Lipsia. Vorrei soffermarmi un momento sul capitolo "allargare la ragione" della "bellezza disarmata" di don Julián Carrón. Don Carrón dialoga in questo capitolo non solo con don Giussani, riprendendo le tesi fondamentali del "senso religioso" e in modo particolare l'idea del "segno", ma anche con altri autori cercando di dare una risposta al nichilismo odierno.
1. Cominciamo dalla definizione di nichilismo. "Che forma ha il nichilismo oggi? Ha la forma di uno svuotamento, di una destituzione della realtà. La realtà è svuotata, essa non contiene più altro oltre ciò che si può quantificare, calcolare ed è ridotta a qualcosa solo da usare: è la negazione del reale come segno" (167). Parlando ultimamente con dei giovani ho raccontato loro di una ragazza palestinese uccisa che ha offerto la sua vita come infermiera in Gaza. Nessuno dei ragazzi - ma io vivo anche in una delle regioni più secolarizzate del mondo - ha preso la vita di questa ragazza come segno di un mistero, ma si sono chiesti quale fosse l'interesse per così dire "egoistico" che spiegasse il suo agire. Don Carrón chiama in aiuto Martin Heidegger per comprendere il fenomeno. "L'essenza del nichilismo è la storia nella quale dell'essere stesso (e del suo mistero) non ne è niente". La vita giovane di questa ragazza palestinese, tra l'altro bellissime e sorridente, era per i miei giovani: niente! Questo conferma in modo forte ciò che don Carrón dice: "Il nichilismo oggi non è più una teoria, è la pratica di una vita pratica e dispersa".
2. Molto interessante è la frase che don Carrón cita su scienza e fatti: "Le mere scienze di fatti creano meri uomini di fatto" (Edmund Husserl, 175). Negli ultimi giorni ho pensato con quale credulità venga presa sul serio una statistica, senza la minima coscienza che essa stesa possa essere interpretazione. C'é un modo di porre la questione dei "fatti" che non permette di comprendere quali siano "i problemi del senso e del non senso dell'esistenza". Una sovra accentuazione della famosa frase di Alexis Carrell, citata all'inizio del "Senso religioso", "poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducano alla verità", dicevo una sovra accentuazione di questa frase non fa capire la miseria di quei "uomini di fatto" che sono appunto gli uomini che prendono una statistica come se fosse "rivelazione divina" e che di fatto politicamente sono disposti a prendere qualsiasi forma di politicanti che "gestiscono i fatti" come i "redentori".
3. La questione che don Carrón pone sull'impotenza della questione educativa delle università è mutatis mutandis la stessa che abbiamo al liceo: una stupidità della specializzazione che non permette di avere "una soluzione razionalmente fondata" sulle domande di senso. Ho detto con una delle citazione di don Carrón: "Il rischio però è ridurre l'universitas del sapere all'universitas delle nozioni" (A. Marinelli). Questo mondo delle nozioni, vere o false che siano, non arriva più a comprendere il mistero dell'essere come possiamo vedere ogni giorno nella rete.
4. Quale soluzione abbiamo nei confronti del nichilismo? Le soluzioni proposte da don Carrón sono anche le mie: esperienza, testimonianza ed amicizia! Una ragione che elimini "il soggetto vivente e concreto" (167) è una gnosi che non è capace di superare il bisogno in cui si trova l'uomo. Il bisogno più grande è che l'uomo ha bisogno di amore gratis e non lo trova. L'amore gratis è l'esperienza ultima del reale. Il grande filosofo tedesco cattolico, Ferdinand Ulrich, che purtroppo, a parte una traduzione a cura della Casa Balthasar di un suo libretto importante: "L'uomo come bambino. Per una antropologia filosofica dell'infanzia, con un' introduzione di Armando Rigobello (Roma 2013), è del tutto sconosciuto al pubblico italiano, lo ha spiegato in modo del tutto geniale. Vi è un "medesimo uso delle parole essere e niente"! Senza comprendere questo mistero non avremmo mai un percorso per uscire dal nichilismo. Il niente di cui parla Ulrich non è quello del nichilismo, ma quello della gratuità dell'amore stesso. Il linguaggio ci aiuta a comprendere ciò di cui sto parlando: quando qualcuno ci dice grazie, noi rispondiamo con un un "non fa nulla", "non c'è di che". L'essere stesso è questa gratuità ultima, che è poi il cuore ontologico dell'esperienza, dell'amicizia e della testimonianza. Esso viene gratuitamente donato. Senza fare questa esperienza di gratuità non faremo mai un passo al di fuori del nichilismo. Perché il sospetto che l'interesse per noi sia solo una questione di "proselitismo" è l'esperienza che più ci deluderà. Una testimonianza fatta per proselitismo distrugge il cuore ontologico della realtà stessa a cui si vorrebbe che ci "adeguassimo" come spiega con ragione il filosofo spagnolo Xavier Zubiri: "Ciò che è propio della ragione non sono le sue presunte evidenze, né il suo rigore empirico o logico, ma è innanzitutto la forza dell'impressione della realtà" (169). Ciò che realmente ci impressiona nella realtà è però il suo cuore ultimo e cioè che essa è stata donata gratuitamente. Senza spiegare ciò "la realtà profonda che si impone coercitivamente nell'intelletto senziente" è una forma di prevaricazione della libertà. Per voler rimanere nella realtà in cui ci troviamo non abbiamo solo bisogno di un'impressione coercitiva, ma di una reale esperienza di gratuità!
Come spiega Ulrich vi è un "senso necessario dell'essere", ma questa necessità non è coercizione, ma come rivela la parola tedesca Notwendigkeit (necessità) ciò che può superare il bisogno. Not è "bisogno", wenden è "girare", superare. Il senso necessario dell'essere è quella esperienza di gratuità ultima che sa accogliere anche tutta la mia miseria nichilistica! Senza "giudizio e senza limiti". A questo punto devo pensare a quella bellissima scena del film della Liliana Cavani su san Francesco quando il Papa Innocenza III gli chiede se ama anche lui e i cardinali che sono ricchi. Francesco li guarda attentamente e dice: "senza limiti e senza giudizio". Stiamo parlando ovviamente di quel giudizio escatologico ultimo. Vi è invece un "giudizio storico" che può essere una reale necessità esprimerlo per non rendersi ancora una volta colpevoli di abomini che accadano davanti ai nostri occhi.
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