venerdì 30 novembre 2018

Partecipare alla vita della Chiesa - il criterio dell'unità. In dialogo con Luigi Giussani

Lipsia. Nel capitolo sulla Chiesa di Luigi Giussani che porta il titolo "Dai frutti si riconosce l'albero" (conosco l'originale italiano, ma ho qui a disposizione la traduzione tedesca), il sacerdote della Bassa milanese ci fa confrontare con il criterio dell'unità. Questo post vuole essere un aiuto, in primo luogo per me, per fare la sdc (scuola di comunità), cioè un modo di partecipare alla vita della Fraternità di Comunione e Liberazione e così alla Chiesa, alla Chiesa di Gesù Cristo. Non vuole avere un carattere sistematico. Vuole essere un tentativo di sdc che tenga conto della realtà dei "Contadini di Peguy". 

1. Per farci comprendere di che tipo di frutti egli parla Luigi Giussani rinvia immediatamente ai santi, perché questi, pur nelle loro differenze, anche di sensibilità culturale, ci permettono "di partecipare alla vita della Chiesa, dove essa viene vissuta autenticamente e seriamente". I Santi sono "trasparenti a Cristo". 

2. Il secondo passo è quello istituzionale. Il "riconoscimento ufficiale" pontificio ed ecclesiale della Fraternità di Comunione e Liberazione, in unità con chi la guida, è garanzia di partecipare alla vita della Chiesa in un luogo che ci porta a Cristo. Ci sono anche comunità in "statu nascendi" che non hanno ancora il riconoscimento ufficiale e che sono luoghi profetici di appartenenza a Cristo, ma anche queste devono venire giudicate con il "criterio dell'unità" e "dei frutti che portano". Oppure se penso ad una realtà come i "Contadini di Peguy", pur non essendo un organo ufficiale del Movimento, può essere un luogo in cui si cammina su quel sentiero che è Cristo stesso, se testimoniamo quell'unita che Cristo nella sua preghiera di addio in Giovanni ha richiamato come criterio ultimo: 

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. (Giovanni 17,21). 

La forma della preghiera ci ricorda che non si tratta qui di una unità solo orizzontale, ma di un dono dall'alto. Un dono che solo Cristo può donare. Nel percorso che abbiamo fatto come "Contadini" ci siamo accorti che senza questa dono dall'alto, anche la intenzione grande di seguire Papa Francesco, non ci ha risparmiato incomprensioni e fratture, che grazie a Dio ora sono superate.  

3. L'unità come coscienza di se stessi e della vita. Si tratta di qualcosa di semplice. Per questo, noli Contadini, abbiamo ricordato in questi anni con insistenza il criterio dell'amore gratuito. Non vi è criterio più semplice di quello del dono dell'essere come amore. Ciò non è un invito all'omologazione. Come ricorda de Lubac: si unisce anche per distinguere. La vera unità da valore all'agire delle singole persone, nel loro contesto. Fare un coro nella periferia di Roma, essere avvocato a Roma, essere sacerdote e vice preside in Liguria, essere mamma a Bergamo, essere insegnante nella ex DDR, essere dirigente scolastico nella periferia di Milano o insegnante o vicepreside, essere sano o malato, sono contesti differenti, modalità differenti in cui si vive, però, quello stesso desiderio di unità con Chi è la via, la verità e la vita. Cristo crea così differenti personalità che rendono possibile un impegno in luoghi cosi diversi. Questo dona anche una reale pace, che non ha nulla a che fare con la pseudo infallibilità dei farisei. 

4. Con l'incarnazione di Cristo tutta la realtà diventa un luogo in cui si può essere-chiesa; più nei fatti che nelle parole. Per questo dobbiamo raccontarci di più, racontare di più la nostra vita, perché nella vita raccontata si vede Dio in azione. Tutta la realtà è manifestazione della Presenza misteriosa del Dio che è amore. Possiamo essere "Chiesa in uscita" (le parole del Papa non sono da usare per fare dei solo dei commenti, ma per ispirare il nostro agire) con grande "capacità critica" perché ci è lecito, anzi è doveroso fare ciò a cui ci invita Paolo: 

1 Tess 5, [19] Non spegnete lo Spirito, 

[20] non disprezzate le profezie; 
[21] esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.  

È chiaro che dopo 17 anni nella terra di Lutero (dal di dentro di questa esperienza posso parlare del mio confrater Martino) e dell'ex comunismo della DDR il mio "giudizio critico" si è esercitato su altri temi e su altre esperienze di uno che è vissuto in Italia o in Baviera. Et viceversa. 

5. Dobbiamo cercare di coprire con la nostra vita i giudizi teologici che diamo. Bruno Brunelli ci ricordava dai Contadini: 

Una volta fra noi si usava la parola "riconoscimento", ovvero riconoscersi fratelli, amici. Mi piacerebbe riuscire ad esprimere il fatto che l'amicizia cristiana nasce da questo riconoscere qualcosa che entrambi abbiamo ricevuto per Grazia di Dio. Solo un attimo dopo scopriamo anche le affinità di giudizio e di cultura. 
Quando invece l'amicizia fra cristiani nasce sulla base di una comune propensione culturale allora è già potenzialmente fallibile e può anche diventare violenta.
Non è facile cogliere questa differenza anche perché l'affinità di giudizio è una cosa bellissima, ma non si può scambiare una conseguenza con l'origine.


Per grazia siamo stati raggiunti dall'amore gratuito. Da ciò nasce in primo luogo un essere grati e solo in seconda battuta un giudizio culturale, che vivendo anche realtà molto diverse può essere anche diverso. Il mio modo di vivere la responsabilità del destino del mondo è appunto mia, non quella di un altro. Giudicare l'altro solo perché ha un giudizio culturale diversi dal mio, vuol dire distruggere il "riconoscimento" che ci rende tutti "Suoi", di Cristo. 


6. Nella liturgia e nel lavoro, ora et labora, abbiamo i metodi ecclesiali ed umani, per scoprire un po' alla volta che Cristo è il Signore dell'universo e del mio cuore. Questo è vero perché Cristo ha salvato il mondo e ci ha donato un grande spirito di libertà, anche nei confronti dei nostri "dirigenti del lavoro". Lavoro nella scuola non è solo quello che  un preside vuole, ma quello che nasce dal cuore della mia personalità e dalla sua compatibilità con lo spirito della liturgia. Un lavoro che impedisca la preghiera non è autentico. Come dice Romano Guardini: la liturgia è la creazione, salvata ed orante! Grata per il dono della creazione. Il lavoro è continuazione umana di questa liturgia quando non perde il carattere ultimo di risposta al dono gratuito dell'essere come amore (e questione molto più di atteggiamento ultimo che di legalismo). 


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