lunedì 29 gennaio 2018

Una comunità cristiana esiste solo per "lavorare" per Cristo, anche se nasce come "grazia" (riflessioni sul Movimento di Comunione e Liberazione) - in dialogo con Erich Przywara SJ

Una comunità cristiana esiste solo per "lavorare" per Cristo, anche se nasce come "grazia". In modo particolare vorrei riflettere sul Movimento di Comunione e Liberazione, facendo parte della fraternità, riconosciuta da pontefice, ma le cose su cui cerco di riflettere hanno a che fare non solo con esso. 

Il fondatore è morto nel febbraio del 2005, ma deve ancora realmente morire nel cuore di tanti, che ne fanno un "culto della personalità", perché solo con la morte nasce la vita: non vivificatur, nisi prius moriatur! 

"Ci si entusiasma per la sua causa, ma non per se stessa, non perché se ne abbia compreso la verità e la grandezza, ma per la sua "personalità", che in modo così "geniale", così "regale" la rappresenta" (Przywara, 1917) - il testo del padre gesuita polacca vale ovviamente non solo per don Giussani, che allora non era ancora nato! 

Questo è il disastro di chi, avendo condivo un momento di vita con il fondatore, dice di esserne il vero interprete, ma in vero è il vero interprete di un morto che non è davvero morto. O per parlare con Paolo: è interpretazione di don Giussani "kata sarka" (secondo la carne).

Il Movimento rischia al momento di non essere un reale "lavoro" per arrivare a Cristo, che è il senso ultimo e primo di ogni agire del cristiano, ma un'associazione cultuale della personalità geniale di don Giussani. Ora per quanto geniale, don Giussani è morto nel febbraio del 2005 e non gli si può far dire cose riguardanti per esempio la realtà politica del febbraio e marzo del 2018, come se fosse vivo ora. E vivo lo è, ma nella gloria di Cristo "inizio, cammino e meta di ogni lavoro" e di ogni impegno del cristiano nel mondo. 

Che nel Movimento non si faccia realmente un lavoro reale lo si vede in modo particolare in Italia (osservata da ciò che si vede in rete e in dialogo con alcuni amici italiani) in cui,  pur con tante "scuole di comunità" sul "Percorso" vi è un razzismo latente, che non vede più il "senso religioso" per tutti gli uomini, ma un'insistenza di "collettivo egoismo italiano" (paragonabile all'egoismo collettivo tedesco di cui ho parlato in alcuni articoli nel Sussidiario);  non vede la "pretesa di Cristo", concreta ed universale, ma una riduzione di questa in "egemonia politica", nel nome di un'altrettanta riduttiva visione di ciò che siano i valori non discutibili; che in fine vede la Chiesa ridotta ad un'agenzia di servizio politico/partitico (in forza di una determinata "teologia politica") per una certa fazione del dibattito politico italiano. Chi guida il Movimento cerca di frenare questo processo e di educare il popolo, ma perlomeno per quanto riguarda il popolo della rete, regna una confusione da far spavento. 

A parte la situazione in Italia è tentazione di tutte le comunità di scadere in ciò che il padre Przywara chiama una "fanatische Gleichmacherei" (un egualitarismo fanatico). È difficile trovare quel "profondo rispetto per l'individualità" di cui parla il Padre Przywara. Se un membro di una comunità è "strano", cioè realmente un individuo o lo si ignora o non lo si prende sul serio, per una specie di pregiudiziale a favore di una "mediocrità dell'appartenenza". Non un profondo rispetto per l'individuo, ma il suo uso in favore di un'appartenenza mediocre. Lo si vede quando l'individuo viene osannato o si entra in dialogo con lui, solamente se usa un certo linguaggio "mediocre" di appartenenza (quello di cui anche Tracce, che è realmente una bella rivista, deve liberarsi con ancora più decisione). 

Oppure si cerca di "educarlo" (l'individuo strano), invece di educare chi davvero ha bisogno dell'educazione, per esempio tutti quelli che gridano nella rete la loro frustrazione. L'individuo realmente cristiano non ha bisogno di questa educazione, perché sa che solo "un sacrificio gratuito della propria individualità", può essere fecondo, può operare un lavoro fecondo anche in rete! 

Se il senso ultimo del lavoro e dell'impegno del cristiano nel mondo è Cristo è chiaro che la logica operativa di Cristo passa attraverso il disastro della croce. Solo la croce è la vera speranza del cristiano! Crux spes nostra! Che essa possa essere confusa con il lamento delle masse è forse una dimensione di ulteriore e tragica mancanza di rispetto per il mistero di ogni individuo realmente "unico". 

Der quanto riguarda i giovani in CL. Certo ho una certa speranza per ed in essi, ma da quello che vedo vale per loro ciò che vale anche per i vecchi come me. Lavorano per l'amore gratis di Cristo nel mondo, per esempio con un reale confronto nella scuola di comunità o vogliono diventare un'assemblea di culto della personalità di certe persone? Anche per i giovani vale: sono disposti realmente a lavorare per Cristo o  basta loro una certa  "gnosi" particolare (che ha a che fare con i propri gusti che con un vero lavoro universale? Chi è davvero pronto a "lascare tutto" per un reale confronto con l'amore gratis, che porta anche oggi e per sempre il nome  di Cristo? Da dove prendono i giovani i loro coraggio di vivere? 

Roberto, un piccolo amico di Gesù  

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