venerdì 16 marzo 2018

Comunità e solitudine - una riflessione

Dal libro di Massimo Borghesi su Papa Francesco si impara in primo luogo a gustare il pensiero aperto del Papa che non costringe in un sistema ideologico i poli antinomici su cui riflette. In questo post cerco di riflettere in modo aperto, nella sequela di questo pensiero aperto, sul tema indicato dal titolo: comunità e solitudine. 

I due poli quando vengono ridotti ad una contraddizione sono l'individualismo liberal ideologico e neopelegiano oppure il collettivismo ideologico, di sinistra (internazionalismo senza patria) o destra (egoismo collettivo come patria) che sia. 

Nella loro positività nei poli si tratta invece del "solus cum solo" (Ignazio), l'uomo di fronte al mistero del Dio unico. E l'altro polo è la comunione trinitaria che viene rispecchiata nella comunità umana. 

Il volontane di Pasqua di CL parla di questa dimensione comunitaria. In primo luogo nella corsa di Giovanni e Pietro al sepolcro vuoto. Su questa corsa comunitaria tra l'amore (Giovanni) e l'istituzione (Pietro) vi sarebbe ovviamente tanto da dire, ma seguiamo ora il percorso di pensiero che ci offre la frase di Luigi Giussani. Corrono con una meta, appunto al sepolcro vuoto e faranno esperienza del Risorto. Fare esperienza del risorto vuol dire "cambiare". Non si incontra il Risorto per rimanere tali e quali. Con questo incontro impariamo a vivere (non ad avere ragione, ma a vivere). La presenza di Cristo viene vista da Giussani (non ho l'originale italiano con me) come una "medicina di vita" che è capace ha sciogliere i nostri indurimenti, le nostre contraddizioni individualistiche o collettive che siano. La presenza di Cristo, cioè la presenza di Dio è capace di fare ciò che sembra impossibile. E chi ha il cuore aperto e la mente aperta sarà capace di vedere la nascita di una nuova umanità nella comunità di coloro che riconosco il Cristo risorto. 

Noi non la vediamo quasi mai perché il nostro cuore è arrabbiato e non aperto e quasi mai ci accorgiamo di cosa muova il cuore dell'altro. Siamo, con il nostro pelagianismo individualista e con le nostre ideologie gnostiche e collettive, coloro che uccidono la speranza (il verde di cui parla il volontone). 

Ieri ho detto che se non abbiamo il coraggio di vedere anche gli errori e in certi i casi i peccati di don Giussani, che non è senza responsabilità per il modo con cui la sua critica al moralismo ha a volte portato ad una situazione all'interno del Movimento in cui si è giustificato e si giustifica l'egemonia degli spazi del potere invece che i processi di reale crescita umana, che hanno bisogno sempre di tempo.

Nel libro su "tutti i santi" di Adrienne, la dottoressa e mistica svizzera, lei fa confessare anche i peccati dei santi, per esempio la vanità di san Tommaso d'Aquino. Giussani è stato un grande padre della fede perché ha testimoniato con la sua vita e con la sua malattia che l'impossibile è possibile per Dio: la misericordia di Dio, se confessiamo i nostri peccati, è il messaggio "ultimo" di Dio. Ciò non toglie che determinate sue scelte non siano problematiche (per esempio sul come è stato gestito il denaro in CL).

Nella prima parte del "Signore degli Anelli" ad un certo punto la compagnia dell'anello si spezza. In primo luogo in modo volontario: Gandalf il grigio si sacrifica perché la compagnia dell'anello possa portare avanti il proprio compito: distruggere l'anello del potere. Infine la compagnia si riduce all'amicizia tra Frodo e Sam. Solo a questi due amici rimanere il compito di portare a compimento la missione della distruzione dell'anello del potere. Il re Aragorn e Legolas (elfo) e Glimli (il nano) si occuperanno anche di salvare una parte della compagnia, ma di fatto non possono fare nulla per la solitudine in cui si trovano ad agire Frodo e Sam. 

Dio da delle missioni agli uomini, anche quelli piccoli, del tutto personali. Una compagnia della speranza sarà quella che saprà accogliere queste missioni personali e non se le costringerà a piegarsi ad una collettività ideologica. 

Non siamo mai soli, perché Colui che è solo é sempre con noi e ci lascia sempre almeno un "Sam" anche se alla fine dovremmo morire da soli. Io vedo però che nel Movimento e suppongo anche in tante altre comunità cristiane (penso per esempio alla solitudine della piccola Teresa) si è talmente occupati con le proprie iniziative, anche buone, che spesso si lasciano le persone sole nel loro compito personale, che il Cantico dal libro di Tobia (Lodi romane) esprime in modo molto preciso: Dio fa in te i prigionieri di nuovo felici. Attraverso di te si rivelerà l'amore gratis che Dio è per tutti. Questo sia nella rete che nella scuola. Per quanto mi riguarda quasi tutto ciò che faccio (a parte i miei peccati) nasce dall'esigenza che le persone che mi confidano le loro sofferenza non perdano la speranza. Che vedano in me quel verde di cui parla il volontane di Pasqua. Quando divento severo - non è solo una questione di carattere - è perché vedo che la missione personale e la speranza personale di una persona cominciano ad essere così oppresse che tutto in me grida che la presenza di Cristo diventi reale, non ideologica. 

Anche nella scelta degli articoli che decido di pubblicare dai "Contadini di Peguy" non si tratta quasi mai di una scelta ideologica. Pubblico ciò che mi sembra corrispondere ad una missione personale, che non è detto che sia la mia, ma che credo debba esprimersi. Non scelgo mai un articolo in forza di una gnosi che ritengo meglio di un altra. 

Chiedo a Cristo che crei sempre una comunità che sappia difendere e curare la solitudine personale, cioè la missione personale degli uomini coinvolti nella propria storia. 

PS 

Una mia lettera del 16.3.15 a Massimo Borghesi

Lettera aperta a Massimo Borghesi sulla collera santa
Caro Massimo,
vorrei ringraziarTi di cuore per il tuo servizio di „difesa“ del Santo Padre. Lo faccio raccontandoTi un po’ una lunga telefonata con Ferdinand Ulrich, il filosofo 84enne amico di von Balthasar, autore tra l'altro di "Homo Abyssus", un opera, che nella "periferia" della storia della filosofia è più grande di quella "centrale" di Martin Heidegger "Essere e tempo", cui ho raccontato tra l’altro del tuo ultimo articolo. Anche lui Ti ringrazia di cuore, come ringrazia di cuore don Carrón per la sua fedeltà al papa. 
Quando gli ho raccontato cosa il papa ha detto a CL mi ha detto immediatamente: queste parole del papa sono un riconoscimento unico e singolare dell’importanza del Movimento. Davvero con nessun altro Movimento - lo dico in segno contrario a quanto detto da altri in questi giorni - ha espresso parole così d’amore. Certo di un amore che non è autocompiacimento, ma di amore vero, che „ferisce“. E ciò è vero sia per quelle parole del riconoscimento dell’importanza di don Giussani per la sua missione sacerdotale sia per quelle del decentramento del carisma. Così intimamente ha parlato solo con i suoi gesuiti. 
Quello che vedo nei social media e in genere in alcuni giornalisti è un chiaro segno dell’opera del diavolo. E le persone che li appoggiano con il loro „mi piace“ sono al servizio del diavolo.
Il diavolo che sempre nega ha raggiunto in modo spaventoso il cuore della Chiesa, anche il cuore di persone che sono certamente oneste e pregano. Nei miei anni non ho mai visto una cosa del genere. Le parole profetiche di Paolo VI sul nemico nella Chiesa oggi sono ancora più evidenti.
Cerco come vedi qui a Facebook di dialogare con tutti e in modo particolare con le persone che hanno davvero bisogno. Cerco, io peccatore, io prostituta, io rinnegatore, io traditore…di essere mite nelle mie risposte, ma vorrei dire con tutta chiarezza, che vedo con Te, pur nella differenza di storie e di capacità intellettuali, una fratellanza che vorrei esprimere senza nessun ma e però.
Grazie che resisti nel mare di confusione diabolica che si è impossessata della Chiesa e del Movimento (parti di essi).
Vorrei esprimere con tutta chiarezza che la tua testimonianza e di alcuni amici latinoamericani e italiani è una grande „grazia“ - attaccare o distanziarsi dal Papa è un atto diabolico. 
Con chi lo fa in buona fede rimango in servizio d’amicizia, ma chi ne porta la colpa deve sapere che io considero loro come portavoci del diavolo.
Questa è collera, lo so! Ma come mi ha detto Ferdinand Ulrich al telefono, Tommaso D’Aquino dice che c’è una santa collera, che è portatrice di speranza!
Non ho mai visto tanta incompetenza ed arroganza nel citare frasi del papa, come quella di una frase che avrebbe detto ad una donna al telefono e che porterebbe allo sfascio della posizione della Chiesa sul matrimonio. Non ho mai visto tanti imbecilli parlare di cose che non capiscono per nulla. 
Come diceva Ferdinand Ulirch: in un secolo in cui tutti dicono di essere spiriti critici, basta che uno dica che una donna ha detto, che tutti ripetono ciò che la presunta donna o il papa avrebbe detto a lei.
A parte che che come dice Aslan di Lewis, ciò che lui dice singolarmente ad una persona riguarda lei e noi gli altri.
Ciò che qui Aslan-Lewis dice ai bambini lo dice con linguaggio filosofico Balthasar nella sua "Teologica I" quando invita a distinguere tra la dimensione universale e quella "sempre più personale" della verità.
Ti abbraccio con grande stima. Ti voglio bene - lo dico incoraggiato dal fatto che Ferdinand Ulrich ha finito così la telefonata: sappia che il vecchio pellegrino l’ama. In modo particolare per il mio amore per Cristo e per il papa, ed anche per un mio modo particolare di spiegare la parola „periferia“ in riferimento al rapporto con mia moglie.
In Domino et Maria santissima, confidante "non praevalebunt"
Tuo Roberto, un amico di Gesù
PS Il giovane vescovo di Passau, Stephan Oster, allievo di Ulrich e mio amico, che i conservatori volevano usare per attaccare il papa, perché in alcune prediche ha difeso posizioni "conservative" ha detto qualche ora fa in una televisione tedesca, che egli ama Papa Francesco e qualche giorno addietro aveva scritto nella sua bacheca in Facebook che non voleva essere usato per posizioni polarizzanti.

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