nulla di Ulrich ha valore ontologico perché lui intende con il termine "nulla" NON il Nulla assoluto (il contrario dell'Essere) ma il "niente", ovvero lo svuotarsi dell'Ente, il suo farsi povero in modo che l'Essere dimori in lui. Analogo a quello di Cristo che si "svuota" (Lettera ai Filippesi) per farsi servo. Il "non substinens" di Tommaso non indica il Nulla ma il fatto che l'Ente non ha in sé una necessità essenziale, è sospeso sul nulla (creato dal nulla).
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